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Autore: Pandora13    06/04/2024    2 recensioni
Mentre guarda la partita nel megaschermo del locale, Osamu ha una rivelazione su se stesso e va nel panico.
Per fortuna ormai può annoverare tra i propri amici anche Akaashi Keiji.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Osamu Miya, Shinsuke Kita
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nda: storia ripresa da una wip di più di un anno fa e completata per la Challenge wip spring del gruppo facebook @KomorebiCommunity.

TW: attacco di panico descrittivo 

 




 

«Scusi? Scuuuuusi? Mi scusi sto parlando con lei! Vorrei ordinare degli onigiri.» la voce arrabbiata del cliente trascinò Osamu fuori dallo stato di trance in cui era entrato.

Inorridì.

Si era... davvero incantato?

«Dunque? Che ne pensate, i miei vecchi compagni di squadra non sono fantastici?» aveva chiesto con un sorriso raggiante.

Si era davvero incantato a guardarlo? Cazzo!

L'immagine di 'Tsumu che passava di nuovo in tv, acuì solamente il senso di colpa.

Nonononono questo non era possibile!

Quando era successo?

Quando aveva preso una cotta per Shinsuke Kita?

Nonononono, oh nonononono.

Non era assolutamente possibile.

No!

«Stai andando nel panico, Miya-sam.».

Quando era arrivato Akaashi?

Quanto aveva colto di tutto ciò che era accaduto?

Lo avrebbe detto a 'Tsumu?

Nonononononono!

«Yuki per favore prepara in cucina l' occorrente per fare una dose tripla del mio solito ordine e poi dai il cambio a Miya-sam.».

«Miya-sam, guardami -la voce decisa, ma tranquilla - ho bisogno di sapere se posso toccarti, se sei in grado di muoverti... so che stai male, sono qui per aiutarti, ma hai bisogno di un posto più tranquillo, andiamo a prendere una boccata d'aria e poi in cucina, ok?» chiese Akaashi, aspettando un cenno affermativo prima di prenderlo per i polsi e trascinarlo con sé sul retro del ristorante.

«Segui il mio respiro, respira con me... inspira... uno, due, tre... sette... espira... di nuovo.».

Il battito di Osamu rallentò, adattandosi al suo e così i respiri: lenti, calcolati.

Tremava ancora, ma la vista non era più oscurata e riusciva a respirare.

Akaashi rimase in silenzio.

Era grato agli sbalzi umorali di Bokuto per avergli insegnato a rimanere calmo e razionale in ogni situazione.

Era grato al proprio essere sempre così pacato e razionale in ogni situazione, così represso se vogliamo, da averlo portato -sebbene nel peggiore dei modi- a sapere come riconoscere e gestire dagli attacchi d'ansia più lievi, ai peggiori attacchi di panico.

«Meglio?» chiese in un sussurro.

«M-meglio.» la voce di Osamu uscì spezzata.

Le tecniche di respirazione erano importanti, ma non bastavano, sapeva che probabilmente Osamu si vergognava di essersi mostrato tanto vulnerabile e voleva parlarne, che sicuramente avrebbe voluto chiedere quanti avevano visto la scena, o chiedere come faceva a sapere cosa fare, ma non era il momento.

«Andiamo, devi preparare la nostra cena da asporto prima di portarla da me...».

Lo seguì come un automa.

Preparare onigiri era perfetto: un lavoro manuale, meccanico, preciso, che richiedeva tanta attenzione da non pensare all'attacco... aveva calcolato bene.

Osamu lavorò in silenzio per quasi dieci minuti, il respiro sempre più regolare, i movimenti sempre meno rigidi.

Era passato del tutto.

«È la prima volta che hai..?».

«Un attacco di panico? No, non proprio, non lo so.» si fermò, riflessivo.

Akaashi rimase in silenzio, aspettando che fosse lui a riprendere il discorso, quando si fosse sentito nuovamente a suo agio.

«Ho sofferto d'ansia, per un periodo, al liceo. All'inizio non capivo cosa fosse, né perché... è stato quando... quando ho capito cosa volevo fare davvero. Ho cercato i sintomi su internet e poi sono andato dallo psicologo della scuola.
Mi ha spiegato che erano attacchi d'ansia, che quando inizi a soffrirne poi vengono senza un motivo apparente, ma abbiamo capito che era iniziato perché ero... ero talmente preoccupato per 'Tsumu che... però niente di così forte: nausea, mal di stomaco, respiro bloccato in gola per un istante, insonnia, tremori. Beh detto così sembra grave -una risata nervosa interruppe il flusso di pensieri- ma non erano mai sintomi eccessivamente forti e mai tutti insieme. Questo era...».

«Spaventoso» concluse per lui Akaashi.

Non voleva farlo, gli era sfuggito quel sussurro fatto solo di comprensione ed empatia.

«Non volevo spaventarti, scusami.».

«Non intendevo spaventoso per me.» la voce pacata, ma seria e attenta. Lo sguardo da solo bastava a completare il quadro.

Spaventoso per te stesso, la prima volta che lo provi.

Akaashi sapeva perché ci era passato.

«Vuoi parlarne?».

«E tu?».
 



«Allora fratellino» iniziò Atsumu con un sorrisetto strafottente, quello di chi sa di aver vinto la loro scommessa sulla felicità, o almeno vuole convincersi che sia così.

«Ancora con questa storia? Tre minuti non ti rendono il fratello maggiore!» risposta pronta, collaudata, quella parte era facile.

«Hai visto che partita?! »

Ecco questa era la parte più difficile.

Maschera da fratello stronzo in posizione.

Battuta imparata a memoria.

Era pronto ad andare in scena.

«Quale partita?» fece il finto tonto.

«'Samuuuuuuuu no ci crede nessuno che te la sei scordata.».

«Mmh beh in effetti non avrei potuto, dato che giocavano Aran-kun, Hinata-kun, Kageyama...».

A quel punto 'Tsumu ribolliva di rabbia, consapevole che lo stesse prendendo in giro, ma comunque incapace di non offendersi e di conseguenza arrabbiato anche per questo.

«Scherzo, scherzo! - mise le mani avanti, in segno di difesa, prima di affondare il colpo finale- Come avrei potuto scordarla, visto quanto hai frignato perché me ne ricordassi?».

'Tsumu aveva un broncio adorabile a quel punto, ma ancora non era abbastanza perché non pensasse ad avere una risposta seria.

«Ho dovuto rivederla il giorno dopo, abbiamo sintonizzato gli schermi del locale, l'abbiamo vista tutti insieme, ma mi ero perso troppe cose, c'è stato davvero molto lavoro.» era una mezza verità, non poteva dire a 'Tsumu di averla vista in diretta, avrebbe capito che mentiva... non poteva dirgli che non l' aveva vista a causa di un attacco di panico, o avrebbe voluto sapere cosa lo aveva causato.

'Tsumu sembrava avergli creduto, non si sarebbe preoccupato inutilmente, andava bene così.



"Dunque... vuoi parlarne?" la notifica del messaggio di Akaashi lampeggiava sullo schermo dall'intera giornata.
Aveva visto l'anteprima e deciso di ignorarla.
Non era pronto a parlarne.
Ammetterlo ad alta voce lo avrebbe reso vero, inoltre l'idiota maggiore era ancora spiaggiato a casa sua e non voleva correre rischi.

Cosa sarebbe successo se avesse avuto un nuovo attacco pensandoci?

O peggio se 'Tsumu avesse letto quel messaggio e si fosse preoccupato?

Stava di nuovo respirando male.

NO! Cazzocazzocazzo non poteva farsi vedere così!

«Pronto?» era riuscito a far partire la chiamata, ma parlare, quello era un altro paio di maniche.

«Miya-sam riesci a dirmi se sei solo?»
«S-sì»
«Atsumu-san non è lì?»
«B-bagno»

«Ok, ok senti dammi un secondo ok? Tu rimani lì e respira uno... due... tre... sette...» Akaashi non smetteva di parlare, ma sotto sentiva il rumore di una tastiera che scriveva veloce.

«Ok, questo terrà occupato tuo fratello per un po', tu concentrati sulla mia voce uno... due...»

Il respiro stava tornando regolare, mentre dal telefono giungeva la voce calmante di Akaashi e dalla stanza di fianco la consolazione della voce di Bokuto, che urlando in video-chiamata distraeva suo fratello.

Kami, avrebbe dovuto fare una statua a quei due!

«È... è passato Akaashi, grazie...»

«Di niente, però sai... se ti fa questo effetto forse dovresti-»

«Non posso, si preoccuperebbe e sentirebbe in colpa per qualcosa che dipende solo da me»

«Wow hai visto che fico che è quel ragazzo coi capelli bianchi?»

Si era limitato a scuotere le spalle e continuare a provare i fondamentali al muro, mentre Atsumu quasi prendeva una pallonata in testa, perché troppo distratto a guardare Kita-san per guardare cosa diavolo stava facendo.

Idiota.

Si era fissato con quel panchinaro del secondo anno che aveva quell'aspetto sempre severo e pulito... quella cura per gli altri... quel modo di fare schietto, al limite del cinismo.

«Kita-san è così meraviglioso, chi sa perché non gioca...»

«Woah ci pensi? Kita-san sarà il nostro capitano!»
«Così potrà metterti al tuo posto!»

«Che dolce, Kita-san mi ha portato a casa le medicine e la zuppa di miso!»
«Certo, dopo averti cacciato dalla palestra a calci nel sedere perché hai la febbre...»

«Samu? Ma secondo te, a Kita-san potrei piacere?»
«Chiediglielo!»
«E se poi mi rifiuta?»
«Fallo il giorno del diploma, così poi avrai un anno per dimenticartene...»
«Ok, se vinciamo i nazionali glielo dirò... ma tu sarai con me, vero?»

Certo che ci sarebbe stato, c'era sempre per Atsumu.

Ma non era andata così...

C'era stata la loro furiosa lite, quando Atsumu aveva scoperto che lui non avrebbe proseguito con la pallavolo... Kami! Si era sentito così in colpa ed egoista, solo per aver scelto la propria strada.

E non c'era stata neanche alcuna dichiarazione, avevano perso contro il Karasuno e ogni sogno di vincere i nazionali si erano infranti.

Era stato quel giorno che aveva visto per la prima volta Kita-san come un comune mortale.

Ripensandoci, forse la sua non era stata tutta ammirazione per il suo carattere, né empatia perché aveva la sua stessa cura per Atsumu... ripensandoci bene, se non era già successo prima, quel giorno sicuramente il suo amore per Kita Shinsuke sarebbe inevitabilmente sbocciato.

Solo che non lo aveva visto arrivare, aveva soffocato talmente tanto ogni cosa che potesse far male ad Atsumu, che ci aveva messo anni a capire come si sentiva.

«Per me era lo stesso... era Bokuto, cioè non era lui... era la mia volontà di essere sempre perfetto, impeccabile che faceva già parte di me da prima di conoscerlo, ma quando l'ho conosciuto si è accentuato tutto, dovevo mantenere il controllo per gestire i suoi crolli, dovevo imparare a leggere la situazione... dovevo, dovevo, dovevo... e sai come è finita?»

Perso nei pensieri quasi non si era accorto che Akaashi aveva ripreso a parlare.

«Ti sei liberato del problema scaricando Bokuto-kun a mio fratello?» scherzò Osamu.

Akaashi rise, più rilassato sapendo che il peggio era passato, se Osamu poteva scherzare così.

«Bokuto mi ha trovato nel ripostiglio della palestra, durante un ritiro. Ha gestito tutto con una delicatezza di cui non lo credevo capace, mi ha aiutato a riprendermi e poi mi ha fatto una predica che non finiva più sulla necessità di prendersi cura di sé, sull'importanza di essere egoisti e rilassati qualche volta. Mi ha detto che sa badare a se stesso e non potevo continuare a star male anche per occuparmi di lui, mi ha assicurato che sarebbe cresciuto, anche perché aveva deciso di andare al college. Quel giorno mi ha stupito davvero. E non l'ho scaricato, quei due si sono trovati!» concluse con una battuta di rimando, per tenere l'atmosfera il più leggera possibile.

«Sai, sono dovuto arrivare a questo punto per rendermi conto di quanto ho rinunciato a me stesso e quanto male mi sono fatto in questi anni per proteggerlo.»

«Ti capisco, ma guardalo bene: vive la vita che ha sempre desiderato, ha la carriera dei suoi sogni, ha trovato l'amore della sua vita... non che qualcuno abbia idea di come siano finiti insieme, o di come sopravvivano, ma tant'è. Sei davvero sicuro abbia ancora bisogno che ti immoli per lui? Secondo me non gli dai abbastanza credito»

E Akaashi aveva ragione su ogni parola, sul completo non senso che erano suo fratello e Bokuto come coppia, sul fatto che si stesse preoccupando per nulla.

Cazzo, se fosse stato in quel momento sul letto di morte, suo fratello avrebbe potuto rispettare senza problemi la sua promessa di ridergli in faccia, perché era il più felice tra i due.

«Gli parlerò»

«Ad Atsumu, o a Kita-san?»

«Come...»


"Perché?"
"Lo aspettavi dal nostro primo anno"
"Lo sapevi? Come cazzo lo sapevi? Io non lo sapevo!"
"Sei sempre stato palese 'Samu"

Quando era uscito dal bagno, al posto di suo fratello aveva trovato una cena da asporto e Kita ad aspettare.

«Atsumu ha detto che mi devi parlare»

Il cuore di Osamu stava di nuovo battendo all'impazzata, ma stavolta il panico non c'entrava niente. 

 

   
 
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