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Autore: Teony    29/01/2024    2 recensioni
[Storia del 2018, REVISIONATA]
Breve missing moment ambientato durante l'arrivo di Saber e Celica al castello di Zofia.
[...] «Ragazzina...» le dico, quasi amareggiato. Pian piano ricambio l'abbraccio, le tocco la schiena quasi con diffidenza e notando di non essere respinto, la stringo a me con dolcezza.
Perché mi sento così devastato?
Perché quasi la sto invidiando?
Vorrei piangere anche io... non so esattamente per quale motivo. [...]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Celica, Saber
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il bacio di un amante, l'abbraccio di un amico

 
 
«Saber?»
La sua è una voce gentile, così piacevole ed accogliente. La risentirei all’infinito, senza mai stancarmene.
Lei si volta.
Mi chiama ancora e sento il petto palpitare e riscaldarsi.
“Riprenditi, stalle lontano!” mi dico, eppure sento poter di crollare, appena incrocio il suo sguardo, di una dolcezza disarmante. «Saber?»
Vorrei retrocedere, ritrarmi dalle violente sensazioni, eppure sono immobile, pietrificato da una visione che mi pare eterea, per quanto perfetta. Dovrei essere indifferente a tutto questo, del resto non sono altro che una vissuta scorza, monca di un occhio e cresciuta nella disonestà.
Però…
Però lei mi fa uno strano effetto; mi turba la mente, mi offusca i pensieri. Dimentico persino chi sono, quando le sono di fronte. Dimentico che sono vecchio, volgare, vile.
I raggi di un sole al tramonto filtrano dalle bifore alle sue spalle, velando la sua sagoma di un’insolita aura sontuosa.
È così magra, così piccola e fragile… così…bella.
La distanzierei da me, dandole della “ragazzina”, se solo le parole non mi morissero sulle labbra. Mi sento così sciocco.
Sono io il bambino, di fronte a lei. Mi sento come incantato dal suo viso, dai suoi riccioli rossi, spumosi, eleganti, che le ricadono gentili sulle spalle nude.
Mi vergogno di me stesso, per quel che il mio istinto mi suggerisce.
Indossa solo una sottile camicia da notte, di lino, che le lascia in vista collo e ginocchia.
Per la dea Naga… cosa diamine ci faccio qui?!
Cos’è questo posto?
Una camera da letto.
Non ho il tempo di elaborare altro, perché Celica mi si avvicina, sempre con quella dolcezza, che saprebbe smuovere persino le montagne, ed ogni mio raziocinio muore coi suoi passi leggeri.
Mi sento un peccatore.
Io… io vorrei le sue labbra adesso, vorrei stringerla a me, saggiare quei riccioli, sentirmi parte di lei, essere indispensabile per la sua vita, salvarla dai pericoli, amarla come mai ho fatto con nessun’altra prima di lei.
Io
Forse sto perdendo la testa. Del resto sono solo un mucchio di vecchie ossa ambulante.
«Saber…»
Ingoio a fatica, mentre lei è ormai ad un passo da me. Non riesco a staccarle gli occhi di dosso, quasi ne sia ipnotizzato. Solo i draghi divini possono sapere quali peccaminosi pensieri mi istigano le sue spalle nude.
Sento le sue mani esplorarmi il petto, assaggiandomi.
Fremo sotto quel contatto fisico, attutito dalla sola maglia di cotone.
«Saber, mi ami?»
Sento il cuore palpitare.
E questo cosa significa?
Fosse stata una qualunque ragazza, incrociata per strada, non avrei esitato a denudarla e soddisfarla, violentandone le reciproche labbra come un cane famelico. L’avrei fatta mia, per quel poco che è utile per sfogare entrambi. 
Ma Celica… lei è un caso del tutto differente. Ne sono così incantato dal considerarmi indegno anche solo di sfiorarla.
Eppure nel suo toccarmi, percepisco una nota di desiderio, che sembra volermi bruciare.
Io la amo?
Ragazzina… io non amo nessuno. Non sono neanche degno di provare qualcosa del genere.
Le sue dita esili mi scivolano lungo i fianchi e la sento avvicinarsi maggiormente col corpo.
Sono parecchio più alto di lei, tanto che mi raggiunge a stento le spalle.
Non muovo un singolo muscolo. 
«Stai con me… non tornare.» sento le sue mani, mentre mi scivolano alla vita e mi sfilano la maglia dalla cintola.
La guardo scettico. «Celica… che stai facendo?»
«Stai con me…» mi risponde. Il suo è stato un soffio, a fatica espresso.
Ed io rinuncio ad ogni logica, ad ogni ostacolo. Non riesco più a resisterle.
Mi ha stregato a tal punto?
Le prendo il viso fra le mani e la bacio con furia. La mia sembra più una ricerca disperata di amore; il terrore di perderla per sempre è diventato insostenibile, mi ha ridotto ad un mendicante d'affetto.
Le sue labbra... sono così soffici, come non ne ho mai saggiate prima d'ora. Sanno di arancia. Sembrano uno spicchio succoso del suo frutto preferito.
Lei asseconda i miei movimenti, ed io non voglio interrompere quel contatto così intimo e piacevole. Non mi lasciare.
Non mi abbandonare, penso.
Finalmente la stringo a me in un abbraccio avido e possessivo, sento addosso le sue forme perfette, in equilibrio col resto del corpo.
La ragazzina ci sa fare. Sa come farsi desiderare, sa gestirmi alla perfezione, conosce le mie vulnerabilità.
Infila le dita sotto la maglia e mi stuzzica il petto.
La sento sorridere sulle mie labbra. Vuole che faccia lo stesso.
Sorrido anche io, con malizia e capisco che posso lasciarmi davvero andare.
Assecondo il desiderio di entrambi.
O è solo il mio?
La mia mano scivola sulla sua schiena autonomamente, mentre continuo a stringerla a me e baciarla vorace, le tocca i glutei e tira su la veste di lino. Esplora la sua coscia, risale i fianchi, il ventre magro, il costato, tutto un mondo che mai avrei sperato di conoscere.
Manca così poco per toccarle il seno. Così poco perché possa dire di averla con me, di essere da lei accettato.
Le sfugge un sospiro, che mi istiga a procedere.
Se questo è un sogno... prego davvero di non essere svegliato.
«Saber...» mi sussurra Celica sulle labbra.
«Saber?»
Ora qualcosa mi infastidisce. Qualcosa che non riesco a descrivere.
Un richiamo ininterrotto, quasi molesto.
 
«Saber?»
Sollevo gli occhi a fatica, mugugnando un suono intraducibile fra le labbra.
Delucido la vista dopo un po’, i sensi tornano nitidi, raschio la gola secca ed ingurgito saliva.
L'unico occhio sano capita sul viso della piccola Genny.
La ragazzina mi squadra con aria interrogativa e forse anche leggermente impensierita.
Rinfresco i pensieri e mi guardo intorno.
Sono sdraiato in un letto, in una camera sontuosa e regale, che non riconosco affatto.
Il forte aroma di erbe curative impregna l’aria. «D-dove sono?»
La ragazzina si fa seria. «Saber, siamo al castello di Zofia. Siamo arrivati ieri, non te lo ricordi?»
«Ah...» Sì, ricordo qualcosa di simile, in effetti, però non penso davvero a tutto quel che implica una simile affermazione. Mi porto una mano al viso, strofinandolo. Sto cercando ancora di svegliarmi realmente e mettere a lucido la situazione.
È stato un sogno... concludo, ripensando a quello che sino a poco prima ho creduto di vivere.
Povero me, sto partendo di testa sul serio, se devo aver sognato una cosa simile su di una ragazzina.
Non smetto di torturarmi la faccia.
Sono sudato, constato. Ho bisogno di una bella doccia...
Ma quale mio malato angolo del cervello ha voluto costringermi ad una simile visione!?
Altro che sonno ristoratore.
Lo sapevo di non dover accettare un incarico simile. Fare da scorta ad una piccoletta non è mai una buona cosa.
Poi penso: Zofia... Celica.
Mi paralizzo e sgrano l'occhio libero. «Aspetta...»
«Tu e Celica siete stati attaccati, questo lo ricordi?»
Ovvio che lo ricordo… Come posso averlo dimenticato anche solo per un attimo?
Quell'arcanista ci ha aggredito d'improvviso, ha fatto ferito Celica, poco prima di avermi paralizzato.  Siamo riusciti a respingerlo solo grazie all'intrusione di Signor Maschera e poi...
E poi siamo entrati nel castello ed io devo essere collassato per le ferite.
Sì... ora ricordo.
È stato orribile.
Eppure ho fatto un sogno simile!
Genny mi squadra interrogativa, stretta fra le spalle.
«Celica come sta?» riesco a dire. Il mio tono è  apprensivo, spero che la guaritrice non lo abbia notato troppo.
Io che mi do pena per una ragazzina?
Ridicolo. Non sarebbe da me.
Genny annuisce, come se abbia capito più di quel che la domanda voleva lasciar trasparire. «Lei sta bene. È già sveglia da stamattina ed ora è con Alm» mi dice.
«Alm?» inarco un sopracciglio.
E chi sarebbe questo? Non mi pare che la marmocchia me ne abbia mai parlato.
«È un suo caro amico di infanzia» spiega la piccola.
«Mh» puntato sui gomiti, mi porto a sedere sul materasso.
Il mio viso tradisce dolore, nello sforzo; le ferite incassate ieri si fanno sentire.
Genny si avvicina subito a me, come se sia pronta ad intervenire, nel caso perda i sensi per il troppo sforzo. «Sei sicuro di essere in grado di alzarti? Eri tu quello ridotto peggio...» si stringe le mani al petto; i suoi occhi bruni tradiscono apprensione.
Che cucciola. Una bimba che si preoccupa di un vecchiaccio brutto come me, trattengo a stento un sorriso. «Non preoccuparti, scricciolo. Questo mercenario è una scorza dura. Non saranno certo due ciarle pseudo-magiche a mettermi fuori gioco» dico sarcastico.
La guaritrice mi sorride. Sembra farsi più tranquilla, dopo la mia esclamazione.
Scorgo la finestra con l'occhio. «Piccola...» la richiamo, però senza guardarla. «per quanto tempo sono rimasto incosciente...?» sono sgomento nel constatare che il sole, all'esterno, stia cominciando a tramontare. Non voglio credere di aver dormito così tanto.
«È da ieri pomeriggio che non apri gli occhi» mi dice.
Sbianco. Spero davvero che siano state le ferite e la stanchezza a farmi crollare nel sonno per così tanto tempo. Scuoto il capo appena: «Fammi fare una doccia veloce, ho riposato abbastanza.» e lei annuisce appena.
 
Ho davvero bisogno di rendermi conto delle condizioni in cui versa la principessa Zofiana. Sono un mercenario al suo servizio, del resto.
E forse, ammetto, ho anche l'esigenza di ricordarla come la “ragazzina” di sempre, ghiotta di arance, sorridente e scherzosa, gentile, ma anche capace di dimostrare incredibilmente maturità. Ho bisogno di allontanare quell'immagine distorta di lei, di ricordarla come la semplice piccola sprovveduta che mi ha assoldato ed affidato il compito di proteggerla.
Non posso pensare che, ciò che il mio sogno ha voluto concedermi, possa in un futuro avvenire.
Non ci credo e non lo permetterei io stesso.
Io non sono innamorato di quella ragazzina.
Intanto penso a quello che la piccoletta mi ha rivelato: chi sarebbe questo Alm, per essere così tanto caro alla mia marmocchia?
Inconsciamente, spero di non incrociarlo e di non averne a che fare, per tutta la durata della mia missione.
Devo solo accompagnare Celica al tempio, no?
Poi posso finalmente tornarmene alla mia vita di sempre: battaglie, razzie e perché no, anche qualche capatina ai bordelli locali.
Dopo il delirio notturno, devo necessariamente sfogarmi altrove. Basta marmocchi, ne ho piene le budella.
Voglio tornare ad esserci io ed io soltanto.
Esco dalla camera, chiedo a degli inservienti come raggiungere il terrazzo; questi mi indicano la strada e dopo un po' di viavai per i sontuosi corridoi del castello Zofiano, ecco che mi ritrovo all'ingresso principale.
Questo posto è quasi peggio di un labirinto.
È qui che scorgo di sfuggita un giovane in armatura, non troppo alto, né ben piazzato, i capelli corti sono di un verde smeraldino ed ha un viso greve e regale, però a tratti gentile e permissivo.
Discende le scale che portano proprio al terrazzo. Ha il viso piegato in un broncio deluso, molto simile all'espressione che Celica è solita fare, quando si accorge, ancora una volta, di quanto sia inutile riporre fiducia nella maggior parte della gente.
Cammina spedito e non mi rivolge neanche uno sguardo, tira dritto verso l'uscita principale.
“Chissà perché, ho un brutto presentimento” elaboro, sardonico. Che quel bamboccio sia Alm è molto probabile ed a suggerirmelo non è il semplice fatto che sia di ritorno proprio dalla terrazza.
Ha un'aura particolare. Regale?
Un po' come quella della ragazzina.
Sbuffo.
Me lo sento sin dentro il midollo osseo, che è successo qualcosa di spiacevole alla mia marmocchia.
Salgo le scale senza fretta, vagando con lo sguardo sull'ambiente circostante. Non avevo mai potuto rimirare ambienti così sontuosi, prima d’ora: arabescati arazzi impreziosiscono le volte, le colonne, le pareti, a contrasto col bianco marmo della regale scalinata.
Io stesso mi sorprendo di trovarmi in un luogo simile: non ha niente che mi sia simile.
Ed eccola là, la ragazzina, poggiata sulla balaustra della terrazza, mi dà le spalle e sembra non essersi accorta della mia presenza. È intenta nel guardare il sole spegnersi pian piano.
Non penso a nulla, già ho deciso di dimenticare ogni mio delirio del sonno. 
A terra sono rovinate diverse arance, aspetto che, ammetto, mi ha stimolato un’inspiegabile tenerezza.
Sospiro e mi gratto i capelli fulvi, spero che non sia in una condizione peggiore di come ricordo di averla lasciata, e mi avvicino in silenzio, con le mani nelle tasche.
Ora mi ha sentito e volta il capo appena.
Avrei quasi preferito che non lo facesse.
«Saber...» mi chiama.
Ha il viso arrossato, deve aver pianto. Ha sofferto e tu non c’eri per aiutarla… Forza un sorriso.
La squadro con una nota di rimprovero, ma non parlo ancora. Ogni pensiero è semplicemente annebbiato.
Ora le sono affianco e lei torna nuovamente a concentrarsi sul panorama: tutta la Zofia, che lei un giorno governerà, le si estende sotto lo sguardo. Lei è una principessa, Saber. Tu non sei niente.
«Come ti senti?» mi domanda.
Scrollo le spalle. «Poteva andare peggio» le confesso. «Certo, mai nella vita mi sarei aspettato di scortare una ragazzina intraprendente, perseguitata da pirati e stregoni succhia-sangue.»
Le strappo un sogghigno, che però si spegne all'istante.
Ora anche io guardo l'imbrunire.
C'è un filo di vento, ma placido ed accogliente.
Celica si stringe fra le spalle e si morde le labbra. Gli occhi le tornano lucidi.
«Successo qualcosa, marmocchia?» le domando con tono disinteressato. Che lei si sfoghi con me o meno, non potrebbe mai ferirmi, del resto non siamo poi così legati.
È ciò di cui mi devo convincere.
Lei scuote la testa.
«Non vuoi parlarne, quindi.»
Resta in silenzio per un po’, poi: «Saber.»
«Dimmi.»
«Sei mai stato innamorato?»
Mi irrigidisco all'istante, però fingo totale indifferenza alla questione. «Perché questa domanda?» deve aver inteso le mie parole come un “sì”, perché continua il discorso.
«Se la persona che ami decidesse di percorrere una strada opposta alla tua, incorrendo anche in pericoli di vita ed enormi sbagli... tu che faresti?»
Oh... ho capito tutto ora.
Chissà perché sento che dentro di me qualcosa si è spezzato.
Beh, caro Saber. Avresti dovuto aspettartelo. Perché ti sorprendi solo ora?
«Vuoi davvero sapere che farei?»
Annuisce, sempre con gli occhi prossimi alle lacrime.
«Andrei a riprendermela di forza, me la caricherei sulle spalle e l’accuserei di totale idiozia.»
Ora la marmocchia trema tutta, sta cercando in ogni modo possibile di contenersi.
Sospiro.
E quanto mi pesa dirlo, neanche io ne sono pienamente cosciente: «È per quel tipo che stai così, non è vero? Questo “Alm”?»
La ragazzina scatta diritta e mi guarda intensamente, con quegli occhi che sembrano volermi inghiottire. Le prime lacrime le sfuggono dagli occhi e si morde le labbra a sangue.
Quando mi fa male vederla in questo stato...
«Oh, Celica... andiamo» le tiro un tenero pizzicotto, quasi speranzoso che questo sia sufficiente a calmarla.
Ma non lo è.
Non lo è affatto.
Accade in un istante.
Lei mi salta al collo, abbracciandomi con forza e scoppia a piangere. Io in un primo momento non reagisco, mi sento impietrito e scettico.
«Saber... perché, perché!?» singhiozza. «Perché è tutto così difficile!?»
Lei mi stringe di più a sé ed affonda il viso in lacrime sulla mia spalla.
Continua imperterrita a singhiozzare.
«Ragazzina...» le dico, quasi amareggiato. Pian piano ricambio l'abbraccio, le tocco la schiena quasi con diffidenza e notando di non essere respinto, la stringo a me con dolcezza.
Perché mi sento così devastato?
Perché quasi la sto invidiando?
Vorrei piangere anche io... non so esattamente per quale motivo.
Perché è difficile, Celica?
Vivere la vita è sempre difficile, ma so che tu sei più forte di me. Riuscirai a superare tutto quanto.
Questo penso.
«Tutto si sistemerà, vedrai...»
Vorrei che quest'abbraccio durasse per sempre, se solo avessi la forza di sostenerlo ancora…


N.A.
Sì, scrissi e pubblicai questa one shot nel lontano 2018... Poi cancellata per svariate ragioni. Ora torna alla luce con qualche correzione, ma uno stile sicuramente più acerbo del mio attuale. Inoltre, questo fandom è troppo prezioso per lasciarlo abbandonato a se stesso. 
Tornerò sicuramente, (principalmente con nuove storie su 3 houses) e forse qualche os più vecchia e revisionata. 
Grazie a tutti per aver letto/riletto (?) qualcosa che comunque porta il peso di qualche anno ed alla prossima!

 
   
 
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