“Ti prego Yashamaru!” esclamò inginocchiò la donna dai capelli castani. Gli occhi erano rossi e le occhiaie evidenti, mai avrebbe pensato di poterla vedere in quello stato. Forse concedere la sua mano a Rasa era stato un errore, e la prova era in quel momento davanti ai suoi occhi. “Parlaci tu, forse a te darà retta” era disperata e lo si sentiva dal tono della voce straziata. Aveva ormai perso le speranze. Era già diventata madre, lo aveva reso zio di una vispa bambina dai capelli biondi e di un taciturno con la passione delle marionette. “Non voglio…non voglio che il mio bambino debba sacrificarsi per il bene del villaggio” Rasa aveva già deciso e neanche le suppliche dell'amata riuscivano a persuaderlo. Si era persino offerto per prendere almeno il posto di sua sorella, scelta come sacrificio per la tecnica di sigillo. Inamovibile anche su quello sebbene non gli piacesse l'idea di sacrificare Karura.
“Io gli sarò accanto sempre, è una promessa” Esclamò stringendola a sé, per quella che ignorava essere l'ultima volta. Karura si portò le mani al ventre, un calcio più forte aveva designato sul suo volto una smorfia dolorosa ma lei lo sapeva. Una madre comprendeva il proprio bambino e lui…lui fremeva entusiasta di uscire e di conoscere il mondo. Era sempre riuscita a calmarlo, non sapeva per quale assurdo motivo ma Gaara al suono melodioso della sua voce, si sopiva e smetteva di scalciare. Karura si illuse ancora una volta di poterlo calmare, quel giorno sarebbe stato esattamente come gli altri e non avrebbe permesso altrimenti. Mancavano ancora tre lune al fatidico giorno, e anche se ogni luna sul calendario era una lancia nel petto, avrebbe preferito soffrire piuttosto che abbandonare il suo bambino. “Karura” la richiamò Yashamaru notando le lacrime solcare il suo viso. “Corri a chiamare qualcuno” affermò la donna arrancando mentre l'uomo la portò sul suo letto e corse via. “Questo Gaara è il giorno più bello della mia vita, ma allo stesso è il più brutto. Sono costretta a lasciarti andare in questo mondo senza calore, senza affetto, senza amore. Ascolta bambino mio, la sabbia…ti proteggerà anche quando non ci sarò più. Io e te siamo lo stesso granello di sabbia, tu sei parte di me” affermò accarezzandosi il ventre. Riuscì a fare un sorriso esausta come era, provata dal lungo e interminabile travaglio mentre guardava il suo bambino piangere. Portò un dito alle sue mani, Gaara istintivamente lo afferrò e sorrise. Il 19 Gennaio, il giorno in cui con grinta aveva lottato per mettere al mondo il suo ultimo dono, Karura aveva esalato il suo ultimo respiro.