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Autore: Parsy    03/03/2024    3 recensioni
[RadioApple] [Slow burn, ma very very slow]
Incontrare Lucifero più del dovuto era l'ultimo dei progetti di Alastor. Sfortunatamente un giorno si ritrovano bloccati in ascensore e con una ferita sanguinante sul petto.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Alastor, Lucifer Morningstar
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Piume e punti di sutura

 
Ogni volta che passeggiava per il terzo piano, Alastor prestava la massima attenzione a non addentrarsi nell'ala est.
Durante la ricostruzione dell'hotel, venne commesso l'errore di progettare la sua camera e quella del re dell'inferno sullo stesso piano, ai lati opposti. Incontrare Lucifero più del dovuto era l'ultimo dei suoi progetti.
Aveva studiato la sua routine, i suoi orari e le sue azioni peggio di come avrebbe potuto fare uno stalker e il motivo era strettamente quello di non incontrarlo.
Così Alastor quella mattina aspettò le 8, orario in cui Lucifero usciva dall’hotel al fine di svolgere i compiti della sua regale agenda, per dirigersi vicino l’angolo Bar dove Charlie e Vaggie avevano allestito il necessario per fare colazione.
Una volta sceso, passeggiò canticchiando davanti tutti gli ospiti dell’hotel -alcuni dei quali tentarono anche di scambiare un “Buongiorno” senza risposta-, si riempì la sua tazza di caffè nero, risalì al primo piano e, sedendosi su una sedia da giardino sistemata su di un balcone, iniziò a sorseggiare la bevanda ancora fumante.
 
L’inferno in crisi, una buona tazza di caffè, tre anime legate a lui per contratto tutte nello stesso posto e Lucifero fuori dai piedi erano i sintomi di una felice mattina.
Sì, era proprio una bella giornata per il demone della radio.
Tuttavia, la dose di spensieratezza di quella mattina gli fece dimenticare un dettaglio fondamentale per la propria salute: doveva cambiare le medicazioni.
Nonostante fosse passato tempo dallo scontro con Adamo, il giorno dell’ultimo sterminio, le sue ferite non si erano ancora richiuse e giornalmente doveva cambiare le bende, che teneva ben nascoste, e occasionalmente ricucire i punti.
 
La sua quiete mattutina venne disturbata da una figura in lontananza che a passo svelto e leggiadro si dirigeva verso l’entrata dell’edificio. Una figura bassa, maschile a giudicare delle proporzioni, vestita con un candido completo e un cappello a cilindro più grande della sua faccia.
Gli occhi di Alastor non dovettero mettere a fuoco la figura per capire chi fosse.
Qualcosa non quadrava. Solitamente Lucifero non tornava mai prima di mezzodì ed era a malapena passata un’ora dalla sua uscita.
“Sei già tornato oggi, papà?” gridò la principessa da una delle finestre del piano terra.
“Sorpresona Charlie! Oggi papino ha cancellato tutti gli impegni!” e raggiungendo l’entrata, aggiunse “Era finito lo sciroppo per i pancake. Sono andato a prenderlo”.
Lucifero fece finta di non notare il demone radio al primo piano ed entrò abbracciando la figlia, senza mai voltare lo sguardo.
La causa del conflitto tra re e demone era sconosciuta a tutti, forse persino a loro due. Semplicemente, non si sopportavano.
Alastor decise di rientrare. Se sua bassezza reale aveva intenzione di passare la giornata interamente all’Hotel, il demone cremisi starebbe stato benissimo nella propria camera.
Mentre passeggiava verso le scale sentì la fronte iniziare a sudare freddo e le gambe cominciare a tremare.
“Forse troppo caffè oggi” pensò mantenendo il suo sorriso a denti scoperti e così continuò il suo cammino lungo il corridoio, senza prestarci troppa attenzione.
Ad un certo punto, anche il sangue dentro i polsi pulsava più del dovuto. Alastor si fermò e iniziò a credere che forse non era colpa della colazione. Fu la fitta che gli venne successivamente sul petto a dargli una risposta ai propri dubbi.
La ferita si era riaperta.
Alastor accelerò il passo, cercando di salire il più velocemente possibile le due rampe di scale che lo separavano dalla propria camera. Era troppo debole.
L’unica soluzione era prendere l’ascensore.
Egli si piazzò davanti, spinse il bottone e attese che la cabina raggiunse il piano.
Quando le porte si spalancarono, il demone della radio pensò che forse non era poi così male morire dissanguato in quel preciso punto, perché all’interno del macchinario vi era il re dell’inferno ad aspettarlo.
“Tu non prendi mai l’ascensore, Alastor.”
“Voi mi avete appena ricordato il perché”.
Il dolore provocato dalla ferita però ebbe la meglio sul proprio orgoglio e riluttante entrò.
“A che piano vi state recando vostra maestà?”
“Al terzo”
“Che spiacevole coincidenza”
Alastor premette il bottone del terzo piano e l’ascensore riprese a muoversi.
L’aria era tagliente tra i due che, impassibili, fissavano un punto nel vuoto.
Poi ad un tratto tutto divenne buio e un boato fece sussultare i due. Si erano fermati.
Lucifero riuscì a mantenere l’equilibrio, mentre Alastor, tremante, si appoggiò alla parete alle proprie spalle, scivolando dolcemente a terra.
“Cosa diavolo sta succedendo!?”
“Non vi sembra esagerato nominare Voi stesso invano, sire?” Il demone iniziò a fare pressione con il braccio sul proprio petto, come se con quel gesto volesse fermare l’emorragia.
“Sarà sicuramente un calo di corrente. Appena Charlie andrà al contatore dovrebbe ristabilirsi nel giro di 60 secondi.” Il re era rimasto con lo sguardo fisso davanti a lui e non si accorse dello stato pietoso che l’anima dannata alle sue spalle aveva assunto in quel momento.
“Speriamo che faccia pres-“ il demone della radio non riuscì a terminare la frase. Conati di vomito misti a sangue lo fecero accasciare totalmente a terra ed egli, con fare goffo, tentava di mantenersi con le braccia.
Fu in quel momento che Lucifero si voltò e lo vide.
Alastor aveva il volto sporco del proprio sangue, la fronte gelida era piena di gocce di sudore e una macchia umida gli divideva il petto in due attraverso i vestiti.
Bastò un passo a Lucifero per raggiungerlo e chinarsi al suo fianco.
“Cosa diavolo ti prende?! Perché non mi hai detto che avevi bisogno di aiuto?”
“È la seconda volta che vi nominate sire”
“Smettila di fare lo sbruffone.” Fece una pausa “Reggiti a me. Ti aiuto ad alzarti”
“Non ho bisogno del vostro aiuto”
Per la prima volta, l’angelo caduto guardò l’anima dinnanzi a lui con uno sguardo pietoso ai limiti della tenerezza. Anche un demone pericoloso come Alastor non poteva fare niente davanti ad una morte mancata.
“Hai ancora molto da imparare se ti rifugi così nell’orgoglio, giovanotto”
Alastor fissò Lucifero negli occhi. Era abituato ad essere lui il più vecchio delle situazioni, eppure in confronto al diavolo era a malapena un “giovanotto”.
Lucifero fece forza e si agganciò il braccio di Alastor dietro la spalla. Con una spinta riuscì a mettere in piedi entrambi.
“Andiamo nella tua stanza. Ti medico la ferita e poi ti riposi il tempo necessario per guarire del tutto.”
“Perché lo fate?” la domanda sembrò d’obbligo, per quanto egli fosse sollevato di ricevere aiuto
“Non perderò un’anima come la tua in un modo così ridicolo”
Alastor non rispose, un po’ imbarazzato, un po’ sollevato.
L’ascensore riprese a muoversi.
 
 
Lucifero aveva posto i vestiti sporchi di Alastor sullo schienale di una sedia vicina. Si stupiva di quanto fosse realistico lo scenario che il demone riuscisse a creare con la propria magia. Una radura piena di lucciole. Non se lo sarebbe mai aspettato.
Alastor era poggiato sullo schienale del letto e con la ferita ancora pulsante.
“Ago e filo sono riposti nel secondo cassetto della scrivania” suggerì al re.
“Per curare una ferita del genere servono metodi più antichi”
“Illuminatemi”
Lucifero si avvicinò al demone e con un movimento rapido di spalle evocò le ali.
Dopo averle osservate attentamente allo specchio, che il demone aveva vicino il letto, si staccò una delle piume.
La mostrò al ferito. Alastor fissò quel tesoro che l’altro aveva tra le mani con lo stesso sguardo di stupore di un bambino.
“Lascia fare a me”. Lucifero si sedette al bordo del letto e poggiò la piuma sulla ferita; combaciavano perfettamente. La sfiorò delicatamente con la mano sinistra e una luce cominciò a brillare sullo squarcio.
Piuma e carne si fusero insieme e della ferita non rimase neanche una cicatrice.
“Non è possibile” esclamò stupefatto il demone della radio.
Lucifero si alzò, accarezzò i capelli di Alastor e si avvicinò ad una delle sue orecchie.
“Riposati e non ti azzardare più a farmi prendere uno spavento del genere”.
Scese con le labbra fino a sfiorargli la fronte con un bacio, come si fa ad un figlio per metterlo a letto.
“Grazie maestà”
“Chiamami Lucifero”
 
Da quel giorno i due iniziarono ad andare stranamente d’accordo e nessuno sapeva il perché.
   
 
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