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Autore: De33y    17/02/2024    3 recensioni
Ci sono esperienze che lasciano un segno indelebile sulla pelle e sull’anima. Ci sono creature che strisciano nell’ombra che si nutrono di queste cicatrici. Un semplice caso di bambini scomparsi pone i fratelli di fronte a scelte impossibili, scelte che aprono vecchie e nuove ferite e che mettono alla prova il loro legame.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Quarta stagione
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Disclaimer: Non possiedo i diritti di Supernatural né dei personaggi riconoscibili presenti in questa storia. L'idea originale è merito di Eric Kripke ed i diritti, al meglio delle mie conoscenze, appartengono allo studio CW. Le Algea sono state introdotte da Esiodo nella Teogonia, ma data la scarsità di fonti ho lavorato di fantasia per la loro caratterizzazione e attualizzazione. Questa storia è scritta per puro divertimento e non ha scopi di lucro.
Spoiler warning: La storia contiene spoiler sul finale della stagione 3 e alcuni elementi dalla stagione 4.
Triggers: La storia contiene elementi di violenza, non estremamente grafici e linguaggio volgare, entro i canoni della serie.
A.N.: Ed eccoci arrivati all’ultimo capitolo pur sapendo tutto quello che doveva succedere in abbondante anticipo scrivere e rivedere questa storia è stata per me un’avventura emotiva. Spero che questo viaggio sia piaciuto a voi almeno quanto è piaciuto a me. Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno commentato o messo la storia tra i favoriti. Ringrazio anche tutti quelli che dietro le quinte mi hanno ascoltato quando la raccontavo le prime volte e mi hanno convinto a tornare a pubblicare i miei scarabocchi. Per chi avesse voglia di continuare a leggermi sto mettendo qualche scenetta ispirata alla Febuwhump2024 su fanfic.net (per il momento solo in inglese, o qualcosa che ci assomiglia)
 
Dean si svegliò al profumo di uova e pancetta che aleggiava nella stanza. Il sole era già alto, a giudicare dalla luce nella stanza. Il suo stomaco brontolò, mentre cercava di cacciare via gli incubi della notte appena trascorsa. Sam stava ancora dormendo. Le sue gambe pendevano oltre la spalliera del divano. Sta bene.
Rimase a fissarlo. Studiò il ritmico su e giù del suo petto farsi più veloce. Gli occhi che si muovevano dietro le palpebre e i muscoli che si contraevano appena. Incubi, come dargli torto.
Le immagini della notte erano ancora troppo vivide. Sam sul suo tavolo all’inferno coperto di sangue. Suppliche quando mormorate quando urlate, ma sempre ignorate. Aveva continuato a rivoltarsi ai suoi incubi ripetendosi che Sam non era mai stato all’inferno. Adesso che era giorno, quelle immagini si sovrapponevano con i ricordi delle sorelle. Non importava lo scenario, lui era stato il carnefice, lui era il sadico che non si era fermato neanche davanti al fratello che avrebbe dovuto proteggere.
Sospirò. Era troppo tardi per tornare indietro.
Almeno Sam stava bene.
Alzò la testa per cercare Bobby. Lo trovò in cucina ai fornelli, da dove arrivava anche lo sfrigolio del bacon. Lo stomaco di Dean si fece sentire di nuovo. Bobby si voltò, ma nel momento stesso in cui i loro sguardi si incrociarono, Bobby abbassò gli occhi. Non serviva molto a immaginare il perché di quel gesto, dopo tutto quello che era successo. Dean non riusciva neanche ad immaginare cosa gli avrebbe fatto suo padre se fosse stato ancora vivo. Aveva avuto un tetto sopra la testa e Sam lo aveva ricucito, doveva ringraziare e ripartire prima che gli animi si scaldassero.
“Vuoi qualcosa da mangiare?”
Lo stomaco di Dean brontolò di nuovo decidendo per lui. Non era sicuro di quando avesse mangiato per l’ultima volta, forse prima delle sorelle prima di …
“Grazie.”
Bobby gli aveva messo davanti uova, bacon, pane e una scatola di fagioli. Sul tavolo poco lontano c’era una fruttiera. Dean divorò il cibo in silenzio. Bobby seduto accanto a lui non disse una parola fino a che Dean non ebbe finito di pulire il piatto.
“Senti, riguardo due giorni fa…” Dean alzò la testa nella sua direzione, aspettando la ramanzina.
“Quello che ho detto…Mi dispiace non lo sapevo.” Bobby non era John. Quello fu il primo pensiero di Dean.
“Cosa? Che ero un sadico figlio di puttana? È la verità.” Faceva un effetto strano dire quelle parole ad alta voce.
“Dean, non è giusto. Non l’avrei mai detto se avessi saputo.”
“Avrei dovuto proteggerlo...”
“Starà bene.”
“Solo perché qualche stupido angelo è arrivato e lo ha curato? Ho perso il controllo, non me ne fregava un cazzo, non era più Sam quello che avevo davanti.” Dean stava tremando di furia e terrore allo stesso tempo.
“Dean quello che è fatto è fatto. Ringrazia che ne siete usciti vivi.” Bobby lo fissò in silenzio. Non avrebbe saputo cosa dire tranne ripetere di nuovo che Sam stava bene. E non era di aiuto.
“Ha paura di me. Non so neanche da quanto tempo mi stava supplicando di smettere.” Dean disse, pericolosamente vicino a singhiozzare.
“Solo una volta.” Sam era in piedi e si stava stropicciando gli occhi, evidentemente era stato svegliato dalla discussione.
Dean lo guardò inebetito senza sapere cosa volesse dire.
“Era la prima volta che ti chiedevo di fermarti. E mi hai sentito, qualunque cosa stesse succedendo nella tua testa, ti sei fermato.” Lo diceva senza emozioni, senza rimproveri.
“Non saremmo mai dovuti arrivare a quel punto.”  Voleva John, voleva qualcuno che gli dicesse quanto aveva sbagliato. Non la pazienza di Bobby. Non il perdono di Sam.
“Quale altra scelta c’era?” Sam era più frustrato che altro. Bobby si era alzato con la scusa di servirsi la colazione.
“Tanto per cominciare, avevo la scelta di non farmelo piacere.”
“Fartelo piacere? Hai iniziato a tremare assai prima di prendere il coltello in mano.”
“Eri solo una dannata tela per me in quel momento ed ero fiero del capolavoro che stavo disegnando.”
Sam accusò il colpo. La mano andò istintivamente a massaggiare il petto, se ne accorse e la scostò di scatto, ma non prima che Dean la vedesse.
“È per quello che hai lasciato il coltello in auto ieri sera, avevi paura di iniziare un altro…disegno?”
Dean si bloccò, nudo di fronte alle accuse di Sam. Sentì gli occhi di Bobby bruciargli sulla nuca, mentre Sam continuava a fissarlo in attesa di una risposta.
“Eri solo uno tra tanti come tutti quelli che ho torturato all’inferno.”
Sam chiuse gli occhi per un istante.
“Non ci saresti riuscito altrimenti.”
“Scusa?”
“Non saresti riuscito a fare quello che le sorelle chiedevano se non ti fossi assentato in quel modo.”
Dean non l’aveva mai considerata in quel modo, vero o falso che fosse, non giustificava quello che aveva fatto. Non avrebbe mai dovuto permettersi di dimenticarsi che era Sam la sua tela.
Bobby si riavvicinò al tavolo, spostando la fruttiera per far spazio al piatto e facendo cadere una mela.
“Dean lo sappiamo tutti che quello che hai dovuto fare va contro ad ogni fibra del tuo corpo, contro ad ogni cosa che ti è stata insegnata.”
“Voi non capite.” Dean allontanò il piatto prima di cedere all’istinto di lanciarlo contro un muro. Era stato un mostro perché non volevano vederlo.
“No Dean, sei tu che ti rifiuti di vedere la realtà. Era o noi o i bambini. Né tu, né io eravamo pronti a sacrificare i bambini.”
“Forse sarebbe stato meglio.”
“Balle, non dici sul serio.”
Dean si alzò di scatto e fece un passo verso Sam che si ritrasse d’istinto proprio come la sera prima.
Bobby abbassò la testa sconsolato. Dean sentì di aver provato il suo punto.
“Hai paura.”
“Credi che non mi renda conto di quanto patetico debba sembrarti? Tu hai resistito per anni io neanche qualche ora. So che non è colpa tua Dean, ho solo bisogno di tempo.” E di sangue di demone, ma quello se lo tenne per sé.
 “Pensi che chiedere una volta di fermarmi voglia dire crollare? Non c’eri neanche vicino.”
 “Come fai ad esserne sicuro?”
“Perché ero bravo e perché ci sono passato.” Disse con tono amareggiato.
Sam si prese qualche secondo.
“Non avresti sacrificato i bambini.” Cercò di rassicurarlo Dean.
“Abbiamo salvato i bambini.” Disse Sam come se ne dovesse convincere.
“Abbiamo salvato i bambini, ma tornassi indietro...” Dean avrebbe fatto di tutto per cancellare le sue azioni, forse anche sacrificare i bambini se voleva dire salvare Sam, ma Sam scosse la testa.
“Tornassimo indietro rifaremmo tutto esattamente uguale. Non importa cosa stesse succedendo nella tua testa, se con i pensieri eri altrove o altro. Appena ho chiamato ti sei fermato e sono sicuro che lo rifaresti di nuovo”
Dean non sembrava avere la stessa certezza.
“Mi fido di te.” Ribadì Sam prima che Dean avesse la possibilità di ribadire.
Sam si allontanò di un passo prese una mela dalla fruttiera e la lanciò a Dean che l’afferrò al volo d’istinto.
“Che…?” Dean non aveva idea di cosa c’entrasse quella mela con la fiducia.
Sam non rispose e porse a Dean un coltello da cucina. La lama rivolta verso se stesso, il manico verso il fratello. Le mani che tremavano e i muscoli delle braccia tese. Dean esitò guardando quel coltello fra di loro. Un’arma. un simbolo di tutto quello che era appena successo.
“Sam?”
“Non pensare che te la faccio passare completamente liscia, mi devi almeno una colazione”
Dean afferrò il coltello e lo soppesò il coltello tra le mani. Lasciò che le parole di Sam gli entrassero dentro, gli dessero speranza. Sam non si mosse di un millimetro. Se Sam riusciva ancora a fidarsi di lui, forse un giorno Dean sarebbe stato capace di fidarsi di nuovo di sé stesso.
Aveva gli occhi annebbiati di lacrime mentre la lama incideva togliendo piano piano il rosso della buccia e lasciando il bianco immacolato della polpa. Non era così idealista da pensare che sarebbe riuscito a perdonarsi, ma per il momento si accontentava di poter fare qualcosa per Sam.
“A cubetti…”
“…non a strisce.” Dean finì la frase per Sam.
Risero entrambe ricordando quando Dean preparava la colazione da bambini.
  
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