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Autore: ius_romae    24/04/2024    0 recensioni
Il mondo è governato da 10 tiranniche famiglie nobili, che sfruttano tutte le risorse lasciando i comuni cittadini a morire di fame. Dicov era uno questi, finché...
(Lo sto scrivendo nel tempo libero tra una lezione e l'altra. Quindi potrebbe restare in pausa o anche inconcluso per periodi di tempo piuttosto lunghi.)
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La radio-sveglia suonava assordante dal comodino, con la voce squillante del presentatore che esclamava: “Buongiorno cittadini dell’impero! Spero che abbiate passato una buona notte in compagnia delle nostre trasmissioni e della musica, perché adesso tocca a me e al mio compagno Rubne con le prime notizie del giorno!” tutto ciò solo per venir spenta dopo pochi attimi dalla mano di Dicov, il quale, mugugnando, si alzò e procedette a prepararsi la colazione con i miseri ingredienti che si poteva permettere dopo le tasse, diventate sempre più opprimenti da quando erano iniziati i moti rivoluzionari.

La famiglia Itael, che gestiva la città nella quale risedeva Dicov come centinaia di migliaia di altre persone, non era affatto interessata al loro benessere, né fisico né mentale. Avessero posseduto l’abilità dell’imperatore, la quale consentiva di schiavizzare le masse con la propria sola volontà, sia tramite ordine cartaceo, che tramite voce vi sarebbe stata più speranza. La cosa peggiore è che era efficace anche tramite video, non ci sarebbe stata davvero speranza. Ma fortunatamente quest’abilità era estremamente rara e solo una persona alla volta la ereditava, anche nel caso di gemelli. In ogni caso, la maggior parte dei cittadini dell’impero erano ridotti in condizioni estremamente miserabili, in quanto quasi nessun membro delle Dieci Grandi Famiglie Nobili aveva interesse nel migliorare la situazione della “plebaglia”, così come veniva colloquialmente chiamata dai nobili.

Mentre si lasciava andare in questi pensieri Dicov pensava anche a quanto sarebbe stato bello avere della luce vera e non doversi accontentare delle luci bluastre emesse dai pannelli pubblicitari fuori le serrande, ma sapeva anche che il mondo intero era stato calato in una semi-tenebra eterna molto tempo prima della sua nascita per consentire alla famiglia Naaz di sfruttare al meglio i loro poteri, per qualche ragione tutti legati alle ombre. 

Finita la colazione e il rimuginio si diresse verso la doccia sonica, giusto per rendersi presentabile per le lezioni di quel giorno, non che fossero troppo interessanti, del resto erano quasi tutta propaganda palese, ma andare a lezione gli avrebbe permesso di recarsi in mensa, la quale era fortunatamente gratuita per gli studenti, poi e, più importante, di incontrare i suoi amici per chiacchierare del più e del meno. 

Dicov si vestì con la sua tuta grigia dai dettagli oro, colore della famiglia Itael,  che si ripresentava su tutti i dettagli della città, scese velocemente le scale e si diresse verso il cupo edificio grigio dal logo oro che era la scuola. Lungo la via i pannelli pubblicitari provavano a vedere prodotti eccessivamente cari per un cittadino medio, ma forse con i risparmi di una famiglia, in tempi normali si sarebbe riusciti ad acquistarne uno.

Pensando a quanto gli sarebbe piaciuto dare un pugno in piena faccia, distruggendo così tutti i denti, al giovane attore biondo che stava superando in quel momento, il quale stava sponsorizzando l’ultimo modello di assistente personale. Quest’ultimo era probabilmente un membro della nobiltà inferiore, al massimo il giovanissimo figlio di un barone o visconte, aveva ottenuto il ruolo solamente grazie ai titoli dei genitori e al suo aspetto vagamente piacevole. 

Con questi pensieri che lo aiutavano a superare la giornata e non commettere effettivamente alcuna azione che l’avrebbe condotto direttamente nelle fauci dell’A.S.S.S.I. ovverosia l’Agenzia per Sorveglianza Segreta e Speciale Imperiale, o la sua diretta sottoposta la S.S.I.R.I. ossia Sezione Speciale Imperiale per la Raccolta di Informazioni. Quelle due erano le più temute e spietate, specialmente la S.S.I.R.I. i cui membri venivano colloquialmente chiamati torturatori, e se l’Agenzia per Sorveglianza Segreta e Speciale Imperiale si occupava di tutta la parte più burocratica era la Sezione Speciale Imperiale per la Raccolta di Informazioni a torturare effettivamente ed efficacemente le persone. 

Arrivato in aula con leggero anticipo, Dicov salutò i suoi amici che come lui erano lì non tanto per imparare qualcosa, non che ce ne fosse davvero la possibilità, per farlo sarebbe servito un tutore privato e questi ultimi, oltre a non essere facili da trovare, costavano una cifra esorbitante, tanto che soltanto le Dieci Grandi Famiglie Nobili e i chi aveva il titolo di duca era tanto ricco da potersene permettere uno per i propri pupilli, quanto per un pasto gratuito, cosa sempre utile data i tempi in cui vivevano.

Giunse il professore e partirono le prime note dell’inno imperiale, costringendoli a cantare in una cacofonia di voci. Fortunatamente era la versione abbreviata e non quella che elogiava tutte e dieci le famiglie fondatrici dell’impero, quindi dopo appena un minuto nell’aula tornò il silenzio, concedendo al professore di iniziare la sua spiegazione con voce monotona che si addiceva estremamente bene al personaggio, grigia e scialba esattamente come lui, nessuno sarebbe stato in grado di vederlo con una voce diversa da quella.

Il professore quel giorno si stava dilungando su come grazie alla famiglia Anon e la famiglia Tirel la ricchezza dell'impero fosse senza precedenti, raccontando eroiche gesta, molto probabilmente inventate, delle due famiglie. Su come avessero debellato fame e malattie ovunque andassero, portando ricchezza.

A quel punto uno degli amici di Dicov si allungò da uno dei banchi sovrastanti e gli sussurrò all’orecchio: “Seh, come se ci fosse qualcuno che ci crede veramente oltre ai bambini aristocratici… Talaltro, se davvero hanno debellato la fame e la malattia come mai ci fanno soffrire a questo modo? Eh?”

Dicov a queste domande mosse la mano come a voler scacciare un insetto particolarmente molesto e rispose: “Non ho risposta alle tue domande, ma ti conviene cambiare argomento perché non sai chi tra i nostri compagni si sia venduto alla S.S.I.R.I. o all’A.S.S.S.I. per arrotondare due spicci in più. Sai che io personalmente preferirei morire piuttosto che vendermi a coloro che hanno ingiustamente torturato a morte i miei genitori, ma con gli altri non puoi esserne certo, e peraltro lo sai anche tu che l'edificio è pieno di videocamere e non si può sapere quando  e quanto vengano effettivamente controllate, quindi, ti prego, sia per me, che per te, parliamo d’altro”

“D’accordo Dicov, come preferisci tu, torniamo ad ascoltare le lezioni” e con quel breve scambio la conversazione si concluse e tornarono ciascuno al proprio posto, come se quella conversazione non fosse mai avvenuta. Il professore dal canto suo non si scompose. Il suo solo lavoro era recitare quella nenia. Non di certo assicurarsi che vi prestassero attenzione, dunque proseguì senza interessarsi alle chiacchiericcio di sottofondo degli alunni delle file più alte, alle quali la sua voce arrivava a malapena, per le ore successive, fino a che non giunse l’ora di pranzo; allora li lasciò finalmente liberi, dopo quella che sembrava un eternità.

La mensa era un ambiente grigio e fatiscente, come il resto dell’istituto, ma aveva l'enorme pregio di distribuire cibo gratuitamente e anche se la qualità lasciava vagamente a desiderare, tanto che i professori stessi si portavano il pasto da casa, ma per gli studenti che venivano dalle classi più umili e disagiate questa era una vera e propria salvezza. Bastava infatti strisciare il proprio tesserino scolastico nell’apposita fessura per ricevere, una volta al giorno, una razione di un impasto grigiastro che in teoria avrebbe sarebbe bastato a sostenere un uomo adulto per una giornata, gli unici difetti dello stesso erano il sapore, o meglio la quasi assoluta assenza dello stesso, e la consistenza che si potrebbe descrivere soltanto con la parola “particolare”. 

Dicov strisciò la sua tessera studente, ritirò la sua porzione di pranzo, si sedette al capo di un tavolo, che fortunatamente non era ancora stracolmo, con i suoi amici e iniziarono a chiacchierare

“Ma quindi Cor è vero quello che ho sentito?” 

“È tutto vero Cos, mio padre è diventato Primo Caporale Maggiore dell’Esercito Imperiale, certo è il terzo graduato di rango più basso, ma non importa, ha avuto un aumento di stipendio e adesso gestisce una casermetta, avendo diversi uomini sotto di se…”

 “Tu invece Div? Cosa ci racconti? Sempre affamato come un animale? Non ti fa bene essere tanto magro!”

“Innanzitutto ti ho già detto che non mi piace essere chiamato Div. Agli altri gli sciocchi soprannomi che hai inventato quando eravamo ancora bambini potranno ancora dare bene, ma a me no, quindi per favore chiamami col mio nome: Dicov. Poi comunico che con i pochi lavoretti occasionali che faccio e le tasse infinite e vessatorie a cui siamo sottoposti questo è il massimo che riesco a permettermi. Anzi se vengo qui a scuola è solo perché già la pago con le tasse e mangio gratis a mensa e quindi, sinceramente non approfittarne mi sembra un tantino un peccato…”

“D’accordo, Div, come vuoi tu. A proposito chi è che ti commissiona quei lavoretti? Sono curiosa, magari ci ricavo qualcosa anche io!”

“Quante volte te lo devo ripetere? Il mio nome è Dicov! Comunque, non lo so neanche io chi sia. È di sicuro qualcuno d’importante dato come si vestono i suoi sottoposti, tra l'altro non l’ho mai neanche visti in volto, non si scomoda mica a venire nei sobborghi, lui, manda un uomo, sempre diverso, che mi comunica il compito di volta in volta. La loro voce è sempre distorta. Avranno i loro buoni motivi per distorcerla, non che serva a qualcosa contro la S.S.I.R.I.” iniziò Dicov, per poi proseguire dicendo:

“Non che me ne importi qualcosa in realtà, può essere un criminale, e nel caso al primo momento utile venderò lui e tutti coloro che mi hanno consegnato messaggi, o una delle stesse Assi che, al vertice dell’Agenzia per Sorveglianza Segreta e Speciale Imperiale, controllano dall’ombra tutti noi, e che hanno bisogno di qualche lavoretto sporco e particolare per il quale non dispongono personale nell’immediato, ma a me non cambia nulla. Finché mi pagano gli offrirò i miei servizi, il dopo si vedrà.”

Finito il pranzo e le chiacchiere che lo accompagnavano c’erano altre due materie ad attenderli, per poter dichiarare quella stremante giornata conclusa: tecnica & tecnologie e religione, una materia che aveva piagato Dicov sin dalla più tenera età, in quanto ennesima glorificazione dei fondatori delle Dieci Grandi Famiglie Nobili, i quali erano stati indubbiamente persone grandiose e dotate di grandi poteri, ma addirittura divinizzarli? Non era un po’ eccessivo? Nondimeno si era sempre sorbito la storia di come Anon, Atunid, Ecetiel, Etapael, Itael, Lepin, Mesniel, Naaz e Tiriel grazie ai loro poteri avessero spianato la strada alla fondazione dell’Impero operata da Unaitl.

Ma quell’anno, stranamente era diverso, non soltanto per il professore, il quale nonostante sembrasse venire direttamente dal castello imperiale per modi, aspetto e raffinatezza, anche se di certo lui non poteva essere uno di quei nobili che li avevano sempre guardati con un misto di sufficienza e disprezzo, venendo  abbondantemente ricambiati in quei sentimenti, lui era in qualche maniera diverso. 

Questo professore nonostante sembrasse dunque proveniente dalla corte dell’imperatore, con gli occhi blu notte che sembrano scrutare l’anima dei propri alunni durante le spiegazioni, il volto chiaro incorniciato da una corta barba bianca, un completo dello stesso colore sul quale si vedevano stelle e galassie muoversi talmente lentamente che in un primo momento uno non ci avrebbe fatto caso, ma dopo averci trascorso qualche ora ininterrotta assieme chiunque si sarebbe accorto che i corpi celesti sul vestito si muovevano. Ma il tratto di sicuro più affascinante era la sua sicurezza e gli argomenti trattati durante le lezioni: cioè tutta la “mitologia proibita” contenente informazioni su Alhena, la dea della luce, il suo riflesso opposto: Sherotan, il dio dell’oscurità, gli ASHAV, ovverosia i cinque dei che si rincorrono nel cosmo infinito e son legati tra loro: Alrisha, la più indipendente Antares, la fiamma che tutto brucia, Hamal, la più misteriosa, Spica, la quieta mediana, e Vernalis, l’oceano roboante, oltre a tanti altri e di ognuno raccontava miti e leggende e per qualche ragione né l’Agenzia per Sorveglianza Segreta e Speciale Imperiale né tantomeno la famigerata Sezione Speciale Imperiale per la Raccolta di Informazioni l’avevano ancora eliminato o anche solo sostituito come insegnante. 

Finché un giorno, a mensa chiacchierando proprio delle lezioni del professore di religione Dicov chiese:

“Sentite ragazzi, ma secondo voi, ragazzi, ma perché non lo hanno già fatto sparire nel nulla? Cioè è un prof, che tra l'altro insegna religione, ma sta decisamente andando contro la volontà delle dirigenze imperiali, quindi cosa attendono a farlo fuori? Non che a me dispiaccia la situazione attuale, s’intende”

Uno dei suoi compagni, Moltro, gli rispose:

“Sinceramente? Credo che ci sia di più sotto. Meno ne sappiano meglio è per tutti, ma se né A.S.S.S.I. né S.S.I.R.I. hanno già fatto qualcosa è per tre ragioni diverse e tutte e tre ugualmente plausibili. Prima possibilità: è una loro esca per stanare dei possibili ribelli che credono nascosti in questa scuola, ma fosse questo il caso, sarebbe davvero una loro caduta di stile, solitamente sono molto più subdoli e sottili nei metodi, seconda possibilità: è davvero un entità ribelle che sta infiltrando la scuola, ma per una qualche ragione non possono agire direttamente contro di essa, la terza possibilità, che secondo me è quella giusta, è: i ribelli hanno infiltrato una loro spia nella scuola, ma questa sta facendo il passo più lungo della gamba e i torturatori hanno già fatto la loro mossa mettendole una spia tracciante addosso, così da condurli nella base ribelle e lì fare una retata. Tu cosa ne pensi Dicov?”

“Sinceramente non lo so, Moltro. Mi paiono tutte ugualmente possibili e sinceramente non ho voglio parlarne, perché questi sono argomenti bollenti e come li prendi, li prendi rischi di scottarti e finire in un mucchio di guai più grossi di te. Quindi fidati di me quando ti dico che è meglio non immischiarsi. Fidati, porterà solo a brutte cose.”

“D’accordo mi fido di te, meglio lasciar perdere, se è un argomento tanto problematico quanto sostieni”

E su quella linea si concluse la discussione, per poi virare su argomenti decisamente più frivoli e meno interessanti, ai quali Dicov non s’interessò, preferendo pensare a come ottimizzare il tempo una volta finita la scuola, dovendo passare anche per il negozio di alimentari per procurarsi il necessario per la cena di quella sera e dei giorni da lì a venire.

La campanella suonò, annunciando così la fine della giornata scolastica e Dicov si diresse su uno dei pesanti e puzzolenti automezzi che l’avrebbero condotto ai casermoni grigi, sul cui frontone si trovava il logo decadente della famiglia Itael, e nei quali si trovava anche il suo minuscolo e minimale appartamento, composto esclusivamente da quattro stanze: due camere da letto, di cui una sua e una che era appartenuta ai suoi genitori, una cucina che fungeva anche da sala e un bagno. 

Mentre rientrava, venendo costantemente schiacciato da ogni lato, non riusciva neanche a pensare, sopraffatto com’era dall’olezzo proveniente dagli operai delle fabbriche, di rientro da lavoro, anche loro avvolti in tute grigie e oro, macchiate di grasso e altre sostanze chimiche sconosciute. Qualcuno lo urtò nuovamente e nella mente di Dicov si formò per un breve periodo un imprecazione, prima di venir nuovamente cancellata dal tanfo che permeava tutto il vagone. 

La fermata del mezzo squillò al nome Itael Faenis e riconoscendola come la fermata antecedente a dove sarebbe dovuto scendere Dicov si preparò a scendere, spingendo e avvicinandosi alla porta in metallo semi-arrugginito.  Finalmente giunse la sua fermata e lì scese. 

Prima di salire nell’appartamento, Dicov si fermò ad uno dei grandi magazzini che fornivano alla popolazione locale gran parte dei beni di uso quotidiano. Lì comprava il cibo che gli sarebbe stato necessario a sopravvivere per le due settimane successive. Pagò con i suoi risparmi, quasi arrivando a prosciugarli, ma mantenendo comunque abbastanza soldi da potersi permettere una piccola spesa d’emergenza. Prese il cibo comprato, lo mise in una busta e si diresse verso il suo appartamento. 

Una volta giunto nella stanza, si diresse sul letto e rimase svenuto lì per qualche minuto prima di rialzarsi e iniziare a prepararsi una misera cena a base d’ingredienti sintetici e non molto nutrienti. 

Finito questo lavoro si finalmente spogliò della scomoda tuta da lavoro che aveva indossato tutto il giorno e mentre la univa alla pila delle tute sporche, che il giorno successivo avrebbe portato a lavare, notò un piccolo foglio di carta che sporgeva dai pantaloni. La prese si sedette sulla tavoletta del bagno e ne lesse il messaggio: 

Buongiorno o forse buonasera Dicov, è giunta alle mie orecchie che sei correntemente a corto di soldi. Se hai bisogno di soldi e vuoi lavorare vediamoci al solito ristorante tra tre giorni da quando hai ricevuto questo messaggio, per l’ora di cena.
Inoltre  non credo ci sia bisogno di dirlo, ma come i precedenti anche questo messaggio dev’essere distrutto.
Sentiti libero di mangiarlo, è commestibile e probabilmente più nutriente della maggior parte di ciò che mangi.

Firmato R

Finito di leggerlo e accertatosi di averne memorizzato il contenuto, Dicov fece esattamente come gli era stato impartito dalle istituzioni e mangiò il biglietto, dopodiché si recò a letto e il sonno lo portò in lidi lontani, estranei ai problemi che attanagliavano la sua vita quotidiana. 

Passati i suddetti tre giorni, in relativa monotonia, procedette come prima cosa a fare a recarsi a scuola per sviare eventuali attenzioni indesiderate da parte delle agenzie di spionaggio imperiale, dopodiché sulla via del rientro a casa scese alla stazione “Itael Faenis”, dove si trovava il locale in questione, e con la massima naturalezza vi si diresse, entrò, disse che stava cercando il tavolo del suo amico. Aggiunse che l’amico in questione aveva prenotato per due. A quelle parole il cameriere, inizialmente diffidente che un popolano potesse accedere a un locale di tale classe, gli fece strada verso un tavolo. 

Dicov aspettò più di qualche minuto fin quando non giunse un giovane uomo estremamente elegante, dai capelli neri, in un completo porpora e nero. L’uomo si tolse il cappello fece un accenno d’inchino, senza però togliersi la maschera bianca sulla quale era dipinto un nero sorriso. Non che fosse poi così strano che non l’avesse fatto, del resto nemmeno i suoi precedenti colleghi l'avevano tolta, e iniziò a parlare con voce distorta:

“Buonasera Dicov. Siamo estremamente spiacenti di doverti chiamare fin qui, ogni volta per offrirti un nuovo lavoro, come quello di stasera, di cui parleremo poi più avanti. Speriamo che la libertà di ordinare qualsiasi cosa tu desideri dal menù, senza restrizioni di sorta, possa essere un adeguata compensazione. E nel caso ti stessi chiedendo come rivolgerti a me, basta darmi del tu, e per stasera io sarò Etha”

Dicov annuì e procedette a ordinare i piatti più sostanziosi e costosi dal menù, rispondendo: 

“Grazie mille per la cena, Etha, mentre arriva direi di discutere della vostra proposta, dicendomi in che cosa vorreste che facessi e per quale prezzo.”

“D’accordo, il capo mi aveva avvertito che saremmo passati a passati a parlare subito d’affari e se questo e ciò che desideri ti accontento. C’è una certa informazione che vorremmo recuperassi dai database della famiglia Itael. Lo saprai di certo anche tu, ma sapere è potere. Per quanto riguarda il compenso, dal quale, ovviamente, la cena di stasera non sarà detratta, pensavamo di accordarci così: un terzo te lo consegneremo adesso, dopo che avrai accettato, in segno di buona fede e incentivo a svolgere al meglio il lavoro. Il resto lo riceverai dal mio collega a cui consegnerai il pacchetto, a lavoro concluso. Tutto chiaro? Hai ulteriori domande riguardo la natura dell’incarico?”

Dicov annuì, ma non disse nulla, concentrato com’era sul pezzo di carne rossa e grondante di sughi che gli era giunta sotto gli occhi in quel momento. Giunse un cameriere dal tono affettato che mostrò loro la carta dei vini e disse: 

“Se posso permettermi, signore la casa raccomanda questo, proveniente direttamente dalle colture private di Casa Etapael. Questa varietà ha di sicuro un costo superiore alle altre, ma la qualità ne è garantita e la spesa in questo caso ne vale assolutamente la pena”

Etha commentò: “Io al riguardo non ho preferenze. Stasera non ho intenzione di consumare alcunché, sono qui solo per discutere di quella cosa e pagare il conto a fine serata, dunque la scelta ricade interamente su di te Dicov. Per me puoi provarlo quanto no, io non ho cavalli in questa corsa e non m’intendo d’alcol, dunque non saprei nemmeno offriti un consiglio alternativo. Mi spiace, in compenso se sei curioso ho sentito che tra i giovani nobili va in voga una bevanda dolciastra, trasparente e frizzante, magari vuoi provare quella”

“Prendiamo la bevanda suggerita da Etha, grazie mille!” Disse Dicov

“D’accordo, come i signori desiderano” concluse il cameriere, facendo un inchino e portando con se la carta dei vini. 

Dicov riprese: “Prima di accettare avrei un paio di domande: mi fornirete voi l’equipaggio per la missione? Quanto è la paga totale? Cosa devo rubare dal suddetto database?”

“La tua curiosità è più che comprensibile, dunque permettimi di sciogliere i tuoi dubbi. L’unico equipaggiamento che ti verrà fornito per questa missione sarà un computer portatile di ultima generazione, che in quanto a potenza compete con computer fissi di fascia medio-bassa, il computer potrai tenerlo, ma stai attento che non te lo rubino. La paga totale, escludendo il costo del computer precedentemente citato, ammonterebbe a dodici Corone, le prime quattro ti verranno consegnate a fine cena. Per quanto riguarda cosa tu debba rubare dal database degli Itael, la tua curiosità è più che comprensibile, va bene, dal momento che non mi è stato ordinato di tenerlo nascosto e farlo mi sembrerebbe più un ostacolo alla tua missione, che altro, si tratta in realtà di due informazioni: come prendersi cura e come estrarre la linfa dalla rarissima pianta nota con il nome di Silodo”

A quel punto tornò il cameriere di prima, stavolta intenzionato a far prender loro un dolce dal menù, sul quale si vedevano dolci di tutte le varietà, forme e colori, tutti riccamente decorati, al punto di sembrare delle pietre preziose, una per ognuna delle Dieci Grandi Famiglie Nobili. Dicov a quel punto era però sufficientemente sazio e rifiutò con cortesia e il cameriere un po' seccato se ne andò. Dopo ciò si rivolse all’uomo davanti a lui e disse:

“Bene è stato piacevole e grazie per le delucidazioni, accetto il lavoro, anche perché non avevo molta scelta al riguardo fin dall’inizio. Posso avere il mio anticipo?”

“Sono felice che tu abbia accettato Dicov. Ecco le tue monete. Ti auguro una buona notte” lo salutò Etha allungando quattro monete sul tavolo. Dopo averlo fatto si allontanò verso il bancone che ospitava la cassa per pagare il conto a più zeri di quanti Dicov avesse mai potuto sperare di guadagnare in una vita, pagando probabilmente in Scettri, banconote che valevano mille Corone ciascuna.

Dicov restò seduto al tavolo un altro po’, fissando il suo piatto vuoto e le quattro monete, giusto per non dare l’impressione di starlo seguendo, dopodiché, una volta uscito dal locale si accorse che l’uomo presentatoglisi come Etha sembrava dissoltosi nelle tenebre, anche se era più probabile che avesse preso una vettura privata di quelle che vedeva talvolta in pubblicità. 

Sulla via del ritorno verso casa, stavolta i mezzi erano semi-deserti e dunque Dicov ne approfittò per tirare fuori il suo tesoro e ispezionarlo da vicino per assicurarsi che le monete fossero autentiche. Senza ombra di dubbio lo erano: le saggiò per accertarsi della durezza e controllò i lati delle che presentavano lo stemma della famiglia imperiale, estremamente complesso e per questo motivo difficilmente contraffabile. Rassicurato si rimise le monete in tasca e aspettò la sua fermata.

   
 
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