Irene rimase seduta per minuti e minuti - le sembrava di essere in piazzetta da giorni. Controllava di tanto in tanto l'orologio. Che si fosse espressa male al telefono? Dove diavolo poteva essere Leonardo? Voleva a tutti i costi parlare con lui. Forse avrebbe dovuto fare la stessa cosa pure con Alfredo. Ma al momento, il suo fidanzato, non era in vena di chiacchiere. Per lo meno non con lei. Irene sussultò. Poi rivolse, d'istinto, un sorriso al giovane uomo comparso al suo fianco. <È da tanto che aspetta?> chiese Leonardo, prendendo posto sulla panchina. ammise Irene. Inizialmente aveva pensato di non fargli pesare il ritardo, ma la schiettezza ebbe, come sempre, il sopravvento. Leonardo mormorò una scusa. Rimasero in silenzio per qualche istante. Il ché era alquanto strano, dato che entrambi erano due persone molto espansive. Irene ne approfittò per lanciare qualche sguardo a Leonardo. Percepì che qualcosa in lui non andava: era troppo agitato. Si domandò se forse si sentisse a disagio. Se lei potesse farlo sentire a disagio. disse Leonardo, abbozzando un sorriso. chiese con un pizzico di insistenza lei. chiese Irene aggrottando la fronte. La capocommessa rabbrividì leggermente quando udì Leonardo enfatizzare così tanto il suo nome. <È più importante il progetto di Alfredo.> disse lei, con voce leggermente strozzata verso la fine. Leonardo scosse la testa. Più Irene metteva al primo posto Alfredo e più lui impazziva; sapeva perfettamente che il magazziniere non avrebbe mai fatto lo stesso. E se lo avesse fatto, se ne sarebbe pentito poco dopo. Proprio come era successo la prima volta che Irene aveva organizzato al Circolo la serata con i britannici. insistette lei, alzando la voce. Qualche passante lanciò delle occhiatacce a Irene - probabilmente aveva esagerato. Il cuore di Leonardo cominciò a battere forte. La frase gli era uscita dal nulla; non era esattamente quello che intendeva. Restò in silenzio. ripeté Irene. Irene deglutì per l'imbarazzo. Aveva più volte riflettuto alle varie proposte lavorative di Leonardo, ma accettarle avrebbe significato fare un torto ad Alfredo. Alfredo era il suo fidanzato, non Leonardo. Crespi inarcò un sopracciglio. Egli trattenne un sospiro. Si limitò ad annuire. disse Leonardo alzandosi. Irene abbassò per un attimo la testa. disse infine. Poi gli tese la mano. Leonardo gliel'afferrò e si permise di lasciare un lieve bacio sul dorso di essa. Leonardo fece per proporle un passaggio, ma si trattenne. Non se la sentiva di ricevere l'ennesimo rifiuto dalla donna. Si allontanò da lei - non senza averle rivolto un sorriso smagliante - e raggiunse la macchina. Si appoggiò al tettuccio e rimase per qualche istante immobile. Sapeva il motivo per cui Irene gli chiedeva di finanziare Alfredo; se solo fosse stato senza scrupoli, avrebbe chiesto qualcosa in cambio. Ma non era nelle sue corde. Semplicemente non riusciva a dirle di no. E lei ci aveva messo un solo secondo a capirlo. Forse gli stava pure bene così. Irene, dal canto suo, camminò soddisfatta verso casa: aveva raggiunto il suo obiettivo. Ora le mancava solo da convincere Alfredo a cedere. La parte più difficile. Molto più difficile. Si domandava, comunque, poiché Leonardo volesse finanziare il progetto. Non era sciocco, così come non lo era lei. Irene sapeva che Leonardo provava una forte attrazione per lei. Ma da qui a finanziare il progetto di Alfredo. . . Poi ripensò all'ennesima sua proposta - davvero Leonardo credeva avesse talento? Oppure era solo una scusa per averla vicina a sé? La presenza della sua coinquilina più piccola, riportò Irene alla normalità. Irene filtrò tutto ciò che Leonardo aveva detto. <È una bellissima notizia, no?> chiese Clara. rispose Irene, nuovamente in sovrappensiero.