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Autore: lo_strano_libraio    28/04/2024    0 recensioni
Quando Undi Will e Max partirono insieme a Hopper e Susan per una vacanza verso la cittadina californiana natale dei Mayfield, non si aspettavano di certo di entrare in una versione alternativa del mondo che conoscevano solo attraversando un tunnel sulla Route 32.
Crossover tra Stranger Things 3 e Fallout. (Non serve sapere nulla sul videogioco per leggerla, anzi, sarà una sorpresa in più).
Genere: Avventura, Comico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jim Hopper, Maxine Mayfield, Sorpresa, Undici/Jane, Will Byers
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: Benvenuti a Shady Sands!

 

Nota: questo è un mio piccolo esperimento, che mi è venuta voglia di scrivere dopo aver visto la serie su Fallout (che vi stra-consiglio). 

Non preoccupatevi, non vi serve avere visto la serie o giocato i videogiochi per leggerla. Anzi, se non sapete nulla di Fallout sarà una sorpresa per voi. PER FAVORE, fatemi sapere cosa ne pensate, per decidere se continuarla o meno. Grazie!

 

Una gita in California. 

Questo doveva essere il viaggio estivo che portó Undi, Will, Max e sua madre Susan a salire sulla Camaro di Hopper, diretti verso il florido, promesso ovest dalle colline verdeggianti in quel mattino del 24 luglio 1985.

L’idea era stata di Undi, che dopo averne sentito parlare da Max, voleva vedere a tutti i costi la California insieme a lei. Joyce non poteva portare i ragazzi per impegni lavorativi, ma Hopper aveva ottenuto un mese di ferie premio per aver preso a calci nel di dietro i sovietici sotto il Mall, così si offrì. Susan si propose di aiutarlo a guardare i ragazzini, sfruttando il passaggio per andare a trovare insieme alla figlia la nonna nella loro cittadina di origine: Sunny Sands.

L’auto stava per imboccare proprio il tunnel che divideva la Route 32 dal raccordo che entrava dritto in città dall’altro lato di questo. 

“Max, ci sono musei a Sunny Sands?” Chiese Will.

“Spero tu stia scherzando: non vorrai mica rinchiuderti in uno di quei posti polverosi anche qua in vacanza?” Gli disse Hopper con tono ironico dal posto del guidatore, senza distogliere gli occhi dalla strada.

“E quelle persone che cavalcano le onde?” Chiese a sua volta, Undi “Com’è che si chiamano…sur…” 

“I Surfisti? Ma certo! Una volta ho provato anch’io. L’importante è non girare la sera tardi nella zona del porto, perché ci sono brutti ceffi che spacciano-“

Max venne interrotta da sua mamma, con un sorriso imbarazzato: “Diciamo che a Sunny Sands puoi incontrare persone di tutti i tipi” Ci teneva a dare una buona impressione della loro cittadina agli occhi dello sceriffo alla guida e a non compromettere l’innocenza di Undi.

“Vedrete, Sunny Sands é una figata!” Concluse Max la discussione.

Rientrati di nuovo sotto lo sguardo vigile del sole californiano, notarono peró qualcosa di strano: il cartellone stradale d’ingresso recitava: “Benvenuti a Shady Sand: 35 000 abitanti!”.

“Ehm…abbiamo sbagliato strada?” Chiese Will.

“Oh Santo cielo, spero di no: non mi intendo di autostrade più a ovest di Mawnkhee, ma ho seguito le indicazioni stradali.” Si difese Hopper, che ricevette l’assist di Susan: “Ne sono certa anch’io” disse scrutando la cartina stradale “Questo luogo non c’è proprio sulla carta”.

Scendendo il raccordo giù dalla collina, l’auto passó di fronte a un ranch particolare, dove in dei grandi recinti brucavano dei buoi a due teste. Una scritta su un cartello di legno recitava: “Fattoria di bramini, Shawn”.

“Ma che cazzo…” disse Max, vedendosela passare davanti, guardando fuori il finestrino aperto.

“Maxine, il linguaggio!” Le urlò Susan dal sedile davanti, facendola sobbalzare. La madre si giró poi, verso Hopper “Sono costernata, Mr. Hopper”

“Si figuri, signora” le rispose lui “sua figlia mi ha tolto le parole di bocca”.

Parcheggiarono l’auto nella piazza, e scendendo da essa, videro sventolare sopra il municipio un altro animale a due teste: sul tetto sventolava una bandiera raffigurante su uno sfondo bianco e una stella rossa il tipico orso californiano, ma bicefalo!

“Ehm…la città è questa, ma c’è qualcosa che non quadra…” disse Susan, rivolta a Hopper, mentre si guardava intorno cercando di capire cosa non andava, come in un gioco di “trova l’intruso”. E di intrusi ce n’erano molti: tra i cittadini umani, ogni tanto si vedevano passanti metallici. Dei veri e propri robot che sembravano usciti da un film di fantascienza di serie B degli anni’50, piuttosto che quelli di Star Wars.

Alcuni avevano una ruota al posto delle gambe e un display nel petto fungeva da testa, dove venivano trasmesse immagini. 

Altri volavano grazie a dei mini reattori e disponevano di multiple braccia meccaniche. Tutti comunque parlavano con una voce elettronica salutando chi gli passava vicino come se fossero normali esseri umani.

Passavano per la strada, insieme alle auto e i bus, dei carri trainati da quei buoi bicefali che la gente chiamava “bramini”. I carichi erano di grano o altri prodotti agricoli, mentre i conduttori indossavano salopette o abiti da cowboy e alcuni erano armati con doppiette a canne mozze.

Ma anche le auto, i vestiti, e le insegne riflettevano quell’immaginario. Sembrava di essere stati catapultati in un mondo retrogrado e futuristico allo stesso tempo.

Lo sceriffo di Hawkins vide un poliziotto passare lí vicino. “Ragazzi, rimanete vicino all’auto mentre io e Susan chiediamo indicazioni a quel signore.”

I tre li aspettarono quindi vicino la portiera.

“Secondo voi è un parco a tema o qualcosa di simile?” Chiese Will agli altri due. 

“Non saprei” gli rispose Max “quei buoi a due teste sembravano piuttosto reali per essere degli animatronics”.

“Forse” suppose Jane “un altro scienziato pazzo come mio papà ha fatto degli esperimenti qui sugli animali”.

“Non saprei, Sunny Sands non è famosa per i suoi cervelloni”. Le disse l’amica.

“E poi c’è quella bandiera…e il nome della città sul cartellone…per non parlare di come è vestita la gente: sembra una parodia degli anni ‘60.” aggiunse Will.

Max vide passare una ragazzina della loro età, mentre mangiava un gelato, e le fece segno con la mano. “Ehi, scusa!”

Intanto, i due adulti stavano avendo una discussione alquanto bizzarra col poliziotto del luogo.

L’uomo indossava una divisa non molto diversa da quella di Hopper ad Hawkins: beige, cravatta nera e cappello largo in stile cawboy. La stella sul petto portava però lo stesso strano stemma della bandiera e recava sotto di esso le lettere: NCR.

“Beh signori” stava dicendo loro “é probabile che vi siate sbagliati di nome, perché non c’è nessuna Sunny Sands qui in giro, ma Shady Sands é la città più importante del circondario”.

Susan reagì perplessa “pff, anche più di Los Angeles?”

“Beh, prima delle bombe sarà stata senza dubbio la città più grande della California, ma ora con quelle lische di pesce di grattacieli sventrati sembra più un ossario ittico, ecco perché la chiamano “Boneyard”, e comunque non supera i ventimila abitanti”.

Hopper e Susan lo squadrarono come se stessero sentendo parlare uno scappato di casa.

“Ok…” Hopper non trovó altre parole.

“Da dove avete detto di venire?” Gli chiese l’agente.

“Hawkins…Indiana.” Gli rispose Hopper.

“A beh, non si sentono spesso molte nuove buone provenire dal Midwest. Anche se voi siete messi meglio di tanti che provengono da laggiú. Ma posso darvi il benvenuto nella-“

“Repubblica della Nuova California!” Disse la ragazzina, rispondendo alla domanda di Will, Undi e Max su dove accidenti si trovassero, lasciando perplessi i nostri.

“Repubblica del che?!” Le rispose Max, con la sua solita mancanza di tatto quando alterata emotivamente.

“É uno scherzo, per caso?” Aggiunse Will.

“A scuola non ci hanno detto che ci sono due stati della California…” disse Undi.

Ora la ragazzina nativa li stava guardando decisamente storti, in un misto di perplessità e diffidenza.

“Beh, evidentemente le scuole che ci sono da voi non funzionano molto bene”. Disse, prima di allontanarsi guardandoli defilata, mentre riprendeva a mangiare il suo gelato.

“Questa, tra tutte le cose strane che ci sono successe, è proprio la più assurda!” Disse Will, alzando le mani al cielo.

“Ehi, calma! Ci sono già io che do di matto.” Gli rispose per le rime, Max.

“Ragazzi, rilassatevi: è solo una tappa inaspettata del nostro viaggio.” Disse Undi, con un sorriso che non trapelava nessuna ansia, come se stesse parlando di un piacevole imprevisto. Gli altri due non potevano credere alle loro orecchie.

“Ma come fai a essere così calma?” Le chiese Max “siamo finiti in un assurdo mondo parallelo, senza alcun motivo!”

“Ma Joyce ci dice sempre che le vie del Signore sono infinite. Quindi, penso che questo Signore abbia costruito anche la via che ci ha portato qui, ahah.”

L’innocenza di Undi, faceva una tenerezza assurda a Max, mentre a Will lo faceva affogare ancora di piú nelle sue ansie.

Hopper e Susan tornarono da loro, ancora piú confusi.

“Dicono che dobbiamo passare per una dogana…” disse loro lo sceriffo di Hawkins.

La suddetta dogana era in una strada vicino lí. 

Si trattava di un ufficio moderno a due piani dal tetto piatto, differente dalla maggior parte degli edifici con tipici tetti mediterranei a tegole rosse. All’entrata del cortile trovarono un’altra novità: il cancello non era in metallo, ma una griglia laser attivata da tre dispositivi montati ai lati del muro.

La fila iniziava prima di questo, e due soldati facevano da guardia all’entrata, ordinando di disattivare o attivare i laser ogni volta che facevano entrare o uscire qualcuno.

Will tiró la manica di Hopper per suggerirgli qualcosa: “Non potremmo semplicemente andarcene? Prendere l’auto e fare dietrofront al tunnel per prendere un’altra strada, nella speranza di tornare nel nostro mondo?”

“Credo sia meglio entrare e chiedere informazioni prima di perderci ulteriormente” gli rispose lui “non sappiamo neanche come ci siamo finiti qui.”

Notarono che non poche persone in fila erano vestiti con abiti malridotti o improvvisati: Susan poteva giurare di aver visto un uomo con indosso un sacco di patate. Inoltre, molti di loro erano sporchi e ad alcuni mancavano i denti o qualche dito.

Nel complesso, i nostri erano elegantissimi se paragonati a loro.

Dopo una mezz’oretta d’attesa, il gruppo entrò in un corridoio all’interno, dove la fila arrivava allo sportello di un ufficio recante la scritta: “immigrazione”.

Susan toccó la spalla dell’uomo di fronte a lei per chiedergli qualcosa, ma quando questo si voltò, cacció un urlo, essendosi ritrovata di fronte a uno zombie senza il naso.

“ODDIO! É UN MOSTRO!” Nel dire questo si mise dietro la schiena i ragazzi, nell’atto di difenderli, anche questi (e pure Hopper), spaventati dalla visione.

“Sarai bella te!” Gli rispose per le rime questo, con una normalissima voce umana “e poi dicono che la California è un posto civile…ma guarda questa…” disse voltandosi.

Un agente di polizia di guardia nello stanzino si schiarí la voce e con sguardo accusatorio, indicó a Susan un poster-pubblicità progresso disegnato anche questo in stile anni’50, raffigurante uno “zombie” con il braccio sulla spalla di un uomo, entrambi sorridenti e coi pollici alzati verso lo spettatore. Una scritta sopra il disegno: “nel nuovo mondo civilizzato, tutti sono i benvenuti: anche i ghoul”.

In effetti, tutti nel corridoio si erano voltati a guardare, indignati, in cagnesco i nostri, come se Susan avesse offeso un afroamericano si giorni nostri. Tra questi, c’era anche qualche altro “ghoul” compresa una famigliola con una coppia di bambini annessi.

“Eh eh, scusatemi…siamo nuovi qua” disse lei, imbarazzata, cercando di sdrammatizzare.

“La prego, lasci parlare me, Signora Mayfield”. Le disse Hopper.

“Si, sarà meglio” convenne lei.

Arrivato il loro turno allo sportello, i nostri si ritrovarono di fronte a un addetto con indosso camicia e cravatta.

“Luogo di provenienza?”

“Hawkins, Indiana” rispose Hopper.

“Mi scusi, mai sentito” poi l’uomo squadró dall’alto in basso Hopper e gli altri dietro di lui.

“Siete tutti insieme?”

“Si”

“Avete fatto un salto a New Vegas prima di passare di qua per guadagnare quattro spicci e darvi un aspetto presentabile, e distinguervi dalla massa di nuovi arrivati, eh?” Gli fece un occhiolino.

“Più o meno, eheh.”

Hopper rivolse un’occhiata interrogativa a Susan, come per chiederle un consiglio su cosa dire all’uomo. Lei rispose semplicemente sollevando le spalle.

“Comunque, vi hanno già dato delle carte d’identità all’entrata del confine?”

“Ehm…non ci servono: ne abbiamo già”.

“Da dove, dal Commonwealth?”

“No, dagli Stati Uniti D’America”.

“Ahah! Bella questa, amico!”

“Aspetta un attimo, ho capito da dove venite!”

Hopper alzó un sopracciglio con fare interrogativo.

“Ma si, dovete venire da un Vault: uno di quei rifugi dell’anteguerra dove la gente che ci abita credeva di essere gli unici eredi degli Stati Uniti. Beh, mi dispiace deludervi, ma vi abbiamo battuti sul tempo!”

Hopper attese un attimo per elaborare tutte le informazioni venutegli addosso, quando si arrese all’assurdità delle premesse presentategli con un: “eheh, ci avete scoperti!”

“Lo sapevo! Ma avete fatto bene a liberarvi di quelle tutine blu coi numeri dei Vault sopra: senza offesa, ma li ho sempre trovati un po’ ridicoli.”

Il nostro gruppo venne portato in una stanza a parte, dove con una macchina fotografica vintage fecero a tutti loro delle foto per stampargli delle carte d’identità. 

Jane fece un sorriso a trenta denti quando fu il suo turno. Era l’unica a non preoccuparsi neanche un po’ e sembrava che per lei questo viaggio fosse solo un gran divertimento. D’altronde, per lei che era cresciuta in un laboratorio per i primi dodici anni di vita, il mondo era una continua scoperta. 

Max invece, fece al fotografo un sorrisetto sardonico, per non concedersi troppo a quella che riteneva essere una pagliacciata.

Will, infine, tremava come una foglia al punto che l’uomo ebbe l’ardire di tirare fuori un pappagallino di peluche, uno di quei giocattoli per far sorridere i bambini spaventati davanti la fotocamera.

“Eddai, sorridi un po’”. Gli disse il fotografo.

Al che, Will gli rispose semplicemente “Non ho quattro anni, signore, ma vorrei comunque la mamma in questo momento”.

L’addetto si rassegnò e fece la foto così come veniva. 

Il risultato fu che sulla sua tessera appariva più come un ostaggio nel momento in cui gli dicono che verrà giustiziato.

Divenuti cittadini della Repubblica della Nuova California, i nostri vennero accompagnati da un assistente sociale presso la loro nuova casa: una casetta con ben quattro camere. 

Che dire: nel loro mondo il presidente Reagan aveva tagliato i posti letto per i senzatetto, e qui invece te le tiravano dietro le case.

“Vedrete, Shady Sands sarà il luogo migliore in cui sarete mai vissuti!”

“La ringraziamo, le disse Hopper, “ma noi saremmo solo di passaggio”.

“Oh non c’è problema, molte persone vanno e vengono qui in città. Come avrete visto, masse di persone accorrono in California per fuggire dai predoni, e i militari dell’Enclave nell’entroterra. Per vostra fortuna c’è pieno di case più o meno ristrutturate d’ovunque. Di certo possiamo dire che l’apocalisse è alle nostre spalle!”

“A proposito di questa apocalisse…” Hopper cercò di prendere in disparte la donna per chiedergli delucidazioni, ma questa lo interruppe.

“Oh mi scusi, mi stavo scordando di dirvi dell’ufficio di collocamento: vi troveranno subito un lavoro. Lei mi ha detto di essere uno sceriffo, giusto?”

“Ehm…sí.”

“Bene! C’è gran richiesta di poliziotti da queste parti. Mentre visto che le scuole hanno un numero variabile di alunni per questo vai e vieni, abbiamo deciso di aprire la scuola estiva anche per far conoscere i nuovi arrivati come i vostri figli ai ragazzi di Shady Sands.”

“Mi scusi” disse Susan alla donna “c’è un malinteso: ma non siamo marito e moglie”.

“Oh, si figuri! Nessuno giudica le coppie non sposate…”

“No, vede…”

Susan venne interrotta da sua figlia, che la tirava per la mano. Max appariva furiosa.

“Scuola estiva?! Spero che tu stia scherzando: siamo in vacanza!”

“Eddai tesoro, meglio se andate lá mentre io e Mr. Hopper cerchiamo di capirci qualcosa. Magari ve lo spiegano a voi dove accidenti siamo finiti…”

Intanto, Undi, saltellava dalla gioia: “Scuola anche d’estate, Yeeee!”

Nella classe incontrarono ragazzi di tutti i tipi. Molti erano normalissime persone, ma alcuni parevano dei selvaggi.

Will notó in particolare un ragazzino che doveva essere uno di quei superstiti profughi dall’ entroterra, che aveva gli occhi storti e si stava infilando una matita nel naso.

I nostri di sedettero uno affianco all’altra e Undi vide che alla sua destra era seduta la ragazzina che avevano incontrato prima in piazza.

“Ehilá, vedo che avete deciso di rimanere a Shady Sands.”

“Si, non sappiamo per quanto però.” Le rispose Undi.

“Il mio nome comunque è Margaret, ma potete chiamarmi Margie.”

Undi le diede la mano, seguita dagli altri due.

“Scusate se sono stata un po’ brusca prima, facevate domande come se non sapeste dell’esistenza dell’acqua calda.”

“Ma quindi…” Max si sporse dal suo banco per fargli una domanda “questa città un tempo, si chiamava Sunny Sands, giusto?”

“Beh sí, si chiamava così prima che i cinesi bombardassero l’America e venisse poi ricostruita”.

“I cinesi?!” Disse Will “non i sovietici?”

“Beh no, quelli non erano messi molto bene quando la guerra scoppiò nel 2077”.

“Scusa, ma in che anno saremmo?” 

“2276, no?”

I tre si guardarono, pallidi dalla sorpresa.

Will stava per fare a Margie un’altra domanda, quando la prof entrò.

L’insegnante passó tra i banchi e tirò fuori la matita dal naso del ragazzo di prima già che c’era, prima di arrivare alla lavagna. 

“Buongiorno, per i nuovi arrivati, il mio nome è Miss. Moore.” Disse scrivendolo con un gessetto sopra di essa.

La lezione incominciò dopo aver fatto i soliti convenevoli chiedendo i nomi degli alunni, iniziò a spiegare alla lavagna le risposte che Will, Undi e Max aspettavano ardentemente da quando erano passati per quel tunnel quella mattina.

“Il mondo era diretto verso un futuro di progresso prima che le tensioni tra le nazioni iniziassero a salire, portando alla disgregazione delle Nazioni Unite. Fino al fatidico 2077” la prof segnó la data su una linea temporale sulla lavagna disegnandoci sopra un fungo atomico.

“La Cina e gli Stati Uniti entrarono in una guerra nucleare totale che portò in una reazione a catena, tutte le maggiori potenze a lanciare più di tremila missili nucleari sul pianeta. La razza umana arrivò vicina all’estinzione e ci vollero cento anni prima che delle vere forme di organizzazione civilizzata complessa tornassero a formarsi”.

“Ed è proprio qui, che un nativo americano, un etnia che era perseguitata in questo paese prima della guerra, fondò riunendo vari gruppi di superstiti e gli abitanti del Vault 4 qua vicino, Shady Sands, che poi divenne la prima capitale della Repubblica della Nuova California, prima che si spostasse a Los Angeles dieci anni fa.”

Non credo che serva dire che Undi, Will e Max rimasero a bocca aperta.

“Ma dove cazzo siamo finiti?!” Mormorò quest’ultima.

 

Nota finale: come avrete capito mi interessava soprattutto paragonare i due immaginari sulla guerra fredda (anni ‘80 di Stranger Things e ‘50-60 futuristici di Fallout).

Continuerò l’altra serie attiva (Stranger Things on Saxony), ma vorrei sentire il vostro feedback su questa per decidere come continuare questa storia.

   
 
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