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Autore: Neamh Moonstar    04/02/2024    0 recensioni
[Hazbin Hotel]
Di poche cose Angel Dust era sicuro.
La prima: il Paradiso non era sempre stata casa sua. Glielo ricordava tutto, in primis il nome che si rifiutava di cambiare e che, come lui, stonava peggio di una chitarra scordata.
La seconda: aveva una sorella gemella che, a differenza sua, in Paradiso ci era finita subito - e che ricordava come una ragazza bionda, alta e solare; non certo come l'adorabile ma comunque bizzarro ragnetto rosa che aveva di fronte.
La terza: aveva un amico che, come lui, proveniva da un luogo oscuro del quale ricordava molto molto poco, ma con il quale poteva confidarsi.
La quarta: nessuno degli angeli superiori voleva parlare dell'Inferno e la cosa lo mandava in bestia.
La quinta: era finito chissà come nel luogo migliore possibile, ma non si sentiva né soddisfatto né felice. Gli mancava qualcosa. Anzi: gli mancava qualcuno del quale non aveva che vaghissime memorie.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non so davvero cosa "ti amo" voglia dire. Penso significhi: "Non lasciarmi qui da solo".

- Neil Gaiman


**


Le immacolate vie del Paradiso scintillavano sotto ad un sole piacevolmente caldo. Il cielo azzurrissimo era spruzzato solo da dolci, rotonde e paffute nuvole dalle sfumature pastello. La gente andava avanti e indietro senza fretta, riunita in gruppetti sorridenti. Era una mattinata come le altre e lui l'avrebbe passata, come sempre, al solito baretto.

Rimescolò lentamente lo zucchero nel suo caffè, il volto poggiato sul palmo di una delle sue quattro mani e lo sguardo perso verso un punto non ben precisato del tavolino. In mezzo all'atmosfera leggera e spensierata, appariva come una magra figurina assolutamente discordante.


Di poche cose Angel Dust era sicuro.

La prima: il Paradiso non era sempre stata casa sua. Glielo ricordava tutto, in primis il nome che si rifiutava di cambiare e che, come lui, stonava peggio di una chitarra scordata.

La seconda: aveva una sorella gemella che, a differenza sua, in Paradiso ci era finita subito - e che ricordava come una ragazza bionda, alta e solare; non certo come l'adorabile ma comunque bizzarro ragnetto rosa che aveva di fronte.

La terza: aveva un amico che, come lui, proveniva da un luogo oscuro del quale ricordava molto molto poco, ma con il quale poteva confidarsi.

La quarta: nessuno degli angeli superiori voleva parlare dell'Inferno e la cosa lo mandava in bestia.

La quinta: era finito chissà come nel luogo migliore possibile, ma non si sentiva né soddisfatto né felice. Gli mancava qualcosa. Anzi: gli mancava qualcuno del quale non aveva che vaghissime memorie.


    «Ci stai ancora ripensando, vero?» Mormorò Molly, il tono cordiale ma al contempo preoccupato.

Angel alzò lo sguardo su di lei. Oltre quegli enormi occhi fucsia e la mole spropositata di capelli, riusciva quasi ad intravedere l'ombra dell'umana che era stata - il che era sia strano che rassicurante.

Non lo aveva stupito più di tanto l'idea che lei fosse stata l'unica della sua famiglia a finire lassù. Alla fin fine, già loro due erano sempre stati simili di aspetto ma completamente diversi di carattere. Da un lato c'era lei: Molly l'educata, la cordiale, l'intelligente e la diligente. Dall'altro c'era lui: Anthony il combina guai che sgattaiolava fuori da scuola, fuori da casa e fuori da qualsiasi regola; quello che era caduto in brutte abitudini troppo presto e che troppo presto aveva lasciato che le suddette lo uccidessero.

Che cazzo ci faccio io qui?

    Cercò di trattenere un sospiro e le sorrise. «Mi hai beccato.»

Non che fosse difficile beccarlo. Sin da quando era arrivato, i suoi sorrisi erano stati tutti rivolti alla sorella ritrovata, all'unico amico e alla lasagna fatta come si deve. Il resto del tempo lo passava a rimuginare sul senso di vuoto che sentiva dentro.

    «Vedrai che ti passerà» lo rassicurò lei. Mise da parte la sua tazza ora vuota e gli porse una mano perché Angel la stringesse. «Sei mesi non sono niente. È normale che tu ti senta ancora un po' spaesato.»

    «Un po'?» Sbuffò scherzosamente lui, accogliendo il gesto. «Mi sento completamente fuori posto, sorellina.»

Vero era che piombare davanti ai serafini con la testa in subbuglio e il cervello nella confusione più totale avrebbe spaesato chiunque. Il problema era che ad Angel Dust la sensazione non era mai davvero passata.

Si sentiva ancora come se gli avessero bruciato dei ricordi importanti a seguito della sua ascesa. L'inferno era una distante macchietta rossa e scura agli angoli della sua mente, così come lo erano gli sprazzi di voci e i continui sensi di deja-vu che riempivano le sue giornate. Una parte di lui continuava a dire che avrebbe dovuto chiarire la confusione, trovare un senso al suo repentino e apparentemente casuale arrivo in Paradiso... Ma non ci riusciva. Era stato come rinascere con la consapevolezza di aver vissuto una vita precedente.

E faceva schifo.


    Molly accavallò un paio di gambe sull'altro. «Guarda il lato positivo: se sei quassù è perché te lo meriti» affermò. «Qui sopra è molto, molto meglio che là sotto.»

    Angel aggrottò le sopracciglia. «Come fai a dirlo? Ci sei mai stata?»

    «No, ovvio che no. Nessuno di noi c'è mai stato» rispose lei, indicando il resto del Paradiso con la testa. «Beh, a parte te e Pentious.»

    «Appunto!» Esclamò lui, allargando un paio di braccia e attirando qualche sguardo interrogativo verso di sé. «La cosa non vi stranisce nemmeno un po'?»

Ricordava bene le facce di Emily e Sera il giorno in cui era comparso loro dinnanzi. La prima sorrideva ma pareva affranta, soprattutto quando venne a sapere che Angel ricordava a malapena il luogo da cui era venuto. La seconda pareva spaventata e confusa, tanto da non aver proferito una sola parola. Nessuna delle due aveva ostentato stupore, come se si aspettassero tutto ma temessero comunque le conseguenze.

Nessuna delle due gli aveva dato delucidazioni. Gli avevano solo messo Pentious e Molly accanto, dandogli il benvenuto e dicendogli che da quel momento in poi sarebbe andato tutto bene.

Peccato che nulla stesse andando così bene come gli era stato assicurato.

Era certo che il resto dei pezzi grossi del Paradiso sapesse delle sue origini, così come di quelle del goffo serpente. Lo vedeva dagli sguardi poco convinti che gli lanciavano alcuni di quei pomposi.

Odiava avere tutti quegli occhi indagatori addosso. Lo facevano sentire piccolo e poco meritevole di condividere il loro stesso, santissimo ed immacolatissimo spazio.

    «Non so come o perché siate stati redenti,» sussurrò Molly, intimandogli di abbassare la voce con un gesto della mano, «ma è davvero così importante? Forse non vi ricordate granché proprio perché non c'è nulla di importante da ricordare.»

Angel non ne era per niente convinto. Aveva troppi presentimenti, troppe sensazioni e troppi sogni ricorrenti che dimostravano che sua sorella aveva torto.

Non era mai sceso nei dettagli con lei, però. Semplicemente non voleva, in un certo senso, deluderla.

Una delle poche cose belle accadute al suo arrivo erano stati i lucciconi negli occhi di Molly non appena lo aveva riconosciuto. L'aveva vista corrergli incontro, gettandogli le braccia al collo come faceva quando erano bambini, e tanto era bastato a fargli salire un magone su per la gola. L'aveva stretta a sé finanche con le braccia che non usava mai, abbracciandola come se ne andasse del resto della sua esistenza.

Le era mancata e non lo sapeva.

L'ultima cosa che voleva, era farle credere che stare con lei non gli piacesse, o peggio: farle credere che preferisse un buco buio e puzzolente alla presenza ed affetto dell'unico membro a posto della famiglia.

    Così chiuse il discorso come faceva sempre: con un sorriso triste e un cenno di assenso. «Forse hai ragione.»

    Ciò bastò a far tornare il sorriso sul volto di Molly. «Così ti voglio, fratellino!» Esclamò, facendo fremettere di gioia le alucce sulla sua schiena. «So come tirarti su il morale. Che ne dici se andiamo a trovare Pentious? Poi possiamo anche fare un giretto e fermarci al tuo ristorante preferito, se ti va. Tutto quello che vuoi.»

Angel acconsentì, finendo in un sorso il caffè ancora miracolosamente caldo e schiumoso.


Intanto che passeggiavano, si lasciò trascinare sia dalla gentile presa sul polso che dalla parlantina di sua sorella. 

Non poteva che fissare brevemente il suo riflesso ogni qualvolta passavano davanti ad una vetrina. Era quasi convinto di non essere cambiato granché: il ciuffo rosa chiaro e leggermente chiazzato che gli sovrastava il capo era familiare, così come le iridi fucsia che condivideva con Molly. Era quasi certo di non aver sempre avuto entrambe le sclere bianche, però. Le alucce candide, anch'esse vagamente puntellate di rosa, erano ovviamente una novità che ancora non aveva imparato ad adoperare a dovere. Per il resto, l'aureola sulla sua testa era un vago cerchietto luminoso che alle volte si dimenticava di avere; mentre aveva sempre adorato il completo confetto nel quale si era ritrovato - e che, sinceramente, gli stava un incanto.

Almeno per quanto riguardava l'aspetto esteriore, era in tutto e per tutto in tinta con il resto dell'ambiente.

Alla fine, nonostante tutto, sei sempre tu.

Quell'affermazione gli rimbombò nella testa con un tono che non era per niente il suo. Si ritrovò ad annuire ad un'affermazione di sua sorella che in realtà non era stato a sentire.

Probabilmente direbbe così, sì, si disse. Poi si rese conto di non avere la più pallida idea di chi avrebbe dovuto dire una cosa del genere, o perché.

Scosse la testa, cercando di allontanare solo uno dei tanti pensieri intrusivi che, sapeva bene, avrebbe continuato a sentire per il resto della giornata.

Avrebbe voluto non farci caso, ma gli risultava infattibile. L'unico che poteva capire la situazione era Pentious ma, per ovvie ragioni, lui e il serpente parlavano di quelle cose solo quando Molly non era nei paraggi.


    "Capita anche a te?" Gli aveva scritto Angel una volta. Erano i suoi primi giorni in Paradiso e, durante la sera, cercava sempre conforto tra le lenzuola e lo schermo del cellulare nuovo di zecca che gli avevano rifilato.

Chissà perché, sentiva sempre più forte la voglia di adottare un animale domestico. Ne avrebbe parlato con Molly.

    La risposta era stata un: "Sì, tutti i giorni" seguito da un emoticon triste e piagnucolante. Nella testa del ragno, quel "sì" suonava marcato e sibilato.

    Pentious diceva sempre di sentire vividamente la mancanza di qualcuno. Chi? Beh, quello sì che era un gran bel mistero. «Una cosa è ssicura,» aveva affermato questi il giorno dopo, tirando la sua grossa coda a sé come fosse un paio di ginocchia. «Era una persona che amavo davvero davvero tanto.»


La sensazione che Angel odiava più di tutte era il bisogno, lo stesso che portava l'amico a stringersi le squame in un goffo auto-abbraccio.

Sentiva la necessità di tante cose: una stretta, un braccio attorno alle spalle, una parola di conforto... Tutte cose che i suoi unici veri contatti in Paradiso gli davano spesso e volentieri, ma che non appagavano mai quel costante e divorante senso di vuoto.

Nei giorni peggiori non faceva che chiedersi perché. Perché mi succede? Perché sono qui? Perché non c'è nessun altro come noi?

Si sforzava di lasciar perdere per concedersi la compagnia della sorella, una tazza di caffè, un piatto fumante di qualcosa di buono e le passeggiate. Il sole e l'aria perennemente limpida lo aiutavano finché non tornava a casa o finché la sua mente non tornava al galoppo.

Benvenuto in Paradiso.


    «Anthony? Mi stai ascoltando?» Lo riprese Molly, dandogli un colpetto sulla spalla.

    Imprecò mentalmente, maledicendosi per il continuo distrarsi. «Certo che ti sto ascoltando.» Ridacchiò nervosamente, sapendo che tanto lei non ci sarebbe mai e poi mai cascata.

    Difatti, si ritrovò davanti ad un bel broncio di rimprovero. «Ehi, in Paradiso non c'è posto per i bugiardi. Ammetti di avere sempre la testa tra le nuvole, piuttosto.»

    Ad Angel scappò da ridere. «Più tra le nuvole di così si muore, sorellina.»

Lei lasciò cadere la questione con un'alzata al cielo dello sguardo, ricominciando a parlare dell'ultimo episodio della sua serie preferita - una specie di sdolcinata storia d'amore dalla trama scontatissima che Angel si astenne dal commentare.

    «Dovresti guardarla,» gli intimò Molly a discorso ultimato, «ti scalda il cuore.»

    «Se lo dici tu.»

Il solo pensiero gli provocò una morsa allo stomaco. Qualcosa gli disse che il cuore non glielo avrebbe scaldato affatto, anzi...


Arrivarono nella tranquilla zona residenziale in cui a Pentious era stato affidato un appartamento. Non era molto lontana da quella in cui vivevano loro - un'idea di Emily per "mantenerli uniti".

La verità era che il serpente odiava stare da solo - un po' era indole, un po' era colpa dell'amnesia che lui e Angel condividevano. In ogni caso, ciò portava Pentious ad uscire spesso e stare in mezzo alla gente, a meno che non sapesse che i fratelli sarebbero venuti a fargli visita. Incredibilmente, così facendo si era costruito una piccola ma costante rete di amicizie che Angel Dust quasi invidiava.

In fondo, dopo sei mesi, lui non si era ancora staccato né dall'amico né dalla sorella.


Quella volta, Molly aveva avvisato Pentious con un messaggio intanto che Angel era bello perso nei suoi pensieri. Pertanto, alla ragnetta bastò dare tre colpetti al campanello perché il serpente aprisse loro la porta.

    «Questo palazzo mi fa salire la solitudine» commentò Angel intanto che salivano le scale marmoree di quell'imponente torre di vetro - una delle tante che svettava fiera tra le nuvole del Paradiso.

    «A te tutto fa salire la solitudine, fratellino» scherzò Molly senza sapere quanto in realtà ci avesse preso.


Arrivarono alquanto velocemente al terzo piano, laddove trovarono l'uscio aperto per loro.

Ad Angel faceva sempre un effetto strano sapere che lassù potevi lasciare casa tua praticamente spalancata, sapendo che nessuno ci avrebbe mai messo piede. Qualcosa, e non era la logica, gli diceva che all'Inferno non sarebbe stato possibile.

    Seguì sua sorella che entrava canticchiando: «Pen! Siamo arrivati!»

Visitare l'amico gli dava sempre un po' di sollievo. Era bello avere accanto qualcuno che condivideva la sfiga con lui: era una sensazione particolare, oltre che una bizzarra categoria di affetto reciproco.

Peccato che fosse anche una di quelle sensazioni capaci di straziargli il cuore.

Il motivo? Beh... Quello sì che era un gran bel mistero.

   
 
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