Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Arwen297    12/03/2024    0 recensioni
Il primo giorno della specializzazione in medicina, Sophie e Michael si incontrano, lui responsabile degli specializzandi, e lei che dopo aver conseguito il Bachelor of Medicine, si appresta a iniziare il percorso di specializzazione in Medicina alla School of Medicine a Los Angeles, la città degli angeli. Entrambi, non sembrano ciò che sono davvero e nessuno dei due sa di essere parte importante di uno stesso destino.
Storia nata su facebook scritta a quattro mani con la mia pdr. Genere Urban-fantasy, romantico, sentimentale e introspettivo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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The angel prophecy

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Arwen297 & Mony92
 

Prologo
 

Los Angeles, 1830

Erano passati la bellezza di centosei anni da quando gli occhi di Sophie si erano aperti per la prima volta sul mondo. Un arco di tempo incredibilmente lungo se rapportato all'effimera vita che caratterizza gli umani. Relativamente breve e corto se eri una creatura sovrannaturale di cui gli umani, in linea di massima, ignoravano l'esistenza.

Cento anni in cui la civiltà era progredita su alcuni fronti, soprattutto nel territorio di Los Angeles, la quale si era ingrandita diventando una cittadina a dir poco conosciuta in tutto il territorio circostante, lontano o vicino non importava. Ma che al contrario non erano bastati a progredire nella mentalità degli esseri umani portandoli a un'apertura maggiore verso chi, come lei, aveva i capelli rossi.

Figlia del diavolo, moglie del demonio, creatura immonda in quel lungo secolo si era sentita apostrofare in un miliardo di modi diversi, tutti inequivocabilmente dispregiativi e volti ad alimentare una sorta di paura ingiustificata volta alla sua persona. Tanto da costringerla a vivere lontano dal centro abitato, unico posto in cui riusciva a essere tranquilla e lontana da pregiudizi che in alcuni giorni la ferivano come un pugnale. 

Sophie allargò la gonna che indossava quel giorno, respirando profondamente per quanto il corpetto le consentisse così stretto ma che aderiva perfettamente alla moda di quell'epoca e di quella ad essa precedente. Il cestino in cui aveva raccolto già alcuni fiori posato in terra e lei si avvicinò al ruscello che qui vi scorreva.

Amava quella raduna fin da bambina, fin da quando, cresciuti i suoi capelli tutti l'avevano iniziata a isolare e tenere lontana per paura di qualche assurda maledizione. Il che, nel suo caso, non era nemmeno troppo distante dalla realtà, sebbene non avesse mai agito cruentemente verso le persone. Piuttosto aveva agito verso qualche altra creatura sovrannaturale che l'aveva aggredita. Quello sì. Nulla che, tuttavia, il mal capitato potesse in qualche modo ancora raccontare o riferire in giro.

La ragazza si sporse cautamente verso la superficie dell'acqua, arrivando a sfiorarla con le mani, era piena estate, ma era fresca. Della temperatura giusta per fare un bagno, se solo avesse avuto il tempo di togliersi i vestiti e il corpino, per poi asciugarsi e indossarli nuovamente.

Lo aveva già fatto una miriade di volte il bagno in quell'ansa che disegnava una specie di laghetto dove la corrente era più tranquilla di immergersi nelle acque cristalline perdendovisi e ascoltando il rumore dell'acqua e il canto degli uccellini estivi.

Ma non lo avrebbe fatto certamente quel giorno, vista l'ora e l'altezza del sole nel cielo, sarebbe dovuta rientrare di lì a poco per essere a casa alle prime luci della sera.

La ragazza era talmente assorta nei suoi pensieri da non prestare nemmeno troppa attenzione a ciò che il suo udito le riportava: dei passi umani, passi che non conosceva affatto e che attirarono la sua attenzione solo quando erano ormai troppo vicini.

«Spero di non disturbarvi signorina».

Un ragazzo bruno, vestito discretamente bene e con un cappello simile a quelli indossati dai cowboy fece la sua comparsa poco lontano da ella, capelli bruni, un occhio castano e l'altro metà azzurro attirarono la sua attenzione.

«Se non avete paura che io possa corrompervi come farebbe il demonio, non disturbate affatto la raduna è sufficientemente grande per entrambi».

Uno sguardo interrogativo a quel nominare il demonio si fece largo in lui che la osservò per qualche istante, attentamente, come se la stesse passando ai raggi x e non avesse nemmeno tanto l'intenzione per nasconderlo. Sophie sorrise a quella constatazione.

«Non mi dite che vi riferite ai vostri capelli rossi, signorina».

E a cosa sennò? Potevano anche solo esserci altre motivazioni per cui una giovane donna come lei potesse anche solo pensare di lanciare una fattura per conto del demonio?

  «A cosa dovrei riferirmi in caso contrario? Non mi dite ai vostri occhi impari». 

Rispose con tono quasi ironico. Forse anche lui poteva anche solo immaginare cosa significasse l'essere diverso dagli altri. 

  «Touché, immagino che avere i capelli così non sia semplice, viste le dicerie che si pensa siano legate a questo colore di capelli, ma per quanto possa importarvene, sappiate che anche gli occhi di colore diverso non sono ben apprezzati».  

Con la chiusura mentale che c'era tra le persone e tutto quel fanatismo verso la religione ed alcune credenze derivanti anche da ideologie particolari, Sophie non ne fu per niente sorpresa.

   «Immagino che anche degli occhi così, non favoriscano i vostri rapporti interpersonali, soprattutto con interlocutori che si basano sull'aspetto fisico piuttosto che su tanti altri dettagli per decidere se una persona ha un animo buono o malvagio».  

Ad occhio e croce lui era uno dei pochissimi che al di fuori della sua famiglia d'origine le stava rivolgendo la parola per così tanto tempo senza scappare terrorizzato per i suoi capelli rossi.

  «Spero che non sia così anche per voi, signorina...Se non le sembro troppo invadente posso sapere il suo nome?».  

Invadente? Forse se paragonato a tutte le buone maniere che bisognava adottare in presenza di una donna o di un uomo che non si conosceva forse sì. Ma era davvero così importante in fondo attenersi a quelle regole? Per di più visto il luogo in cui erano, in cui non li avrebbe ascoltati ne visti nessuno.

    «Le sue speranze sono mal riposte Messere...Mi chiamo Sophie, e voi?».  

Il ragazzo si tolse il cappello in segno di educazione, facendo un lieve inchino con la schiena come a volerle fare una riverenza o qualcosa di molto simile a quello.

    «Jade, potete chiamarmi Jade». 


 




 

 
 
 


 
   
 
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