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Autore: Gatto1967    01/02/2024    3 recensioni
Un giorno Candy incontra un bellissimo principe... Chi sarà mai?
Subito dopo un maggiordomo di una ricca e nobile famiglia le fa una proposta...
E invece NO!!!
Come sarebbe a dire "NO"? Questo è l'inizio della storia di Candy Candy come la conosciamo tutti. Che razza di storia sarebbe senza questi due eventi fondamentali che danno il "La" a tutte le sfighe della nostra bionda eroina?
Semplice: è la storia di Miss Candy, la direttrice della Casa di Pony.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Flanny suonò il campanello della residenza degli Andrew, e una matura e corpulenta cameriera aprì la porta.
-Buongiorno signorina. Desidera?-
-Buongiorno. Mi chiamo Flanny Hamilton, lavoro all’ospedale Santa Johanna, e vengo da parte del signor William Andrew. Sto cercando il signor Archie Cornwell.-
-Prego, si accomodi pure su quella poltrona. Vado subito a cercare il signor Cornwell.-
In capo a pochi minuti Archie arrivò.
-Signorina Hamilton?- disse porgendo la mano alla giovane infermiera.
-E lei deve essere il signor Cornwell.- rispose lei alzandosi e stringendo la mano del ragazzo.
-Vengo da parte di suo zio William. Devo parlarle di qualcosa di molto importante.-
-Da questa parte prego. Signora Parkinson, per favore faccia portare del buon caffè nel mio studio, e provveda cortesemente che nessuno ci disturbi.-
-Certamente signor Cornwell.-
Nello studio trovarono anche Annie e Terence.
-Veramente… dovrei parlarle in privato.-
-Non si preoccupi signorina Hamilton, il signor Graham e la signorina Brighton sono persone assolutamente fidate, e può parlare liberamente. Tanto immaginiamo cosa mio zio ci mandi a dire. Riguarda per caso quello che è successo al ricevimento?-
-Esattamente signor Cornwell.-
-Veniamo subito al dunque signorina. Mio zio ha dei sospetti su Neal Legan?-
La pur impassibile Flanny strabuzzò gli occhi.
-Dunque Albert aveva ragione…-
-Albert?!?!?- disse Annie, lei ignorava che William Albert Andrew preferisse farsi chiamare Albert
-Oh scusatemi. Volevo dire… il signor Andrew.- disse Flanny arrossendo.
-Non si faccia problemi signorina.- la tranquillizzò Archie. -Se lei sa che mio zio preferisce essere chiamato con il suo secondo nome, vuol dire che glie lo ha detto lui. Quindi lo chiami pure “Albert”, e ci riferisca quello che… “Albert” la manda a dire. Ma prima la prego… si sieda.- 
Dopo che la cameriera ebbe portato il caffè e qualche dolcetto, la porta dello studio fu chiusa e Flanny cominciò il suo resoconto.
-Dunque: Albert mi ha detto che vostro cugino Neal ha concesso un prestito molto generoso a due speculatori probabilmente ammanicati con la malavita di Chicago, due tali… Johnson e Dickart.-
-Li conosco di fama.- disse Archie -Ma ignoravo che la filiale di Neal avesse concesso loro un prestito.-
-Albert lo ha scoperto e ha chiesto spiegazioni a Neal, che nel frattempo si apprestava a pignorare l’orfanotrofio di quella ragazza… Candy White. La sproporzione nell’atteggiamento tenuto da parte di Neal nei confronti dei due speculatori e di quella ragazza che aveva sempre onorato i suoi obblighi, oltre a indignarlo profondamente lo ha anche insospettito, e così nei giorni successivi al ricevimento voleva ordinare un’ispezione della filiale.-
-Così avrebbe scoperto eventuali magagne di quell’idiota di Neal…- la riflessione ad alta voce di Terence trovò mutamente d’accordo sia Annie che Archie.
-Ma davvero pensate che Neal Legan avrebbe attentato alla vita di suo zio?- chiese Flanny
-Forse non voleva proprio ucciderlo. I medici hanno detto che la dose di veleno somministrata allo zio William non bastava ad uccidere un uomo in buona salute come lui, e che un efficace e tempestivo intervento, che effettivamente c’è stato, era più che sufficiente a salvarlo. Forse Neal e Iriza volevano soltanto levarselo di torno per un po’, giusto il tempo di truccare i conti della filiale di Neal…-
-Che c’entra Iriza?- chiese Annie
Archie accennò un sorriso, quella ragazza non era la frignona insopportabile di qualche anno addietro.
-Vedi Annie, tu ci hai detto che Iriza Legan è più “trasparente” di te… non hai idea della scemenza che hai detto! Iriza Legan è una vipera intrigante e diabolica, e Neal è solo un bamboccio nelle sua mani. Quella filiale è nominalmente diretta da Neal, ma la vera mente capace di ordire certe trame, è quella di Iriza Legan! Sono sicuro che l’idea dell’attentato è sua, così come l’idea di incastrare la tua “sorellina” Candy.-
In quel mentre qualcuno bussò alla porta dello studio, ed Archie si alzò per aprire la porta.
-Che c’è signora Parkinson? Le avevo chiesto di non essere disturbato.-
-Le chiedo scusa signor Cornwell, ma c’è una signorina che chiede di lei con urgenza…-
-Quante donne lo cercano…- commentò a bassa voce Annie da dentro la stanza suscitando un mezzo sorriso in Terence.
-… una certa… Molly Jackson.-
-La porti subito qui.-
Poco dopo Molly Jackson entrava nello studio.
-Benvenuta signorina Jackson. Ha delle novità?-
-I sospetti di Candy erano giusti signor Cornwell.- disse la ragazza -È stata Iriza Legan ad incastrare Candy e a organizzare l’attentato a suo zio. E ha anche cercato di uccidere me!-

Suor Anna scese dal treno. Con la morte nel cuore aveva dovuto lasciare Chicago e tornare a La Porte, il suo posto era lì, accanto ai bambini della Casa di Pony.
Si riprometteva di tornare a Chicago in occasione del processo a Candy, per essere vicina alla sua sorella, ormai la considerava così. Ma in quel momento doveva pensare ai bambini. 
In quei pochi giorni di assenza erano stati affidati alle persone del villaggio, ma non poteva certo abusare della disponibilità di quelle brave persone, così era dovuta tornare, e dentro di sé si diceva sicura che presto, molto presto anche Candy sarebbe tornata a casa.

Uno dei treni che aveva dovuto prendere per arrivare da Chicago a La Porte aveva fatto un forte ritardo così che le coincidenze erano saltate e il viaggio della giovane suora era durato svariate ore in più.
Ormai il sole si apprestava a tramontare, e Suor Anna si incamminò a lenti passi verso la sua amata Casa di Pony. 
Non aveva mai conosciuto Miss Pony e Suor Maria, ma poteva comunque sentirle sempre presenti a vegliare sulla casa e sui suoi ospiti. Mentalmente le pregò di vegliare su Candy, e di aiutarla a superare questo momento così difficile.
Non osava nemmeno pensare a come Candy si dovesse sentire circondata da criminali, e magari anche da assassine. Con quel tipo di persone la sua giovialità non sarebbe servita a niente.

Ormai mancava poco alla Casa di Pony. Era buio, ma la luce della luna piena rendeva comunque visibili i contorni della strada, e Suor Anna sapeva bene dove si trovava.
Alla prossima curva avrebbe cominciato a intravedere i contorni del campanile e del tetto della sua amata Casa di Pony.
Percorse la curva e vide quello che non si sarebbe mai aspettata di vedere: un bagliore rossastro che avvolgeva il campanile e il tetto.
Col cuore in gola accelerò il passo, e quando fu abbastanza vicina fu come se il cuore le si fosse fermato: davanti a lei la Casa di Pony era avvolta dal fuoco!

-Sei sicura che questo poliziotto non sia un corrotto, Annie?-
-Beh, non proprio al punto di metterci la mano sul fuoco Archie. D’altronde non posso certo conoscere vita morte e miracoli di tutti i poliziotti di Chicago! Posso però dirti che secondo le mie fonti l’ispettore Willer ha fama di essere un poliziotto integerrimo, e qualche mese fa è salito agli onori della cronaca per aver salvato una bambina presa in ostaggio da alcuni rapinatori.-
I due ragazzi, insieme a Terence, stavano dentro la macchina di Archie davanti ad una stazione di Polizia, non quella del corrotto ispettore Barnaby, ma un’altra delle stazioni di Polizia di Chicago.
-Mettiamola così- intervenne Terence -Intanto non abbiamo scelta. E poi se anche questo Willer fosse un corrotto, sempre secondo le tue fonti Annie, non è in buoni rapporti con Barnaby. E questo ci basta.-
-Terence ha ragione.- disse Archie -Non abbiamo scelta. Per cui scendiamo da questa macchina e andiamo.-

Nel frattempo nel suo ufficio, Neal Legan sedeva alla sua scrivania intento a studiare le pratiche che intendeva truccare per far quadrare i conti, e cominciò a rendersi conto che quello che gli chiedevano Johnson e Dickart era quasi impossibile. Lo zio William sarebbe uscito dall’ospedale entro pochi giorni e allora le sue magagne sarebbero state scoperte.
Probabilmente Iriza aveva ragione: dovevano accelerare i tempi!
Qualcuno bussò alla porta
-Avanti.- disse lui
-Che c’è Miss Reagan? Sono molto impegnato.-
-Ecco… signor Legan…-
-Permette signor Legan?- disse la voce di un uomo che fece irruzione nell’ufficio di Neal insieme ad altri due.
-Siamo i revisori dei conti mandati da suo zio William. Abbiamo il compito di effettuare un’ispezione completa dei conti di questa filiale.-
Neal impallidì mortalmente: ormai era finita!

Al Santa Johanna Flanny era intenta nella distribuzione dei pasti ai pazienti. Aveva appena finito di distribuire il pranzo ai pazienti del suo reparto, e adesso si stava occupando di portare il pranzo ai pazienti delle stanze a pagamento.
Nel carrello che spingeva davanti a sé, ormai era rimasto solo un vassoio, quello riservato a William “Albert” Andrew.
Diretta alla stanza del suo “paziente ricorrente”, Flanny intravide qualcuno aggirarsi per il corridoio, qualcuno che chiaramente non faceva parte del personale sanitario.
-Signorina! Signorina! Questo non è orario di visite! La prego di accomodarsi fuori dal reparto.-
-Oh, mi scusi infermiera, volevo solo salutare lo zio William. Evidentemente sono stata male informata sugli orari di visita. Potrei comunque dargli un saluto?-
-Mi dispiace, ma le regole dell’ospedale sono molto precise: non si può fare visita ai pazienti al di fuori degli orari consentiti, e soprattutto quando distribuiamo i pasti.-
-Va bene, va bene… posso almeno vedere cosa gli state portando?- disse la ragazza avvicinandosi al carrello.
-SIGNORINA! La prego di allontanarsi subito!-
-Oh mio dio… mi sento svenire…-
-Ma… cosa…- Flanny appariva spiazzata. Quella ragazza stava indubbiamente facendo la scena, e quella mano sopra il vassoio… 
-Ma che diavolo sta facendo?!!!-
-Lo sappiamo noi cosa sta facendo!- proruppe una voce maschile proprio dietro a Flanny.
-Che cos’è questa bustina che tiene in mano signorina Legan? Arsenico o Digitale?-
-Ma… ma… io…-
-Soltanto una dilettante come lei poteva pensare ad un trucco così stupido per avvelenare una persona. Ispettore Willer, della polizia di Chicago: lei è in arresto per tentato omicidio nei confronti di William Albert Andrew!- disse il poliziotto mentre due agenti mettevano le manette a Iriza e la prendevano in consegna
-E non si preoccupi per suo zio signorina, ha già mangiato e adesso sta riposando.-

Neal e Iriza, arrestati e messi alle corde resero piena confessione dei loro misfatti. Giurarono e spergiurarono di non aver mai avuto intenzione di uccidere lo zio William, ma solo di volerselo levare di torno per un po’, giusto il tempo di coprire i loro traffici con Johnson e Dickart, ma la dose di veleno che Iriza aveva con sé al momento del suo arresto era una dose mortale.
Le impronte digitali rilevate sulla bustina raccolta da Annie la sera del ricevimento inchiodarono Neal alle sue responsabilità, e l’ispezione alla filiale da lui diretta rivelò un buco nei conti di svariate centinaia di migliaia di dollari. 
Per i due rampolli dei Legan era finita: sarebbero finiti in prigione per un bel pezzo, e con loro furono arrestati anche Johnson e Dickart. 
In cambio di protezione dalle inevitabili ritorsioni dei due gangster, Neal e Iriza accettarono di collaborare con la giustizia.


La porta della cella di isolamento si aprì e Molly Jackson si affacciò dentro la buia cella di punizione riservata alle detenute più turbolente.
-Candy! Svegliati avanti!-
-Che c’è Molly… stavo dormendo…-
-Beh allora preparati alla sveglia più bella che potessi desiderare ragazza mia: SEI LIBERA!-
-Come… libera? Posso uscire da questa dannata cella? Il direttore ci ha ripensato? E quella guardia che ho picchiato?-
Molly non poté fare a meno di ridere
-Puoi uscire da tutta la dannata prigione Candy! La tua innocenza è stata dimostrata!-
-Cosa? Sono… libera?-
-Certo amica mia! Sei libera!- disse Molly in lacrime abbracciando la bionda ormai ex prigioniera.
-E adesso vieni. Devo portarti dal direttore…-

Poche ore dopo Candy usciva definitivamente dal carcere femminile di Chicago. Ad attenderla fuori dal portone c’erano i suoi amici: Patty, Terence, Archie e… c’era qualcun altro.
-Annie! Sei proprio tu?-
-Sì Candy sono proprio io. Vuoi… abbracciarmi…- 
Ovviamente Candy non si fece pregare e abbracciò la sua mai dimenticata sorellina.

-Benedetta ragazza!- sbottò nonna Marta -Ma perché diavolo stavi in cella di isolamento?-
-Beh, una guardia trattava male un’altra detenuta e io… gli sono saltata addosso e l’ho riempito di schiaffi a quell’energumeno.-
I suoi amici non poterono fare a meno di ridere, ma poi si ricomposero. C’era qualcosa che dovevano dire alla loro amica.
-Candy ascoltami.- iniziò Annie 
-C’è qualcosa che devi sapere. Riguarda la Casa di Pony.-
-È… è stata pignorata dalla banca?-
-No Candy… peggio. È stata distrutta da un incendio.-
Candy impallidì
-Cosa? E… e i bambini? E Suor Anna?-
-Loro stanno bene non preoccuparti. Al momento dell’incendio tutti i bambini della casa erano ospiti delle famiglie di La Porte, e Suor Anna non era ancora tornata. Purtroppo però la nostra amata Casa di Pony non esiste più.-
-Oh… mio Dio… ma come… è potuto succedere?-
-È stato un incendio chiaramente doloso…- disse Archie
-Non mi direte che… è stato opera dei Legan…-
-Sì e no.- aggiunse Archie -Quell’imbecille di Neal aveva dato mandato a due scagnozzi dei bassifondi di Chicago di fare in modo che la Casa di Pony venisse “sloggiata” per così dire. Solo che i due balordi, evidentemente più imbecilli di lui, hanno travisato l’ordine e l’hanno distrutta completamente. Ora purtroppo quella casa non esiste più. Non hai idea di quanto mi dispiaccia Candy.-
-Coraggio Candy.- cercò di consolarla Annie -Non tutto il male vien per nuocere. Alcuni dei bambini sono stati adottati dalle famiglie di La Porte.-
-Ma gli altri verranno separati…- disse lei fra le lacrime
-Non è esatto Candy!- intervenne nonna Marta. -Sono già stati assegnati allo stesso orfanotrofio, qui a Chicago!-
-Beh, almeno questo… ma… quale orfanotrofio?-
-Come quale?!?!? QUESTO orfanotrofio.- disse l’arzilla vecchietta indicando le pareti della sua ormai ex pensione -La Casa di Nonna Marta!-
Candy sgranò gli occhi per la sorpresa
-La locanda ormai ha chiuso i battenti, e così io e Patty abbiamo deciso di trasformarla in un ricovero per bambini orfani. Ah, ci servirebbe una direttrice esperta Candy. Vuoi essere dei nostri in questa avventura?-
La ragazza non riusciva a spiccicare parola per la sorpresa, e alla fine in lacrime abbracciò sia Patty che sua nonna.

Pochi giorni dopo arrivarono da La Porte Suor Anna e i bambini della vecchia indimenticabile Casa di Pony, e la vecchia locanda venne rapidamente riadattata per le loro esigenze, anche con il contributo di William Albert Andrew che elargì una generosa donazione al nuovo istituto. Il terreno su cui sorgeva la vecchia Casa di Pony fu acquistato da Jimmy Cartwright, ex ospite della Casa di Pony e figlio adottivo del signor Cartwright, il fattore che a suo tempo aveva donato quel terreno al vecchio orfanotrofio.
La nuova Casa di Nonna Marta ben presto entrò nel pieno delle sue funzioni, e per Candy venne il momento di un triste commiato.

-Ti ringrazio di quello che hai fatto per me Terence. E della donazione che hai fatto al nuovo orfanotrofio.-
-Candy… io…-
Quante cose avrebbe voluto dire il giovane attore a quella ragazza, ma era ben consapevole che appartenevano a due mondi differenti, che ognuno di loro aveva la sua vita.
Il treno fischiò, ormai la partenza era imminente, e Terence senza altre parole salì in carrozza, lasciando Candy in lacrime.

Uscendo dalla stazione Candy incontrò Flanny.
-Ciao Candy.-
-Ciao Flanny! Sono felice di rivederti!-
-Ricordi? È qui che ci siamo incontrate la prima volta.-
-Sì, mi ricordo. Prima incontrai quella vipera di Iriza Legan, e poi te. Vorrei ringraziarti per la tua gentilezza di quel giorno e per il contributo che hai dato alla mia liberazione.-
-Non ho fatto niente lo sai…-
-Sì invece, portando quel messaggio di… Albert, lo chiami così dico bene? Portando quel messaggio ti sei dimostrata altruista e sensibile. Mi hai aiutata, a me, una sconosciuta, e non ti ringrazierò mai abbastanza.-
-Come ti vanno le cose Candy?- disse Flanny per sviare la conversazione su binari meno imbarazzanti.
-Devo ammettere che l’esperienza della prigione ha lasciato il segno. Ho rischiato di passarci molti anni lì dentro, e comunque quelle poche settimane che ci ho trascorso mi hanno segnata. Lì ho conosciuto donne molto più sfortunate di me. Alcune di loro erano orfane, proprio come me sai? Bada bene, non sto dicendo che fossero delle sante, sono persone che hanno sbagliato ma che in molti casi stanno pagando un prezzo fin troppo alto.-
-Il mondo è fatto così Candy. E non è in nostro potere di cambiarlo come piacerebbe a noi. A volte dobbiamo solo accettarlo e rimboccarci le maniche, tu prendendoti cura dei tuoi bambini e io dei miei pazienti.-
-A proposito di pazienti, come sta “Albert”?-
-Molto bene direi, si è completamente ripreso, e stasera usciamo ins…-
-Senti senti… non sei così fredda come vuoi sembrare, dico bene?-
-Oh Candy…- disse Flanny arrossendo come un peperone.
-Beh, ti saluto amica mia. I miei bambini mi aspettano.-
-Stammi bene Candy.-
-Vienimi a trovare qualche volta. Mi farai piacere.-
-Non mancherò.-

Arrivata all’orfanotrofio Candy trovò Suor Anna e Annie che intrattenevano i bambini nella vecchia reception della locanda mentre Patty e sua nonna armeggiavano in cucina.
-Ancora qui Annie? Non ti aspetta il tuo ganzo?-
-Candy sei impossibile! Archie non è il mio “ganzo”!-
-Seee… dicono tutte così. Comunque colgo l’attimo per ringraziarti.-
-E di che cosa?-
-Primo: per avermi tirata fuori di prigione, e secondo: per tutte le donazioni che hai fatto in questi ultimi anni alla Casa di Pony.-
-Cosa? Quali donazioni?-
-Quelle donazioni anonime di svariate centinaia di dollari che arrivavano quasi ogni mese Annie. Quegli ammanchi che tua madre imputava ad una insana passione per il tavolo verde e che invece tu spedivi regolarmente alla Casa di Pony. Sai, tua madre ha fatto qualche indagine e ha ricostruito tutto. Decisamente nella vostra famiglia avete un talento innato per l’investigazione. Dovresti fare la poliziotta o l’agente segreto tipo Mata Hari.-
-In un’altra vita magari… in questa ho deciso di dedicarmi a un compito molto più importante.-
-E sarebbe?-
Annie guardò la sua sorellina con una faccia intenerita e determinata al tempo stesso.
-Voglio aiutarti con l’orfanotrofio Candy. Mi intendo un po’ di amministrazione e sarò ben felice di darti una mano. Senza contare che con le mie, chiamiamole “capacità relazionali” saprò procurarti sempre nuovi finanziamenti e agganci che torneranno sempre utili.-
Candy era senza parole
-Sei… sei sicura Annie?-
Annie le prese le mani.
-Sai Candy, prima mi hai presa in giro riguardo ad Archie, ebbene sì: ci stiamo provando a costruire qualcosa, non lo nego. Ma voglio che tu sappia che la persona più importante della mia vita non è lui, sei tu!-
-Annie… cosa dici…-
-La mia sorellina che tanti anni fa ho vigliaccamente tradito, e dalla quale voglio essere perdonata.-
Candy in lacrime abbracciò la sua sorellina davanti allo sguardo commosso di Suor Anna.
-Beh, adesso ho due sorelle… non è vero Anna?-
Anche la giovane suora si sciolse in lacrime e abbracciò le due ragazze.
-Volete sapere una cosa?- disse Annie dopo essersi sciolta dall’abbraccio -Io ci ho giocato veramente a Poker, anche se una volta sola. Caddi nelle mani di due abili prestigiatrici  e bare di prima categoria, che in una sola serata mi vinsero 500 dollari.-
-Caspita!- esclamò Suor Anna -500 dollari?!?!?-
-Oh, avrebbero potuto fregarmi molto di più se è per questo, ma dopo quella sera mi feci semplicemente schifo. Ho pensato ai bambini della Casa di Pony, a quante cose si potevano fare per loro con quei soldi, e così…-
-…E così tutti i mesi ci mandavi almeno 400 dollari…-
-Proprio così Candy…-
Si guardarono a lungo con gli occhi umidi di lacrime.
-Comunque adesso devi dirci come è andata col tuo ganzo!- disse improvvisamente Annie
-Quale “ganzo”?-
-Ma come quale? Terence Graham duca di Grandchester!-
-Ma cosa dici Annie? Terence non è il mio ganzo!-
-Seee… dicono tutte così!- dissero insieme Annie e Suor Anna prima di scoppiare a ridere.
 
   
 
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