Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: solandia    23/02/2024    0 recensioni
Un diavolo malriuscito. Due zingare di periferia. E un Angelo bruno sullo sfondo del cielo lontano.
Un'inestinguibile brama di libertà. Una routine incoercibile. Una Gerarchia da sfidare.
Una fiaba dark sulla scoperta di se stessi, degli altri e dell'amore
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inferno, Cerchio II

Korim si appoggiò alla ringhiera sgangherata appena fuori dalla porta di servizio dello Spider's Nest, massaggiandosi il braccio piagato.

Gli doleva.

Quella sera era riuscito a suonare a stento, anche se gli altri, ad eccezione di Bizarq, non se n'erano accorti. Aveva corretto i suoni emessi dal basso con le vibrazioni dell'Antica Lingua e in qualche modo se l'era cavata, ma avanti di questo passo la sua carriera di musicista era segnata.

E non gli avrebbe portato più alcuna soddisfazione.

Avrebbe voluto rovesciare nella musica tutto ciò che covava dentro. Avrebbe voluto gridare con il suo basso, con lui piangere, ruggire, esplodere e distorcersi, trasudando rabbia e disperazione. Invece aveva passato tre ore a lavorare di tecnica e metodo, impegnato solo a non stonare troppo.

Quei porci bastardi dei suoi Gerarchi gli avevano tolto anche la musica.

Maledetti.

Un campanile lontano batté la mezzanotte.

Il Tentatore sollevò il volto verso quel piccolo brandello di cielo che si intravvedeva fra i tetti del vicolo, ma non poté scorgere né luna né stelle, solo una coltre scura che soffocava ogni cosa.

C'era vento.

Soffiava a brevi folate e trascinava con sé l'odore stantio dei bassifondi della città.

Korim chiuse gli occhi e respirò a fondo, bagnandosi della quiete viscida del vicolo.

In lontananza poteva sentire il traffico del Corso e il brulicare della movida notturna, ma era felice che tutto, attorno a lui, fosse spento e stagnante.

Era un conforto.

La porticina di servizio dello Spider's si aprì cigolando: ecco che arrivava il rompicoglioni di turno.

«Ohi, Korim! Che serata, eh? Il pubblico era in visibilio».

Batch, il batterista del gruppo.

Come minimo adesso si sarebbe piazzato lì a fumare una delle sue merdosissime MS, come se il vicolo non puzzasse già abbastanza.

«Sei stato un grande, stasera» continuò il corpulento ragazzo, esaltatissimo, «ci hai dato dentro come non ti avevo mai visto! Ma che ti sei calato per reggere tre ore a quel ritmo?»

Korim grugnì infastidito. La sua reale performance era stata uno schifo, Batch aveva visto e sentito solo quello che lui aveva voluto che vedesse e sentisse. Ma non serviva che lo sapesse: «Niente, ero solo incazzato di mio.»

«Beh, allora dovresti incazzarti più spesso, magari ci scritturano!»

Il Tentatore gli buttò addosso uno sguardo talmente glaciale che l'entusiasmo del ragazzotto si spense all'istante: «Ok, ok, scherzavo. Ti va una sigaretta?» chiese per farsi perdonare.

E gli allungò una MS.

Come volevasi dimostrare.

Il Diavolo stese meccanicamente la mano; l'amico gli porse l'accendino, poi se ne accese una identica.

D'improvviso un gatto nero saettò fuori da un finestruolo del seminterrato del Nest. Si fermò al centro del vicolo, macchia scura fra le ombre della notte, e restò per qualche istante a fissare Korim. I suoi occhi rilucevano nell'oscurità come due polle di acido iridescente.

Il Messaggero.

Doveva aver dato la Consegna al suo Compare: era già ora di andare.

E infatti la porticina del Nest scricchiolò di nuovo.

«Uh, qui stavate! E' mezz'ora che vi cerco!»

Ed eccolo, Bizarq, allegro e ancora gasato per la serata.

«Che vi fumate? Mi fate fare un tiro anche a me?»

«Fattela pure tutta» gli disse Korim allungandogli la sigaretta e avviandosi alla porta: «Dove si va stasera?» chiese voltando le spalle al suo interlocutore.

«Al Number» rispose Bizarq, entusiasta.

Ok. Il Number X era una delle più grandi e malfamate discoteche dell'hinterland. Riservata agli etero, preclusa agli afro, serviva electrodance e pasticche in tutte le salse e riusciva a fare il pieno quasi ogni sera. Chi si ritrovava lì aveva qualcosa da affogare, e affogare il più rapidamente possibile.

Da quelle parti il Lavoro non mancava mai.

Korim racimolò le sue quattro cose e meno di dieci minuti dopo erano già tutti in macchina.

Guidava Molotov, il tastierista. Bizarq sedeva davanti, mentre lui e Fix, la voce, erano pigiati sul sedile posteriore. Batch se ne era andato a casa con il furgoncino su cui avevano caricato gli strumenti: era l'unico fra loro ad avere un lavoro serio, oltre a quello di musicista.

Molotov era iscritto a una qualche facoltà letteraria, che in ogni caso non frequentava mai, mentre Fix, il pischello del gruppo, andava ancora al liceo. Aveva sì e no sedici anni ed era un ragazzetto smilzo, dall'aria triste e assente, con due profonde occhiaie perennemente scavate attorno agli occhi nocciola. Vestiva sempre di bianco, per quanto fuori posto suonasse la cosa in una band hard rock, e nessuno era mai riuscito a fargli cambiare look, nemmeno dietro la minaccia di sbatterlo fuori.

Ma a Korim piaceva, anche (o forse proprio) per questo: non prendeva mai in prestito dagli altri idee o modi di fare, men che meno il vestiario. Era però un ragazzo profondamente solitario e malinconico; solo quando cantava sembrava tirar fuori la sua aggressività: era una voce d'eccezione per la metal, in grado di sfumare dai toni rauchi a quelli stridenti con estrema naturalezza.

Korim lo osservava silente, mentre fuori dal finestrino il lampioni scorrevano veloci, con il loro carico di prostitute e transessuali in vendita sotto i neon sbiaditi. Fix era scosso da profondi tremori: tamburellava frenetico le dita, battendo un tempo inconsulto con la testa e con le gambe; frammenti di pensieri sconnessi si inseguivano nella sua testa in una danza furibonda.

Cocaina.

Doveva averla assunta prima del concerto e il suo corpo stava ancora cercando di smaltirla.

Pirla.

Si facevano tutti nella band, non era certo quello il problema. Ma Fix aveva un padre rompicoglioni, nonché avvocato alla corte penale. Già non vedeva di buon occhio che il figlio cantasse con loro, figuriamoci se avesse scoperto che si drogava prima dei concerti. Avanti di questo passo sarebbe toccato a Korim sistemare la faccenda grazie ai suoi poteri diabolici. Un incomodo che non aveva nessuna voglia di accollarsi.

Se il gruppo fosse finito nelle grane a causa di questa storia, non gliel'avrebbe fatta passare liscia: quella band gli serviva per campare e nessun pirletto imberbe poteva metterla a rischio impunemente.

Sentendosi osservato, Fix si voltò verso di lui, piantandogli addosso due pupille enormi. Poi sorrise, mostrando i suoi grandi denti. Un sorriso dolce, da bambino.

«Ehi Fix» attaccò Korim, deciso a dargli una bella strigliata.

Ma una sferzata si sprigionò dal suo braccio e lo percosse in tutto il corpo. Il Diavolo dilatò gli occhi, mentre la voce gli moriva in gola.

«Che c'è?» si stupì il ragazzino, non abituato a ricevere attenzioni dal solitario bassista.

Korim strinse i pugni e si sforzò di proseguire, ma una fitta atroce al braccio glielo impedì.

«No, nulla. N-niente di che» riuscì solo a balbettare. «Hai cantato meglio del solito, stasera» dissimulò.

Fix allargò ancora di più il sorriso, scoprendo le placche argentee dell' apparecchio per i denti, poi tornò a fissare vacuo oltre il finestrino, cadenzando la sua danza spettrale.

La morsa al braccio non si allentava.

Merda.

Ma checcazzo volevano quei porci dei suoi capi?! Non poteva più neanche reggere le fila dei propri affari personali?! Quella band era il suo pane quotidiano, cazzo, e lui mica era in grado di campare senza mangiare come facevano loro!

Del pirletto non gli importava una bel niente.

Voleva farsi? Prego, via libera.

Tra l'altro, per una volta, non sarebbe stata colpa sua: se il pischello si rovinava non lo avrebbe avuto sulla coscienza.

Tanto nemmeno ce l'aveva, lui, la coscienza.

"Caino! Caino! Dov'è Abele, tuo fratello?"

"Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?"

Un vecchio stralcio di una delle tante, vecchie Leggende racchiuse in uno dei tanti, vecchi Libri Sacri che gli esseri umani veneravano. Perché gli era venuta in mente proprio ora?

Scosse il capo, come a voler scacciare il pensiero, poi tornò a guardare Fix.

"Dov'è tuo fratello?"

"Sono forse il guardiano di mio fratello?"

Frottole.

Lui non era il guardiano di nessuno. E tanto meglio così.

Gli altri Eterni, Angeli o Diavoli Completi, erano i guardiani dei tanti Abele raminghi per il mondo.

Lui lavorava con i Caino.

E nessuno si sprecava a far loro da guardiano: li si spingeva e basta, poi giù, sempre più giù, ci scivolavano da soli.

Perché i Caino non avevano volontà, né stima di sé, né forza d'animo.

Però soffrivano.

Anche loro.

Fix però era Fix. Non era né Abele né Caino.

Era la voce del suo gruppo. Era un ragazzino in gamba.

L'idea di vederlo riverso su un marciapiedi a Korim proprio non piaceva, nonostante tutto.

In quel momento la macchina imboccò sgommando un ampio parcheggio sterrato; Molotov frenò, sollevando una nuvola di polvere, e arrestò la sua corsa; i quattro sbarcarono rumoreggiando.

Le insegne della discoteca illuminavano a intermittenza il piazzale, gettando ombre spettrali sui volti di tutti. Restato indietro di qualche passo, Korim si sorprese a fissare la schiena di Fix.

"Korim! Korim! Dov'è tuo fratello?"

"Dovrei forse essere il guardiano di mio fratello?"

E va bene, 'fanculo anche al Marchio!

Di scatto allungò il passo, fino a raggiungere gli altri. Lasciò che la luce verde curativa si dipanasse dalla sua mano destra (tanto i neon colorati dell'insegna avrebbero egregiamente mascherato quella tenue luminescenza), e la posò pesantemente sulla spalla del ragazzino, costringendolo a voltarsi.

«Pirla» gli sibilò rabbioso, mentre assorbiva attraverso le proprie dita parte del suo disagio mentale: «Sei fatto da far schifo. Ora vai a guardarti allo specchio e vedi di non ricomparirmi davanti finché non sarai in grado di reggere la vista della tua immagine senza dover distogliere gli occhi».

Fix dilatò le sue enormi pupille vacue, senza capire e senza ribattere.

Vide subito dopo il bassista contrarre il viso in una smorfia alla quale non seppe dare un significato, poi gli sembrò che barcollasse e avanzasse a fatica. Fu un attimo, poi questi si afferrò un braccio quasi a volerlo artigliare e si accostò a Bizarq con apparente indifferenza.

Nell'osservare quella scena surreale, la sua mente farneticante pian piano si acquietò, come se tutti i pensieri deliranti che la stavano attraversando fino ad un attimo prima fossero scivolati in un tombino.

"Senza dover distogliere gli occhi" fu l'unica frase che gli restò impressa a fuoco nel cervello.



Bizarq gettò un occhiata di sottecchi a Korim. La ferita doveva esserglisi riaperta: ne sentiva l'odore di siero e carne macerata anche attraverso il molteplice strato di vestiti che la avvolgeva. L'amico ostentava freddezza, ma le sue tempie erano costellate da goccioline di sudore.

Chissà cos'aveva combinato stavolta...

Mai che se ne stesse buono al suo posto, quel tipo. Era una faticaccia, per uno pacifico come lui, star dietro a un collega tanto starato. Per fortuna che era in gamba a inventar Tresche, o sarebbe stato molto meglio mollarlo e accodarsi a qualche Compare meno imprevedibile, parola sua.

Rumori di voci concitate giunsero alle sue orecchie, attirandone la pigra attenzione: qualcuno stava discutendo animatamente a pochi metri dall'ingresso della discoteca.

Un senso di esaltato divertimento si impadronì del buon Diavolo spazzando via ogni barlume di curiosità per le beghe del Collega.

«Ehi Korim!» lo richiamò con una gomitatina: «C'è aria di maremoto fra i buttafuori e quattro pischelli. Che dici, ci avranno mandato qui per quello?»

«Può darsi» assentì Korim.

In fondo non li mandavano mai a caso, era sempre tutto meticolosamente studiato e scritto in Trame che loro stessi ignoravano, pur essendone la manodopera.

«E allora andiamo a dar loro una bella scossa, dai! Che ne dici, li spingiamo a pestarsi di brutto? Eh? Eh?»

Korim gli sorrise, accondiscendente: «Vacci pure da solo, Bizarq. È un lavoretto facile, te la caverai benissimo. Io intanto butto un occhio all'interno, magari c'è del Lavoro anche lì».

Il povero Diavolo annuì convinto, ammirato per la sottile strategia del suo capitano, e si avviò tutto gasato verso le sue Vittime.

Korim per un attimo provò una punta di invidia per lui: completo o no, Bizarq poteva dirsi un essere realizzato, perché godeva del proprio ruolo tanto da venirne appagato.

A differenza sua.

Eppure, in principio, anche Korim si era calato con tutto se stesso nel mestiere di Tentatore. E per qualche tempo gli era pure riuscito: la decadenza ha il suo perverso fascino e non poteva negare che stare a guardarla gli aveva procurato un piacere intenso e delirante, dal quale aveva sviluppato quasi una sorta di dipendenza.

Poi era arrivata Valeel a tempestarlo di domande.

Con lei amava starsene a guardare l'alba, dopo ogni notte di Lavoro.

E alba dopo alba, domanda dopo domanda, era giunto al disgusto delle sue notti.

Tutto quello che lo aveva eccitato agli inizi ora lo riempiva di uno schifo che non sapeva come scacciare.

Avrebbe mai trovato una via di scampo?

Sospirò, fece un cenno di saluto al buttafuori e varcò la soglia.

  
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