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Autore: orikunie    15/03/2024    4 recensioni
Lucifero vede il suo falso riflesso in quel disperato tentativo di evasione. Gli ricorda quell’angelo ribelle che era un tempo, smanioso di azzardare e di sperimentare, incurante delle conseguenze. Una cosa è certa: quella figura, per quanto simile alla sua, non gli appartiene. Conosce i padroni di tutte le ombre dei demoni infernali. Il fatto è che… lui è un enigma, un mistero irrisolto, un fastidioso mistero irrisolto.
(Partecipante alla challenge Prime Volte indetta da Dylanation sul gruppo FB Komorebi Community - Fanfiction Italia)
Genere: Dark, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alastor, Lucifer Morningstar
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Squeak!”
La paperella si deforma e produce un suono acuto e delizioso quando viene spremuta fra indice e pollice.
Adorabile.
Questa volta si è superato. Per la sua dolce Charlie poi, questo ed altro.
Aveva ricevuto una richiesta tutt’altro che semplice: creare una serie di paperelle di gomma ispirate agli ospiti dell’hotel, da esporre negli ambienti ristrutturati dopo l’ultimo sterminio.
Lo sterminio. Ah, cazzo sì, se si concentra gli sembra di sentire ancora lo scricchiolio rumoroso che aveva prodotto la mandibola di Adamo mentre la sbriciolava a pugni.
Un suono davvero soave. Chissà se riesce a realizzare una paperella che emette lo stesso suono…? Sarebbe un successone.

Ma torniamo a noi… il capolavoro.
Annuisce soddisfatto mentre rigira fra le dita il piccolo volatile giallo e infine lo posa sul tavolino lì accanto, accompagnato dalle sorelle.
Una per ogni ospite. Va particolarmente fiero della riproduzione di Nifty, che tremola ancora un attimo prima di stabilizzarsi, il suo grande occhio magnetico che fissa il vuoto. Un dettaglio in particolare, lo fa sbottare a ridere ogni volta: gli ha ficcato un piccolo pugnale sotto l’ala, come lo stesse impugnando, e lo ha dipinto con della tempera acrilica color oro. Ghigna ancora mentre ricorda Adamo grondare sangue celestiale, con quella faccia da ebete. Incredibile che quel pomposo imbecille si sia fatto mettere al tappeto da un insulso demonietto. È sempre stato troppo sicuro di se stesso, d’altro canto non poteva meritarsi una fine più indegna di quella.

Alla mezzanotte del primo giorno di restauro dell’Hazbin Hotel, Lucifero se ne sta lì a rilassarsi nel salone dell’hotel, accasciato su una poltrona rossa e vellutata. Persino Husk, che di solito si attarda al bancone del bar a consolare (e riempire di alcool) Angel, si è già ritirato nelle sue stanze: si ritrova in una penombra deliziosa che lo avvolge e lo culla, mossa solo dalle candele la cui fiamma danza sinuosamente.
Il silenzio dell’ampio locale è spettralmente perfetto.
Potrebbe quasi dire di vedere ombre danzare sulle pareti, demoni muoversi e strisciare nell’oscurità… il che non sarebbe strano. Cioè, un po’ di senso gli fa, ma dopotutto è l’Inferno, no? Le tenebre da sempre si muovono e strisciano in ogni anfratto e se solo volesse con uno schiocco di dita le assoggetterebbe tutte al suo volere. È il suo reame, nato con lui e tutto ciò che lo circonda si piega a suo comando.

Tutto, tranne quell’ombra laggiù.

Aguzza la vista e corruccia lo sguardo, le labbra si imbronciano. Proprio lì, nell’angolo più remoto della sala, il buio si muove in modo anomalo: l’oscurità si contorce, si allunga e si contrae ritmicamente.
E Lucifero, il signore della tenebra, si fa cupo confondendosi con essa: gli occhi si tingono di rosso sangue mentre il capo si piega curiosamente verso la spalla. Non abbandona la sua languida posizione, accasciato sulla poltrona che ora sembra il suo trono, ma tutto il suo corpo si irrigidisce impercettibilmente, mosso da un campanello d’allarme.
Quell’ombra è diversa. È minacciosa e al tempo stesso angosciata. Il suo divincolarsi in modo così straziante sembra produrre sibili e sussurri.
Pulsa. Proprio come un battito cardiaco.
Vibra di un’energia agonizzante, opprimente e soffocante. Si dilata e sembra voler avvolgere la stanza e l’intero Inferno in una morsa senza scampo, infiltrandosi persino nelle crepe più anguste. Eppure, subito dopo essersi estesa, si ritira rapidamente e sembra produrre uno stridio dilaniato come se fosse stata ustionata nel tentativo di fuga, punita per il suo voler osare.

Lucifero vede il suo falso riflesso in quel disperato tentativo di evasione. Gli ricorda quell’angelo ribelle che era un tempo, smanioso di azzardare e di sperimentare, incurante delle conseguenze. Una cosa è certa: quella figura, per quanto simile alla sua, non gli appartiene. Conosce i padroni di tutte le ombre dei demoni infernali. Il fatto è che… lui è un enigma, un mistero irrisolto, un fastidioso mistero irrisolto.
 
Sogghigna, un suono basso e roco che gli risuona nel petto, un residuo della sua forma demoniaca che lenta si ritira mentre i suoi occhi risplendono sinistramente nell’oscurità, la cornea che da rosso fiammante si tinge di giallo rettile. Una vena d’irritazione gli si gonfia sulla tempia dopo averlo riconosciuto.

« Alastor… chi non muore si rivede. »

Nel momento in cui la propria voce risuona nella sala, la grande ombra vibra sul pavimento producendo un suono stridulo simile ad una risata, poi si ritira come fosse risucchiata da una spugna. E nel fare ciò sulla parete appare il sorriso del demone della radio, sinistro e abbagliante in contrasto con il buio della notte.
Che comunque, chiamarlo sorriso è un eufemismo.
Lucifero ne ha visti di dannati. Le anime dei peccatori sono ingarbugliate e più la loro pena è grande, più la loro forma demoniaca è contorta, straziata.
Alastor è… inafferrabile.
Il demone della radio si è perfettamente camuffato, col suo aspetto da elegante gentiluomo che sfoggia quel… bah, quella cosa che gli deturpa il volto, questo è certo. E porta quel ghigno con una noncuranza e una sfacciataggine che gli fa torcere le interiora per il disgusto.
Quell’essere è ripugnante. Lucifero tollera la sua presenza solo perché Charlie lo ha pregato di farlo. 
Nell'Inferno, Alastor è ciò che più somiglia ad una creatura strisciante… ed è più simile a lui di quanto possa sopportare.

Lucifero espone un sorriso di sufficienza quando il demone avanza verso di lui, muovendosi silenzioso, accompagnato solo dal ticchettio del suo bastone che tocca terra ad ogni passo. Perchè deve essere sempre così maledettamente teatrale nelle sue apparizioni? Lo osserva scrollarsi le maniche del gessato rosso con le lunghe dita nere, così schifosamente simili alle sue.

Cazzo, quanto lo odio.

« Sua maestà, che sorpresa trovarla ancora sveglio a tarda ora! » La voce radiofonica risuona nella stanza: graffia le pareti della gabbia toracica di Lucifero dall’interno, come se si trovasse troppo vicino ad una cassa che produce musica troppo alta. E Lucifero si chiede se sia l’unico a provare quella sgradevole sensazione ogni volta che lui apre bocca. « Vedo che impegna il suo tempo in attività adatte al suo quoziente intellettivo…! »

« Fottiti. » Ammette, per un attimo, di avvertire l’imbarazzo arrampicarsi lungo il collo e risalire al volto quando Alastor allunga le dita guantate per afferrare con grazia una delle paperelle sul tavolino accanto.

Un sussulto lo scuote quando Alastor abbandona il suo bastone di fronte a lui: d’istinto scatta le mani in avanti e lo afferra e subito si odia, perché di rimando il demone alza un cipiglio divertito e gli lancia uno sguardo di superiorità che lo arde vivo, con l’aria di chi era sicuro che non avrebbe mai permesso all’oggetto di cadere a terra. Per altro il tutto è troneggiato dalla paperella che viene rigirata tra le sue dita, quella raffigurante proprio il demone della radio.

Fottuto, borioso figlio di puttana! Anche tu, paperella del cazzo, farai una brutta fine…!

Le dita ammantate di nero si stringono con rabbia intorno al bastone e immediatamente Lucifero immagina di stritolare l’esile e lungo collo di Alastor: si spezzerebbe con una facilità mostruosa fra le sue mani. L’improvvisa scarica di adrenalina che gli provoca quel pensiero gli dipinge un ghigno famelico sul viso e a stento impedisce ai propri occhi di tingersi di cremisi demoniaco.

« I dettagli di questo… giocattolo sono così accurati! Sono estasiato da questo pezzo unico, i miei complimenti! »  Non è un giocattolo! E se dice di nuovo “sua maestà” con quel tono strafottente giuro che… « Sembra abbia avuto modo di osservare a lungo il suo modello… »

Un momento.

Lucifero ammette di sentirsi come se fosse appena stato risvegliato da uno schiaffo in pieno volto.
Come si desta da quel tumulto di rabbia e ribrezzo che lo attanagliano e annebbiano i sensi, si rende conto delle lunghe e striscianti ombre che lo circondano: come tentacoli dipartono dai piedi di Alastor e si sono arrampicati fino al suo corpo, disegnando forme taglienti che, convulse, si torcono e si ammorbidiscono per poi di nuovo farsi appuntite, instillando rabbia nella sua mente e accecandolo.
Lucifero si prende un attimo per pensare.
In fondo lui ama le ombre dei demoni.
Per quanto a volte provi ribrezzo quando le osserva strisciare, parlano più del demone stesso, raccontano storie, si lamentano, piangono, ridono, supplicano.
Ed è convinto di non aver mai visto nulla di così meravigliosamente straziante e seducente al tempo stesso in tutto il suo regno all’Inferno.

L’ombra di Alastor ha vita propria, ricerca e agogna le sue attenzioni con una smania che Lucifero trova adorabile, perché tradisce il ghigno e il cipiglio di superiorità del suo padrone.
Quelle ombre combattono con Alastor stesso, divise fra la loro volontà e quella del loro burattinaio. O forse sono loro i burattinai: questo è un dettaglio che Lucifero brama scoprire da solo, perché per quanto trovi insopportabile quella testa di cazzo che sa benissimo essere pericolosa per l’incolumità di Charlie, lo trova troppo interessante per lasciarlo andare, un topo da laboratorio da eviscerare per averne tutti i segreti più succulenti.

Il boss dell’Inferno sorride sornione e rimane immobile, si ridistende languido sulla poltrona nonostante una radice oscura avanzi sinuosa lungo l’abito bianco, tingendolo di nero: fissa Alastor mentre percepisce il brivido dell’ombra che agonizza nel tentativo di raggiungere il suo collo.
La vede chiaramente una goccia di sudore solcare una tempia al demone e quel cazzo di sorriso trema e tutto il suo corpo ticchia nervosamente di fronte a lui mentre lo osserva dall’alto verso il basso: gli occhi si spalancano angosciati, respira affannosamente e può sentire le sue ginocchia produrre un crepitio inquietante, quasi come se le ossa al suo interno si stessero contorcendo fino a spezzarsi nello sforzo.

Che battaglia stai combattendo dentro di te, Alastor?

Ad un comune demone, quell’ombra si sarebbe già conficcata nella carne e lo avrebbe dilaniato. Ma con lui… oh no, lui è il Signore dell’Inferno. Quell’ombra che si contorce e quasi stride sulla sua pelle sa meglio del suo possessore con chi ha a che fare e cerca di rivoltarsi contro il suo padrone nel tentativo di fuggire all’ordine impartito.

Ma una cosa la deve ammettere: nella sua intraprendenza Alastor è potente. Non è minimamente al pari con gli altri demoni. Può percepire il pavimento tremare e l’aria intorno quasi farsi rarefatta, come se tentasse di sfuggire alla sua presenza. L’intero androne è calato in un’oscurità densa e palpabile: se Lucifero allungasse una mano di fronte a sé è probabile che non distinguerebbe il profilo delle sue dita. Ed è così soffocante da risultare stimolante per i suoi sensi intorpiditi dopo tutti quei secoli. Ormai nulla lo sorprendeva più ma questo… questo è diverso.
Questo è divertente.
Ed è la prima volta in eoni di vita inutile e depressa, a giostrarsi fra una famiglia in frantumi e anime dannate, che Lucifero avverte tutti i suoi sensi acuirsi e risvegliarsi.
Vedere un demone così fottutamente potente torcersi e tentare di intrappolare il re dell’Inferno nelle sue spire è… eccitante.

« Alastor, amico mio, stai sudando, va tutto bene? »

Il suo tono ironico viene seguito da uno scricchiolio che proviene dal collo di Alastor quando un tic nervoso lo travolge: per la durata di una frazione di secondo assume una piega innaturale e dolorosa. Digrigna persino i denti in quell’atto di pura sofferenza.

Esaltante.

Lucifero decide di portare un livello di esasperazione maggiore in quel corpo già al limite: afferra il suo bastone microfonato e ne striscia la sommità sul proprio corpo, disegnando una linea sinuosa che graffia gli abiti dalla coscia all'inguine, fino ad arrivare all’addome e al petto. Avverte chiaramente l’ombra tremare e contorcersi sul collo, mimando Alastor stesso.
Così sciocco e così intraprendente da parte sua giocare con il signore dell’Inferno in persona.
Allunga la mano destra sul proprio collo e pizzica l’estremità del prolungamento di Alastor, afferrandola fra le dita e staccandola dalla pelle come farebbe con una sanguisuga: sotto i polpastrelli si contorce, una consistenza viscida e fredda, come un brivido di terrore lungo la schiena. Dalla gola del demone di fronte a lui fuoriesce un suono gutturale e sofferto, così passionalmente combattuto che Lucifero si crogiola in quel patimento e si lecca ogni singolo dente appuntito, aprendo le fauci.

E poi, una volta incatenati gli occhi a quelli di Alastor, lo divora.

Quando stritola la sua ombra fra i denti il demone della radio finalmente soffre e si piega, assumendo la sua piena forma demoniaca, quella che mai aveva mostrato prima d’ora.
Sul suo capo si distendono lunghi e ramificati palchi dalla forma agghiacciante, il monocolo di fronte all’occhio destro cade a terra frantumantosi in mille pezzi e il suo corpo si dilata di fronte a lui come un’ombra che si allunga al crepuscolo. Dal sorriso, così teso che sembra volergli spezzare il volto in due, scivola un rivolo di saliva (o sangue forse?) rossastro che gli solca il mento e la paperella cade dalle sue mani senza produrre un suono, ingolfato probabilmente dall’aria densa e calda che li avvolge.

Eccoti, finalmente, brutto figlio di puttana.

Non esiste demone che non tiri fuori il peggio di sé di fronte a Lucifero e Alastor non fa eccezione.
E ad essere sinceri… tutta quell’agonia lo elettrizza.

« Fottiti! »

« Finalmente ti mostri per quello che sei. Ammetto di essermi impegnato per te, ritienilo un onore! »

E nel dirlo si passa sulla lingua l’ombra che trema e sguiscia nel tentativo di sfuggire alle sue fauci affamate. Alastor ha un sapore delizioso e ogni volta che avvolge le labbra su quel prolungamento oscuro il suo corpo si contorce in un singulto e il suo respiro si spezza.

« Ha… ha… ha…! »

Lucifero viene interrotto da quella risata così superba e meccanica. Interdetto, si concentra sulla figura curva che trema di fronte a lui: emana un potere così soffocante da esserne attratto, schifosamente attratto, quasi ipnotizzato direbbe.
Una sensazione viscida sul volto lo distrae dal suo attimo di gloria: non si era reso conto che, mentre giocava con Alastor, lui aveva avuto tutto il tempo di torcergli intorno la sua ombra come un’unica ed enorme spira che ora lo accarezza languida e minaccia di stritolarlo.

Cazzo. Come ho potuto abbassare la guardia così?!

Alastor alza nuovamente lo sguardo: una lunga e sinuosa lingua di un rosso scuro gli solca le labbra. Questa volta è Lucifero a tremare. Ad essere onesti non sa se di terrore o seduzione.
 
« A quanto pare non sono l’unico ad aver mostrato il suo vero io, togliendosi quella maschera da mancato serafino! »

Touché.
 
In risposta alla vicinanza di Alastor, tutto il suo essere ha reagito risvegliandosi con violenza: solo ora percepisce le fiamme divampare e ardere fra le lunghe corna sul capo e sulla schiena ali angeliche lo spingono via dalla poltrona, dimenandosi per farsi spazio.
L’ombra si stringe debolmente sul proprio corpo quando Alastor si erge nuovamente di fronte a lui in tutto il suo splendore spettrale. Quel bastardo ci sa fare, è inutile girarci intorno. E con sorpresa si ritrova eccitato e turbato dalla morsa che lo minaccia. Quel pizzico di paura che avverte lo rende euforico.
Purtroppo per lui, Lucifero ha un asso nella manica. Può essere un disagiato e un depresso nella vita di tutti i giorni e sicuramente il demone della radio ha sempre l’ultima parola nelle loro discussioni ma… se ha un pregio, è proprio quello di intuire i punti deboli di tutti. Perché tutti hanno un punto debole e Alastor non fa eccezione.

« Ok, Alastor, questo set è tuo. Ma dimmi… » La voce si fa roca, profonda, bestiale. E mentre lo guarda dritto negli occhi divincola senza difficoltà le mani dal groviglio d’ombra che si avvolge intorno a lui, sotto lo sguardo incredulo del demone. Distende il braccio sinistro in avanti e, come se dalle dita dipartissero catene, le chiude a pugno come se stessero afferrando qualcosa: d’improvviso Alastor viene attirato giù, in ginocchio, portandosi le mani al collo nel tentativo di liberarsi da quella presa.
Il suo sguardo, in quel preciso istante, ispira una splendida follia, perfettamente in bilico fra un odio furioso e una passione cieca. Lucifero utilizza l’estremità appuntita del suo bastone e lo infila sotto il proprio papillon, tirandolo e strappandolo, facendolo saltare via: il colletto della giacca si apre e mostra la pelle diafana sulle clavicole, lì dove è più sottile e morbida. Le piume sulla sua schiena vibrano nell’oscurità quasi dissipandola, producendo un suono vibrante e leggero.
Di fronte a lui Alastor trema e deglutisce sonoramente, il suo respiro forzato fra i denti, così affaticato da riempire le orecchie di Lucifero. « … quale dei due Alastor giocherà il prossimo? » E nel sibilare queste parole la lingua si allunga e arriva fino al suo volto, l’estremità biforcuta che si strofina sulla guancia, inumidendola.

D’un tratto l’atmosfera cupa e soffocante si ritrae come se implodesse: le ombre vengono rapidamente risucchiate all’interno del demone e la tiepida penombra serale prende nuovamente il sopravvento; le candele soffocate sul tavolino risplendono ancora, illuminando lo sguardo spento e apatico delle paperelle. Tutto torna come prima come se nulla fosse accaduto.
Alastor gli strappa dalle mani il bastone e si riappropria della sua forma comune, muovendo qualche elegante passo indietro, il suo sornione e fastidioso ghigno ripristinato sul volto.
Lucifero sorride soddisfatto, accavalla le gambe e abbandona il capo su una mano con un’espressione divertita e vittoriosa dipinta in viso. A sua volta riprende i suoi sembianti normali.
Quando Alastor gli dà le spalle si schiarisce la voce e passa una mano nella chioma fulva: nel fare ciò le orecchie caprine ticchiano qualche volta. Adorabile.

« Credo sia giunta l’ora di ritirarmi nelle mie stanze, auguro una serena notte! » La voce quasi metallica è tornata della solita e irritante indolenza e risuona fra le pareti dell’ampia stanza. « Oh, quasi dimenticavo! »
 
Lucifero osserva curioso la schiena affusolata di Alastor torcersi insieme alla nuca, mentre gli rivolge lo sguardo. Con il bastone punta a terra la paperella che giaceva dimenticata sul tappeto e questa prende a fluttuare avvolta da una luce inquietante e verdastra prima di tornare ad accomodarsi tra le sorelle, sul tavolino intarsiato.

« Seguirò con grande entusiasmo questo progetto…! » Muove qualche passo e si allontana.
 
Ok, Lucifero ha un problema: inizia ad essere maledettamente intrigato da quel personaggio così contorto e oscuro.
Lo sguardo cade a terra, fra i vetri rotti del monocolo che era andato in frantumi pochi minuti prima. Allunga le dita e le schegge volteggiano e poi si saldano, ogni crepa e frattura ormai dimenticata.

« Penso che questo sia tuo! »

Alastor si ferma e il capo si volta con un angolo innaturale, dannatamente inquietante.
Lo osserva poi guardare a terra accanto a sé e abbassarsi a raccogliere qualcosa. Lo porta al viso, lo rigira tra le dita, poi si fa scappare uno sbuffo che sembra divertito mentre stringe appena le spalle.
Ancora si rivolge a lui e cammina lento e misurato, fra indice e medio sorregge il suo papillon nero come un piccolo trofeo, imitandolo. Quando china il busto di fronte a lui, Lucifero si lascia di nuovo trasportare, ipnotizzato da quelle dita che si avvicinano sinuose al suo collo: lavorano veloci ma precise mentre riposizionano il papillon al loro posto, accarezzandogli la pelle fredda con le estremità affilate dei polpastrelli. La sensazione è semplicemente ultraterrena, quella di camminare come un funambolo tra l’ansia che il proprio collo venga stritolato fra le sue dita e la fiducia che scioccamente gli sta dando.
E mentre percepisce i propri occhi di nuovo farsi rossi e bruciargli le orbite mostrando apertamente al demone che cosa gli provoca la sua vicinanza, Alastor sorride.
Un sorriso strano, meno tirato, le labbra che si chiudono e nascondono i denti affilati e bianchissimi. Le palpebre si abbassano, riducendo le iridi rosse a due lune di sangue sottili. È così vicino che il suo respiro lo inebria.

« Non sia mai che sua maestà si presenti in pubblico così trasandato. »

Lucifero sbuffa divertito mentre rilascia le tensioni e gli sistema il monocolo sull’occhio destro, esattamente dove stava prima.

« Buon riposo, Alastor. »

Quando il demone si allontana, sparendo nelle ombre, non può fare a meno di mordersi il labbro inferiore e ridacchiare stridulo fra se e se, accoccolandosi di più sulla poltrona e coprendosi le labbra con aria frivola.

Oh, che divertimento mi aspetta!




Grazie per aver letto questa mia OS, la prima dedicata ad Hazbin Hotel! La verità è che questo lavoro è un regalo a mia cognata per il suo compleanno, ma ne ho approfittato per agganciarla alla challenge Prime Volte sul gruppo Komorebi Community su facebook. 
Inizialmente ero molto scettica, nella mia visione Alastor rimane asessuale, tuttavia l'idea di questo personaggio che soffre rendendosi conto che Lucifero riesce a risvegliare qualcosa in lui mi è piaciuta molto. Spero abbia stuzzicato anche voi!
NOTA: questa OS non è stata betata perchè la mia beta è giustamente in vacanza xD Quindi vi invito caldamente a farmi notare errori che sicuramente avrò seminato come le bricioline di Pollicino, NO non mi offendo, anzi, vi sarò grata di questo confronto!
   
 
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