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Autore: oscar 82    10/04/2024    2 recensioni
Dal capitolo 1: "...Sta mentendo.
Ha voluto che fossero loro due da soli, dopo talmente tanto tempo che Merlin neanche più ricorda come sia essere ancora Merlin e Arthur - gli inseparabili, le due metà indivisibili che un Fato crudele ha legato con il filo spinato del segreto, un segreto che li ha feriti fino a dissanguarli senza rimedio".
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Tempo fa avevo chiesto a Lulette di aspettarmi perché la mia intenzione era di riprendere una vecchia trama alla quale non avevo ancora lavorato nel modo in cui mi sembrava più opportuno. Ebbene quel momento è arrivato! Sfortunatamente non posso promettere la rapidità che mi ha contraddistinta in passato: nel 2024 sto avendo tempi di lavoro più intensi e la storia - pur presente nella mia testa - è ancora da scrivere! Per ora vi lascio il primo, breve capitolo, sperando di farvi cosa gradita. Alcune note:

- gli eventi partono un anno dopo le nozze tra Arthur e Gwen - quindi mostrano uno scenario che non abbiamo visto - ma nei primi capitoli ci saranno anche diversi flashback;

-Lancelot è vivo e vegeto;

- ad ogni capitolo verrà assegnata una canzone che ne riassume il clima e lo stato d'animo dei protagonisti.

Un grazie a chi leggerà, D.








I raggi del tramonto cadono sui vessilli svolazzanti e il cielo intorno sembra tingersi di un acceso arancio, a metà tra le sfumature del Sole e del Rosso Pendragon. 
 
Il loro riflesso sembra fermarsi sulla nuvola di polvere che annuncia il rientro dei Cavalieri di Camelot, finalmente tornati sani e salvi da un’altra delle lunghe trasferte che il Sovrano del regno, Re Arthur, ha consegnato loro. 
 
Merlin, Emrys lo stregone, guida il manipolo. 
 
Smonta da cavallo agile, scrollandosi il lungo mantello nero a coprire abiti più confortevoli rispetto a un tempo, ma non così diversi da quelli indossati quando si aggirava per il castello e tutti pensavano a lui soltanto come al servitore di Arthur. 
 
“I miei prodi compagni d’arme sono infine al sicuro, ancora una volta!”
 
La voce profonda di sir Leon è lieta al pari del suo viso, mentre si avvicina ai suoi amici facendo cenno a un gruppo di stallieri di ritirare gli affaticati animali. 
 
“Tu invece sempre qui a bivaccare e a far nulla, eh? La prossima volta chiederò ad Arthur di scambiarci di posto”,

le parole petulanti di Gwaine accompagnano la pacca sulla spalla al più anziano cavaliere. Merlin li osserva e non può fare a meno di farsi contagiare dal loro buonumore.
 
Vorrebbe gioire anche lui nel tornare a Camelot, a casa. Ma non può.
 
“Le Loro Maestà?”

chiede Lancelot, anticipandolo di un soffio. 
 
“Saranno qui a momenti”.
 
Lo sguardo del mago punta verso l’ampia scalinata che anticipa l’ingresso. Si perde un attimo lì, sui gradoni, inseguendo ricordi che compaiono suo malgrado e che vorrebbe poter cancellare per quanto belli siano - per quanto facciano male.
 
Finché dal portone principale non appare il Sovrano a strapparlo dai propri pensieri.
 
È splendente, la tenue luminosità al calar del giorno riverbera sui capelli biondo grano, che quasi scintillano. 
Da sempre - dal primo giorno che Merlin lo ha incontrato - Arthur e la luce hanno un connubio speciale, che il trascorrere del tempo non tange. Anche con una semplice casacca bianca - la cintura si ferma in vita ed esalta le ampie spalle – tutto in lui parla di regalità e austera, inaudita bellezza.
 
Il mago sente come un laccio avvolgersi nel profondo del petto e stringere forte. 
 
 “Bentornati a voi, miei Cavalieri. Felice di riavervi a Camelot”.
 
La sua voce allegra e cristallina li accoglie quanto il più caldo dei saluti, ma quando i loro occhi si incontrano - solo un attimo fugace -  è come sentirsi trapassato da una lama. 
 
Distoglie il viso, irrigidendosi.
Resta per qualche momento in disparte, mentre il gruppetto di uomini - gli uomini di Arthur, i suoi uomini, ormai – riceve dal Re i giusti meriti per la missione conclusa con successo. 
 
“Nella sala grande troverete una lauta cena. E vino. Ne avrete bisogno, dopo giorni e giorni di cibo da viaggio”,

annuncia e non trattiene una risata al grido di giubilo di Gwaine e Perceval. 
 
Merlin fa per accodarsi. Se Arthur non ha nulla da dirgli, è solo un bene. Le lodi al collettivo sono più che sufficienti, non cerca di certo gratificazioni.
 
Non cerca più nulla.
 
“Aspetta, Merlin”.
 
Il mago si arresta e si volta. Sentir pronunciare il suo primo nome da lui gli arresta l’aria nei polmoni. 
Si guardano un istante che dura un’eternità, mentre una mano trova un lembo del mantello per stringerlo convulsamente. Sostiene gli occhi indagatori del Sovrano con fermezza, senza lasciar trasparire quanto sia spiacevomente colto di sorpresa. 
La sua magia pulsa di anticipazione.
 
“Raggiungimi nelle mie stanze. Mangerai in mia compagnia”,

suona come un ordine. 
 
Merlin continua a fissarlo, circospetto e guardingo e tuttavia incapace di rispondergli.
 
Per favore”,

aggiunge poi di fronte al suo prolungato silenzio, con un tono che sembrerebbe quasi di ruvida dolcezza – ma non può essere, Merlin deve essersi sbagliato, perché essa non raggiunge le profonde iridi blu cobalto. 
E invece sì.
 
“Come desiderate”,

chiude allora laconico. 
 
Avverte su di sé la preoccupazione di Lancelot che gli è rimasto accanto a un passo, vigile. Va tutto bene, sussurra appena e gli fa cenno di andare. 
Le dita si distendono e raggiungono i lacci del mantello, che scivola giù dalle spalle ancora rigide. Una giovane serva – poco più che una ragazzina – lo prende in custodia. 
 
“Me ne occupo io, signore”.
 
“Grazie. È solo Merlin comunque. Niente signore”,

ribatte gentile. La fanciulla abbassa lo sguardo, arrossendo. Gli fa tenerezza. 
 
La guarda allontanarsi mentre un altro ricordo – un sé della stessa innocente età, che si aggira tra gli androni del castello reggendo un mantello rosso e oro, trafelato e felice – lo investe come uno strale aguzzo. Lo allontana con forza, chiudendo le palpebre.
 
La magia danza sotto l’epidermide, scorre e si intensifica a ogni passo diretto verso le camere regali, perché malgrado tutto non può, non riescea impedire che ogni briciolo della sua stessa energia vitale esulti, per essere tornata infine da Colui che è la ragione prima della sua esistenza.
 
Ha bisogno di respirare a fondo per controllarla e sedarla, protraendo una lotta impari che oramai perde da mesi. 
 
“Merlin! Bentornato a casa, amico mio”.
 
Elyan sembra sbucato dal nulla – o forse non lo ha visto, smarrito troppo nei suoi stessi meandri; se ne sta lì davanti a lui, il sorriso candido che si allarga sul viso bruno e gioviale, accogliente.
 
Accogliente proprio come casa dovrebbe essere. 
 
“Elyan. Contento di rivederti. Ti trovo in ottima forma”.
 
“Non posso dire lo stesso di te. Con tutta la tua magia non riesci ad avere un aspetto più decente? Cosa succede?”

chiede a mo’ di scherzo, ma non cela un pizzico di inquietudine mentre ne scruta il pallore.
 
“Sono dannatamente stanco”.
 
“Ehi. Mi spiace davvero non poterti essere d’ aiuto. Sai che se dipendesse da me ti seguirei tutte le volte, ma Arthur…”.
 
Non lo lascia finire.
 
“… Non permetterà mai che suo cognato diventi più fedele a uno stregone bugiardo che a lui”

ed è più forte, più forte di lui, le parole cascano giù dalle sue labbra taglienti e amare come fiele, come un serpente che desidera solo iniettare veleno. 
Si accorge tardi del lieve sussultare del cavaliere, colpito nel segno dalla verità.
 
Da quando è diventato così impulsivo?
 
“Scusa… Scusami, non volevo. Devo andare, ora”

sussurra a denti stretti, allontanandosi rapidamente per non vedere il riflesso negli occhi dell’uomo. Dei, non sopporta la compassione.
 
Si ferma a una delle balaustre, stringendo i pugni sulla ringhiera fino a farsi sbiancare le nocche, cercando di bere l’aria della sera come unico rimedio per le troppe ferite aperte. Vorrebbe solo andarsene,essere ignorato. Restare invisibile al Re come già accaduto in precedenza, a ogni ritorno a Camelot.
 
Maledizione, Emrys.
 
I suoi grandi occhi blu zaffiro volgono in bruciante oro quasi a ricordare a sé stesso, al mondo intero di quale e quanto potere siano detentori. Non accetta compassione.
Non permetterà a nessuno - non permetterà ad Arthur -  di guardargli dentro, di trovarlo vulnerabile.
 
Risponde solo con un cenno all’attenti dei picchetti davanti alle stanze reali, attendendo che gli aprano le porte, e varca la soglia.
 
È come aprire una cassaforte che contiene i tesori di una vita.
 
Immagini, suoni, colori si dispiegano in ogni angolo a lui visibile – le tende, le finestre intarsiate, l’imponente baldacchino – in un caleidoscopio di memorie che pensava finalmente sotterrate e che al contrario sono tutte lì. Riaffiorano alla mente come l’oro è riemerso ruggente e feroce nelle sue iridi, ferme sulla sagoma di Arthur di spalle davanti al camino, e può sentire l’urlo della magia rombare nel profondo del suo animo, smaniosa a reclamare il volto, la voce, l’attenzione del Suo Re. 
 
No, non perderà stavolta.
 
Il comando che le intima è muto, ma talmente autoritario che il suo potere si ritira all’istante, quasi contorcendosi. Quando il Sovrano si gira e i loro sguardi si uniscono, gli occhi di Merlin sono due dischi freddi e glaciali, un’armatura di cristalli intrecciati a imprigionare la lava che cova al di sotto. 
 
“Eccomi da voi come avete chiesto, Vostra Maestà”.
 
Arthur rimane a fissarlo un lungo momento, cercando senza successo di scavare dietro la maschera raggelante che è calata sul suo viso. Il mago si sforza di contenere un sorrisetto di soddisfazione nel vederlo inevitabilmente spiazzato.
 
“Accomodati”

dice alla fine, indicandogli un catino d’acqua. 
 
Merlin osserva il proprio riflesso nello specchio liquido – è così diafano, esangue, ha davvero spinto oltre le sue forze durante quest’ultima spedizione. Si sente consumato
 
Avanti, resta lucido. 
 
“Non vedo Sua Maestà la Regina”,

abbozza mentre si asciuga le mani, desiderando in qualche modo interrompere l’analisi silenziosa di Arthur, che non si è ancora arreso.  Continua a sondare e Merlin coglie una per una le domande che affollano la sua mente, le riesce a percepire anche soltanto da come sbatte le lunghe ciglia dorate. 
 
Anche il Re d’altronde possiede una coriacea armatura, il mago la conosce. 
Oh, quanto bene la conosce.
 
“Non ci sarà. È leggermente indisposta”.
 
“Nulla di grave, spero”.
 
“Assolutamente”.
 
Sta mentendo. 
 
Ha voluto che fossero loro due da soli, dopo talmente tanto tempo che Merlin neanche più ricorda come sia essere ancora Merlin e Arthur - gli inseparabili, le due metà indivisibili che un Fato crudele ha legato con il filo spinato del segreto, un segreto che li ha feriti fino a dissanguarli senza rimedio. 
 
È passato troppo tempo. 
 
Bugiardo. Ricordi tutto, tutto, la magia puntualizza senza scampo.
Taci.
 
“È un problema, l’assenza di Gweneviere?”
 
Il mago cerca i suoi occhi - quegli occhi cerulei e sempre limpidi, onesti- e vi trova un’ombra di inquietudine che mal si sposa con l’accento provocatorio della domanda. 
 
“Dovrebbe?”   

ribatte soltanto, con un lampo di sfida nella voce.
Coraggio, vediamo cosa vuoi.
 
Non si tirerà indietro, giocherà a carte scoperte.
Non ha nulla da perdere, perché ha già perso tutto ciò che conta.
 
 
 
 



Nda - Soundtrack per questo capitolo: “Decode” – Panamore
 
 
 

 
 
 
 
 
  
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