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Autore: Avion946    16/03/2024    0 recensioni
[Iliade]
Nel 1400 a.C. circa, un ragazzo reco viene costretto da una serie di circostanze ad affrontare un'incredibile e pericolosissima avventura all'interno delle mura di Troia, nel corso della famosa guerra coinvolgendo in questa esperienza sorprendente un giovane studente dei tempi moderni in quale, per uscire dalla critica e delicata situazione in cui verrà a trovarsi, dovrà sostenere e risolvere un difficile test e superare una prova estremamente impegnativa.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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    Seconda parte

                                                                                          Cap VI^

Questa affermazione colpì il ragazzo come un tuono. “Madre?”. La figlia di Teano! Ora capiva molte cose. Ma comunque, adesso cosa sarebbe accaduto?  La sua vita dipendeva dall’esito dello scontro fra quelle due donne. Era evidente, però, che la sacerdotessa, colta alla sprovvista da quella situazione, per la prima volta, da quando il ragazzo l’aveva vista, sembrava incerta, colpita, vulnerabile, mentre l’altra si mostrava decisa, spavalda, quasi. Evidentemente contava sul fatto che la madre, comunque conosciuta per una persona che non si fermava davanti a nulla, non avrebbe potuto far uccidere la sua stessa figlia. “Cosa vuoi, allora ? – chiese alla figlia con voce dura. “Voglio la vita del ragazzo, di cui potrò disporre a mio piacimento. Voglio che non ti intrometta più nella mia vita e quindi, naturalmente, voglio essere lasciata in pace per fare le mie scelte”. La madre valutò per un po’ la richiesta della figlia. Poi chiese:”Supponiamo che acconsenta, chi mi dice che non rivelerete quello che sapete?”. “Non ne abbiamo la minima intenzione – rispose sicura Crino – Noi non cerchiamo guai e, parlare, non ci converrebbe di certo. Ti dovrai fidare. Lascia in pace noi e noi lasceremo in pace te”. Poi, per non dare alla madre il tempo di cercare una diversa soluzione, avanzò verso il ragazzo e scostò vigorosamente la mano di Tassos che incerto e confuso stringeva ancora la spalla della sua vittima. Prese Ilario per un braccio e, con lui, si diresse verso l’uscita. “Vieni – gli disse in tono di chi non voleva perdere tempo – Qui non abbiamo più nulla da fare”. Ebbe, però, come un ripensamento e, giratasi verso la madre, sempre tenendo bel stretto il suo ostaggio, disse in tono molto serio:”Se proprio non devi fidarti di qualcuno, io ti consiglierei di liberarti di quel pagliaccio, di quel miserabile - e indicò Tassos che, preso di petto di sorpresa, divenne di mille colori – L’hai coinvolto in tutte le tue manovre e gli hai dato pure credito e mano libera in tuo nome. Ora però che ha visto questa scena e l’epilogo di questa storia, pensi davvero che riuscirà a non dirlo a qualcuno? E sai come corrono le voci qui a Troia. E se si sentirà in pericolo, ti venderà come niente fosse, al migliore offerente”. Detto questo, la ragazza uscì, ferma e decisa, trascinandosi letteralmente dietro Ilario, ancora confuso per la rapida e incredibile successione degli eventi. Nella stanza era  calato un silenzio profondo. Da una parte l’anziana sacerdotessa, ancora furente e turbata, in particolare dalle ultime parole che gli aveva rivolto la figlia, fissava con espressione torva Tassos, valutando che la ragazza poteva avere ragione. Dall’altra, lo schiavo, che, avendo capito di essere all’improvviso in serio pericolo, si gettò in ginocchio, proclamando la sua assoluta fedeltà dimostrata in tanti anni e lo fece con tale passione, che Teano si convinse della effettiva pericolosità di continuare a servirsi di quell’uomo. Usciti in fretta dalla struttura, i due ragazzi si allontanarono a passo deciso. Crino felice di aver avuto la sua riscossa. Ilario ancora confuso e molto incerto sul suo futuro. “E ora, che devo fare io? – chiese alla sua salvatrice – Quello che è accaduto significa che sono di tua proprietà?”. Crino lo guardò con una espressione strana, quasi incerta, poi rispose:”Si potrebbe anche dire di si, in un certo qual modo – vedendo l’espressione dell’altro, si affrettò ad aggiungere – No, stai tranquillo, non mi devi niente. Ho semplicemente colto l’occasione per liberarmi dalla mia condizione. E questo è successo grazie a te. Quindi, alla fine, direi che siamo pari”.”Allora, adesso, cosa conti di fare? E cosa dirà tuo padre?”. “Antenore non è mio padre. Mio padre si chiamava Amico, era un re ed è morto per dimostrare solo quanto era forte e valoroso, lasciando una vedova e due figli piccoli – rispose la ragazza con atteggiamento serio. Poi, come ritrovando una certa serenità, aggiunse – Non ho intenzione di effettuare nessun cambiamento serio. Per ora, almeno, resterò sacerdotessa perché è un ruolo che offre i suoi vantaggi. Ma sarò più libera. Basta con le stoffe e con i ricami. Non li posso vedere e il mio lavoro era pessimo. Quanto a te, credo che potresti riprendere il tuo lavoro alla filanda, in attesa di trovare il modo di andartene da qui, mentre io deciderò se ho dei piani per te o no”.”Credo comunque sia difficile che io riesca ad andarmene in tempi brevi. I Greci controllano il porto e la rotta per la mia isola. Dovrò attendere finchè la stagione non obblighi gli assedianti a desistere dalla loro impresa e, a quel punto, sarà troppo tardi per prendere il mare. Sarò bloccato qui fino alla prossima primavera. Così vicino alla mia isola e così lontano - concluse con tristezza. Quella notte il ragazzo non riuscì a prendere sonno. Il suo destino era quanto mai incerto e sentiva molto la mancanza di Asha al quale si era inaspettatamente affezionato, malgrado le cose che aveva scoperto sul suo conto. Provava anche una forte nostalgia per la sua casa. Ora tutto il fascino di quella città, che all’inizio l’aveva letteralmente ammaliato, conquistato, era in buona parte svanito. Aveva con sè parecchio danaro ma la vita a Troia costava cara per uno straniero e, se non avesse potuto riprendere il suo lavoro, non sarebbe durato molto in quel luogo. Ora che il pericolo di Teano sembrava, almeno al momento, scongiurato, Ilario si chiedeva se il rimedio non fosse peggiore del male. Lo preoccupavano le ultime parole che gli aveva rivolto Crino, a proposito dei piani che poteva avere per lui. Il ragazzo in verità si sentiva molto attratto da lei ma la sua posizione lo intimoriva ed era convinto che, capricciosa e volubile come gli era apparsa, lei avrebbe benissimo potuto ‘giocare’  per poi abbandonarlo al suo destino, non appena si fosse stancata della situazione. Si era appena addormentato che i due schiavi incaricati di portargli la colazione bussarono alla porta. Decise di alzarsi ma non se la sentì di recarsi subito al suo lavoro. Decise, invece, di fare un giro per le vie della città ma al di fuori della cittadella. I soldati di guardia lo fecero tranquillamente passare e nessuno lo seguì così lui si sentì libero di andare dove voleva. Percorse vie che non conosceva, dove trovò botteghe e osterie piene di vita, come se nulla fosse accaduto. Fu nel pomeriggio, mentre pensava di tornare ai suoi alloggi, che si accorse che stava capitando qualcosa. Si sentì passare la voce che i Greci stessero assalendo la città e quanti poterono, Ilario compreso, corsero verso le mura, per capire cosa stava succedendo. Effettivamente la porta Scea era stata chiusa  ma non si era udito nessun allarme. Il dilemma fu presto chiarito. Gli invasori si erano spinti effettivamente ben sotto le mura della città, ma si trattava solo di una coppia di bighe, sulle quali però viaggiavano i più importanti comandanti nemici a seguito di Agamennone in persona, che costeggiavano le difese osservandole attentamente, per vedere di individuare qualche punto più vulnerabile sul quale concentrare l’attacco ma, apparentemente, non ne trovarono. Per tutto il tempo del giro, i Troiani che avevano avuto modo di raggiungere la sommità delle mura, insultarono e sbeffeggiarono apertamente Agamennone e i suoi comandanti. Con quelle difese invalicabili non avevano certo paura. I magazzini della città erano ripieni di tutto il necessario e la riserva d’acqua, era assicurata addirittura da un fiume. Inoltre i regolari commerci che si svolgevano tramite la porta Dardanica consentivano il continuo afflusso di risorse. Il giorno seguente Ilario riprese il suo lavoro alla filanda, favorevolmente accolto da tutti i ragazzi e le ragazze che si mostrarono felici di rivederlo, ma lui non provava più l’entusiasmo iniziale. Quasi ogni sera, però, incontrava Crino, davanti alla solita fontana. Si stavano conoscendo meglio. In realtà, con il tempo che passava, sapevano bene cosa desideravano tutti e due ma erano ambedue spaventati da ciò che avrebbero dovuto affrontare se il loro rapporto, sempre più stretto, fosse divenuto di dominio pubblico. Il ragazzo non aveva più visto il re che, di certo, in quel momento, aveva altre preoccupazioni. Teano non si era fatta più viva, il che dimostrava che, al momento, dato il suo ruolo in città, anche lei aveva altre priorità. Ilario che non si fidava di lei, stava sempre all’erta, temendo qualche brutta sorpresa. Eleno, di quando in quando, lo andava a trovare, a sentire lui, per parlare con qualcuno leale e degno di fiducia e gli raccontava dei fatti della corte, chiedendo invece i suoi commenti da ‘esterno’. Gli raccontava che al momento i Greci non avevano più intrapreso azioni palesemente ostili e come stessero approfittando di questo periodo di calma, per rinforza a rendere più sicuro il loro accampamento mentre , di certo, intanto studiavano qualche piano di attacco strategicamente valido. Priamo, al momento, era costretto a stare a guardare, pur protetto dalle possenti mura della città perché gli uomini promessi dai suoi alleati, e si parlava di circa 250.000 uomini, non sarebbero però stati disponibili prima della prossima primavera, quando ormai tutto sarebbe stato risolto dalla partenza degli assedianti, all’inizio del rigidissimo, tremendo inverno. Ilario intanto cercava un alloggio al di fuori della cittadella per essere più libero ma senza successo, perché i prezzi delle case erano andati alle stelle, a causa dell’ingente numero di soldati che difendevano la città. Essi, di norma, erano accampati all’esterno ma, al momento, naturalmente, a causa della sopraggiunta situazione, avevano dovuto trovare alloggio entro le mura. Il ragazzo comunque fedele alla sua natura, aveva iniziato a sperimentare nuove tecniche di tessitura e tintura con i filati particolari che aveva trovato nei magazzini e dei quali non era ancora pratico, a volte da solo, per non dover condividere i risultati, a volte, più spesso, con alcuni dei suoi allievi migliori. Con alcuni aveva stretto un particolare legame, anche se doveva sempre guardarsi da alcune iniziative, piuttosto insidiose, da parte di alcune delle ragazze che avevano piacere a provocarlo per metterlo in imbarazzo o magari, per sincero interesse personale. Fra queste c’erano Artemia e Dione, ambedue bellissime e molto abili. Ilario però non aveva mai raccolto le varie provocazioni, sia perché per le due ragazze, non provava altro che sincera amicizia, sia per la presenza incombente delle reverende madri. Non doveva poi dimenticarsi che quelle erano le figlie di Priamo , del re, e lui, solo un semplice artigiano greco e, certe cose, a Troia non sarebbero state tollerate. E poi, c’era il fatto che lui si sentiva sempre più legato a Crino e, pochi giorni dopo, ebbe la dimostrazione che anche lei provava dei sentimenti piuttosto intensi per lui. Infatti una mattina, Dione, non si presentò al lavoro e, alla sera, lui venne a sapere che, a causa sua, aveva avuto un violento scambio con Crino e la principessa non ne era affatto uscita bene. E pensare che quando la incontrava, la sera, lei sembrava così calma, così dolce.  Aveva appena ricominciato ad adattarsi alla nuova situazione, quando, durante una cena consumata all’osteria dove si recava abitualmente per non dovere consumare i pasti da solo nel suo alloggio, venne avvicinato da Trofim il quale, sapendo del desiderio del ragazzo di tornarsene a casa,  gli comunicò che un gruppo di abitanti, originario della Misia, aveva organizzato un viaggio per tornare nella loro patria. La meta finale era la città di Lampsaco. Ma da lì, si poteva raggiungere facilmente il mare, imbarcandosi per raggiungere casa sua, con una delle ultime navi in partenza per la Grecia prima che il traffico fosse interrotto per la stagione invernale.    Questa notizia, che in un altro momento sarebbe giunta più che desiderata, aveva in realtà messo Ilario in grande difficoltà. Il suo rapporto con Crino diventava sempre più stretto e profondo e, inoltre, durante l’ultima udienza con il re, questo gli aveva detto che era così soddisfatto del suo lavoro, da proporgli di estendere il suo impegno  fino al termine dell’estate successiva, con un ingente aumento del suo premio. Trofim gli disse che era tutto già organizzato.  La partenza sarebbe avvenuta da lì ad una settimana, con l’incontro fissato alla porta Dardanica, prima dell’ultimo cambio della guardia per la notte. Non l’avrebbero atteso a lungo e, se non si fosse presentato, l’occasione sarebbe stata persa. Era una tentazione molto forte. Avrebbe potuto tornare a casa sua. Avrebbe portato con sé il segreto appreso anche se aveva perduto ciò che gli aveva consegnato Teano. Si sarebbe liberato della figura incombente di quella donna della quale si fidava molto poco. Però, se fosse fuggito come un ladro, di certo Crino non l’avrebbe accettato molto facilmente e, probabilmente, non avrebbe potuto recuperare il rapporto con facilità perché Priamo, pur dovendo affrontare questioni molto serie in quel momento, magari non avrebbe preso bene la sua fuga e, di certo, lui in città non sarebbe stato più gradito. Passò dei giorni difficili ma, alla fine, giunto alla sera della sua ‘fuga’, aveva deciso. Il suo bagaglio, ridotto al minimo era pronto nella camera da letto ed ora lui stava terminando con scarsissimo entusiasmo la cena nel suo alloggio. Aveva ormai finito di mangiare e stava controllando di aver predisposto tutto per la partenza e rivalutando per l’ennesima volta la sua decisione finale sulla quale aveva decisamente pesato la profezia di Cassandra, nella quale il ragazzo, a differenza di tanti altri aveva piena fiducia. Poi, all’improvviso la porta si aprì ed entrò veloce una figura coperta da un ampio mantello bianco. Il ragazzo, che ormai riconosceva quella sagoma e quel modo di muoversi, si allarmò non poco. Non si era sbagliato. Davanti a lui c’era Teano in persona, sola. La donna si era richiusa in fretta l’uscio alle spalle, come se non volesse dare nell’occhio più del necessario. Poi, con aria decisa, dopo aver dato uno sguardo in giro, si avanzò verso la tavola e si sedette davanti al ragazzo che, aspettandosi di tutto, era rimasto immobile, senza proferire nemmeno un suono. Guardandola bene da vicino, però, Ilario notò che quella non era la donna con cui aveva sempre avuto a che fare. Questa era tranquilla, un po’ triste forte ma comunque sempre sicura di se stessa e determinata. “Non mi offri da bere? – chiese con voce naturale. Il ragazzo, impacciato versò alla donna del vino che poi allungò con un po’ d’acqua mentre lei lo guardava con aria inespressiva. Prese il bicchiere e bevve un sorso. Poi guardando Ilario dritto negli occhi gli chiese:”Pensi ancora che io abbia rinunciato ad eliminarti per paura di mia figlia? – poi, senza dare tempo all’altro di articolare una qualsiasi risposta, continuò – Beh, non è così. Da quando ti ha conosciuto ho visto in lei un qualcosa, qualcosa che non avevo mai visto prima”. Bevve un altro sorso di vino poi, quasi parlando più con se stessa che con l’altro, riprese :”La sua vita non è stata facile. Giovanissima principessa, ha perso il padre, più legato alle sue imprese e al suo malato senso dell’onore che alla sua famiglia. Quando, per questo, si è fatto stupidamente uccidere, abbiamo dovuto abbandonare la nostra casa, la nostra terra. Giunta qui, io, grazie a mia sorella Ecuba, sono riuscita a ricostruire e mettere al sicuro la nostra vita ma lei si è trovata sola, isolata, confusa. Presa nei miei impegni, l’ho trascurata; avevo troppo da fare per sistemare al meglio le cose della mia famiglia. Sono diventata la grande sacerdotessa di Atena, ho sposato Antenore, il consigliere anziano del re. Ora lei ha tutto quello che le serve ma io l’ho perduta. Crino è convinta che di lei non mi importi nulla. Non è così. Io la amo molto e se non lo dimostro è solo perché, nella mia posizione, non posso mostrare lati deboli e cedimenti perché altri ambiscono al mio posto e attendono solo una mossa falsa. Ti rendi conto, quindi, quanto io mi sia esposta con te”. Poi abbassò la testa come a cercare le parole più giuste per portare avanti il discorso mentre il ragazzo si chiedeva sempre più curioso, dove voleva andare a parare la donna con quella visita. Poi Teano riprese:”So che mia figlia, anche se lei non lo ammetterebbe mai, si è innamorata di te. La conosco. Questo ha avuto su di lei un effetto incredibile. Si è addolcita, si è calmata, è cambiata, in bene. Io non so proprio cosa ci abbia trovato in te ma va bene così. Purchè lei sia felice, io posso accettare tutto. Ora però, viene il problema principale. Tu che intenzioni hai verso di lei? Anche perché, stai partendo, vero? O meglio, stai scappando?”. Ilario, diventato rosso come un peperone capì che era stato scoperto. Come aveva potuto pensare di organizzare qualcosa, senza che quella donna diabolica lo venisse a sapere. “Si, va bene. Sto scappando, allora? – rispose il ragazzo di getto, avendo capito che non aveva più nulla da perdere – Potresti darmi torto? Certo, che sono innamorato di Crino. Quasi dal primo momento che l’ho vista. Ma voi avete intossicato questo amore. Prima, tua figlia mi salva la vita e, allora, il mio cos’è, amore o riconoscenza? Poi, tu – e indicò Teano – mi dici che hai scoperto il mio tentativo di fuga e  se ci provo e deludo tua figlia, magari mi fai sistemare da Tassos. Una bella situazione, non c’è che dire!”.”Non hai capito niente – rispose la donna con grande calma – mia figlia ti ama davvero. Di questo puoi essere certo. Io, da parte mia, ho dato la mia parola e non farò nulla contro di te quale che sia la tua decisione, se andare o restare. Tra l’altro Tassos, diciamo così, non è più al mio servizio. Ho riflettuto a lungo sulle parole che mi avete detto e ho capito che avevate ragione. Ora il punto è proprio questo. Tu dici di amare Crino. Pensi di esserne degno? Perché, se resterai, dimostrerai di amarla davvero. Riuscirai in ogni caso a tornare a casa ma, magari, solo l’anno prossimo, chissà. Se invece partirai, darai un grande dolore a mia figlia che, comunque, imparerà una dura lezione sugli uomini e io avrò la certezza che sul tuo conto non mi ero sbagliata. Ora, a te la scelta”. Detto questo, la donna si alzò e, ricoprendosi con il mantello, uscì dall’alloggio, richiudendosi la porta alle spalle. Ilario restò ancora seduto, diversi minuti , per capire bene le parole che aveva appena sentito. Ora era davvero confuso. Le conclusioni che l’avevano fatto decidere a partire ora vacillavano sempre di più. Alla fine, si alzò dalla tavola e andando in camera da letto, recuperò il suo mantello e la sua bisaccia, tornando poi nella sala. Cosa doveva fare. Provò a pensare ad un abbraccio di Crino e poi ad un suo bacio e all’dea di separarsene, di perderla. Aveva avuto ragione Asha, a suo tempo, quando aveva detto a Stoyan, suo padre, che di certo lui aveva conosciuto parecchie ragazze sull’isola. Ma questa era diversa e non solo perché era della città di Troia. Questa aveva una forza, un’intensità, un temperamento e nello stesso tempo una dolcezza ed una tenerezza che non aveva mai visto prima. Poteva sembrare brusca, ostile, perfino pericolosa ma, con la scuola che aveva avuto nella sua famiglia, si poteva ben capire il perché. Il suo attuale lavoro gli piaceva molto. Non era da tutti avere un re che apprezza il tuo operato e che te lo dice, anche. L’ambiente in cui si muoveva era eccitante, stimolante, niente era così sulla sua isola. Eppure casa sua gli mancava da morire. Sua madre, la sua sorellina, il suo laboratorio. La mano gli andò immediatamente alla catenina che Agata gli aveva regalato alla sua partenza, come se questo potesse fargliela sentire più vicina. Gli occhi gli si riempirono di lacrime. Che doveva, che voleva, veramente fare? Da questa decisione, sarebbe forse dipesa l’intera sua vita futura. La mattina seguente, dopo una abbondante colazione, Ilario si accingeva ad entrare nel suo laboratorio. Alla fine, aveva riportato tutto il bagaglio nella sua camera da letto ed era andato semplicemente a dormire. Era soddisfatto della sua scelta. Si sentiva bene. Ciò che era legato a quella sua avventura, poteva anche giustificare il ritardo di un anno. Si trovò stranamente a pensare cos’avrebbe detto Stoyan sapendo che, pur in possesso del segreto di Priamo, lui aveva preferito aspettare un anno per tornare a casa. Andava tenuto conto che, in ogni caso, egli non disponeva più del ‘materiale che gli aveva consegnato Teano e quindi pur sapendo come ottenere il filato, sarebbe stato complicato procedere. Concluse che suo padre non era lì e, tutto considerato, lui aveva il pieno diritto di decidere per la sua vita. Mentre stava per entrare nella sala, d’improvviso, si sentì strattonare da qualcuno che, con grande energia l’aveva afferrato per un braccio e l’aveva tirato verso una parete fuori dalla vista degli altri. Preso alla sprovvista, il ragazzo aveva subìto quell’improvvisa aggressione ma, quando vide chi l’aveva effettuata, rimase fermo in attesa degli eventi. Una Crino furiosa, ora l’aveva afferrato per il davanti della tunica con aria molto determinata e gli chiese:”So che ieri sera mia madre è venuta da te. Cosa voleva? Ti ha minacciato di nuovo? Dimmelo!”. Ora che Ilario aveva capito la situazione, riuscì a sorridere. La ragazza non ce l’aveva con lui. “Nessuna minaccia, ti assicuro. Lei voleva solo essere sicura dei miei sentimenti per te”.”Sentimenti? – chiese l’altra, quasi stupita – Quali sentimenti?”.”Come, quali sentimenti – ribattè il ragazzo leggermente sorpreso dalla reazione dell’altra – Io ti amo! Ah, bene. Adesso te l’ho detto. Mi hai colpito fin da quando ci siamo conosciuti e poi, pian piano, mi sono accorto di essermi innamorato. Non avevo mai detto niente perché, vista la situazione, non mi sembrava opportuno ma ora l’ho ammesso. Ecco”. La ragazza lo guardò con un’aria strana, indecifrabile. “Come si è espressa mia madre di preciso?”. Ilario pensò bene a cosa rispondere e alla fine le disse:”Tua madre si preoccupa per te perché, alla fine, seppure a modo suo, ti vuole bene. Sa che anche tu provi qualcosa per me e voleva assicurarsi che io, con il mio comportamento, non ti facessi soffrire”.”Questo ti ha detto? Davvero? Mia madre che si comporta come un essere umano!  – Poi, come seguendo un ragionamento, chiese ancora – Se c’è una cosa che mia madre non sa fare, è mentire. Dimmi, ti sembrava sincera?”.”Si, era sincera”. “Sai questo cosa vuol dire – gli chiese Crino guardandolo negli occhi con un’improvvisa aria di contentezza – Significa che non ci ostacolerà e che… siamo liberi!”. E, senza aggiungere altro, lo strinse in un forte abbraccio, baciandolo con trasporto e passione e il ragazzo non potè fare altro che rispondere con la stessa intensità. Non gli sembrava vero, non aspettava altro. Solo quello, era valso la decisione di restare. In quel momento non c’era nient’altro per loro. La città, i Greci, le stoffe, la guerra, i parenti.. nulla. Solo loro. Erano talmente assorbiti nelle loro effusioni rimandate per tanto, troppo tempo da non avvertire ciò che accadeva attorno a loro, fino ad essere richiamati bruscamente alla realtà dalle forti grida di una donna furiosa, proprio accanto a loro. Sciogliendosi dall’abbraccio, notarono subito con sorpresa  il gruppo delle ragazze dirette alla sala che ridacchiando, ammiccando, li prendevano in giro ma ciò che maggiormente li colpì, fu la presenza di una reverenda madre a meno di un metro da loro che, con un espressione terribile ed il suo bastone sollevato, chiese  con voce estremamente  alterata:”Che fate? Che state facendo?”. Ilario, impacciato e arrossito era rimasto immobile, non sapendo cosa fare, cosa dire. Fu Crino che ridendo apertamente rispose:”Quello che ci pare!”. E prendendo il ragazzo per il polso lo portò via con sé, di corsa, lontano da quel posto. Corsero finchè non furono in mezzo ai magazzini, dove non c’era nessuno. Erano sudati per la corsa, felici, spensierati, raggianti, sollevati per quanto era successo. Raggiunto un posto che ritennero sufficientemente isolato, ripresero esattamente lì dove erano stati interrotti solo qualche minuto prima.Teano mantenne la sua parola e, con mezzi sui quali era meglio non indagare, trovò per il ragazzo una sistemazione, appena fuori dalle mura della cittadella, che lui non ricordava di avere mai notato prima. Si trattava di una elegante costruzione a due piani, con 10 stanze in tutto, quattro al piano inferiore e sei a quello superiore. Il piano terra aveva un grandioso ingresso, che Ilario immaginò subito fosse possibile trasformare in un efficiente laboratorio-negozio, usando un’altra stanza adiacente come magazzino. Gli ricordava in qualche modo casa sua. Crino la trovò subito di suo gusto ed approvò il progetto del ragazzo, di usare il piano inferiore per scopi commerciali. Eleno, dapprima piuttosto freddo nei confronti della ragazza, frequentandola, cambiò idea e atteggiamento verso di lei, notando come fosse molto cambiata. Si era trasformata in una ragazza disponibile, che apprezzava il riso e la compagnia, seppure a volte, affiorava un certo atteggiamento di riserbo e di cautela, velato di tristezza, di certo dovuto a tanti anni di malumore e grigiore, che le facevano sempre temere di poter perdere tutto da un momento all’altro. Lei ed il giovane principe , mentre Ilario era al lavoro, avevano approfittato per arredargli la casa. Il ragazzo avrebbe preferito avere un po’ di controllo circa le scelte effettuate, ma doveva troppo a tutti e due per privarli di quel lavoro che avevano preso così a cuore e comunque, alla fine, dovette convenire che le scelte effettuate erano state eccellenti, arredando gli ambienti con stile elegante ma senza esagerazioni. Di certo, lui non avrebbe saputo far di meglio. All’inizio sarebbe andato ad abitare lì da solo, in attesa di ufficializzare il rapporto con la sua ragazza. Malgrado la resistenza di Ilario, Eleno pretese però, di  inaugurare la nuova casa con una festa, come era costume, a suo dire , nella città di Troia. Quando il ragazzo vide la lista degli invitati che il principe aveva stilato, capì che sarebbe stato un fiasco colossale. Non ci sarebbe andato nessuno e questo, da una parte lo confortava, in quanto non aveva idea di come avrebbe dovuto comportarsi durante l’evento. Eleno insistette col dirgli che lui non capiva nulla delle cose della corte. Sarebbe bastata la voce che la festa era organizzata da lui e che, quasi certamente, sarebbero intervenuti Teano con il marito, per fare la magia.  La sera della festa, Ilario, sempre convinto che non sarebbe intervenuto nessuno, era molto combattuto fra la soddisfazione di chiudere semplicemente e subito la cosa e il dispiacere per la delusione che di certo avrebbero avuto Eleno e Crino ma sarebbe stato comunque, il riconoscimento del fatto che lui era solo un emerito sconosciuto. Eleno che aveva previsto molti ospiti, aveva fatto preparare un banchetto principesco al piano inferiore, attingendo, per sua stessa ammissione, alle cucine della corte, assicurando il padrone di casa, che avrebbe preferito pagare lui, che nessuno avrebbe avuto nulla da ridire. Cominciarono ad arrivare gli invitati. Erano le ragazze del laboratorio con le loro famiglie, notabili con le rispettive mogli, che avevano conosciuto Ilario per i suoi servigi, amici di Eleno, conoscenti di Teano e di Antenore. Molti nemmeno li conosceva. Con soddisfazione, notò che il principe e Crino avevano assunto il ruolo di anfitrioni mentre lui si limitava a presentarsi e si accorse che quasi tutti gli invitati erano molto presi dal banchetto e intenti a  parlare, fra di loro, di quello che potevano essere i pettegolezzi più attuali della città.  Poi notò che, dal locale adibito a cucina, qualcuno tentava di attirare la sua attenzione e, quando si avvicinò, vide con grande piacere Trofim assieme al fratello, che erano passati per salutarlo e fargli gli auguri per la nuova casa. Malgrado le insistenze del ragazzo, non vollero entrare nella sala per non metterlo in imbarazzo con la loro presenza e furono irremovibili. Si scambiarono comunque un forte abbraccio. Poi, nella sala scese improvviso il silenzio. Erano entrati Teano e Antenore. La sacerdotessa, dopo essersi guardata intorno, come per identificare tutti i presenti, molti dei quali chinarono lo sguardo, si avvicinò al ragazzo e con il suo solito fare sprezzante, gli disse:”Bene, greco. Ti stai sistemando bene, a quanto vedo. Stai mirando in alto, in tutti i sensi. Ma stai molto attento perché io ti tengo d’occhio!”. Giunse subito Crino che si intromise:”Grazie madre per essere venuta, è sempre un piacere! – poi prendendo Ilario per un braccio gli fece fare un passo avanti e lo condusse davanti ad un uomo anziano ma vigoroso, che lo osservò con uno sguardo profondo ma non ostile – questo è mio padre, Antenore – non credo che tu lo conosca”. L’uomo era di altezza normale, piuttosto magro ma emanava una forte energia che si poteva letteralmente percepire. Aveva dei lunghi capelli, bianchissimi, forse tinti, come la sua fluente barba. Indossava una lunga tunica bianca fermata in vita da una cintura di pelle marrone un manto color crema, drappeggiato su un braccio. Portava al collo, quale simbolo della sua carica, una pesante catena d’oro alla quale era appeso un medaglione . Su di esso, come sulla fibbia della cintura, c’era inciso il simbolo della civetta.”Vi saluto e vi ringrazio per esservi disturbato a venire nella mia modesta casa – riuscì a dire il ragazzo, con un profondo inchino,  sperando di non apparire  banale o quel sempliciotto che era convinto di essere – Io vi ho veduto più volte durante le udienze del re, nella vostra veste di consigliere”. L’uomo sembrò riflettere un attimo e poi, con atteggiamento estremamente gentile, rispose:”In realtà, ti avevo già veduto anche io nelle medesime circostanze ed ero curioso di conoscerti meglio, perché sembra che tu sia capace di fare cose prodigiose. Mi sono subito reso conto che sei un giovanotto di valore, anche se hai molto da imparare. Capirai che, a questo punto, dovremo parlare con maggiore calma in un ambiente tranquillo. Ti manderò a chiamare”. Poi si voltò verso la moglie e, assieme a lei, si unì alle conversazioni di alcuni gruppi di ospiti, seppure per pochi minuti. Poi, tenendosi sottobraccio, lasciarono la casa. Crino, raggiante, raggiunse il ragazzo e abbracciandolo, gli chiese se era contento perché era andato tutto bene.”Tua madre, mi ha minacciato, tanto per cambiare, e a tuo padre sono riuscito solo a dire quattro parole banali. Penserà certamente che tu abbia preso sotto la tua protezione un cretino”.”Mio padre sa bene che non se un cretino – rispose lei leggermente contrariata – altrimenti non sarebbe mai venuto qui. Pensi che non abbia preso informazioni sul tuo conto? Quanto a mia madre, sostiene solo la sua parte, come ha fatto dall’inizio. Quindi, ripeto. Tutto bene! Ora dobbiamo pensare al tuo futuro”.”Al ‘mio’ futuro? Pensavo che si parlasse del nostro – rispose incerto Ilario. “Ma certo, il nostro, - rispose ridendo, lei – Il mio futuro è legato al tuo. Non sai che i mariti qui a Troia, provvedono a tutto e che le mogli pensano solo a farsi belle?”. Ilario non sapeva mai con certezza, quando la ragazza lo prendeva in giro e sperò che fosse questo il caso. A volte si sentiva preso in trappola. Temeva che Crino si divertisse a giocare con lui ma poi, quando lei l’abbracciava e lo stringeva a sé, questi dubbi gli passavano. Sperava di non sbagliarsi. Sistemato il laboratorio, Ilario si tròvò a lavorare su due fronti. Al mattino il suo impegno era con Priamo ma al pomeriggio si poteva dedicare alla clientela che, conosciuto lui e le sue originali creazioni, cresceva sempre di più. Aveva dovuto assumere due persone che lo aiutassero ed erano fra i migliori allievi della filanda, ambedue, figli di dignitari della corte. Quando le principesse avevano saputo che lui cercava aiuto, si erano offerte in massa, specie Artemia  e Dione ma lui aveva dovuto rifiutare. Come poteva pensare di avere al suo servizio le figlie di Priamo? Se il re l’avesse saputo, e l’avrebbe saputo, visto il clima della corte, per lui la strada per lo Scamandro sarebbe stata assicurata e velocissima. Come abitante di Troia, Ilario aveva accesso praticamente immediato, a tutti quei materiali che suo padre doveva invece ricercare attraverso la navi che commerciavano con l’Asia Minore e che continuavano ad affluire continuamente attraverso i traffici più attivi che mai, grazie alla porta Dardanica.  Il tutto, mentre i Greci, che non avevano più mostrato attività di tipo militare, continuavano a rinforzare il loro campo. Sembrava una vera perdita di tempo perché ora che l’inverno li avrebbe obbligati a partire, per non rimanere isolati e bloccati in condizioni climatiche proibitive, i Troiani avrebbero provveduto immediatamente a distruggere tutto, cosicchè, se fossero voluti tornare, avrebbero dovuto ricominciare tutto da capo ma stavolta avrebbero trovato sulla spiaggia, ad attenderli almeno 250.000 soldati. La stagione invernale incombente, procurò una grossa delusione ai Troiani in quanto i Greci restarono ad affrontare l’inverno. Totalmente indisturbati, continuavano a rinforzare il loro campo ed avevano addirittura edificato costruzioni in muratura, anche se il grosso dell’esercito, avrebbe dovuto rifugiarsi nelle tende per affrontare il gelo ed il maltempo. Ma alla fine, gli assediati pensarono che andava bene anche così. Al giungere della primavera si sarebbero trovati ad affrontare un esercito fortemente provato e demoralizzato, mentre i loro uomini sarebbero stati pronti, freschi e aiutati dalla migliaia di soldati alleati promessi dai regni vicini. Ormai per tradizione l’inizio dell’inverno veniva fatto coincidere con l’11^ giorno di ottobre. In quella data si sospendeva la navigazione verso la Grecia ma veniva anche festeggiata la famiglia ed i nuovi nati nell’ultimo anno, che sarebbero ufficialmente entrati a farne parte. Ilario conosceva quella usanza perché anche in Grecia veniva celebrata con il nome di ‘Apaturia’. In quell’occasione Priamo decise di dare una grande festa a palazzo, alla quale erano stati invitati i più importanti rappresentanti della società troiana e le loro famiglie. Tramite l’interessamento di Eleno e Crino, anche il ragazzo, ricevette un invito. Dapprima non lo gradì ma poi,  Crino lo convinse che quella poteva essere una splendida occasione per farsi conoscere meglio, almeno dalle persone che contavano. Decise di giocare il tutto per tutto. Quanto avrebbe voluto avere accanto Asha per consultasi con qualcuno. Ma ormai era solo e doveva cavarsela. Si fece portare, tramite le conoscenze della ragazza, un discreto taglio di seta. Il fatto di conoscerne ormai il segreto, non gli faceva apprezzare di meno quel tessuto, anzi ammirava maggiormente l’ingegno delle persone che riuscivano ad ottenere quel prodigio. Fece vedere ai suoi collaboratori come sfilare il tessuto, come aveva imparato a farlo nella sua isola e, intanto, in gran segreto, come al solito, preparò la sua tinta. Non sapeva per quanto tempo gli sarebbero bastati gli ingredienti  per produrla ma valutò che sarebbe riuscito a partire prima che essi finissero. In fin dei conti, si trattava di resistere fino alla primavera dell’anno successivo. All’inizio, non aveva intenzione si svelare a nessuno il suo progetto ma poi si rese conto di aver puntato troppo in alto perché, se come tessitore, almeno lì in città, non aveva rivali, come sarto non valeva un granchè e, quindi, non era sicuro di poter ottenere il suo scopo. Alla fine, si decise a condividere la sua idea con Crino la quale, dopo aver ascoltato il suo piano, valutate le varie possibilità, gli propose delle soluzioni inaspettate. Infatti Ilario scoprì che, se la ragazza, come tessitrice non aveva particolari abilità , invece nel campo della sartoria, era veramente capace e anche nel disegno dei modelli degli abiti. Lei disse che era tutta una scuola derivata dal voler dare un tono gentile e femminile ai vari vestiti che le erano stati imposti per anni, nella sua veste di aspirante sacerdotessa. Alla fine il ragazzo, ottenuto il filato, realizzò una stoffa fantastica e Crino portò felicemente a termine la sua idea. La sua parte, in realtà fu una sorpresa anche per  il ragazzo che, pur conoscendo i progetti della ragazza per sommi capi, si rese conto che le sue idee  erano veramente ambiziose, una sera in cui terminato il suo lavoro, entrando nel locale adibito a sartoria, si trovò davanti Elena che, assistita dalla moglie, si stava provando un abito. La donna, pur essendo piuttosto svestita, si limitò a sorridere e a raccomandargli di non dire nulla a nessuno e poi riprese a parlare con Crino. Ilario ripresosi dalla sorpresa, si limitò ad un cenno di diniego , a significare che non aveva visto nulla e si ritirò più in fretta possibile. In realtà, aveva visto, eccome, ed era ancora piuttosto turbato quando Crino, con uno strano sorriso lo raggiunse poco dopo. “Tutto bene? – chiese la ragazza – Sembra che ti sia andato qualcosa per traverso”.”Ma che ci faceva Elena, mezza nuda,  nel nostro laboratorio? Non mi risulta che ci abbia commissionato alcunché – rispose il ragazzo cercando di riassumere un comportamento controllato e normale. “Stai tranquillo, so bene che effetto fa quella donna su voi uomini, specie senza vestiti. Non sono gelosa, quindi, calmati. Ho semplicemente avuto un’idea e, conoscendola, ho trovato il modo di proporgliela. Le è piaciuta ed il gioco è fatto”.”Che gioco ?”. Crino non volle rivelargli nulla. Due giorni dopo, però ricevette la visita a sorpresa di Elena, accompagnata da Dione, la quale fece delle richieste precise per una modifica circa la tessitura della seta su cui Ilario stava lavorando. Parlando con lei ed ascoltandola, il ragazzo si rese conto che quella donna era molto intelligente, competente in vari campi ed aveva un’istruzione di ottimo livello. Tutto questo la rese diversa ad i suoi occhi ed egli trovò molto più facile rapportarsi con lei. Suo fratello non l’avrebbe mai creduto quando glielo avrebbe raccontato. La festa della famiglia era stata organizzata nella sala del trono, dalla quale erano state rimosse tutte le tende interne, allo scopo di ottenere un salone aperto, in grado di contenere tutti gli ospiti convenuti. Erano ovviamente tutti membri di importanti famiglie, molti intervenuti con i nuovi nati, per avere l’onore che il rituale dell’accettazione dei loro figli, fosse effettuato dal re in persona, con l’ausilio dei sommi sacerdoti di Atena e di Apollo. C’era un’ottima atmosfera e tutti apparivano allegri e spensierati. Il re, al centro dell’attenzione, affiancato da Ecuba, era raggiante e dispensava sorrisi a tutti i presenti. La cerimonia fu breve. Priamo chiamava per nome i nuovi nati che, a quel punto, venivano innalzati verso il cielo dai padri o da chi ne faceva le veci e mostrati ai presenti. I sacerdoti effettuarono i previsti sacrifici e gli oracoli dettero solo segnali positivi. A quel punto, un aedo iniziò a narrare velocemente la storia delle più importanti famiglie della città, naturalmente dando però risalto al fatto che  il clima di prosperità e fortuna erano in realtà dovute solo alla grande abilità e capacità di Priamo. E poi, finalmente, cosa che molti dei presenti attendevano, mentre dei musici suonavano con discrezione delle arie locali, si dette inizio al banchetto che, come tutte le altre volte, era ricchissimo e gli ospiti, seppure nobili e altolocati, non si fecero scrupoli di approfittarne per quanto possibile. Nessuno, in quel momento, voleva pensare agli assedianti né ai caduti durante l’assalto alla spiaggia. L’atmosfera era estremamente allegra. Ilario, seguendo le indicazioni di Eleno, si sedette in disparte, limitandosi ad ascoltare i discorsi e le battute degli altri invitati. Era sicuro che la sua presenza fosse a malapena tollerata per l’amicizia che lo legava al giovane principe ma era deciso a dare meno nell’occhio possibile. Notò che Teano era scomparsa, probabilmente per ciò che essa aveva nel suo animo. Poi osservò il trono con il re e la regina. Attorno a loro, Paride, Polite, il giovane Troilo, Deifobo e Artemia, la quale, scorgendolo, gli inviò un gesto di saluto, mettendolo  in grave imbarazzo. Infatti la cosa non era sfuggita a Deifobo che, avendolo riconosciuto, espresse senza tanti giri di parole il suo disappunto per la presenza del ragazzo. Fu in quel momento che nella sala scese improvviso il silenzio. Tutti guardavano nelle medesima direzione. Ilario, dovette alzarsi i piedi per capire cosa stava accadendo e a quel punto, rimase anche lui senza parole. Aveva fatto il suo ingresso nella sala, Elena, più bella che mai, grazie anche all’abito che indossava. Esso infatti, piuttosto aderente, fasciava quel corpo perfetto ma sulla sinistra, dalla vita in giù, si apriva uno spacco che lasciva scoperta tutta la gamba. Era piuttosto accollato sul davanti, mentre presentava una profonda scollatura sul lato posteriore. Il tessuto era di seta, luminoso ed il suo colore, procedendo  a sfumature oblique, presentava tutte le tonalità, dal rosso più scuro, in alto, a toni più sfumati e delicati verso il basso, tutto guarnito con complicati ricami in oro. Le maniche, corte e larghe, arrivavano al gomito. Una cosa che non si era mai vista. Ora capiva cosa stesse combinando la ragazza con la principessa e fu orgoglioso per l’abilità mostrata da Crino. Consapevole dell’effetto che aveva prodotto, Elena, osservando i presenti con un’aria quasi di sfida, iniziò ad avanzare verso il trono con movenze particolarmente leggiadre ed eleganti. Salutò Priamo che come al solito, la volle abbracciare, mentre in sala la gente aveva ripreso a parlare ma, naturalmente, per commentare ciò che era appena accaduto. Ilario vide che il re domandava qualcosa alla nuova arrivata, la quale sorridendo indicò proprio nella sua direzione. Fu uno shock per lui vedere il re che lo osservava con sguardo serio, imponendogli subito dopo con un gesto perentorio di avvicinarsi a lui. Estremamente agitato, senza possibilità di scelta, il ragazzo obbedì. Quando giunse alla base del trono, si inchinò e rimase in attesa di quella che era la reazione di Priamo. E infatti questi subito disse in tono severo:”E dunque tu crei una cosa simile ed invece di offrirla a me, la offri ad Elena?” Ilario, quasi paralizzato dall’agitazione, non sapeva cosa rispondere quando venne in suo aiuto Crino, la quale con grande rispetto disse:”Maestà, come potete ritenere che Ilario possa non aver pensato a voi? E’ stata anzi la sua prima preoccupazione, solo che non sapeva come agire per essere discreto e rispettoso”. “Ossia? – chiese il re incuriosito. Crino fece un gesto a due schiavi che avanzarono chini, recando un ingombrante involto sulle braccia. Ilario per primo, osservava la scena stupito, non sapendo cosa aspettarsi. Era vero che la stoffa era stata creata da lui ma poi, l’aveva consegnata a Crino che non gli aveva voluto far sapere nulla. A quel punto la ragazza disse ad Ilario:”Fai vedere a sua maestà cosa hai fatto per lui”. Ilario, sperando di non combinare guai, si avanzò verso i due schiavi e con grande attenzione, aprì l’involto. Ne venne fuori un mantello bellissimo, incredibile. Tutto in seta rossa e ricamato in oro e argento con inserimento di diverse pietre preziose. I ragazzo riconobbe nel disegno le variazioni che Elena gli aveva chiesto di apportare alla trama della stoffa. Quindi era anche lei coinvolta in quel gioco. Priamo rimase senza parole. Si alzò e volle provare subito il manto, come era successo tanto tempo prima, stavolta, però aiutato da Elena e Paride. Ne era contentissimo, così come Elena. Però Priamo chiese con grande serietà al ragazzo:”Dove hai preso questa seta?”.”L’ho acquistata qui a Troia, da un mercante, a caro prezzo. Con un procedimento che mio padre ha messo a punto sulla nostra isola, l’ho sfilata e dopo, ho potuto lavorala così come vedete. Se si potesse trovare un modo per ottenere la seta ad un prezzo ragionevole, questo tessuto potrebbe essere facilmente commercializzato con grande guadagno per la città – Ilario aveva recitato pari pari il discorsetto che Crino gli aveva fatto imparare a memoria, sapendo cosa avrebbe fatto presa sul re”. Priamo rimase un attimo pensoso poi, disse al ragazzo che lo avrebbe mandato presto a chiamare. Ilario, comunque, confuso, ricevette, davanti a tutti, i complimenti ed i ringraziamenti del re il quale, però, si dimenticò in fretta di lui per vantarsi e pavoneggiarsi nel mantello appena ricevuto. Ilario, Crino ed Eleno si allontanarono in fretta dalla festa. Il loro scopo era raggiunto e non avevano più niente da fare lì. Già il giorno successivo, in tutta la città, negli ambienti che contavano non si parlava altro che delle creazioni di Ilario e di Crino. “Ascoltami –  gli disse la ragazza  mentre erano in laboratorio – se ce la giochiamo bene, nel giro di un anno saremo ricchi e, quando tuo padre saprà di cosa sei stato capace, sarà orgoglioso di te”.”Sembra troppo bello – rispose lui – Il problema è che quando si parla di lavoro , non mi tiro indietro ma la parte commerciale non ho la più pallida idea di come gestirla”. “Di quello non devi preoccuparti. Tu pensa solo a produrre nuove idee e nuove lavorazioni. Per la sartoria ci penserò io, con l’aiuto di due principesse, Nereide e Polissena, che collaboreranno direttamente con me e tu non dovrai avere nessun timore che qualcuno pensi che tu possa comandare  su di loro. Le conosco da un pezzo, sono brave e felicissime di lasciare la filanda di Priamo,  dove si sentono letteralmente prigioniere, come succedeva a me. Tu non hai idea di cosa significa subire il controllo delle Reverende Madri”. Ilario era stupito, veramente. Quella ragazza aveva già progettato tutto, e non vedeva l’ora di cominciare. Era sicuro di conoscerla bene? Perché questo lato della sua personalità non l’aveva mai scoperto. Sapeva bene come sarebbe andato a finire il loro rapporto ma ora si chiedeva se avrebbe veramente potuto amare questa nuova versione della ragazza che si era mostrata. Aveva sempre in mente l’immagine della trappola. La ragazza osservò l’espressione di Ilario e capì. Allora gli fece un fantastico, enorme sorriso e, dopo averlo abbracciato strettamente, lo coinvolse in un bacio estremamente appassionato. Ilario, sentì svanire tutti i suoi dubbi. Se proprio era solamente una trappola, era veramente una bella trappola. Gli affari, per il laboratorio, presero in fretta una buona strada. La ottima qualità del prodotto e la strategia di Crino avevano dato i suoi frutti. Inoltre la ragazza, prendendo praticamente il controllo dell’attività, aveva provveduto a tutti gli accordi, compresi quelli con il re, per far sviluppare al meglio gli affari. A Ilario toccava però trovare sempre nuove idee per realizzare prodotti originali. Se aveva capito bene, a lui andava anche una parte del guadagno che il re otteneva dal commercio dei prodotti che derivavano dal suo lavoro, presso la filanda reale. Anche se Priamo non l’aveva più chiamato, si rese conto anche di non avere più problemi con la seta che, magicamente, gli veniva consegnata sotto forma di semplice filato direttamente alla filanda del re. Lui sapeva bene che non avrebbe dovuto fare domande circa la sua provenienza, fingendo di ignorare come stavano le cose.  Il punto era che, in tutta questa intensa attività, Ilario non aveva ancora visto un soldo e quindi espresse i suoi dubbi alla sua ‘socia’, la quale rispose con una bella risata. “Ma tu pensi ai soldi come monete? – chiese lei – Monete da mettere via, magari ben nascoste?”. “Mio padre ha sempre fatto così – rispose lui sconcertato. “Tuo padre pensa in piccolo. Pensa alla famiglia, alla tranquillità della vostra piccola isola. Qui le cose vanno in modo diverso. Anzitutto, come collaboratore del re, godi di credito praticamente illimitato presso tutte le botteghe della città. Certamente, ne devi rendere conto ma, se non esagererai, puoi stare tranquillo. Ti spiegherò poi come sfruttare questa opportunità”.”Ma io di questo non ne sapevo niente, - osservò il ragazzo sorpreso – nessuno mi ha mai detto nulla”.”E non ti sei mai chiesto perché delle persone continuano a lavorare nella tua nuova casa senza che tu te ne occupi? Chi le paga, secondo te? E le spese della casa? Mai stai tranquillo, perché sei più che benestante. In questo momento hai un carico d’oro che sta viaggiando verso la Licia, da scambiarsi con argento e che durante il tragitto di ritorno , raddoppierà il suo valore”.”Io non ho niente. Cos’è questa storia? E’ più grande di me, mi spaventa!”. Crino si rese conto che il ragazzo non era pronto per tutto quello e, in un impeto di tenerezza lo abbracciò stretto e lo rassicurò. La sera stessa invitò a cena Eleno, che , dopo aver fatto molto onore alla tavola e aver parlato di varie amenità e pettegolezzi, con la sua aria di semplicità e naturalezza, spiegò a Ilario come andavano le cose in città. “Troia vive e prospera sul commercio – iniziò – di continuo, senza sosta, a differenza di voi Greci che, a causa del clima, d’inverno dovete limitare le vostre attività, a parte quei pochi che, nella stagione fredda, decidono di trattenersi qui, ad esempio, per andare a concludere affari nelle regioni interne. Gli scambi con gli altri paesi, sono continui e ti assicuro che tu non puoi avere idea della vastità della rete commerciale che si è sviluppata in questo territorio. Questo fa sì che ci siano richieste continue di materiali, manufatti, arredi, oggetti d’arte e quant’altro. Si tratta solo di trovare gli acquirenti giusti. E se disporrai di un buon agente di commercio, che serve a far incontrare gli acquirenti con i venditori, lui non venderà la merce ma la scambierà con quello che più potrà produrre guadagno perchè, naturalmente, maggiore sarà la sua percentuale. In una situazione del genere, sarebbe folle tenere fermo il danaro. Come ti ha detto Crino, un carico d’oro, di tua proprietà,  sta viaggiando verso la Licia, dove sarà scambiato con l’argento secondo l’idea iniziale ma, se il tuo agente dovesse scovare un affare più redditizio, rubini, perle, allora si muoverà in quella direzione. Dipende dal mercato. Quello che conta è che, alla fine, tu ci guadagni in ogni caso”. Dopo tutto questo discorso, il principe bevve volentieri una bella coppa di vino. Il ragazzo disse di aver capito e raccontò che quando era nascosto nel mattatoio, nei pressi della porta Dardanica, era rimasto effettivamente colpito dall’intensissimo traffico di carri e carovane in entrata e uscita dalla città, persino nel corso della notte. “C’è anche un’altra possibilità – aggiunse Eleno – Per il danaro spicciolo, quello per le piccole spese o, comunque, per disporre di contanti, se non esageri, puoi sfruttare il tuo credito verso le botteghe, acquistando delle merci che poi potrai rivendere a prezzi convenienti. – Notando lo sguardo sorpreso di Ilario, con un sorriso, continuò – Sorpreso? Sta tranquillo è una pratica molto diffusa. Anche molti dei miei fratelli la usano. La vita a Troia è molto costosa. L’importante, però, insisto, è non esagerare”. Passarono alcuni minuti in silenzio, per dare il tempo al ragazzo di valutare appieno quello che aveva sentito. Però Eleno ritenne di aggiungere ancora qualcosa. Con un’espressione molto seria, disse ad Ilario:”Nella tua attività, non fare credito a nessuno. Mai! Se i tuoi clienti non onorano il primo ordine, non servirli più. Magari dì loro che questo è una direttiva di Priamo. La gente non sa quali siano veramente i tuoi accordi con lui e nessuno insisterà. Credimi, certi clienti è meglio perderli che trovarli e qui, a corte, di quelli ce sono diversi e, comunque, sapendo che sei nuovo nel commercio, tenteranno di tastarti il polso. Quindi, se vuoi il mio consiglio, fai trattare queste cose a Crino, che ha una dote innata per quel tipo di attività. Hai questa fortuna con lei e tu, quindi, sarai libero di concentrarti sul tuo lavoro. Per tutti gli dei, diventerai ricchissimo!”. Risero tutti allegramente ma Ilario percepì comunque una piccola crepa in quel discorso. Lui, infatti non voleva diventare ricchissimo, lui voleva tornare a casa. Inoltre un altro pensiero lo tormentava. Cosa sarebbe successo con Crino? Poteva lui aspettarsi qualche sviluppo ufficiale nel loro rapporto o lei sarebbe stata sempre considerata al di là della sua portata? Anche la ragazza sembrava esitare circa il modo di procedere per ufficializzare il suo rapporto con il suo socio. Sapeva di avere buone carte in mano ma doveva giocarle bene. Teano non era un’ingenua e odiava essere sopraffatta ed era proprio quello che era accaduto in quell’occasione. Poi, però, il destino fece precipitare la situazione. Verso la fine dell’inverno, si sparse la voce che nel campo greco fosse scoppiata la peste. Una prima reazione di soddisfazione dei Troiani si trasformò in allarme quando , circa quindici giorni dopo, la malattia iniziò a manifestarsi anche nella periferia della città. Crino approfittò per forzare la mano ai suoi genitori, insistendo perché il ragazzo fosse ospitato in casa loro per portarlo al sicuro, all’interno della cittadella. Inoltre disse chiaro e tondo che i due si amavano e che si sarebbero comunque sposati, con o senza l’approvazione della famiglia. Praticamente, uno scandalo. Inutile dire che la ebbe vinta. Quando Ilario, all’oscuro di tutto, seppe cosa l’aspettava, si sentì come se gli fosse passato sopra una carro carico di pietre. Doveva affrontare Teano e Antenore, insieme, a cui la ragazza aveva comunicato di volerlo sposare. Alla fine, senza via di uscita, si fece coraggio. Con il cuore in gola, si presentò alla casa di Antenore e fu ricevuto  nella sala principale. La ragazza lo accompagnava tenendolo sotto il braccio mentre lui procedeva, veramente preoccupato, quasi trascinando i piedi, quasi fosse un condannato. Crino lo guardava sorridendo, assicurandolo che aveva sistemato tutto lei e che quindi stesse tranquillo.  Ilario si rese conto che ormai quella ragazza lo controllava totalmente, in tutto e per tutto. Per ora andava tutto bene ma cosa sarebbe successo se un giorno, anche per un banale motivo, avessero litigato? Preferiva non pensarci. I due padroni di casa lo attendevano in fondo alla sala, seduti su due pesanti sedioni realizzati in legno dorato, con intarsi e disegni. La loro espressione era indecifrabile. Quando i due ragazzi furono a circa una quindicina di metri dai padroni di casa, Crino lo lasciò, gli dette un bacio su una guancia, gli rammentò che era tutto sistemato, gli fece gli auguri e lo lasciò solo, uscendo dalla sala. I due continuarono ad osservarlo con sguardo freddo e distaccato, quindi il ragazzo decise che era il momento di dire qualcosa. “Io, - iniziò..”. Ma subito Teano sollevò un braccio e, con il dito alzato gli fece cenno di tacere. “Già prima che tu arrivassi, sapevo attraverso un oracolo, che tu avresti portato grandi sconvolgimenti all’interno della nostra famiglia. Per questo ti ho accolto malamente e ho cercato in tutti i modi di farti desistere dalla tua missione. Poi, quando ti ho visto, ho capito subito che eri solo stato coinvolto in un gioco più grande di te. E’ stato difficile accettarlo perché il tuo sedicente schiavo, era veramente un’anima nera, un malvagio, anche se ravveduto, a quel che avevo saputo. Sempre che una persona del genere si possa ravvedere. – Si voltò verso il marito che però rimase impassibile . Quindi continuò – Sappiamo perché sei qui. Un semplice, rozzo, isolano greco che chiede la mano di mia figlia. Crino è la figlia di un re, Amico, re dei Berbrici. Un re.. – abbassò un attimo lo sguardo come a ricordare qualcosa di triste e lontano – un sovrano che rischia tutto il trono, la famiglia, il regno solo per farsi bello in una rissa e si fa ammazzare come l’ultimo dei miserabili. Avevo tre figli e sono dovuta fuggire per salvare la loro vita. Senza nulla, senza risorse. Mia sorella Ecuba mi ha dato ricovero qui a Troia e mio marito, questo uomo speciale, mi ha ridato una famiglia ed il rispetto…. Uomini..”. Ilario ascoltava quel discorso dal tono così inatteso, chiedendosi dove volesse andare a parare quella donna. Mentre Antenore continuava a tacere Teano riprese il discorso:”Mia figlia ha molto sofferto ed io, costretta a lottare con le unghie e con i denti, per salvare il salvabile, sono stata dura con tutti, specie con lei, per via del suo carattere. Il fratello maggiore, Mimante, si è integrato in fretta nell’esercito ma Crino ha una posizione molto delicata. Non è una nobile ma non è nemmeno del popolo. Una condizione difficile in una città come questa. Ribelle fino in fondo, piuttosto che accettare compromessi, ha deciso di dedicarsi al tempio, sorte assolutamente inadatta a lei. Alla fine avrebbe ceduto, accettando di sposare magari un ricco bottegaio trafficone e volgare. Poi sei arrivato tu”. La donna a questo punto si alzò e lentamente si accostò al ragazzo sempre più incerto per la sorte che lo attendeva per la sua apparente sfrontatezza. Teano portò il proprio volto a pochi centimetri da quello di Ilario che a questo punto si spaventò davvero. Per fortuna che Crino gli aveva assicurato che sarebbe andato tutto bene. “Ascoltami bene – sussurrò la donna facendo in modo che il marito non potesse sentire – Per quello che sai su di me e per quello che ho fatto, sei per me la persona più pericolosa qui in città ed io avrei tutto l’interesse a farti sparire ma, in qualche modo so che non mi tradirai. Per la mia vendetta, dovrò attendere. – Poi si allontanò e, con voce più alta , riprese – mia figlia si è innamorata di te ed io questo lo devo accettare. Ma tu, sei innamorato di lei? Chi mi assicura che non la farai soffrire?”. A quel punto Ilario trovò il coraggio di parlare. “Io sono veramente innamorato di Crino ma non osavo confessarlo per la mia condizione e, tutt’ora, non so come potrebbe essere vista questa storia, specie a corte”.”Oh – obiettò la donna in tono quasi canzonatorio – Tu pensi che in un ambiente come quello della corte, non sia già trapelato qualcosa di voi due? Con le principesse che frequentano il vostro laboratorio! Ma stai tranquillo, finchè fornirai a Priamo ciò che desidera, avrai la sua benedizione. Il re – e qui si girò a guardare il marito in modo molto eloquente – è molto generoso con la roba degli altri e disposto a chiudere un occhio quando gli conviene – E qui Antenore strinse i braccioli del sedione con maggiore forza, come se fosse stato toccato un punto per lui molto dolente – Quindi - concluse Teano – la vuoi? Allora prenditela e siate felici. Ma sappi che io continuo a tenerti d’occhio. Ed ora, per i dettagli, ti lascio con mio marito”. Detto questo, senza dare tempo al ragazzo di replicare si voltò e, veloce, uscì dalla stanza. Ilario, dall’espressione dell’anziano non si aspettava nulla di buono, il consigliere del re! Che non sembrava affatto contento della situazione. Ma appena la moglie uscì dalla stanza, l’uomo cambiò totalmente espressione, mostrando un inatteso atteggiamento amichevole. Si alzò in piedi e si avvicinò al ragazzo, mettendogli una mano sulla spalla. “Ilario – gli disse con un largo sorriso – sei una sorpresa inaspettata. No ho mai visto mia moglie cedere in questo modo. Quindi, che posso dire io? D’altronde Crino non è figlia mia, anche se io le voglio bene come se lo fosse. Naturalmente ho preso informazioni su di te e, quello che mi ha maggiormente colpito, è che nessuno ha potuto dire nulla di cattivo. Incredibile! Quindi, ti dico, benvenuto in famiglia. Hai ufficialmente il nostro consenso anche perché, sotto tutti i punti di vista, l’unione è socialmente opportuna. Ora, va e raggiungi la tua bella che ha ascoltato tutto dietro quella tenda, sperando che non me ne accorgessi. Per i dettagli del matrimonio, dai retta a me. Lascia che se ne occupino le donne perché sono le più esperte e, anche perché, alla fine, si fa sempre quello che dicono loro”. Detto questo, anche lui lasciò la stanza. Il resto avvenne tutto in fretta. Evidentemente Crino aveva cominciato a muoversi per tempo. Apparentemente la notizia del fidanzamento sembrò non cogliere nessuno di sorpresa, anche perché nella corte, certe voci già circolavano da un po’, grazie a qualcuno molto abile in queste cose. Il re, grazie ai contatti con Antenore, prese la cosa con allegria, e volle dare la sua benedizione ai due ragazzi. Ricevette la coppia durante una giornata di udienza e ridendo disse ad Ilario che i Troiani gli dovevano essere grati due volte. La prima per il lavoro che stava svolgendo per la comunità e la seconda per essersi preso la ragazza più scorbutica della città e, perciò, gli faceva i suoi migliori auguri. Il ragazzo sentì la mano di Crino che stringeva nella sua, farsi gelida e rigida e temette una reazione inopportuna ma la ragazza invece mantenne il controllo mostrando un sorriso tirato che conservò fino al momento del congedo. Anche Ecuba aveva espresso il suo consenso mentre , invece, qualcuno, alle spalle della coppia reale, ebbe qualcosa da ridire, come ad esempio Deifobo che parlò di approfittatore e parassita greco. Anche Elena si fece avanti congratulandosi con la coppia, con la quale ormai aveva buoni rapporti mentre Paride rimaneva indifferente, quasi che la cosa non lo interessasse affatto. Crino ringraziò e si sbrigò a portare via il suo fidanzato, sia per le parole offensive percepite, sia per un pizzico di gelosia a causa del bellissimo sorriso di Elena. Chi rimase molto male fu Dione la quale, molto bella e molto dolce, fino all’ultimo, sperava di poter strappare Ilario a Crino ma, in realtà, senza alcuna speranza perché lei era comunque una principessa reale. Comunque, dopo il fidanzamento ufficiale, la ragazza smise per sempre di frequentare il laboratorio della filanda. Il ragazzo era anche preoccupato per come la sua famiglia avrebbe reagito a quello stato di cose. Però lui non aveva alcun modo per contattarli così come non era mai riuscito ad avere loro notizie. Era comunque la sua famiglia che l’aveva messo in quella situazione e, quindi, alla fine, avrebbero dovuto accettare le cose come stavano. Ciò che maggiormente contava, era che lui e la sua fidanzata, si amavano profondamente. Per conoscere la sua condizione finanziaria, in particolare per le parole di Deifobo che ancora gli bruciavano, chiese a Crino che gli spiegasse come stavano le cose. La ragazza non si fece pregare e, con documenti e ricevute, mostrò come, grazie particolarmente agli investimenti effettuati, aveva guadagnato somme ingenti ed in più beneficiava dell’appannaggio reale. In altre parole, grazie al suo lavoro e con solo un piccolo aiuto, era diventato ricco, nel giro di sette, otto mesi. Queste erano le opportunità che quella città, offriva a coloro che la sapevano ‘servire’. Le nozze si tennero a gennaio in un giorno di plenilunio, per ottenere il massimo favore degli dei, secondo la tradizione. Poiché mancavano i genitori dello sposo, che in una cerimonia di quel genere ricoprivano un ruolo di grande importanza,  Eleno si offrì volontario per rappresentarli. Il rito fui celebrato nella casa di Antenore mentre Teano, in qualità di grande sacerdotessa , officiò il rito iniziale dedicato a Zeus e ad Era, quindi procedette al sacrificio in onore di Artemide e di Ilizia, protettrice delle partorienti. Seguì un fastoso e lauto pranzo. Tutti gli invitati  appartenevano ad una cerchia di amici piuttosto stretta. Crino era stata molto determinata nella selezione e Ilario non aveva avuto nulla da ridire. Anche i genitori di lei, conoscendola , non avevano insistito. Alla fine, dopo che tutti ebbero augurato agli sposi una vita felice e prospera,  si formò il tradizionale corteo che accompagnò con canti e musica la coppia alla casa coniugale. Crino aveva fatto arredare il piano superiore del laboratorio per l’occasione, trasformandolo in un elegantissimo alloggio, completo di tutto, compresa l’acqua corrente. Mentre tutti gli altri restavano in strada a cantare, le persone più vicine alla coppia salirono in casa e lì, Eleno celebrò il rituale del ‘fuoco sacro’ che era stato acceso nel salone. Poi, finalmente, gli sposi vennero lasciati soli. La mattina seguente, il ragazzo, svegliandosi, si trovò tra le braccia Crino che ancora dormiva con un’espressione serena che non gli aveva mai visto. Era bellissima, più del solito. Non era stato un sogno, allora. Era tutto vero. Un ragazzo di sedici anni arriva a Troia da un’isoletta sperduta. Rischia la vita, viene quasi ucciso, si innamora della ragazza più bella della città ed ora è sposato con la figlia della grande sacerdotessa di Atena e del consigliere del re. Ha un ottimo lavoro e tanto danaro. Sembrava una favola. Una di quelle troppo belle per essere vere. E infatti c’era un lato oscuro. Il suo compagno era stato ucciso. I Greci gli avevano impedito di tornare dalla sua famiglia e non sapeva quando questo sarebbe potuto accadere, visto che non  erano partiti e occupavano tutt’ora il porto. Teano sembrava essersi arresa ma restava una donna pericolosa e doveva stare in guardia. In quella la ragazza si svegliò e, stirandosi, gli fece un profondo sorriso. Appariva raggiante. Si abbracciarono di nuovo e di nuovo l’amore ebbe la meglio. Si svegliarono appena in tempo per prepararsi e raggiungere la casa dei genitori di lei dove erano già attesi per il banchetto previsto per la consegna dei doni di nozze. Furono tutti graditi e nella maggioranza, per espressa volontà degli sposi riguardavano l’arredamento della loro nuova casa. Il re aveva fatto pervenire la usuale coppia di collane d’oro con il pendaglio raffigurante una civetta. Non era tanto il regalo in se ad essere importante, seppure di discreto valore, ma  esso indicava che la coppia era gradita al sovrano e questo a Troia era molto importante perché, chi lo portava, godeva di notevoli vantaggi anche semplicemente nella vita di tutti i giorni. Il banchetto si protrasse piacevolmente fino a notte fonda. Il padrone di casa si dimostrò un ottimo anfitrione ed Eleno non fu da meno. Solo Teano stava un poco sule sue ma al momento dei saluti, approfittando della confusione, afferrò Ilario per una spalla e lo trascinò senza complimenti dietro un tendaggio al riparo dalla vista dei presenti. Avvicinò il viso a quello del ragazzo e fissandolo con il suo sguardo di fuoco che egli ben ricordava, gli sussurrò all’orecchio, con tono aspro e perentorio:”Sbrigati a darmi un nipote! Hai capito?”. Ilario che, all’inizio,  si era veramente spaventato sapendo che quella donna era capace di tutto, non potè far altro che annuire vigorosamente per far capire che aveva inteso il messaggio. Teano lo fissò ancora per qualche istante poi, così come lo aveva afferrato, lo lasciò andare e scomparve. La moglie lo trovò ancora così, appoggiato alla parete che cercava ancora di riprendersi dallo stato di apprensione che aveva provato ma alle sue domande il ragazzo rispose che si stava riprendendo dall’aver forse bevuto troppo. Si chiedeva in realtà se la suocera fosse così brusca e diretta con tutti o se non fosse capace anche di qualche gesto gentile. Crino lo osservò con uno sguardo dubbioso ma, comunque, non fece ulteriori domande. Nella nuova casa, la vita scorreva piuttosto tranquilla. Ilario, diviso fra la filanda ed il laboratorio e Crino, rivelata la sua abilità nella funzione di sarta, curava anche la parte commerciale dell’attività, con grande abilità, consigliata di quando in quando anche dal patrigno. Il laboratorio era diventato meta di personaggi illustri, in cerca del capo di abbigliamento speciale, dell’arredo particolare e tutti, nelle sapienti mani di Crino, accettavano di pagare il giusto nei tempio previsti. Seguendo il consiglio di Eleno, avevano eliminato dalla loro clientela tutti coloro che non avevano onorato i loro debiti. La cosa si era naturalmente saputa in giro e tutti coloro che volevano mantenere a corte un certo tono, pagavano puntualmente. Fra le clienti di Ilario aveva continuato a frequentare l’attività Elena, che veniva sempre accompagnata dalla principessa Elidia, una delle pochissime figlie di Priamo che le erano diventate amiche. Ad Elena piaceva molto indossare abiti drappeggiati e in questo chiedeva sempre di essere aiutata e consigliata dal ragazzo in quanto, a seconda del tessuto, erano possibili diverse variazioni. Ilario, all’inizio molto in imbarazzo per l’atteggiamento estremamente spregiudicato della principessa, alla fine, si era abituato e agiva con distacco ma sempre con grande competenza. Crino, naturalmente, nutriva una sana gelosia nei confronti di Elena, malgrado il marito non gli avesse mai dato motivo di dubitare di lui. I rapporti con la famiglia di Antenore erano ottimi, tanto che la coppia era spesso invitata a cena e in tale occasione Teano cercava sempre di sapere con insistenza se ci fossero novità. Ricevendo risposta negativa, mostrava tutta la sua delusione e guardava il genero in tralice, come se fosse tutta colpa sua. In casa, il ragazzo aveva occasione di incontrare spesso anche i figli di Antenore e aveva stretto con loro un buon rapporto. Non aveva invece mai conosciuto né incontrato Mimante, figlio maggiore di Teano poiché questi, essendo divenuto amico inseparabile di Paride, ritenuto responsabile da Teano della morte del piccolo Anteo, era stato praticamente cacciato di casa dalla madre.

                                                                                  Cap VII^

All’inizio di aprile, nel campo greco si cominciò a notare un’attività insolita. La convinzione dei Troiani era che i Greci, dopo aver sopportato un inverno rigidissimo sotto le tende, considerata anche l’impossibilità di violare le mura della città,  avessero deciso di tornarsene a casa con la coda fra le gambe. Ma una sera, verso la metà del mese,  Antenore giunse a casa sua tardi, mentre la famiglia riunita stava già cenando. Non era la prima volta che accadeva perché, visto il suo incarico, era frequente che il re lo trattenesse per qualcosa di importante. L’uomo anziano si sedette a tavola senza una parola con una espressione grave sul volto poi si versò da bere e, lentamente, svuotò il bicchiere. Gli altri lo osservavano tutti in silenzio perché era chiaro che qualcosa lo turbava.  Alla fine, l’uomo disse con tono grave:”I Greci non se ne vanno. Hanno intenzione di restare”.”Come lo sai? – chiese Teano – Ne sei certo?”.”Purtroppo si.  Le notizie sono giunte questa sera a Priamo e sono confermate da tutte le nostre spie al campo greco”.”Abbiamo delle spie nel campo greco? – chiese ingenuamente Ilario. “Certo – rispose pazientemente Antenore – e anche parecchie. Ma anche I Greci hanno molte spie qui a Troia. Chi credi che abbia portato il contagio qui in città?”.”Ma sappiamo chi sono? – insistette il ragazzo. “Alcuni si, ma purtroppo non tutti”.”Ma cosa restano a fare se la loro campagna, vista la situazione, è senza speranza ? – chiese Teano. “Purtroppo – rispose il marito – ci sono degli elementi che hanno un gran peso sulle loro decisioni. Il primo è che Agamennone, per convincere i re alleati che lo accompagnano, si è esposto molto e, se ora rinunciasse, perderebbe la faccia e la stima di tutti, con gravi conseguenze. Ma purtroppo c’è ben altro – aggiunse Antenore – Ed è qualcosa che i Greci non hanno piacere che si sappia. E’ un fatto gravissimo, amaro e assolutamente indecoroso, a mio avviso”.”E di che si tratta, quindi? – chiese la moglie stupita. Antenore rifiutò il piatto che intanto uno degli schiavi gli aveva portato in tavola, ma bevve un altro bicchiere di vino e poi riprese con tono grave:”Era importante che la flotta greca si riunisse in segreto per sorprenderci ed infatti così è avvenuto. Per ottenere questo, era stata radunata di nascosto nel golfo della penisola Eubea, in una terra chiamata Aulide. Al momento della partenza, però, il vento cadde e poi iniziò a soffiare in modo costante verso la terra ferma. Prima, piano, ma poi sempre più impetuoso, tanto da impedire alle navi di salpare. Non era mai successa una cosa del genere ed era chiaro, ormai, che c’era di mezzo l’operato degli dei. A quel punto Agamennone ha convocato Calcante, che si era messo al suo servizio”.”Calcante! Quell’uomo infido, quel traditore! – intervenne Teano. “Calcante era uno dei sacerdoti veggenti di Apollo, assieme a mia madre e ad Eleno qui a Troia – spiegò Crino al marito - ed ora si è messo al servizio dei nostri nemici”.”Sono sicura che è qui, al campo greco che consiglia Agamennone contro di noi! – aggiunse Teano con rabbia”. “Il punto è – riprese Antenore – che l’indovino rivelò che Agamennone, senza pensare alla conseguenze, aveva ucciso, durante una battuta di caccia, la cerva sacra della dea Artemide e se ne era anche vantato. Ora la dea, ritenendosi gravemente offesa, pretendeva una pesante riparazione, altrimenti avrebbe impedito per sempre alla flotta di salpare. E la riparazione era terribile. Il re greco avrebbe dovuto sacrificare alla dea ciò a cui teneva di più, ossia sua figlia Ifigenia. Naturalmente Agamennone, inorridito per la richiesta, rifiutò. A quel punto, le cose iniziarono a peggiorare, con pesanti mareggiate, che mettevano a rischio le navi perfino in porto. La flotta minacciò di ribellarsi, mettendosi agli ordini di Palamede, re di Eubea.  Agamennone non ebbe scelta. Si fece raggiungere dalla figlia, ingannandola con la scusa che Achille, totalmente inconsapevole del piano, la voleva sposare, e poi, quando lei giunse, la fece uccidere, sacrificandola alla dea”.”Ma è terribile! – esclamò Crino – come si può uccidere una figlia in questo modo?”.”La bramosia del potere, l’ambizione, un malinteso senso dell‘onore – rispose Antenore – Ora capite perché non può rinunciare all’impresa. Sarebbe come ammettere di aver ucciso la figlia per nulla. Inoltre ora deve difendersi sia dall’odio della moglie Clitennestra sia dallo sdegno di Achille, il cui nome era stato usato per tessere l’inganno”.”Che storia terribile – commentò Ilario molto colpito. Lui, era molto sorpreso, pensando che da persona semplice e giovane ora, per un capriccio del destino era seduto alla tavola di alcuni personaggi fra i più influenti della città a sentir parlare di queste figure che, per lui, fino a qualche tempo prima aveva ritenuto quasi mitiche. E loro lo ascoltavano quando parlava e rispondevano alle sue domande. Verso la metà di giugno, I Greci iniziarono a rimettere in acqua alcune navi che per l’inverno erano state tirate tutte in secca. Nel giro di pochi giorni metà dell’esercito greco aveva lasciato la spiaggia. Vi fu una grande festa in città. I Greci avevano capito che non avrebbero mai potuto vincere ed avevano cominciato ad abbandonare il loro re. Quando il ragazzo, dopo pochi giorni, incontrò Eleno, questi gli disse che purtroppo i vaticini non avevano dato l’esito sperato. Qualcosa non andava. Inoltre il giovane principe raccontò anche che Enea aveva cercato in tutti i modi di farsi affidare il comando dell’esercito per attaccare i Greci che, così ridotti di numero, sarebbero stati di certo facilmente sconfitti.  Priamo, però, sentito anche il parere negativo di Ettore, rifiutò, sostenendo che tanto la situazione si stava risolvendo da sola e che, quindi, non avrebbe avuto senso far morire altri Troiani in una battaglia inutile. Enea, furioso aveva abbandonato la reggia con tutto il suo seguito, dopo aver detto al re che l’alleanza con i Dardani era finita. Ilario ora, più che mai, stava pensando di poter tornare finalmente a casa. Mentre disponeva per i preparativi, venne convocato presso l’ufficio di un  funzionario di basso livello che si occupava di controlli sulle tasse che dovevano pagare i commercianti della città. Il ragazzo si recò presso l’interessato, sicuro che ci fosse stato un errore perché, nella sua particolare condizione era stato esentato dal pagamento di ogni tassa e gabella. Il funzionario, di nome Assim, ascoltò le sue ragioni con pazienza ma alla fine del discorso, rispose:”So benissimo che tu sei esente dalle tasse. Non è per quello che ti ho mandato a chiamare – Si alzò dalla sua sedia e si affacciò alla porta, per assicurarsi che nessuno fosse nelle vicinanze e potesse ascoltare. Poi, dopo una breve pausa, come per raccogliere le idee, riprese – Tu sei qui perché, da fonte sicura, so che hai carpito uno dei segreti commerciali più protetti dalla città, tramando con un’alta personalità che ha tradito la sua patria”. Detto questo, rimase semplicemente a fissarlo, in attesa di una sua reazione. Ilario che non si aspettava assolutamente una cosa del genere, si sentì gelare il sangue nelle vene. Era perduto e forse Teano con lui. Non gli restava che negare. Ma appena tentò di farlo, mostrando grande indignazione per l’accusa ricevuta, l’altro gli disse sereno ma deciso: “Inutile negare. Ho le prove di quanto dico e posso dimostrarlo. Per un reato simile, per te, è morte sicura . Per l’altra persona, certamente prigionia e forse morte, anche per lei. I vostri averi confiscati e le famiglie esiliate o messe in schiavitù”. Un baratro si aprì sotto le gambe di Ilario che terrorizzato, non sapeva come reagire. Fu l’altro a proseguire il discorso con toni molto rassicuranti. “Ma stai tranquillo. Io sono una persona ragionevole. Se ti denunciassi, per un fatto di questa rilevanza, qualcun altro si prenderebbe il merito della scoperta, come succede sempre, ed io? Che ci guadagnerei? Quindi, vediamo di guadagnarci tutti e due. Tu, continui la tua vita felice ed agiata con la tua mogliettina ed il tuo fantastico lavoro ed io, tutti i mesi, mi vedrò recapitare una entrata extra che mi garantirà un tenore di vita più agiato, tutto qui”.”E a quanto ammonterebbe questa entrata extra? – chiese il ragazzo che si stava riprendendo dallo shock e stava riflettendo sulle varie possibilità per uscire al meglio da quella vicenda. “Oh, niente di che – rispose l’altro mettendosi a sedere davanti a lui, in modo da poter parlare a bassa voce – Una cifra ragionevole, tale che potrai detrarla dal bilancio della tua attività, senza che nessuno se ne accorga. Io non ti voglio strangolare, voglio solo vivere meglio”.”E che mi dice che non mi tradirai lo stesso o che la cifra non salirà nel tempo?”.”Vedi, - rispose Assim – io conto che questa storia rimanga più riservata possibile, anche perché, so bene che, se l’altra persona coinvolta in questa faccenda sapesse di me, io scomparirei in un batter d’occhio, così come è accaduto più volte ad altri in passato, anche se questo dovesse significare la vostra rovina perché ti assicuro che, naturalmente, mi sono tutelato in tal senso. Se mi accadesse qualcosa infatti, qualcuno è incaricato di consegnare a chi di dovere, le prove che dimostrano la vostra colpevolezza”. A quel punto, l’uomo descrisse a Ilario tutta la procedura per il pagamento di quella che egli descrisse come una ragionevole tassa sui notevoli guadagni del ragazzo il quale non potè che accettare, almeno per il momento, incerto se avesse fatto un buon affare o no. Purtroppo, però, prima di congedarlo, Assim gli assestò il colpo peggiore. “Naturalmente, non dovrai lasciare la città. Se lo farai, o anche tenterai di farlo, ti denuncerò immediatamente, con le conseguenze che sai. Qualcuno, a te molto vicino, ti sorveglia continuamente ed io sarò avvertito immediatamente. Inoltre, finchè sarai qui, il segreto che hai carpito, sarà al sicuro e nessuno avrà problemi. E ora vai e, mi raccomando, puntuale con il primo pagamento!”. Ilario si ritrovò per strada, incerto, chiedendosi se se l’era cavata oppure no. Per ora la cosa si sarebbe risolta con una cifra ragionevole ma per sempre. E poi ci sarebbe stata la questione di non poter abbandonare la città e, per sempre, anche questo. Era una condizione terribile e poi come l’avrebbe giustificata con gli altri che sapevano del suo desiderio di tornare a casa, almeno per una visita ai suoi cari? E avrebbe dovuto parlare con Crino per confessarle come stavano le cose? Era una bella serie di problemi. Comunque, per ora, il ragazzo decise di tenere tutto per sè. Se le cose fossero andate come prospettato da Assim, lui le avrebbe potute gestire. La  soluzione almeno ad uno dei suoi problemi, venne fuori inaspettatamente e all’improvviso. All’inizio di luglio, infatti, Crino gli disse che la famiglia sarebbe cresciuta. Il ragazzo prese la notizia con felicità ed entusiasmo, anche se con qualche dubbio. Sarebbe stato lui, che ancora si sentiva un ragazzino, capace di fare il padre? Quando Teano seppe della notizia fu naturalmente felicissima e da quel momento iniziò a frequentare la casa degli sposi con una certa assiduità, come se volesse controllare l’andamento delle cose. Naturalmente, la figlia cercò di farle notare che quella presenza poteva risultare ingombrante ma non ci fu nulla da fare. Ilario sfruttò l’occasione per dire che, con la moglie incinta, non se la sentiva di mettersi in viaggio, non sapendo per quanto tempo sarebbe stato via e la cosa risultò plausibile. All’inizio di agosto, dei mercanti che provenivano dalla Licia, portarono in città cattive notizie. I Greci che avevano lasciato la spiaggia davanti a Troia, non avevano abbandonato la battaglia ma avevano semplicemente cambiato strategia. Risalendo con le loro navi per l’Ellesponto,   avevano raggiunto i paesi degli alleati di Priamo e avevano cominciato a minacciare e conquistare alcune delle loro città costiere. Il contingente era guidato da Achille ed aveva stabilito la sua base a terra nella città di Asso, nella terra di Zelea dopo averla conquistata. Questo, per Troia, cambiava le cose in modo significativo perché voleva dire che, gli alleati di Priamo, avrebbero dovuto pensare a difendere i loro territori e, pertanto, gli aiuti promessi, non sarebbero stati inviati. Si venne anche a sapere che il corpo di spedizione, riforniva il campo greco davanti alla città, di cibarie, bottino e schiavi provenienti dalle città conquistate. E dopo un po’ di tempo i Greci, dalle loro nuove posizioni lungo l’Ellesponto, iniziarono anche ad intascare  i diritti sul passaggio dei commercianti che prima andavano invece alla città di Troia. Ciò iniziò a intaccare, seppure in modo non determinante, i guadagni della città che, comunque, ancora prosperava grazie ad  un florido commercio con l’entroterra. Quando nacque il figlio di Ilario, un bel maschietto, non ci furono dubbi sul nome che avrebbe avuto. Fu Teano a deciderlo, senza accettare discussioni. Pertanto fu chiamato Anteo, come il bambino perduto dalla sacerdotessa. Il ragazzo, in realtà, avrebbe voluto avere voce in capitolo ma, sia la moglie che il buon senso, lo fecero desistere. Teano, fin da subito, si dimostrò una nonna presente e premurosa, anche eccessivamente, dando a vedere, talvolta, addirittura che la coppia dei genitori era di troppo. Anche Antenore notò il cambiamento nella moglie, riprendendola per il suo comportamento quasi morboso nei confronti del nipote, con l’effetto che la donna limitò, ma solo parzialmente, le sue attenzioni nei confronti del bambino. Anche se il tempo trascorreva abbastanza serenamente, senza che ci fossero grandi cambiamenti, era innegabile che la presenza dei Greci aveva una pesante influenza sull’umore dei cittadini. Era come se gli invasori attendessero un minimo errore da parte dei Troiani per piombare loro addosso. Il campo si era trasformato quasi in una cittadella con parecchie case di pietra e la residenza di Agamennone, aveva le sembianze di un vero palazzo. Ettore partì più volte in missione per ricordare agli alleati gli impegni presi nei confronti di Priamo ma questi risultavano troppo spaventati per privarsi anche di un solo soldato e, inoltre, temevano la vendetta di Achille che per il momento si era limitato solo alla conquista delle città poste sulla costa. Ora, come conseguenza di ciò, i Greci potevano importare liberamente quasi tutto quello di cui avevano bisogno e riscuotere tutte le tasse al posto dei Troiani. Le cose proseguirono così per altri sei lunghi anni. La città era comunque sopravvissuta grazie ai suoi ricchi e continui commerci ma aveva perduto il suo iniziale splendore. Il mercato era sempre ben fornito ma le merci non erano più di prima qualità. Il danaro cominciava a circolare in minore quantità. Il laboratorio di Ilario guadagnava meno rispetto ai tempi degli inizi. Invece andava sempre bene l’attività presso la filanda, i cui prodotti, di qualità  eccellente, venivano sempre più richiesti dai mercati stranieri. Priamo era stato così contento del suo lavoro che gli aveva aumentato sensibilmente il compenso che sua moglie Crino, con sapienti investimenti, faceva fruttare al meglio. Ilario però era sempre più inquieto. Aveva una bella moglie innamorata, un bambino sveglio e sano che ormai aveva quasi sette anni, i suoi suoceri erano molto gentili con lui e perfino Teano sembrava cambiata, quasi completamente assorbita dalle cure per il nipote. La faccenda di Assim lo turbava profondamente. Finora era andato tutto bene ma, se a quell’uomo fosse capitato qualcosa, la faccenda sarebbe venuta alla luce. Non poteva stare tranquillo. In tutto quel periodo non era riuscito a sapere nulla della sua famiglia. A volte aveva difficoltà perfino a ricordare i loro visi e l’unico legame che conservava con la sua isola, era la catenina che la madre gli aveva regalato prima che partisse. Passava a volte del tempo assorto nei ricordi, stringendo in mano quell’oggetto diventato per lui preziosissimo, al punto che non se ne separava mai. Inoltre, alla fine, aveva dovuto confessare alla moglie la faccenda del ricatto. La ragazza infatti non capiva perché il marito avesse rinunciato così all’improvviso al desiderio di tornare a casa, seppure per poco tempo, e inoltre aveva notato qualcosa nei conti che non tornava e iniziò a sospettare che ci fosse di mezzo un’altra donna. Messo alle strette, Ilario aveva dovuto raccontare alla moglie tutta la faccenda del ricatto e delle condizioni. Crino da una parte tirò un sospiro di sollievo ma subito dopo si rese conto che la situazione era seria. Concordò con il marito che, visto come stavano le cose, gli era convenuto accettare e gli consigliò di lasciare tutto come stava, in attesa che lei cercasse di scoprire come si era potuta realizzare quella situazione, ossia quale potesse essere stata la fonte delle informazioni. Non approdò a nulla. L’unica soluzione che le venne in mente, non era possibile e quindi non la considerò. Alla fine la gente della città sembrò abituarsi alla presenza dei Greci sulla spiaggia. Ettore, preso ormai atto che nessuno degli alleati, malgrado le loro promesse, avrebbe aiutato la città, non se la sentiva di rischiare i suoi uomini in battaglia e Priamo era perfettamente d’accordo con lui. Alla fine, i Greci avrebbero capito che la loro missione non aveva speranza. La città non poteva essere conquistata. A parte la robustezza delle mura, i Troiani basavano la loro sicurezza su un altro importante elemento. Nel tempio di Atena, infatti, al centro della cittadella, era conservata una statua lignea delle dea, chiamata Palladio e affidata alla custodia dei sacerdoti del tempio. Un’antica profezia diceva che finchè il Palladio fosse stato conservato all’interno delle mura, nessuno avrebbe mai potuto conquistare la città. Era per questo che il tempio era sempre sorvegliato da un nutrito contingente di soldati scelti con maggior cura, perfino di quelli che proteggevano il  palazzo reale. Ilario ormai era diventato un ricco e stimato rappresentante della società Troiana. Era ben introdotto in molti ambienti che contavano e, grazie ai suoi contatti, era riuscito a fare accettare il figlio alla scuola riservata ai membri della corte. D’altronde il piccolo Anteo imparava bene e in fretta. Purtroppo, apparentemente, era più attratto dall’uso delle armi che dallo studio. La nonna, ricordando che aveva perduto il figlio proprio a causa di un incidente provocato da un’arma giocattolo, non voleva nemmeno sentirne parlare e faceva di tutto per distogliere l’attenzione del nipote da quell’attività. Nel corso degli anni, Ilario aveva a lungo rimuginato sulla faccenda di Assim perché non riusciva a capire chi lo avesse voluto tradire ma senza rovinare né lui, né la suocera. Alla fine, un dubbio si fece strada nella sua mente e così, invece di versare la cifra pattuita allo schiavo che passava puntualmente a ritirarla, decise di fare lui stesso la consegna nell’ufficio del funzionario. In realtà, era andato, deciso a farsi dire la verità. E alla fine era riuscito ad essere molto convincente, pur senza usare eccessivamente la violenza. Assim parlò con una certa facilità. Quello che Ilario seppe, da una parte lo risollevò notevolmente ma, al tempo stesso, gli procurò una rabbia profonda. Intimò al funzionario di tacere su quell’episodio e gli disse che tutto doveva restare come era. Lui avrebbe continuato a pagare puntualmente. Quando uscì dall’ufficio, aveva deciso che non avrebbe informato la moglie di quanto aveva scoperto, almeno per il momento, finchè non avesse ritenuto opportuno farlo. Ilario intanto non aveva  dimenticato i vecchi amici, Trofim ed il fratello e si recava spesso alla fattoria fuori delle mura, alla porta Dardanica per poter chiacchierare in libertà e per conoscere le novità della città dal punto di vista della gente comune. Pochi giorni dopo la sua scoperta, si recò di nuovo in visita dai suoi amici ma questa volta chiese loro se per caso ci fosse una possibilità di lasciare Troia, imbarcandosi in un porto più o meno vicino. Trofim disse che non era così facile. Finchè si trattava di muoversi verso l’interno del paese, non c’erano grossi problemi ma se si voleva andare verso ovest le cose si complicavano perché tutti i trasporti in quella direzione erano ormai praticamente in mano ai Greci. La delusione di Ilario fu forte ma fu inaspettatamente distolto dal suo malumore perché, all’improvviso, si sentirono squillare le trombe con le quali le vedette in cima alle mura, segnalavano le situazioni di pericolo. Evidentemente, all’improvviso, i Greci stavano per attaccare. Immediatamente, senza perdere tempo, tutti quelli che erano alla fattoria, afferrato in fretta e furia lo stretto necessario, corsero a rifugiarsi all’interno delle mura mentre la porta Dardanica veniva chiusa, minacciando di lasciare fuori chi non si fosse sbrigato. Il ragazzo con i suoi amici, fu uno degli ultimi a mettersi in salvo, dopodiché, assieme a loro, salì in fretta in cima alle mura per vedere in cosa consisteva la minaccia. Forse il nemico aveva pensato che attaccando da questo lato della città piuttosto che di fronte, avrebbe colto la città di sorpresa. Dalla sommità delle mura si vedeva che un grosso distaccamento di armati si stava avvicinando alla città ma non aveva l’atteggiamento di un gruppo che si accinge a dare l’assalto ad un obiettivo. Anche le insegne, che si scorgevano a mala pena, non erano di certo quelle dei Greci. Che fossero finalmente gli aiuti promessi dagli alleati? Se fosse stato così, per gli assedianti sarebbe stata la fine. Quando però quel gruppo fu vicino, si scoprì che, purtroppo, esso era tutto quello che restava dell’esercito dei Dardani, comandato da Enea. La porta venne riaperta e i nuovi venuti, all’incirca 20.000 uomini, furono fatti entrare in città. Enea ed i suoi comandanti erano stati subito convocati a palazzo reale per spiegare il motivo del loro arrivo. In città erano tutti sorpresi e curiosi e si intrecciavano mille ipotesi. I nuovi arrivati, in attesa di eventuali ordini, erano stati acquartierati in una zona isolata della città, accanto alla porta da cui erano entrati e, per il momento, non sembravano molto disposti a parlare con i cittadini. Quella sera, quando Antenore tornò a casa, recava tristi notizie. Infatti, dopo che per tanti anni Achille aveva lasciato in pace il regno della Dardania, alla fine , aveva cambiato idea e aveva deciso di attaccarlo, iniziando dalla capitale, Lirnesso. I Dardani, però, in qualche modo, erano venuti a conoscenza del piano dei Greci e, alla fine, avevano preso una grave decisione. L’esercito che non avrebbe potuto in ogni caso competere con i nemici, si sarebbe dovuto salvare per rinforzare quello di Troia e sconfiggere i Greci una volta per tutte, mentre i cittadini di Lirnesso, che sarebbero comunque morti, avevano scelto di restare a difendere la città per dare il tempo ai soldati di mettersi in salvo. Infatti, poco dopo, giunse la notizia che i Greci, scoperto l’inganno, avevano sterminato i cittadini, salvo rarissime eccezioni. Priamo aveva accettato di buon grado i rinforzi condotti da Enea ma non aveva dimenticato che il principe, anni prima, aveva lasciato la città in malo modo e mancandogli di rispetto. Fu una vera sorpresa per Ilario, recandosi a cena a casa dei suoceri qualche giorno dopo, trovarsi davanti il principe Enea con la moglie Creusa ed il figlioletto Ascanio. Il motivo di quella visita era che Creusa era la nipote di Teano. Ilario ricordava un Enea piuttosto superbo, determinato ma permaloso e facile all’ira. Questo che aveva davanti, era cambiato, in meglio. Probabilmente le vicissitudini che aveva affrontato in quegli anni, lo avevano fatto diventare più maturo. Ora appariva più riflessivo, più tollerante, ma comunque, sempre  dinamico e pieno di progetti. Appariva, però, nel suo animo, una tristezza profonda che era forse legata al destino dei suoi concittadini che si erano sacrificati e conservava , nel profondo, un sordo rancore nei confronti di Priamo che, a suo tempo e a suo giudizio, non aveva voluto affrontare i Greci quando avrebbe potuto sconfiggerli. L’arrivo di Enea e dei suoi uomini non cambiò molto gli equilibri della guerra. Era vero che in tutti quegli anni l’esercito di Agamennone si era piuttosto assottigliato, ma egli aveva sempre accanto i principali alleati e soprattutto il gruppo dei Mirmidoni che, esaurito l’incarico nell’entroterra, era ritornato alla spiaggia. Ora che però l’esercito greco era radunato davanti alla città di Troia, era il momento per radunare finalmente gli eserciti degli alleati e, tutti insieme, dare una lezione agli assedianti. Ilario seppe dalla moglie che fra i superstiti della città di Lirnesso c’era un sacerdote di Apollo, di nome Criso. Questi nell’abbandonare la città, aveva dovuto lasciare indietro la figlia Criseide. Ora aveva saputo che la ragazza era ancora viva ma era stata presa come schiava da Achille, assieme alla cugina Briseide, il cui padre Briseo aveva deciso di rimanere in città, venendo ucciso.  Criso, non si dava per vinto e, alla fine, decise di recarsi direttamente al campo greco per offrire una fortissima somma di danaro per la liberazione della figlia. Putroppo per lui, ascoltate le sue ragioni, Agamennone in persona, lo fece cacciare in malo modo, diffidandolo dal ripresentarsi al suo cospetto. Criso non si dette per vinto e, visto che non poteva raggiungere il suo scopo nel modo che riteneva il più conveniente, decise di seguire un’altra strada. Andò a trovare Teano nella sua casa mentre la famiglia al completo era a cena e, pur rendendosi conto di essere inopportuno, la pregò di aiutarlo nel suo piano. La donna, compresa la sua situazione, lo accolse invece gentilmente e ascoltò la sua richiesta. Considerato che anche Criseide era una sacerdotessa di Apollo, il padre aveva pensato che si potesse chiedere al dio di fare pressione su Agamennone. Teano accettò subito l’idea e anzi propose di coinvolgere anche Eleno, che stava diventando un sacerdote sempre più esperto. Eleno, saputo del progetto, con la prospettiva di recare danno ai Greci, fu entusiasta dell’idea. E  così,  con una cerimonia solenne fu chiesto ad Apollo che trovasse il modo di convincere i Greci a restituire la ragazza al padre. Ilario, che aveva seguito tutta la faccenda, in realtà non era molto fiducioso nell’esito dell’iniziativa, in quanto, dal punto di vista della religione, non era molto devoto agli dei ma dovette ricredesi quando, dopo alcuni giorni, giunse la notizia di una improvvisa, tremenda pestilenza che aveva colpito il campo greco. A riprova di quanto riportato dalle spie, si cominciarono a vedere le colonne di fumo dei roghi su cui venivano bruciati i cadaveri delle vittime. A quel punto Criso rinnovò le sue richieste. Agamennone, sentito anche il parere del suo indovino Calcante e pressato dai suoi alleati, alla fine, pur contro la sua volontà, dovette restituire Criseide al padre il quale potè constatare che la ragazza era stata trattata piuttosto bene e nessuno le aveva mancato di rispetto. A quel punto, così come era iniziata, la pestilenza terminò. Qualche sera dopo, Criso e la figlia, furono a cena a casa di Teano perché l’uomo voleva ringraziare la sacerdotessa per il suo aiuto ma anche perché doveva rivelare ad Antenore una notizia molto importante. Per l’occasione vennero invitati anche Eleno che aveva partecipato alla cerimonia ed anche Ilario e la moglie in quanto Teano voleva vedere il nipote ogni volta che poteva. Quella sera, però, per ordine di Antenore, il bambino era stato affidato ad una schiava di fiducia, visto l’argomento che si sarebbe trattato. Infatti Criso aveva anticipato qualcosa al padrone di casa, qualcosa di estremamente importante che dopo, assieme ad Eleno, avrebbe trovato il modo di valutare ed eventualmente di utilizzare. Alla fine della cena, infatti, che era andata avanti con discorsi stentati e falsamente frivoli, Criso disse alla figlia di riferire quello che aveva raccontato a lui. La ragazza iniziò  descrivendo come erano andati i fatti, fino alla sua liberazione. Al termine della battaglia di Lirnesso, i Greci avevano risparmiato alcuni cittadini fra cui, per intervento dello stesso Achille, le due ragazze Criseide e Briseide che egli intendeva tenere per sé. Al ritorno al campo dei Greci, invece Agamennone, viste le fanciulle, ne aveva pretesa almeno una e Achille, pur ritenendola una gravissima ingiustizia,  fu costretto a cedergli Criseide. Ora, che per forza maggiore, Agamennone l’aveva dovuta restituire, come indennizzo aveva preteso che Achille gli consegnasse la sua preda, ovvero Briseide, facendo valere la sua posizione di re e di capo dei Greci. Achille, alla fine, aveva dovuto cedere di nuovo ma, visti i gravi dissapori, anche precedenti, consegnata la ragazza, aveva giurato che non avrebbe più combattuto per quell’uomo di cui non aveva più nessuna stima e aggiunse  che, di lì a poco, avrebbe addirittura abbandonato il campo greco. Quelle parole colpirono molto i presenti perché tutti si resero conto  di cosa volesse dire quel fatto. E c’era di più. Agamennone, visto che Palamede, uno dei suoi consiglieri, si era apertamente schierato dalla parte del mirmidone, aveva voluto vendicarsi di lui e, accusandolo ingiustamente di tradimento, l’aveva fatto uccidere, privandosi, di fatto, di un abile  stratega e prendendo lui stesso il controllo degli uomini di Creta che, naturalmente, non avevano per nulla preso bene la cosa e serpeggiava vento di rivolta. Criso concluse che aveva voluto parlare di quelle questioni con Antenore, prima che divenissero di dominio pubblico, perché questi potesse informarne Priamo nel giusto modo. Se infatti quelle notizie fossero arrivate in possesso di Antimaco, l’altro consigliere, questi avrebbe subito incitato il re alla battaglia, con il rischio di perdere moltissimi uomini. Era pur vero che però qualcosa andava fatto. L’economia della città, sotto la pressione degli assedianti, aveva iniziato a languire ed i primi coloni greci erano arrivati per stabilirsi nei territori occupati da Achille. Occorreva, quindi,agire in qualche modo. Anche Teano convenne che la situazione non poteva andare avanti ancora a lungo e questa poteva essere un’occasione da non perdere. Antenore disse allora che avrebbe chiesto alle sue spie di confermare la situazione nel campo greco e naturalmente, in seguito alle loro conferme, avrebbe agito nel modo migliore. Quando ricevette la convalida di quanto saputo da Criso, informò immediatamente il re della nuova situazione e la decisione, presa forse un po’ troppo frettolosamente e con molti dubbi da parte di Ettore, fu di attaccare il campo greco senza indugio. La mattina della battaglia, gran parte della popolazione della città, cercò di salire in cima alle mura per seguire gli eventi. In fin dei conti, visto come era formato l’esercito troiano, si può dire che ogni famiglia aveva uno o più membri sul campo di battaglia. L’esercito troiano, guidato da Ettore, uscì dalle mura della città e avanzò fino a mezza strada dal campo greco. Al centro, le truppe migliori comandate da Ettore. Il fianco sinistro era comandato da Enea, assieme ai suoi uomini ed il destro da Serpedonte, re della Licia, con le sue truppe. Deifobo affiancava Ettore. Quando l’esercito finì di disporsi, seguì un silenzio surreale. Dal campo greco non c’era stata la minima risposta. Dall’alto delle mura, i cittadini, compreso Priamo, assistevano con trepidazione a quella strana scena. E poi, di colpo, si scatenò l’inferno. I Greci che in silenzio si erano preparati e posizionati, attaccarono. Lo scontro fu violentissimo ed i rumori della battaglia si percepivano perfettamente sin dentro la città. La lotta proseguì ferocissima, senza che nessuno riuscisse a prevalere sull’altro ma comunque nello scontro non c’era stata effettivamente nessuna traccia dei Mirmidoni né di Achille. Nel primo pomeriggio, fu concordata una tregua, per sgombrare il campo dai corpi dei caduti e dai feriti gravi e, per quanto possibile, rifocillare le truppe estremamente provate dallo scontro. Ma alla fine, il combattimento riprese senza che però nessuna parte riuscisse a prevalere sull’altra. Al giungere delle ombre della sera, il suono del corno segnalò la fine dei combattimenti. Le truppe rimasero lì dov’erano, sia per essere già pronte alla battaglia il mattino seguente, sia per non perdere le posizioni conquistate. Lo scontro era costato ai Troiani almeno 8000 morti ed in città c’era una gran tristezza perché quasi ogni famiglia aveva perduto qualcuno. C’era però anche la certezza che i Greci stessero per cedere e questo dava ai cittadini la forza di andare avanti per affrontare con speranza il giorno seguente. Al mattino infatti, molta gente già si accalcava in cima alle mura nella speranza di vedere finalmente i Greci in rotta. La battaglia riprese violentissima e andò avanti tutto il giorno, con perdite ingentissime. Ma poi, verso sera, i Greci iniziarono a cedere e si salvarono dall’annientamento solo perché riuscirono a ritirarsi all’interno del loro campo fortificato. I Troiani restarono sulle loro posizioni mentre dalla città affluivano rinforzi e materiali per consentire il giorno seguente di dare l’assalto finale al campo greco. In città, a parte la tristezza per l’alto numero di caduti, c’era un’atmosfera di grande ottimismo. I Greci se ne sarebbero dovuti andare con la coda fra le gambe e Troia ne sarebbe uscita finalmente più forte di prima. Priamo aveva assistito a tutte le fasi della battaglia dalla sua postazione, in cima alle porte Scee assieme ai suoi fratelli Lampo, Clizio e Cetrone. Quella sera Antenore, nel corso della cena, appariva piuttosto triste e taciturno. Ilario, ormai ospite quasi fisso nella casa dei suoceri, lo interrogò in merito ed il vecchio consigliere rispose che, se da una parte la sorte sembrava volgere in favore dei Troiani, era pur vero che nella battaglia le perdite erano state elevatissime ed era praticamente sparita un’intera generazione con pesanti conseguenze sul futuro della città. E non era ancora finita, perché i Greci avrebbero venduta cara la pelle. Teano invece appariva fredda e distaccata . Nel corso della battaglia erano caduti alcuni dei figli del re e lei sapeva che ora, anche lui, avrebbe sofferto come era successo a lei. La mattina seguente Ilario, assieme a tanti altri, era in cima alle mura di buon’ora. Non voleva perdersi l’evento della sconfitta dell’esercito greco. All’improvviso si videro delle volute di fumo nero sollevarsi dal campo nemico. In seguito si seppe che nel corso della notte, mentre le truppe di Troia si riposavano, alcuni soldati della città erano strisciati fin sotto la palizzata del campo nemico e all’alba, secondo un preciso piano, le avevano dato fuoco, danneggiandola pesantemente. Gli arcieri troiani, disposti sapientemente facevano strage dei difensori. Alla fine i Troiani sfondarono le difese e penetrarono nel campo greco iniziando perfino a incendiare alcune delle navi. Dall’alto delle mura i cittadini incitavano i loro uomini a distruggere i nemici, a ucciderli tutti. Le cose andarono avanti mentre i Greci perdevano sempre più terreno finchè, all’improvviso, con grande sorpresa, si udì il corno da guerra dei Mirmidoni e questi comparvero, guidati dal loro condottiero, Achille. Dalla città si vide chiaramente che questo fatto, stava influendo sul corso del combattimento. I Troiani, quasi spaventati, iniziarono a retrocedere ma poi, le sorti cambiarono di nuovo e ripresero a guadagnare terreno. Purtroppo, quando suonò il corno che indicava la fine delle ostilità per il sopraggiungere della sera, i Greci ancora resistevano saldamente sulle loro posizioni ed i Troiani furono costretti a lasciare il campo nemico accampandosi a breve distanza dalla città per riposare e ricevere assistenza. Intanto Ettore rientrò in città per informare il re circa l’esito della battaglia. Ilario ritornò a casa con la testa piena di pensieri. Se i Greci fossero finalmente stati sconfitti,  avrebbe potuto realmente pensare di tornarsene a casa. Certo, ci sarebbe stata  da risolvere la questione di Assim e poi non avrebbe più avuto impedimenti. Verso la fine del settimo anno di guerra, la produzione della seta si era interrotta perché le carovane dall’est avevano smesso di arrivare e, per quel tessuto, ormai la città doveva fornirsi come tutti gli altri. Dieci anni, erano passati da quando era partito. Ora era un uomo maturo, aveva una bella moglie ed un figlio di 9 anni ed era piuttosto benestante specialmente perché, anche se il suo lavoro negli ultimi tempi era andato sempre più a rilento, grazie all’abilità di Crino, gli affari andavano piuttosto bene. Non aveva nulla da fare quella sera. A prescindere dall’esercito di appartenenza, aveva visto morire tanta gente e quello non era uno spettacolo che poteva lasciare indifferente chiunque fosse dotato di un minimo di umanità. Sentiva le persone, per la strada, che parlavano di un numero elevatissimo di caduti. Si stimava che fossero morti almeno 15.000 soldati per ogni fazione. Spaventoso. Si fermò in un’osteria e si fece portare un boccale di vino. Rimase così, seduto, cercando di non pensare a nulla che non fosse positivo. Nel tempo si era fatto molti amici in città ma ora parecchi di loro non c’erano più. Nei prossimi giorni si sarebbero sentiti risuonare in tutta la città i canti collegati con i riti funebri. Quella non era la sua città ma, ormai, ne aveva quasi completamente assorbito gli usi, i costumi, la mentalità. E improvvisamente si rese conto che del ragazzo di 16 anni che era arrivato entusiasta e pieno di curiosità, non c’era rimasto più nulla. La sensazione gli procurò un brivido profondo e gli fece provare un intenso desiderio di essere con la sua famiglia. Lasciando la taverna, si rese conto che la sua passeggiata senza meta, lo aveva portato vicino alla casa di Eleno che ormai non vedeva da un pezzo, così, pensò di fargli visita. Lo accolse uno dei suoi schiavi che, riconosciutolo, lo fece accomodare senza annunciarlo. Eleno era seduto su una panca del giardino interno con lo sguardo fisso nel vuoto, come perduto in qualche pensiero lontano ma, appena percepì la presenza di qualcuno, si riscosse e, riconosciuto il suo ospite, lo salutò cordialmente e gli fece segno di sedere accanto a lui poi, tornò a fissare la superficie dell’acqua. Ilario, che aveva imparato a conoscerlo, capì che qualcosa lo turbava profondamente ma decise che fosse l’altro a iniziare a parlare. E infatti Eleno, dopo un po’, quasi rivolgendosi più a se stesso che al ragazzo, disse con tono contrariato:”E’ che non capisco. Non capisco…. – Poi si rese conto che se il suo interlocutore doveva comprendere il suo dubbio, doveva spiegarsi meglio . Per cui, rivolto al suo ospite, riprese – Vengo da palazzo, dove Ettore ha messo al corrente circa gli eventi relativi alla battaglia. Siamo riusciti a penetrare nel campo greco, abbiamo addirittura incendiato un bel numero di navi. Lo stesso Agamennone è rimasto ferito, assieme a Ulisse e Aiace Oileo. Poi, all’improvviso, hanno attaccato i Mirmidoni e noi, per la sorpresa, abbiamo perduto lo slancio. Ma poi Ettore ha capito che sotto l’armatura di Achille, si nascondeva Patroclo, un suo amico, e lo ha ucciso prendendosi per di più le sue armi. Insomma una vittoria totale. Certo, anche noi abbiamo avuto dei caduti, compresi alcuni dei miei fratelli, come Iso, Assione, Cebrione e Cromo, che io sappia. Priamo si è dispiaciuto, certo, e mia madre l’ha presa malissimo ed è distrutta dal dolore. Ad ora sono sette i suoi figli caduti in battaglia. Ora, però, quello che conta è che con i Greci praticamente sconfitti, Ettore,  si appresta a infliggergli, domani, il colpo di grazia, per ricacciarli in mare. Eppure…”.”Eppure cosa? – chiese impaziente il ragazzo che fino a quel momento era rimasto ad ascoltare in silenzio. “Eppure qualcosa non torna - rispose il principe – il responso degli dei indica che sta per accadere qualcosa di terribile e che dobbiamo prepararci al peggio. Cassandra sembra quasi impazzita. Si è ritirata nel tempio di Apollo e non vuole vedere nessuno. Nemmeno me”.”E a palazzo come hanno preso questi segnali ?”.”Non li vogliono nemmeno considerare. Anche se il responso è stato chiesto più volte e sempre con lo stesso esito. Un disastro. Ettore, di solito così attento e prudente, ha sentito l’odore della vittoria e Priamo vuole vendetta. Tuo suocero consiglia disperatamente prudenza ma quell’altro, Antimaco, soffia sulla brace, per convincere il re a procedere con l’attacco”. Ilario osservava il suo interlocutore mentre parlava. Anche lui era cambiato parecchio in quei dieci anni. Da ragazzo allegro e spensierato, ora si era trasformato in un uomo, con impegni e serie responsabilità. Non si era sposato perché le sue ‘storie’ duravano sempre poco e anche perché, volendo egli fare carriera, non voleva impegnarsi, almeno per il momento. Il ragazzo sentiva che naturalmente anche lui era cambiato, come tutti d’altronde. Alcuni erano partiti, altri erano morti ed ora la città era più che altro piena di soldati che si erano fatti una famiglia, unendosi a tutte le vedove che la guerra aveva prodotto. Ma la ricchezza, almeno quella che aveva visto al suo arrivo, quella non c’era più. Non si percepiva più l’entusiasmo, la voglia di fare, di migliorare. La gente era stanca. Era stanca della continua presenza degli aggressori, della loro continua minaccia. Alla fine, i due amici si salutarono e Ilario tornò a casa sua. La sera, a cena, a casa dei suoceri, l’atmosfera non era delle migliori. Antenore era molto silenzioso e rispondeva alle domande pressanti della moglie a monosillabi. Ilario che conosceva i fatti, apprezzava la prudenza e la reticenza del suocero nel riportare gli eventi. Teano invece sembrava solo interessata al fatto che Priamo avesse perduto altri figli in battaglia.  Sembrava non considerare che, essendo quasi tutti figli della sorella, Ecuba, essi erano quindi suoi nipoti. Incredibile che dopo tanti anni ancora covasse tanto odio. Quella notte c’era un clima strano in città. Il giorno seguente l’esercito troiano avrebbe dato finalmente il colpo di grazia all’esercito degli assedianti e inoltre, al calar della sera, era arrivato in città un contingente composto da 25.000 soldati ittiti che avrebbero dato man forte ai Troiani. Il mattino seguente, fin dalle prime luci dell’alba i cittadini di Troia si erano assiepati in cima alle mura per assistere finalmente alla disfatta dell’esercito greco. Finalmente quella guerra stava per finire. La città sarebbe tornata presto all’antico splendore e i Greci avrebbero pagato cara la loro tracotanza. L’esercito troiano si era disposto davanti al campo greco in formazione simile a quella dei giorni precedenti. Ettore al centro dello schieramento, con le sue truppe migliori, Enea alla sua destra e, alla sinistra, gli Ittiti, comandati dal loro capo Mennone. Al segnale, l’attacco iniziò ma quello che i Troiani videro dall’alto delle mura, non era esattamente ciò che si erano aspettati. Infatti, all’improvviso, dalla sinistra dello schieramento greco apparve un’onda nera che lentamente si fece spazio sul campo di battaglia, spargendo morte e distruzione fra le truppe troiane. I Mirmidoni, guidati da Achille, erano tornati sul campo di battaglia, furiosi, terribili, spietati e micidiali. Immediatamente il panico si sparse fra i soldati della città e Ettore, capita al volo la situazione, per evitare la distruzione del suo esercito, ordinò la ritirata lasciando dietro di sé 300 uomini coraggiosi, che si sacrificarono per consentire agli altri di mettersi al riparo. Le conseguenze di quella disfatta furono comunque pesanti. La delusione e l’amarezza in città erano tangibili e tutti si chiedevano com’era potuto accadere. Quella sera, Antenore spiegò alla sua famiglia quello che le  spie nel campo greco gli avevano fatto sapere. Quando Achille aveva scoperto che il suo amico Patroclo era morto in sua vece, si era disperato, era diventato furioso e, appena Agamennone lo venne a sapere, decise di restituirgli Briseide, chiedendogli di tornare a combattere al suo fianco per vendicarsi dei Troiani. Ad Achille di Agamennone non importava nulla, anzi. Ma voleva la sua vendetta e così era tornato in campo, feroce e spietato come non mai, seguito dai suoi uomini. La mattina seguente Ilario era nel laboratorio assieme al piccolo Anteo. Il bambino gli era molto affezionato e stava con lui appena poteva e, con l’occasione imparava le prime basi del mestiere che il padre gli insegnava, giocando. L’uomo provò un brivido ripensando a quando era lui ad imparare dalle lezioni di Stoyan . Ebbe un moto di nostalgia molto intenso e abbracciò strettamente il bambino. Si chiedeva quale sarebbe stato il suo futuro e quando avrebbe potuto conoscere il resto della famiglia. In quella, si accorse che nella strada stava accadendo qualcosa. Sentiva vociare e vide la gente che, apparentemente, si dirigeva verso le mura, di fretta. Entrò nel laboratorio Crino con un’aria molto preoccupata e, senza perdere tempo, disse che Ettore aveva deciso di sfidare Achille a duello ed ora i due erano già in campo, davanti alle porte Scee della città. Affidato il bambino alla moglie, Ilario si precipitò in strada per cercare di raggiungere le mura ma le vie erano talmente affollate, che a stento si riusciva a passare e dovette rinunciare, limitandosi a cercare di capire, assieme agli altri quale fosse l’esito dello scontro.  Dalle persone che erano riuscite a salire in cima ai bastioni, infatti, giungevano delle grida ora di incitamento, ora di paura, segno che il duello era già cominciato. Dalla reazione della gente, sembra che lo scontro procedesse in modo equilibrato. Il tempo passava senza che nessuno dei due duellanti riuscisse ad avere ragione dell’altro. Doveva essere un duello epico fra i due eroi più forti degli eserciti contrapposti. Poi, all’improvviso, un grido dalla folla. Un grido di dolore, di angoscia, di pena, di sofferenza, seguito da un profondo silenzio. Tutto taceva ma subito si udì un grido di donna. Un grido bestiale, disperato, disumano che non si arrestava e che faceva gelare il sangue nelle vene. “E’ morto! – si sentiva gridare – Ettore è morto!”. E ancora si avvertivano le urla terribili di quella donna. Ilario confuso, turbato e smarrito, sentì solo l’impulso di togliersi di lì, da quella gente pazza e isterica. Spingendo, urtando, si fece strada fino ad un vicolo tranquillo, lontano da quella bolgia e si lasciò andare a sedere a terra, come se le forze lo avessero abbandonato. Sentiva ancora le urla, percepiva il dolore, la disperazione poi , improvvisamente provò una grande pena per sé. Per la sua vita, costretta in quel posto, per il distacco dalla sua famiglia, di cui non aveva saputo più nulla. Sua madre doveva aver vissuto le pene dell’inferno per non averlo visto più tornare, la sua sorellina che ormai doveva essere una donna fatta, magari sposata. Restò così a lungo, seduto a terra, con la schiena poggiata ad una parete e la testa fra le mani. Nella mente gli si affollavano le immagini del suo passato, belle, brutte, tristi, inquietanti, allegre, senza un ordine preciso e iniziò a piangere, dapprima sommessamente poi sempre in modo più intenso e disperato. Dopo un tempo indefinito, riprese coscienza di sé e della situazione presente. Si sentiva meglio, più leggero, più lucido. La sua mano destra stringeva inconsapevolmente la catenina che gli aveva dato la madre, che portava sempre con sé e che spesso lui toccava quando si sentiva particolarmente giù. Evidentemente quel terribile evento era servito a sbloccare finalmente la sua angoscia, il suo dolore che, in qualche modo, aveva sempre sepolto in fondo al suo animo. Là, in quel luogo solitario, le lacrime erano scorse senza limiti, come un fiume che lava via antichi pesi, antichi fardelli dal fondo del cuore. Ed ora se ne era liberato e si sentiva bene. Si rialzò e raggiunse di nuovo la strada per poter tornare a casa. Le persone erano ancora tutte per la via. Sembravano confuse, sconsolate, tristi, alcune disperate, come se non sapessero cosa fare, dove andare. Il colpo per tutti era stato tremendo. Avevano perduto il loro eroe. Forse l’ultimo ed il più importante che la città avesse avuto. E con lui il sogno di battere i Greci. La gente diceva con rabbia e orrore che Achille si era portato via il corpo di Ettore, trascinandolo con il suo carro mancando così di rispetto al corpo del caduto, con lo scopo di vendicarsi perfino sulle sue spoglie per aver ucciso Patroclo. Quando Ilario rientrò in casa, lo accolse Crino che lo abbracciò e rimase stretta a lui, come a cercare certezza e consolazione. Lui le carezzò teneramente il viso. Erano brutti momenti quelli e tutti si sentivano coinvolti. Quell’aura di morte, di violenza, di vendetta , di sangue sembrava impregnare ogni cosa. In 10 anni quella condizione si era infiltrata lentamente nell’animo di tutti  e anche se, apparentemente, la gente aveva imparato a conviverci, non era così semplice. Sembrava perduta la speranza, la gioia, l’iniziativa, l’entusiasmo e le persone vivevano così, alla giornata e la cosa peggiore era che nessuno sembrava farci caso. Poi Ilario scostò gentilmente la moglie e gli chiese dove fosse Anteo. “E’ nella sua stanza che dorme. Assieme a lui c’è mia madre”.”Tua madre? – chiese lui meravigliato – e che vuole, ora?”. Aprì lentamente la porta della camera del bambino che dormiva sereno nel suo lettino. Accanto a lui, seduta, c’era la nonna. Assorta, in silenzio, con lo sguardo perduto nel vuoto, di quando in quando sfiorava i capelli del nipotino, stando attenta a non svegliarlo. Quando il genero entrò nella camera lei sollevò un attimo lo sguardo ma poi tornò al suo atteggiamento. L’uomo la osservò per un po’ ma poi, a voce bassissima le disse: “Lasciami fare un’ipotesi. Priamo ed Ecuba hanno perduto i loro figli migliori, per ultimo Ettore. La gente, per strada, dice che il re ha avuto un malore e che la regina è impazzita. Le grida che si udivano dalla cima delle mura erano le sue, e ancora grida. Ma ora, questo, non ti dà nessuna soddisfazione. La vendetta non ti ripaga per il tuo Anteo. E’ così?”.”Per essere giovane sei perspicace – rispose la donna, alzandosi, e uscendo dalla camera, seguita dal genero – Non era infatti quello che volevo veramente. Lo sapevo che questo non sarebbe servito a nulla – Poi, con un tono appassionato che l’uomo non aveva sentito mai – Io odio questa città! Io me ne voglio andare! Quando rimasi vedova, Ecuba, mia sorella, mi offrì ospitalità. Io dovevo pensare alla famiglia e accettai. Mi proposero l’incarico di sacerdotessa ed io accettai. Poi conobbi Antenore. Era un buon uomo e acconsentii a sposarlo. Abbiamo avuto dei figli. Ma quando il piccolo Anteo è morto, per colpa di Paride, e nessuno ha fatto nulla, è caduto tutto. Io mi ero illusa di essermi rifatta una vita per poi scoprire che invece ero finita in una gabbia. Una bella gabbia, ma niente di più. E sono diventata cattiva, avida, meschina. Poi sei arrivato tu, con quel tuo sinistro complice. Dovevi essere lo strumento della mia vendetta ma quando mi sei comparso davanti, ho percepito qualcosa in te che mi ha fatto paura. Sentivo che avresti avuto un forte impatto sulla mia vita. E non mi sbagliavo. Sei riuscito, tu, che eri un semplice ragazzo, a cambiare la natura della mia figliola selvaggia. A quel punto ho capito. Non dovevo aver paura di te. Erano gli dei che ti avevano mandato per aiutare la mia famiglia”.”Certo, – rispose in tono alquanto risentito il genero, che l’aveva ascoltata fino a quel momento – per questo mi hai tenuto qui, incatenato in questa città, impedendomi di rivedere la mia famiglia. Alla fine ho scoperto il tuo inganno. Alla fine Assim, il tuo complice, ha parlato e mi ha confermato che dietro al ricatto c’eri tu. Cosa dovrei farti? E malgrado tutto, non ho odio nei tuoi confronti e per questo non ho informato Crino della cosa. Però ora tu hai la sfacciataggine di dirmi che questa città ti soffoca. Che bel coraggio!”.”Sei sicuro che ti abbia fatto un dispetto? - gli disse la donna seria, guardandolo dritto negli occhi – eri uno stupido ragazzo. Ora sei un uomo, un padre di famiglia con uno splendido bambino ed una moglie innamorata. Se tu fossi partito, non saresti più tornato, lo so. Ora invece, puoi tornare a casa tua, realizzato, ricco abbastanza da poterti mettere perfino in società con tuo padre o di prenderti un’isola, come ha fatto lui, e farne il tuo piccolo regno”.”Chi te lo dice che non sarei tornato? Con quale diritto hai fatto questa scelta al posto mio? Hai mai pensato al dolore che devono aver provato i miei genitori nel non vedermi più tornare e senza sapere cosa mi fosse accaduto?”.”Hai ragione – ammise la donna – Ti chiedo perdono. Io i sentimenti purtroppo non so più nemmeno cosa siano. Ma ora che c’è il piccolo Anteo, forse, per me, c’è ancora una speranza”. E detto questo, la donna se ne andò, lasciando l’uomo senza parole per le scuse della suocera. Dopo qualche giorno la gente raccontava che Priamo era tornato dal campo dei Greci con il corpo di Ettore. Fu una grande sorpresa, specialmente per il fatto che nessuno sapeva che ci fosse andato, per il semplice motivo che si era recato da solo ed in segreto.  Achille aveva avuto pietà di lui e gli aveva restituito il corpo del figlio. Questa cosa portò al re un grande credito ed un grande onore ma lui diceva di essere solo un padre che aveva rischiato la vita volentieri per uno dei suoi figli. Vennero istituiti dieci giorni di lutto, durante i quali rendere omaggio ai caduti, da ambo le parti, e in cui ogni ostilità con i Greci sarebbe stata sospesa. La città era calma, anche troppo. Era come se non riuscisse a reagire a quanto accaduto. Ilario, praticamente libero dal lavoro, aveva iniziato a frequentare più assiduamente la locanda vicino a casa sua. L’attività era infatti praticamente ferma e le persone, che lavoravano per lui al laboratorio, erano più che capaci di cavarsela da sole. Quella sera, fra gli avventori si faceva un gran parlare dell’azione eroica del re che si era recato da solo al campo greco. Certo, un gesto disperato, di un padre disperato. Ma ora? Chi avrebbe preso il posto di Ettore, chi sarebbe stato capace di guidare alla vittoria l’esercito di una città demoralizzata, con un re stanco ed una regina impazzita? Deifobo, nemmeno a parlarne. Il coraggio l’avrebbe avuto ma, secondo la gente, non aveva il temperamento del capo, l’abilità militare necessaria, e la fermezza per affrontare le situazioni importanti. Veniva escluso dalle possibilità anche Enea perché il re non gli aveva perdonato di aver abbandonato la città e di essere tornato solo perché non aveva altra scelta. Ilario decise di tornarsene a casa,  pensando intensamente a quanto aveva sentito e fu per questo che non fece alcun caso al carro che gli si era affiancato ma poi, all’improvviso, si sentì afferrare violentemente da dietro. Qualcosa gli tappò la bocca per impedirgli di gridare. Gli fu messo un sacco sulla testa, mentre gli venivano legate le mani e le braccia dietro la schiena. Fu sollevato di peso e gettato nel carro. Disteso sul pavimento del mezzo, sentì distintamente qualcosa di puntuto che gli veniva premuto contro la gola, forse un pugnale, ed una voce gli intimò di non fare un fiato, pena la morte. Il prigioniero obbedì perchè sapeva che i suoi rapitori non scherzavano. Ma cosa stava accadendo? Era forse un’iniziativa di sua suocera per toglierlo di mezzo per impossessarsi del bambino? Ma poi, ritrovata la calma, si rese conto che l’uomo che gli aveva parlato, non era un Troiano, era un Greco. Quindi cosa stava accadendo e cosa volevano da lui? Il tragitto fu abbastanza breve. Sentì che  erano  entrati in un luogo chiuso, una stalla o  forse un magazzino. Fu sollevato e qualcuno lo calò dalla sponda del carro. Sdraiato al suolo, fu liberato dal sacco che gli copriva la testa e dal bavaglio che gli tappava la bocca. Nella penombra, vide attorno a lui quattro persone in piedi coperte da un mantello con un cappuccio che copriva loro il viso. Aveva ancora le mani legate e non poteva muoversi. Avrebbe potuto gridare ma quei quattro ci avrebbero messo un attimo ad ucciderlo, per cui capì che poteva solo aspettare. Uno degli uomini si inginocchiò accanto a lui. Gli puntò un coltello alla gola e togliendosi il cappuccio gli chiese con tono quasi furioso:”Mi riconosci, signorino?”. Ilario subì un vero e proprio shock. Davanti a lui, a pochi centimetri dal suo volto, apparve il viso di un uomo di circa quarant’anni che lo osserva con un’espressione terribile, non solo per la rabbia ma anche perché la metà sinistra del suo viso  era letteralmente devastata da una tremenda cicatrice che la solcava dal mento alla fronte comprendendo anche l’occhio che sembrava essere stato strappato via dal colpo che aveva provocato quella devastazione. “Mi riconosci, dì”. Ripetè l’uomo con la stessa rabbia, aumentando la pressione della lama sul collo del prigioniero. Questi, passato un primo momento di sgomento, all’improvviso ricollegò i fatti, malgrado il tempo trascorso e allora sentì dentro di sé montare una furia tremenda che gli fece dimenticare di avere un coltello alla gola ed esclamò:”Tu sei quel miserabile che ha ucciso il mio amico, che ci ha derubato di tutto e che ha causato il mio esilio in questa città! Che gli dei ti maledicano!”. “Taci ! – gli intimò l’altro e sollevò il coltello come per vibrargli un colpo mortale . “Basta così, Egan! - Intervenne uno dei presenti che fino a quel momento era rimasto indietro. Si fece avanti e, con uno strattone, allontanò l’uomo che aveva minacciato il prigioniero. Afferrò l’uomo immobilizzato per le spalle e lo sollevò nella posizione seduta, poggiandogli la schiena ad una delle ruote del carro, apparentemente senza nessuno sforzo. Poi si tolse il cappuccio e chiese a sua volta:”Sai chi sono?”. Ilario l’aveva veduto una sola volta e da lontano ma quel viso con la barba ed i capelli rossi, non si poteva dimenticare. “Tu sei Ulisse, il re di Itaca! Ma che..”.”Silenzio! – intimò l’altro con tono serio deciso – Non abbiamo tempo da perdere e ci stiamo giocando la vita. – Sicuro di avere l’attenzione dell’altro, continuò – ci serve che tu ci metta in contatto con tua suocera, Teano, perché sappiamo che ha intenzione di abbandonare la città e noi siamo disposti ad offrirle un passaggio, per lei, la sua famiglia e naturalmente anche la tua”. Ilario era molto stupito. Di certo il greco era stato informato da qualcuno, di questo desiderio della suocera, di certo qualcuno molto vicino a lei. Le spie erano anche nella sua casa, la casa di Antenore. “Ma cosa volete in cambio da lei?”. “ascolta – rispose Ulisse con tono più calmo – Troia ha ricevuto un colpo tremendo. I suoi eroi sono tutti morti, il re e la regina sono distrutti dal dolore. La città sta morendo. Anche se non la conquistiamo noi nell’immediato, Troia ha i giorni contati. Noi vogliamo assestare alla città un ultimo colpo, per far crollare la speranza dei cittadini ed ottenere magari anche una resa”. “E come ? – chiese l’altro – peggio di così…”.”No, noi vogliamo far avverare una antica profezia, che parla della caduta della città. – Il greco si sedette accanto a lui e riprese – All’interno del tempio di Atena, al vertice della cittadella è conservata una statua lignea della dea che viene chiamata ‘Palladio’”.Ilario aveva capito a cosa si riferiva Ulisse e, conoscendo la leggenda, forse aveva anche capito cosa si aspettassero i Greci da sua suocera.”La profezia – continuò il greco – dice che finchè la statua sarà conservata al suo posto, all’interno del tempio, la città non potrà essere conquistata in nessun modo. Bene, noi abbiamo intenzione di rubarla e di portarla nel nostro campo. Rappresenterà l’ennesimo colpo al morale dei Troiani e ci darà una mano decisiva per la nostra vittoria finale”.”Ma Teano cosa c’entra in tutta questa storia? – chiese il prigioniero. “Come hai visto, purchè in piccolo numero, possiamo arrivare dappertutto in città e possiamo perfino arrivare al tempio. Ma la statua è ben sorvegliata, con una organizzazione che , al minimo sospetto di furto, fa convergere sul posto, in pochissimo tempo, un numero considerevole di soldati”.”E Teano è responsabile del sistema di sicurezza. E’ così?”.”Esatto. Noi vogliamo che, nel tempio, nessuno si accorga di noi, né del furto, almeno finchè non saremo al di fuori della cittadella”.”E poi? Ammesso che Teano accetti?”.”E poi, è chiaro che non potreste più rimanere a Troia. Si sospetterebbe immediatamente di tua suocera. La sera stessa della nostra incursione, la vostra famiglia, con tutto quello che potrete portare con voi, senza dare troppo nell’occhio, sarà condotta in luogo sicuro da una carro che verrà a prendervi a casa e, da lì, provvederemo noi stessi a imbarcarvi per la destinazione che sceglierete”.”Sembra troppo bello – disse con un tono dubbioso Ilario. Poi accennando ad Egan che a causa della sua menomazione lo osservava di traverso ma con un aria veramente truce – Ma non è che una volta saliti sul carro con tutti i nostri averi, troveremo questo maledetto tagliagole con i suoi amici che ci uccideranno per derubarci ?” Ulisse fece un secco gesto con la mano nei confronti di Egan che già stava estraendo la sua spada per vendicare l’insulto subito. Poi rispose:”Hai ragione di dubitare ma il nostro amico ha imparato la lezione e, comunque, non sarà lui ad occuparsi di voi. Hai la mia parola che nulla di brutto vi accadrà e sarò sempre io a garantirvi un imbarco sicuro. Ora, però, porta il mio messaggio a Teano e poi, fra tre giorni torna qui con la risposta. Ti avvicinerà qualcuno che si farà riconoscere perché avrà un anello come il mio – e gli mostrò un massiccio anello d’oro con una pietra azzurra con delle scaglie d’oro, un lapislazzulo di grande bellezza - Qui siamo nel magazzino di Egan , l’oste, sai dov’è?”.”Lo so bene – rispose l’altro – Ma l’avevo già capito. Ho riconosciuto la puzza di questo posto. In questi anni ci sono passato davanti centinaia di volte e non ci sono mai entrato, ricordando la mia esperienza di tanti anni fa. Non mi meraviglia che quel sudicio individuo abbia accettato di essere una vostra spia”.”Hai ragione – convenne Ulisse – E’ proprio un sudicio individuo ma ci è stato utile. A volte per raggiungere i propri scopi si deve accettare qualche compromesso ma credo che, comunque, faccia il doppio gioco. Naturalmente, di questa storia non sa nulla ma, in ogni caso, alla fine, sarà il caso di dare anche a lui il benservito. Ah, naturalmente, questa cosa non è mai accaduta e comunque, se ne parlerai con la persona sbagliata, lo sapremo immediatamente e tu e la tua famiglia farete un viaggio senza ritorno nello Scamandro”. Ilario fu liberato e rimesso direttamente in strada. Il tempo di massaggiarsi un po’ i polsi indolenziti e poi, quando riguardò nel magazzino attraverso la porta rimasta aperta, non vide più nessuno. Tornando verso casa, cercò di mettere a punto un piano per affrontare l’argomento con sua suocera poiché non sapeva come avrebbe reagito. Alla fine decise che avrebbe dovuto parlare con Crino che negli anni, oltre che una moglie innamorata e devota, si era sempre dimostrata una donna energica, in grado di gestire efficacemente sua madre. Lei convenne che una simile occasione andava vagliata con grande accortezza perché, se poteva rappresentare la loro salvezza, avrebbe anche potuto essere la rovina, se fossero stati scoperti. Della città non le importava nulla. Anche lei, come la madre, non era Troiana. Era preoccupata piuttosto per lui, per il piccolo Anteo e infine per il patrigno, nella sua difficile posizione di consigliere del re che però ultimamente l’aveva quasi isolato, fidandosi più delle parole di Antimaco, che parlava di vittoria, riscossa, gloria, seppure, poi, si era visto con quali risultati. Antenore era molto amareggiato e aveva più volte ammasso di essere tentato di lasciare il suo incarico, seppure prestigioso. Alla fine, la coppia, scelto il momento più opportuno, affrontò Teano che, ascoltato il messaggio, non battè ciglio dicendo che per lei andava benissimo. Avrebbe dovuto solo convincere il marito ma, visti gli ultimi eventi, sarebbe stato un compito alla sua portata. La difficoltà consisteva nel fatto che avrebbe dovuto mettere a punto un piano perfetto, senza potersi fidare di nessuno. Chiunque avesse avuto il minimo sospetto, da un semplice schiavo ad una Reverenda Madre, l’avrebbe immediatamente denunciata. Chiese quindi solo un po’ di tempo per studiare una giusta strategia. Puntualmente, Ilario trasmise il messaggio e rimase in attesa degli eventi. Poi le cose presero a precipitare in fretta. Antenore tornava a casa la sera sempre più cupo. A cena, forse aiutato da un po’ più di vino del solito, raccontava di come le cose, a corte, non andassero nel migliore dei modi. Priamo aveva nominato capo dell’esercito Troilo, uno dei suoi figli più giovani, il quale però aveva cercato in tutti i modi di sottrarsi a quell’incarico ma il re non aveva inteso ragioni. Questa decisione aveva contrariato particolarmente sia Deifobo che Enea. Anche Mennone, capo dei mercenari ittiti, agitava le acque, convinto di poter fare la differenza con i suoi formidabili soldati perfettamente addestrati e non da meno dei Mirmidoni in battaglia. Ilario non capiva se Teano stesse lavorando ad un suo piano, relativo alla proposta dei Greci. Nemmeno Crino l’aveva capito ma comunque intanto, sfruttando la sua solita abilità, stava riscuotendo tutti i loro crediti e rientrando dei vari investimenti in corso. Al momento di andare via non sarebbero certo partiti da poveri. Dopo alcune sere, al termine di una cena in casa propria, Ilario ricevette una visita inattesa di Eleno. Appariva estremamente turbato, per non dire furioso. Il padrone di casa gli fornì subito un bicchiere di vino che l’altro mandò giù senza perdere tempo. Poi si riempì di nuovo il bicchiere. Era chiaro che era accaduto qualcosa a corte, qualcosa che aveva colpito fortemente il principe. Crino, con la scusa di dover mettere a dormire il bambino lasciò soli i due uomini. Eleno avrebbe parlato più facilmente ed il marito le avrebbe comunque raccontato tutto. “Per fortuna che ci sei tu! – esordì Eleno – Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno che sia capace di ascoltarmi e che sia discreto. E con chi lo posso fare? – chiese più a sé stesso che al suo interlocutore – Con un Greco. Ti rendi conto?”. Ilario capì che l’altro non voleva di certo offenderlo e, pertanto, si limitò ad annuire, invitandolo a proseguire. “Hanno messo in dubbio la mia abilità di indovino! Capisci? Pur di portare avanti i loro interessi, hanno affermato che sono ancora solo un ragazzo e che non sono capace di interpretare i segnali ed i simboli dei vaticini. Io!”.”Ma chi sono, loro? – chiese l’altro che cercava di capire cosa fosse veramente accaduto. Eleno finì di bere il suo secondo bicchiere di vino che poi appoggiò sul tavolo, dando segno di essermi sufficientemente calmato. “Scusa per come mi sono presentato a casa tua – riprese il principe – e mi devo anche scusare con tua moglie. Il fatto di essere un principe non mi autorizza a comportarmi come un selvaggio e spero che tuo figlio non si sia spaventato – poi, senza attendere una replica da parte del suo ospite, proseguì – ‘Loro’ sono quelli che ora pretendono di comandare. Gli sciacalli che, una volta morti i veri eroi, ora vogliono la loro parte di gloria e fama che, in realtà, hanno guadagnato quelli che non ci sono più. Deifobo vuole il comando dell’esercito, senza capire niente di strategia e tattica. Enea vorrebbe comandare lui, ma Priamo non si fida. Mennone vuole combattere, sicuro di sconfiggere i Greci. Troilo, spaventato per l’incarico impostogli dal padre, ha chiesto almeno un vaticinio circa l’esito di una battaglia con i Greci in questo momento. E hanno chiamato me”. Si interrupe e sembrò che stesse per infuriarsi di nuovo , ripensando a cosa doveva essere accaduto ma poi si limitò a vuotare di nuovo il suo bicchiere, poi, continuò:”Sollecitato dai richiedenti, ho effettuato ben quattro vaticini, Quattro! E tutti e quattro hanno confermato che attaccare il nemico in questo momento avrebbe solo un esito nefasto. Mi hanno fatto ripetere le procedure per quattro volte, perché, a loro, quel responso non andava bene. Pretendevano che io affermassi che la vittoria ci avrebbe arriso, che avremmo distrutto il campo greco. Ma gli dei non hanno comunicato affatto questo. Anzi, dagli esiti risulta che non dobbiamo, almeno per il momento, prendere iniziative. E così sono stato tacciato di incompetenza. Hanno detto che io avevo paura!”. “E il re? – chiese a quel punto Ilario”.”Il re… Il re ormai non è più lui e aspetta solo di sentire parole di rivincita, vittoria. Ascolta solo il suo consigliere Antimaco che gli dice ciò che vuole sentire e tuo suocero, Antenore, praticamente non conta più nulla e anzi, più di uno, davanti alle sue parole di pace, gli ha dato del traditore”.”Bene! – pensò Ilario – Questo potrebbe facilitare il compito di Teano – E allora, adesso cosa hai intenzione di fare?”.”Intanto a palazzo non ci torno più. Non vado a farmi insultare. Poi, guarda – aggiunse osservando l’altro dritto negli occhi – sono così arrabbiato che, se non temessi di lasciare Cassandra da sola, me ne andrei. Andrei sul monte Ida a raggiungere Esaco, il mio fratellastro e sua madre Arisbe che è stata la prima moglie di Priamo. E’ anche lui un indovino e ci potremmo confrontare ma, soprattutto, troverei un po’ di pace che qui, a Troia, non trovo più in nulla ormai – Ciò detto si alzò e si congedò aggiungendo – Scusa ma questo confronto mi serviva proprio. Ora sono più tranquillo”. Mentre il principe si allontanava, l’altro pensò che in realtà lui non aveva quasi aperto bocca. Certo, la posizione di Eleno a palazzo doveva essersi fatta pesante. Vedere messe in dubbio le proprie azioni solo perché non in linea con i desideri di chi comandava o pretendeva di farlo, doveva essere estremamente sgradevole. E la cosa peggiore era che Lacoonte, l’altro indovino esperto che era stato presente a tutti i vaticini e aveva veduto con i suoi occhi ciò che aveva visto Eleno, non lo aveva sostenuto. “Qui non si vuole più nemmeno ascoltare il consiglio degli dei – disse amareggiata Crino, che naturalmente aveva ascoltato tutto, entrando nella stanza e abbracciando il marito. Questi le diede un bacio sulla guancia e disse:”Che situazione complicata. Gli eroi di Troia sono quasi tutti morti. Le mura però sono invalicabili. Agamennone è rimasto con meno della metà dei suoi uomini, rischiamo di andare avanti per altri dieci anni”. Qualche giorno dopo, qualcuno disse a Ilario che Troia stava per sferrare un attacco a sorpresa al campo greco. Egli rimase di sasso. Che razza di attacco a sorpresa poteva essere, se in città ne parlavano tutti apertamente. Le spie di Ulisse dovevano averlo scoperto immediatamente. Quella sera, a cena a casa dei suoceri, espresse i suoi dubbi ad Antenore. Questi, che praticamente non aveva toccato cibo, ammise che purtroppo l’attacco ci sarebbe stato veramente, a breve. “Ma sarà un suicidio – commentò Crino – le spie greche avranno già informato Agamennone e l’esercito nemico ci tenderà certamente una trappola”.”Lo so – rispose amareggiato e rassegnato Antenore – Ho insistito, ho pregato, ma il re non mi ascolta più. Enea e Mennone vogliono combattere. Sono sicuri di vincere e vogliono la loro parte di gloria. A palazzo non sono nemmeno più gradito per il mio atteggiamento. Mi sembra di essere uno straniero nella mia stessa città”. Ilario fissò Teano che abbassò gli occhi. Forse era proprio ciò che la donna stava aspettando per completare il suo piano e per convincere il marito ad abbandonare la città al suo destino. Poi, accadde tutto insieme. In breve tempo, la situazione si sviluppò in modo tale da influire pesantemente sulla condizione e sull’atteggiamento dei due schieramenti. Come aveva confermato Antenore, a distanza di pochi giorni, prima dell’alba, un forte contingente dell’esercito troiano uscì dalle mura e si divise subito in tre schieramenti. Quello centrale comandato da un incerto e indeciso Troilo, che era stato praticamente costretto nel suo ruolo, malgrado la sua giovane età. Appena la voce si sparse in città, chi potè si sbrigò ad accorrere per salire in cima alle mura, per seguire l’esito della battaglia. Ilario si costrinse a rimanere più indifferente possibile a quello che sarebbe accaduto e decise che sarebbe rimasto ad occuparsi degli ultimi ordini all’interno del suo laboratorio. Quella non era la sua città, non era la sua guerra e soprattutto lui era soltanto una vittima. Poi, poco dopo l’alba giunse dall’alto delle mura un forte clamore. Questo significava che, sia che la sorpresa fosse riuscita o meno, la battaglia era stata ingaggiata. Continuò per tutta la mattina ma poi, nel pomeriggio, il cielo si coprì di nuvole e subito dopo iniziò a piovere in modo molto intenso. All’inizio questo non sembrò influire sulla battaglia ma poi ci fu un crescendo di fulmini e la pioggia si trasformò in una tempesta che non consentiva una visuale superiore ai 10, 15 metri. La gente in cima alle mura pensò solo a mettersi al riparo e defluendo il più in fretta che potè. Solo la mattina seguente il tempo migliorò. Smise di piovere ed il sole si affacciò timidamente fra le nuvole. La città appariva stranamente silenziosa. Per le strade giravano poche persone e tutte si muovevano con passo celere, come se avessero intenzione di sbrigare i loro impegni in fretta per poter tornare a casa il più  presto possibile. Ilario, uscito sulla porta di casa, non vide nessun volto conosciuto e non se la sentì di chiedere informazioni ad estranei, quasi che avesse paura di ascoltare gli eventi. Non aveva una buona sensazione. Il comportamento della gente non si confaceva certo con quello di un popolo vittorioso. Rientrò in casa e si recò nel suo laboratorio, divenuto ormai per lui, una sorta di rifugio. A pranzo, Crino gli disse che in città girava voce che Paride avesse ucciso con una freccia Achille ma che a sua volta, colpito più volte da un arciere greco, fosse morto anche lui. La violenza della tempesta era stata tale, che nessuno aveva veduto distintamente cosa era accaduto nelle fasi finali dello scontro. Quella sera Antenore, nel corso della cena, non toccò cibo e non disse una parola. Teano non aveva un umore migliore. Lui rimase tutto il tempo a fissare il boccale di vino sulla tavola, davanti a lui, senza però mai toccarlo. Vistolo così turbato, nessuno ebbe il coraggio di rivolgergli la parola né tantomeno fargli delle domande. Alla fine, l’uomo si alzò ed uscì dalla stanza, seguito subito dalla moglie. A quel punto Crino disse al marito che a causa dello scontro, voluto a forza dal palazzo,  e contro il consiglio di Antenore, questi aveva perduto in battaglia tre dei suoi figli. Il maggiore, Elicaone e poi Acamante e Eurimaco. Si diceva che Achille fosse stato veramente ucciso ma che prima avesse fatto in tempo ad uccidere Troilo. Perfino i superstiti dello scontro, a causa dell’intensità della pioggia non conoscevano l’esatto andamento delle cose. Il mattino seguente la città riprese la sua vita normale, per quanto possibile. Quasi che i cittadini non volessero parlare delle guerra, esausti ed esasperati dai lutti, dalle perdite, dal quasi totale blocco degli affari e del commercio. Nemmeno alla taverna che Ilario frequentava egli potè sapere nulla. I pochi avventori parlavano a voce bassa e di argomenti banali. Perciò alla fine egli decise di tornarsene a casa, per passare un po’ di tempo con suo figlio che cresceva a vista d’occhio. Purtroppo il ragazzino, con grande dispiacere per il padre, sembrava più attratto dalle armi che dalla tessitura. Ma d’altro canto, da un bambino nato e cresciuto in un clima di guerra continua, la cosa si poteva comprendere. Due sere dopo, a cena, si presentò Eleno. Fuori della casa, ad attenderlo, erano rimasti due schiavi, con cavalli e bagaglio leggero e tutti erano vestiti con abiti da viaggio. Ilario lo invitò ad unirsi a loro ma il principe accettò solo un bicchiere di vino. Teano che era andata in visita, si offrì di mettere a letto il bambino e, così, Crino decise di rimanere, perché capiva che quella visita era motivata da qualcosa di grave e importante. Eleno non ebbe nulla da obiettare ed anzi, rivolto alla coppia, iniziò a parlare con atteggiamento molto serio e determinato:”Sono venuto a salutarvi, quali  miei ultimi ed unici amici. Ormai qui in città, gli altri mi hanno voltato le spalle o mi hanno comunque deluso. E’ strano che siate tutti e due degli stranieri ma questo la dice lunga sull’indole dei miei concittadini. Ho deciso di andarmene. Lascio Troia”.”Ma cosa dici!- esclamò Ilario incredulo – E dove andrai?”.”Come ti avevo già detto, vado sul monte Ida, a raggiungere la casa del mio fratellastro Esaco, dove sono sempre stato il benvenuto. Assieme a lui, che come sai è un potente indovino, saprò cosa il destino ha in serbo per questa città apparentemente abbandonata dagli dei”.”Ed è per questo che vai via? – chiese Crino che con il suo sottile intuito aveva capito che dietro alla decisione del principe ci doveva essere qualche altra motivazione. “No, c’è altro. – per un attimo Eleno sembrò combattuto se andarsene subito o raccontare ciò che gli gravava sull’animo. Decise di sfogarsi scegliendo quindi la seconda opzione. Si sedette e si versò un altro bicchiere di vino – Per spiegarvelo però, devo raccontarvi cosa è accaduto negli ultimi due giorni. Naturalmente, per alcune delle cose che vi dirò, mi affido alla vostra discrezione. – bevve un sorso di vino e riprese – Quando l’esercito è uscito dalle mura della città, condotto dallo spaventato Troilo, dal coraggioso Enea e dal fanatico Mennone, a capo dei suoi mercenari ittiti, era già condannato perché, come anche i ragazzini troiani sapevano, i Greci erano stati avvisati della nostre ‘sorpresa’e ci aspettavano. Alla battaglia hanno partecipato anche Paride, che vista la sua abilità con l’arco, si era unito agli arcieri e Deifobo che però era rimasto prudentemente indietro. Fin dall’inizio è stato un massacro. Achille, con i suoi Mirmidoni, ha iniziato a fare strage di tutti i nemici che si è trovato davanti. I danni erano limitati dalle truppe di Enea e dagli Ittiti che combattevano in modo magistrale. E’ stato naturalmente Troilo ad avere la peggio. Alla fine Achille l’ha individuato e subito l’ha affrontato. Alcuni soldati presenti all’episodio, hanno raccontato che Enea era a breve distanza e l’avrebbe potuto aiutare ma non ha potuto o, peggio, non ha voluto e mio fratello non ha avuto scampo”.”Non riesco a credere questo – disse Ilario – Ho conosciuto Enea e non mi sembra il tipo da fare una cosa simile”.”Come tessitore sarai il numero uno – rispose tristemente Eleno – ma come giudice di uomini, hai molto da imparare. Comunque  - riprese il racconto cambiando tono –  subito dopo, Achille, individuato Mennone è corso a sfidarlo e, dopo un breve combattimento, con un violento colpo di spada lo ha decapitato. A quel punto, le cose, per il nostro esercito hanno cominciato a mettersi veramente male.  Enea, per tentare di salvare il salvabile, ha organizzato la ritirata ma i Greci, tentando di dare un colpo definitivo alle nostre difese, hanno inseguito i nostri soldati fin sotto le mura. Questo è stato uno sbaglio madornale perché sono arrivati a tiro dei nostri micidiali arcieri. Questi hanno iniziato a bersagliare pesantemente le truppe nemiche provocando una vera strage. Paride, ha visto a portata di tiro Achille e immediatamente, con un lancio incredibile, l’ha centrato e l’ha ucciso. Purtroppo, quando è corso giù dalle mura per cercare di recuperare le armi del caduto, è stato bersagliato a sua volta dagli arcieri avversari. Ferito gravemente è stato portato di corsa a palazzo”.”Ma allora è vivo – disse Ilario – ed ha ucciso Achille. Ed ora?”.”Ed ora, nulla. Purtroppo a causa della gravità delle ferite i medici non sono riusciti ad intervenire, temendo di peggiorare la situazione e incorrendo nelle ire di Priamo. Elena, disperava piangeva e li pregava perché facessero qualcosa ma quelli avevano troppa paura. Alla fine, ieri sera, Paride è spirato e qui, la situazione è precipitata”.”Che significa, precipitata?”. Eleno riprese con grande amarezza nella voce:”Quando Elena si è resa conto di essere rimasta sola e senza protezione, si è subito recata dal re, chiedendo di poter essere accolta come sacerdotessa di Atena, per potersi dedicare al culto di Cibele, la grande madre, che aveva un tempio sul monte Ida. Priamo, ormai scosso e confuso da tutti questi eventi drammatici, stava per acconsentire, quando è giunto Deifobo che ha reclamato Elena per sé. La donna, terrorizzata, si è raccomandata al re perché le risparmiasse quella umiliazione e quella che per lei avrebbe rappresentato solo una violenza inaccettabile. A quel punto, mi sono fatto avanti io ed ho reclamato Elena per me, sia per salvarla dal destino di appartenere ad uomo come Deifobo, sia perché, non mi vergogno ad ammetterlo, ne sono stato sempre innamorato – Tacque, quasi sorpreso di aver ammesso quella cosa. “E il re? – chiese Crino che, come donna, si sentiva solidale con Elena. “Il re? – Priamo, alla fine, fra i due pretendenti , ha valutato che quello che avrebbe potuto fare ancora qualcosa per la città, era mio fratello. E l’ha concessa a lui. – un breve silenzio, condiviso da tutti – Io, - riprese – il ragazzino, l’indovino senza più reputazione, anche se i fatti mi hanno dato pienamente ragione – disse quasi con rabbia -  sono stato messo in seconda linea, invitato addirittura ad andarmene, a togliere il disturbo, ed io, lo tolgo il disturbo!”. Eleno si accalorava proseguendo nel suo racconto, quasi stesse rivivendo gli eventi di cui narrava. – Me ne vado. Non sopporto più l’atmosfera del palazzo, della mia stessa città, vi rendete conto?”. Poi, apparentemente rivolto a nessuno, aggiunse – Vieni fuori, lo so che sei lì ed hai sentito tutto!”. Quando Teano, che aveva messo a letto il bambino e che aveva preferito restare nascosta, vistasi scoperta, si affacciò alla porta, il principe le chiese a bruciapelo:”Ti rendi conto che, se tu avessi confermato le mie previsioni, tutto questo non sarebbe accaduto. Perciò è anche colpa tua quello che è successo. Io non so perché ha agito così. Tu non avevi paura come gli altri. – poi vedendo che la donna aveva preferito mantenere gli occhi bassi, diversamente da quello che era il suo carattere, continuò – Mah, alla fine farai i conti con la tua coscienza. Ormai non c’è più nulla da fare e forse non c’era nulla da fare dall’inizio e aveva ragione mia sorella”. Ilario aveva ascoltato con attenzione e coinvolgimento il racconto di Eleno ma ora aveva una domanda importante da fare al principe. “Ma secondo te – gli chiese quindi – Troia ha un futuro?”. Eleno, che sfogandosi, sembrava aver ritrovato una certa calma, rispose deciso ai presenti, guardandoli negli occhi:”No. La città è perduta. Con un re esausto e provato come Priamo, una regina che ha completamente perduto il senno, un esercito completamente sfiduciato e privo di comandanti capaci, con il commercio ridotto al minimo. Troia è finita. Anche se i Greci non riusciranno a prenderla, la città ha il tempo contato”. Detto questo, si alzò e salutò Ilario con un abbraccio. Prese commiato da Crino e uscì senza degnare Teano di uno sguardo.

                                                                                          Cap VIII^

“Allora? – chiese il genero a Teano – Che hai deciso? Hai sentito Eleno, no? La città ha comunque i giorni contati”.”Stai tranquillo – rispose la donna leggermente risentita per il tono dell’altro – so cosa devo fare”.”Non ho dubbi – rispose Ilario – ma ti ricordo che l’autunno si avvicina e non resta molto tempo per imbarcarsi. Quindi, qualsiasi cosa tu abbia deciso, fai in fretta o sarà tutto inutile”.”Non mi dire che finalmente sei diventato un uomo – lo canzonò Teano – Stai tranquillo. Te l’ho detto, so cosa fare!”.”E cioè? – incalzò il genero. “Basta così – disse brusca la sacerdotessa, riacquistando l’atteggiamento severo che assumeva quando non accettava confronti né tantomeno discussioni. – Meno ne sapete e meglio sarà. Voi tenetevi pronti ed, in modo molto discreto, preparatevi a partire e, soprattutto, fate in modo che il bambino non abbia sentore di nulla. Purtroppo i bambini tendono a parlare troppo”.”Come farai con tuo marito? – volle sapere Ilario – E poi i contatti li devo tenere io”.”Mio marito à affar mio, anche se devo ammettere che gli ultimi eventi mi hanno spianato la strada con lui. Per i contatti, ora che mi hai detto chi è l’intermediario, ci penserò direttamente io. E questo è quanto!”.Ciò detto, si alzò e, riacquistato il suo atteggiamento rigido e controllato, se ne andò. I due giovani rimasero in silenzio, sicuri che la donna avrebbe organizzato le cose nel modo più opportuno. Ormai Ilario aveva cessato praticamente di lavorare. In quel momento gli affari ristagnavano ed il danaro aveva quasi smesso di circolare e, probabilmente, facendosi condizionare dall’atmosfera che lo circondava, anche lui aveva perso l’entusiasmo per il suo lavoro e sentiva di non avere più il desiderio né la capacità di pensare a cose nuove. Non avendo problemi di danaro, preferiva trascorrere più tempo possibile in famiglia, dedicando molto tempo al figlioletto che ne era molto felice. Gli sarebbe piaciuto molto potergli dire che presto avrebbe potuto conoscere gli altri suoi nonni ma, giustamente, non poteva fidarsi. Sarebbe comunque stata una bella sorpresa, da ambo le parti. Nel pomeriggio, poi, spesso passava alla solita taverna vicina a casa, più che altro per ascoltare le chiacchiere della gente. Fu lì che sentì dire che la guerra forse avrebbe potuto avere una svolta perché Agamennone aveva perduto un altro dei suoi validi generali. Uno di quei pochi ancora vivi, Aiace Telamonio, si era tolto la vita. Le voci dicevano che avesse agito per rabbia e disperazione, dopo che Agamennone aveva preferito consegnare le armi di Achille a Ulisse, piuttosto che a lui. Inoltre si diceva che Nestore, uno dei più validi consiglieri del re Greco, devastato dalla morte di suo figlio Antiloco, avvenuta nel corso dell’ultima battaglia, avesse deciso di lasciare il campo per andarsi a consolare a casa. Mentre tornava a casa, ragionando su quanto aveva saputo, fu afferrato violentemente per un braccio e, con un violento strattone venne attirato all’interno di un magazzino, lontano dalla vista della gente. Un uomo, molto robusto e determinato, coperto da un lungo mantello e con un cappuccio che gli nascondeva il viso, lo teneva inchiodato al muro, tenendolo saldamente per la gola e minacciandolo contemporaneamente con un lungo pugnale. Un altro uomo molto simile all’aggressore, era rimasto sulla porta, per controllare che nessuno si accorgesse di quanto stava accadendo. Appena l’uomo incappucciato aprì bocca, Ilario capì subito che era un Greco. “Sappiamo che hai parlato con tua suocera, ma ora dille che non c’è più tempo. Ci serve il piano per procedere, subito, hai capito”Il tono del Greco faceva intendere che non scherzava affatto. “Mi dispiace – rispose Ilario che aveva riacquistato un minimo di controllo – ma mia suocera ha detto che ha pensato già a tutto lei e che, però, vuole trattare lei stessa con voi e per informarvi circa la procedura. A me non ha voluto dire nulla. Quindi dovete parlare direttamente con lei”.”Va bene, allora è quello che faremo. Augurati che quello che ci hai detto sia vero, altrimenti pagherete tu e la tua famiglia”. Il Greco sospinse violentemente a terra il suo prigioniero e poi, veloce come era apparso, scomparve assieme al suo compagno. L’uomo si rialzò e uscì di nuovo in strada. Si stava riprendendo e, apparentemente, nessuno si era accorto di ciò che era accaduto. Vista la gravità della situazione, Ilario ritenne di andare a parlare immediatamente con sua suocera. Giunto al tempio, rimase sorpreso dal ridotto numero di soldati a guardia. Nessuno dei sacerdoti era presente. Strano, almeno per Cassandra in quanto, dopo la partenza di Eleno si era trasferita in modo permanente nel tempio. Solo un giovane aspirante era presente, con l’importante incarico di sorvegliare il fuoco sacro alla dea, posto davanti al Palladio. Assurdo. Quello era un incarico di prestigio riservato esclusivamente ai sacerdoti anziani. Va bene la situazione di tristezza e confusione che aleggiava in città, ma l’importante struttura sembrava abbandonata a sé stessa. A meno che Teano non avesse già cominciato ad attuare la sua strategia. A quel punto, corse a casa dei suoceri. Fu fatto entrare immediatamente e la suocera lo condusse in una saletta riservata dove non li avrebbe ascoltati nessuno. Ilario, entrando,  aveva visto di sfuggita Antenore. Era seduto, in silenzio, nel giardino, con lo sguardo perso nel nulla. Aveva ricevuto forse troppi colpi. Praticamente cacciato dal palazzo, aveva perduto nell’ultima battaglia 3 figli. In tutto, quella guerra, gliene aveva portati via cinque. Era ormai distaccato praticamente da tutto. Teano avrebbe ormai facilmente potuto convincerlo a fargli fare ciò che voleva. Ilario informò la suocera di quanto gli era accaduto e lei gli rispose che non solo aveva accettato la proposta ma che aveva iniziato già ad applicare il suo piano. Entrare in città è facile, l’hai sperimentato a tue spese. Aver gioco dei soldati che presidiano il tempio in numero molto ridotto, non sarebbe stato difficile. Il pericolo maggiore sarebbe stato rappresentato dai sacerdoti che, al primo segnale avrebbero fatto scattare un allarme che avrebbe richiamato un forte contingente di soldati alloggiati a breve distanza e normalmente preposti alla sorveglianza della reggia”.”Che hai fatto con loro – chiese curioso il genero  che poco prima non ne aveva visto nessuno. “Ho dato a Cassandra l’impegno di assistere Ecuba, a palazzo. Fra pazzi ci intende e, quindi, era la scelta giusta. Ho inviato Lacoonte nella vicina città di Arta, a due giorni di viaggio ad est, a prelevare il nuovo abito per la statua della dea. La cerimonia, per il cambio dell’abito,come sai bene, avviene ogni anno all’inizio dell’autunno, ossia fra pochi giorni. Per tradizione, da tempo immemorabile, sono gli artigiani di quella città che hanno questo pregiato incarico. Le reverende madri sono completamente assorbite dai riti funebri per i caduti dell’ultima battaglia e, pertanto, sono alloggiate per comodità in una struttura vicino alle mura esterne della città”.”Ma Lacoonte non ha sospettato nulla – chiese Ilario – Perché questo compito, di solito è svolto da un gruppo di reverende madri”.”Lacoonte ha due figli piccoli, Antifate e Timbrio che sono la luce dei suoi occhi. E’ bastato prospettargli che la dea avrebbe preso come un affronto il suo rifiuto di portare a termine l’incarico e che, magari, avrebbe potuto vendicarsi contro qualcuno che gli era caro. Per cui, senza fare più obiezioni è partito stamattina. Per concludere, Eleno, come ben sappiamo, se ne è andato di sua spontanea volontà”. “Quindi, se ho ben capito, pochi soldati si troveranno all’improvviso a combattere contro un nutrito e agguerrito gruppo di Greci che, naturalmente, li uccideranno tutti e uccideranno quel povero ragazzo che hai lasciato a sorvegliare il fuoco sacro e al quale, è chiaro, avrai pensato bene di non dire come dare l’allarme. Povero disgraziato – disse Ilario con tono piuttosto aspro – Ti avevo giudicata bene fin dall’inizio. Non ti fermi davanti a nulla”.”Sto cercando di salvare la mia famiglia !  – rispose la donna – O almeno quello che ne rimane. Mio marito, prima che questa città lo distrugga definitivamente, i miei figli ancora vivi, mio nipote e pure te, se non lo hai considerato. Perciò non ti permettere più di darmi lezioni oppure, sul tuo conto, potrei avere ripensamenti”.”Ma allora è una cosa che avverrà presto. Dovremo prepararci!”. Stasera stessa, i Greci conosceranno il piano. Noi dovremo partire mentre l’azione sarà in corso. Non posso rischiare di farmi trovare qui , dopo,  perché si capirà immediatamente che dietro a tutto ciò c’ero io. Perciò dillo anche a tua moglie. Stare pronti perché, da domani stesso, potremo doverci muovere in fretta”. Ilario, sapendo che con la suocera non si scherzava, si sbrigò a tornare a casa per avvisare la moglie che però, apparentemente era già al corrente di tutto. Mentre Crino finiva di occuparsi delle cose della casa, lui si recò al laboratorio per recuperare l’essenziale che voleva portare via. Era difficile e doloroso fare una cernita. Avrebbe portato via naturalmente tutti i suoi attrezzi, realizzati nell’arco di quei dieci anni, per ottenere risultati sempre più soddisfacenti e sofisticati. Li mise in una sacca che lasciò, per il momento, sotto il banco da lavoro. Raccolse tutto il metallo prezioso e le pietre che  usava per abbellire i suoi lavori e li mise in un’altra sacca ma poi, pensò che quelli sarebbero stati meglio insieme al denaro e ai preziosi che Crino aveva messo in un’altra bisaccia e che avrebbero consentito loro una vita più che agiata, una volta che fossero arrivati dove avrebbero deciso di stabilirsi dopo la fuga. Perciò si sbrigò a portarle quanto raccolto e vide che la donna aveva preparato già tutto quello che riteneva indispensabile. Un cambio d’abito, poca biancheria essenziale e poche altre cose necessarie nell’immediato. Erano costretti a lasciare tutto il resto. Crino, che fino a quel momento si era trattenuta, all’improvviso, iniziò a piangere e abbracciò stretto il marito. Era tristissima e sembrava disperata. Il marito cercò di farle coraggio, dicendole:”Su, consolati, il nostro sacrificio ci ripagherà più che sufficientemente per ciò che dobbiamo lasciarci dietro. Andiamo verso una nuova vita, gente nuova, nuove possibilità. Lasciamoci dietro questa città che sta morendo”. “Hai ragione rispose la ragazza, cercando di non piangere – Ma è per la nostra casa. Dieci anni di ricordi, di sogni, le cose comprate insieme, i nostri mobili”.”Nulla che non si possa ricomprare o ricostruire. Grazie al mio lavoro ed alla tua abilità negli affari, siamo ricchi. Te lo ricordi?. Sarà un nuovo inizio. Ricostruiremo la nostra casa dove meglio ci parrà e questa volta sarà per sempre”.”Speriamo – rispose Crino con voce stanca – Speriamo di trovare un posto dove vivere in pace e crescere nostro figlio, in qualche luogo lontano dalla guerra, dalla violenza”. Dopo cena,  Teano fece sapere loro che la partenza era prevista per la sera successiva. Quella sarebbe stata quindi l’ultima notte trascorsa in quella casa. Naturalmente non riuscirono a chiudere occhio e la trascorsero abbracciati, cercando di consolarsi a vicenda e scambiandosi ricordi. La mattina seguente, Ilario dovette comunque aprire il laboratorio per non dare nell’occhio. A pranzo, non mangiarono quasi nulla. Anche il piccolo Anteo, che pure non sapeva nulla, era stato in qualche modo contagiato dall’atmosfera di tensione che aleggiava attorno a lui e, contrariamente al solito, appariva estremamente silenzioso. Quella notte, appena fosse tramontata la luna, tutto avrebbe avuto inizio. Per quanto riguardava loro, un carro coperto sarebbe passato davanti alle loro case ed essi sarebbero dovuti salire in fretta con il  bagaglio. Il carro sarebbe stato guidato da due Greci ed un altro sarebbe stato con loro nel cassone per la loro sicurezza. Giunti alla porta Dardanica, delle guardie opportunamente istruite, li avrebbero fatti passare senza creare problemi. Dopo una frugalissima cena, Ilario e la moglie si misero ad attendere l’arrivo del carro, seduti appena dietro l’uscio di casa, mano nella mano, per farsi forza a vicenda. Il piccolo Anteo giovava accanto a loro con dei pupazzetti di legno che il padre gli aveva intagliato. Poi, nel silenzio, un suono di zoccoli risuonò per la strada. Ilario si affacciò alla porta proprio mentre il carro si fermava accanto a lui. Era uno di quelli grandi, usato normalmente per il trasporto della verdura e della frutta. Il ragazzo notò che però, diversamente dal solito, era trainato da cavalli, sei in tutto, piuttosto che dai soliti buoi. Probabilmente si voleva essere sicuri che, alla bisogna, si potesse procedere velocemente. A cassetta due uomini con mantello e cappuccio sulla testa. Una sola lanterna dal lato del guidatore, faceva a malapena intravedere i conducenti. Il cassone aveva una copertura rialzata, riparata con un pesante telone perché non si vedesse cosa trasportava. L’uomo accanto al conducente balzò a terra e, dopo aver abbassato la ribalta posteriore del carro,  andò ad aiutare i nuovi passeggeri a salire e, per velocizzare le operazioni, si caricò in spalla parte del carico. Facendo questo, il suo mantello si aprì per un attimo ed Ilario notò, con una certa apprensione, che quello era un soldato greco armato di tutto punto. Questo voleva dire che i suoi compagni, in quel momento erano già in città e, forse, in quello stesso istante, stavano rubando la statua. Se quello era vero, sarebbe potuto scattare l’allarme da un momento all’altro, qualcosa sarebbe potuto andare storto e loro sarebbero stati catturati ed avrebbero pagato per il loro tradimento. Fu Crino che, notato il momento di difficoltà del marito, gli strinse forte il braccio e gli disse con voce tagliente:”Smetti di avere paura, andrà tutto bene. Fra una mezz’ora saremo già tutti lontani da qui e poi Anteo ti sta guardando, quindi stai tranquillo”. Ilario, colpito dalle parole della moglie che ebbero l’effetto di una doccia fredda, si calmò e dopo aver caricato sul carro il piccolo Anteo e dopo aver aiutato la moglie a salire, si issò a sua volta. Per una attimo aveva rivisto la Crino che aveva conosciuto al suo arrivo in città, forte, cinica, sprezzante. Quella parte di lei, quindi era sempre là. Ed ora, dopo il suo smarrimento, cosa avrebbe pensato di lui? Lo avrebbe stimato ancora , soprattutto, l’avrebbe amato ancora? All’interno, alla luce di una piccola lanterna ad olio, vide alcune persone sedute sulle panche ai lati del cassone. Quelle in fondo erano Teano ed Antenore. Questi sembrava una statua di sale, pallido, assente, di certo combattuto fra la sua rabbia per essere stato cacciato dal palazzo e l’enormità di quel fatto, di cui si era reso complice. Aveva speso per la sua città tutta la sua vita ed aveva dato la vita di 5 dei suoi figli. Alla fine, aveva ceduto anche lui. Accanto a Teano, sedeva la sua schiava personale, Diane, che l’aveva seguita, fin da quando la sua padrona si era rifugiata a Troia. Completavano il gruppo due giovani, Glauco e Archelogo, due dei figli più giovani della coppia. Il carro si mosse e riprese  il suo viaggio discreto verso le mura della città. Ilario, dal suo posto, accanto all’apertura posteriore del telone, osservava le vie della città che non avrebbe più rivisto. La gente che silenziosa si muoveva accanto alle pareti delle case. Fra poco avrebbero raggiunto la porta Dardanica e poi, da lì, finalmente,via verso la libertà. Sarebbe tornato a casa, avrebbe rivisto la sua famiglia. Avrebbe mostrato al padre i suoi progressi ed i suoi nuovi attrezzi. “I  miei attrezzi! – esclamò il ragazzo – sono rimasti al laboratorio! – poi, rivolto al conducente – Ferma! Ferma!”.”Che succede? – domandò uno dei due a cassetta con voce rabbiosa – Che avete? Non abbiamo tempo per nulla. Dobbiamo muoverci”. “Ma io debbo tornare al mio laboratorio! Ci vorranno dieci minuti. “Il nostro capo è stato chiaro – disse il Greco con tono che non ammetteva repliche – Nessuna sosta, per nessun motivo, o non è garantita la vostra incolumità. Non possiamo controllare la porta della città per tanto tempo”. “E va bene – disse Ilario dopo aver riflettuto un momento – Scendo e vado a piedi. Per il ritorno, passando per i vicoli del mercato, sarò alla porta Dardanica prima di voi”. Fece per scendere ma Crino lo trattenne per un braccio. “Ilario, non fare sciocchezze! Non andare. Siamo così vicini alla salvezza, alla libertà!”.”Stai tranquilla – rispose lui – ci rivedremo prestissimo”.”Lascialo andare – disse Teano con voce tagliente – Se preferisce i suoi dannati attrezzi alla sua famiglia, è affar suo. Tanto – aggiunse – non è mai stato uno di noi!”.”Vecchia strega – disse il ragazzo fra i denti – fino all’ultimo!”. Dette un bacio veloce sulla guancia ad Anteo ed alla moglie e, rapido, scostato il telone, si lasciò scivolare al suolo. Il conducente gli ripetè: “Ricordati, niente soste. Se non sei alla porta quando arriviamo noi, resti qui”. Ilario guardò per un attimo il carro allontanarsi. Non procedeva veloce per non dare nell’occhio. Il laboratorio era ancora vicino, lui sapeva di preciso dove cercare,  conosceva i vicoli del mercato come le sue tasche ed il carro, per arrivare alla porta doveva compiere un ampio giro che richiedeva tempo. Non c’era problema, ce l’avrebbe fatta con ampio margine. In pochi minuti fu al laboratorio ma qui, lo aspettava una sorpresa. La porta che lui aveva lasciato ben chiusa, ora era accostata. “Cos’è questa storia – si chiese – dei ladri, forse. Ma proprio stasera!”. Cautamente entrò e subito avvertì dei rumori provenienti dal piccolo magazzino. La debole luce di una lampada, illuminava la scena. Qualcuno, coperto da un mantello, stava frugando nelle casse e sugli scaffali e già aveva preso della merce, accumulandola accanto a sé. Ilario riconobbe le pezze dei tessuti pregiati. Una piccola fortuna che aveva dovuto scegliere di abbandonare. Prima di rendersi conto di cosa stava facendo, esclamò:”Pezzo di farabutto! Chi sei? Che stai facendo?”. L’altro, indubbiamente sorpreso, immediatamente si immobilizzò. Poi, lentamente, prese a girarsi ma con il cappuccio sempre abbassato in modo da rimanere irriconoscibile.  Quando però, alla luce della lampada, l’intruso riconobbe colui che l’aveva sorpreso, con voce allegra, esclamò:”Non posso crederci! Gli dei hanno esaudito le mie preghiere. Tu! L’origine di tutti i miei guai. Il buzzurro! Ora, proprio davanti a me!”. Ilario non aveva riconosciuto la voce ma ricordava colui che l’aveva sempre indicato con quell’appellativo ed ora era lì, davanti a lui. Di certo, una persona pericolosa. “Tassos! – esclamò – Ma come sei qui? Sapevo che eri fuggito con un bel po’ del denaro dei miei suoceri. Sei sempre stato un ladro e  un farabutto. Mia suocera ti ha fatto cercare dappertutto  mai senza nessun risultato ed alla fine eravamo convinti che fossi morto”.”Fuggito? – rispose l’altro con atteggiamento molto alterato – Dopo che tu hai messo in dubbio la mia fedeltà e la mia lealtà verso Teano, quella strega ha effettivamente concluso che sapevo troppo ed ha prudentemente dato ordine di farmi sparire con discrezione nello Scamandro. Per fortuna, sono stato avvisato in tempo e mi sono potuto salvare”.”Certo, ma non prima di aver rubato una discreta quantità di monete d’oro, da quel ladro che sei”.”Io non sono un ladro! – disse l’altro che si stava veramente infuriando – Sono un alto dignitario di corte che un re, vigliacco e disonesto, ha dato in ostaggio a Priamo a garanzia di un pegno che poi non ha rispettato. Io sono finito all’asta degli schiavi! Capisci?”.”Magari il tuo re, conoscendoti bene, ha solo voluto semplicemente liberarsi di te – rispose sarcastico il ragazzo. “Taci! – ribattè l’altro sempre più arrabbiato – Tu non sai cosa ho dovuto fare per sopravvivere in questi anni. Alla fine, ho dovuto accettare di lavorare perfino per i Greci, come spia, vestito da straccione e vagando nella città esterna, per non farmi notare. Così ho saputo del vostro imbroglio ed ora sono qui, per prendere tutto quello che posso dalle vostre case a titolo di risarcimento”.”E non hai perso tempo, carogna – gli rispose disgustato il ragazzo. “Cero che no – rispose l’altro – quando si saprà quello che avete fatto, qui brulicherà di soldati e allora saranno loro a prendersi tutto”.”Dovrei prenderti a calci e strozzarti – rispose Ilario – ma non mi ci voglio nemmeno sporcare le mani con te. Tanto, per il male che hai fatto, gli dei ti puniranno comunque”. Seppure furioso sapendo che il frutto del suo lavoro stava finendo nelle mani di quel mascalzone, era consapevole di avere cose ben più importanti da fare. Perciò, si girò e prese la sacca dei suoi attrezzi da sotto il bancone, dove l’aveva lasciata il giorno prima e fece per andarsene ma prima si girò un’ultima volta verso Tassos e, con grande amarezza gli disse:”L’avevo detto appena ti ho visto che eri un poco di buono, altro che un dignitario. Una vecchia baldracca al massimo. Vado via, invece di fartela pagare, solo perché io, a differenza tua, ho una vita davanti. Che tutti i soldi che ruberai ti vadano per traverso, ladro miserabile”. Poi si voltò e si diresse verso l’uscita del negozio con l’unico pensiero di raggiungere la sua famiglia. Tassos, a sentire le parole dell’altro, era rimasto letteralmente immobilizzato dalla rabbia, quasi avesse ricevuto un tremendo schiaffo ma, subito dopo, quando Ilario si voltò, estrasse il suo pugnale e con un balzo inaspettato, glie lo immerse nella schiena fino all’impugnatura. “Tu non te ne vai, buzzurro. Tu non hai nessuna vita davanti, perché me la prendo io – gli soffiò l’ex schiavo nell’orecchio mentre l’altro, immobilizzato dal dolore era ancora in piedi – Sarai tu a finire nello Scamandro e nessuno saprà mai che fine hai fatto”. Poi estrasse il pugnale e lasciò che il ragazzo si accasciasse lentamente a terra, mentre perdeva una grande quantità di sangue e, come se niente fosse, tornò a fare la cernita della refurtiva da portarsi via, sapendo di non avere molto tempo a disposizione per compiere tutto quello che aveva stabilito di fare quella notte. Ilario era rimasto sul momento privo di fiato per il dolore lancinante che aveva provato ed ora, riverso al suolo, stava realizzando quello che accadeva. Stava morendo. L’enormità della cosa lo travolse e lo privò di ogni energia. Crino, Anteo, la sua famiglia. Non avrebbe veduto più nessuno. Stava lasciandosi andare, mentre una pozza di sangue si allargava sotto di lui. Poi, ebbe un pensiero, un’intuizione. Con le poche forze che gli restavano, si girò faticosamente su un fianco, si strappò dal collo la catenina che la madre gli aveva regalato e che aveva sempre portato con sè per tutti quegli anni. Sollevò la catenina verso l’alto, stendendo il braccio per quanto poteva e guardando il cielo, cominciò ad implorare:”Riportami a casa! – e di nuovo – Riportami a casa! – e ancora, con voce sempre più debole…..

Ora, improvvisamente la visuale cambiò. L’osservatore vedeva Ilario dall’alto. Il ragazzo lo guardava a sua volta, tendendogli il piccolo monile e ripetendo la sua accorata richiesta. Poi la scena si allontanò. Tutto rimpicciolì. Il ferito, la casa, la città, poi, più nulla…

  
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