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Autore: Fiore di Giada    08/03/2024    0 recensioni
[[Sulle lagune/Giovanni Verga]]
[[Sulle lagune/Giovanni Verga]][Partecipante alla challenge "500themes_ita" col prompt 21, "Risorgere dalle ceneri"]
- Non preoccuparti. - lo rassicurò l'ungherese, sereno. In quell'abbandono, vibrava fiducia.
Riccardo non si era lasciato stordire dallo sconforto.
Il suo cuore, presto, sarebbe rinato dal suo stesso, dilaniante dolore.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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− In nome del popolo italiano, io condanno gli imputati Kruenn Adam e Gontini Angelo alla pena di dodici anni di carcere. Così è deciso. L'udienza è tolta. −

Le parole del giudice, implacabili, risuonarono nella mente di Riccardo.
Le lacrime velarono i suoi occhi, mentre un debole ronzio giungeva ai suoi orecchi. Dopo tre anni, sua sorella Giulia aveva avuto giustizia.
Quei due bastardi, finalmente, avrebbero conosciuto una parte della sofferenza da lei patita.
Cauto, Riccardo girò le spalle e si avviò verso l'uscita. Un greve peso era scomparso dal suo cuore, ma l'amarezza non era svanita.
Perdonami, sorella mia… Perdonami, ovunque tu sia., si disse, amareggiato. Avrebbe dovuto proteggere Giulia da quei due bastardi.
Lei, invece, che lui aveva sempre ritenuto fragile, si era mostrata ben più forte di lui.
Aveva compiuto una scelta estrema, dolorosa, pur di proteggerlo.
Giulia… Non dovevi sacrificarti., si disse ancora. Non gli importava nulla del giudizio altrui.
Certo, aveva i suoi sogni, ma non li avrebbe mai sacrificati alla felicità della sua meravigliosa sorella.
Un conato di vomito, come un pugno, lo colpì allo stomaco e il giovane barcollò, come fosse ubriaco.
Due braccia solide si strinsero attorno alle sue spalle e Riccardo appoggiò la testa su un torace forte.
A fatica, alzò il capo e i suoi occhi castani si fissarono nelle iridi cerulee di Stefano.
L'ungherese sollevò le labbra in un sorriso, poi sollevò il braccio di Riccardo e lo passò attorno alle proprie spalle.
Gli cinse la vita e, a passo lento, uscirono dal tribunale.
Percorsero alcuni metri ed entrarono nel parcheggio.
Stefano guidò l'amico verso una auto rossa e lo fece salire al lato del passeggero.
Poi, lo seguì e chiuse le portiere dietro di sé.
− Qui staremo più tranquilli. − affermò.
Riccardo si girò e fissò su di lui uno sguardo confuso.
− Non ti seguo… − mormorò. Stefano serrò le labbra, poi prese le mani dell'amico tra le proprie. In quei lunghi mesi, il suo amico aveva pianto una volta.
Pur di aiutare i suoi familiari, aveva chiuso le sue lacrime nel profondo della sua anima. − Riccardo, tu sei stato forte. Hai saputo sostenere i tuoi genitori. E, grazie anche a te, quei due stronzi sono stati condannati. Ma ora devi pensare a te stesso. − mormorò, calmo.
A quelle parole, le lacrime caddero ancora sulle guance dell'italiano. Non poteva più nascondersi dietro una maschera di serenità fasulla…
Con un debole lamento, si coprì il viso con le mani e scoppiò a piangere.
− Mi manca… Mi manca tanto, Stefano… Giustizia è stata fatta, ma è troppo poco… − sussurrò.
D'istinto, Stefano lo abbracciò e gli fece appoggiare la testa contro la sua spalla. Quelle lacrime, da troppo tempo frenate, ferivano anche lui, ma non gli importava.
Riccardo, in quel momento, aveva bisogno di un abbraccio forte, privo di qualsiasi giudizio.
Diverso tempo dopo, il corpo dell'italiano, inerte, si abbandonò tra le sue braccia.
- Perdonami... - si scusò questi. Non sapeva perché, ma si sentiva un sacco vuoto.
Le sue energie sembravano essere evaporate.
- Non preoccuparti. - lo rassicurò l'ungherese, sereno. In quell'abbandono, vibrava fiducia.
Riccardo non si era lasciato stordire dallo sconforto.
Il suo cuore, presto, sarebbe rinato dal suo stesso, dilaniante dolore.
   
 
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