Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: bravesoul    20/09/2009    3 recensioni
Introduzione modificata. E’ vietato inserire codici html oltre quelli presenti nel regolamento.
Rinoa81, assistente amministratrice.

Fic classificatasi prima al contest "le parole che non ti ho mai detto" indetto da Okelio e vincitrice del premio della giuria.
Una giovane coppia.
Lei, Sakura una ragazza normale.
Lui, Gaara, un multimiliardario che nasconde un segreto: una parte malata.
E questa parte malata lo porterà ad atti estremi e a dire, due volte, le parole che non aveva mai detto alla sua ragazza.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sabaku no Gaara , Kakashi Hatake, Sakura Haruno
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Sono arrivata prima. UAO! con Sakura. Ed è la seconda volta.

UAO!

Sono a dir poco contenta, perchè, cavolo, non mi aspettavo di arrivare addirittura prima. E' tremendamente edificante^^

Grazie alle giudicessa e alle altre concorrenti, soprattutto complimentoni alla co prima.. Kimly Eden^^ Complimenti cara!!

I killed the Heaven

 

 

L’acqua gli lambì dolcemente i piedi scalzi, lavando via le piccole tracce della cosa che portava dentro, piccola bestia dentro un corpo umano e passabile.

L’acqua lo costrinse ad abbassare gli occhi e guardare il movimento della sabbia spinta dalla risacca del mare.

I suoi occhi, di color azzurro ghiaccio, si posarono su quella sabbia spostata dalle onde azzurre dell’oceano.

Che fosse pazzia o realtà, una magica realtà, il giovane sapeva [credeva] di poter controllare la sabbia, il potere assoluto di plasmarla al proprio volere.

O almeno, la bestia immonda lo credeva.

Ma l’energia invase il corpo del giovane, facendo contrarre i muscoli, pronti per lo scoppio di folle pazzia omicida. Gli occhi si attardarono sull’orizzonte disegnato dal mare di prima mattina, che catturava i riflessi pallidi del sole appena nato.

Controllò l’impulso di abbandonarsi alla pazzia, chiuse gli occhi che troppo, e troppe volte, avevano creduto di essere simili a divinità.

Si tuffò nell’acqua gelida, senza pensieri, senza volontà, lasciandosi trasportare come la sabbia in balia delle onde. E non ebbe più coscienza di sé.

Bracciata, respiro, bracciata, respiro.

Le istruzioni del suo vecchio istruttore di nuoto gli tornavano alla mente, gli occhi coglievano l’immensità di quello spazio azzurro e sconfinato, non inquinato ancora del tutto dal passaggio umano, nonostante fosse Manhattan, la grande mela, New York.

Ma assieme ai pensieri se ne andò anche la tenue volontà di ricacciare la Bestia, che lo ebbe in pugno, con la stessa facilità con cui il giovane compiva i gesti quotidiani.

La furia, pazza, crebbe. La pazzia prese il posto della ragione in un incantesimo bastardo, irrazionale, distorto.

La sabbia si piegò ai suoi comandi, o almeno, gli occhi lo videro, il cervello lo credette.

E assieme alla distorta immagine del fondale marino apparve nella sua mente Lei, la donna dai capelli rosa e dal nome rievocante il fragile fiore di ciliegio. Sakura.

Gaara amava la piccola ragazza, fragile e bella come il suo nome.

La Bestia la voleva morta, sepolta tra il suo sangue ed il dolore.

Perché la Bestia voleva solo quello: uccidere. Si divertiva ad uccidere le persone più care a Gaara, il giovane. Voleva annientare quella tenue, fragile, scintilla di normalità che si leggeva sul volto del giovane aristocratico.

 Da azzurri, gli occhi divennero quasi bianchi come il ghiaccio, le bracciate si fecero più frequenti e irose, lasciando una marea di piccoli schizzi bianchi.

La Bestia si crogiolò nel pensiero della piccola donna immersa nel proprio sangue.

Ma soprattutto al pensiero di poter spezzare sotto le proprie appendici  l’unica speranza del giovane di cui divorava la mente.

Bracciata, respiro, bracciata, respiro.

Un incessante ritmo, vita nella vita, unico  modo di sedare la parte malvagia del proprio corpo. La parte divina. La parte... Malata.

 

***

 

Con passi lenti e misurati, il giovane Gaara, erede di una famiglia nobile e multimiliardaria, varcò la porta di casa. La villetta, con le pareti stuccate di bianco, dava direttamente sull’oceano, maestosa, tranquilla, da secoli paradiso per gli eredi della nobile casata che avessero voluto riposare in pace, o godersi un tranquillo weekend con la propria metà.

I propri piedi lasciarono sottili orme sul pavimento di parquet, orme bagnate, orme che sapevano di sale, di sabbia, di furore.

Gaara, padrone di sé stesso, salutò dolcemente la padrona di casa. La piccola Sakura, fiore di ciliegio. Alta poco più che un metro e sessanta, capelli rosa, occhi verdi, labbra simili a boccioli, era la donna che amava e che lo faceva rimanere parzialmente normale.

Sebbene non glielo avesse mai detto, l’amava ancora di più di quanto non amasse scolpire, unica attività che pareva averlo mai interessato nella sua giovane vita.

Nonostante non le avesse mai dichiarato espressamente i suoi sentimenti, lei lo aveva accettato così come era, semplicemente. Forse perché li conosceva già tutti, o semplicemente non aveva la forza di andare avanti senza di lui.

Perché non voleva conoscere la realtà, perché aveva il terrore. No, non il terrore, l’incubo che in realtà lui non l’amasse ma stesse solo giocando con lei. Allora, proprio per questo, preferiva tacere e piuttosto  farsi male, illudersi con una mezza bugia che le sapeva sin troppo di stantio.

La baciò con dolcezza, Gaara, le cinse la vita con delicatezza, quasi che della Bestia non fosse rimasto che lo spiacevole ricordo.

Quasi.

La ragazza rise sotto quei baci gentili, tentando di attirare il ragazzo in cucina, dove sicuramente lui aveva preparato qualche manicaretto.

Tutto ad un tratto dalla televisione lasciata accesa provenne la sigla del telegiornale e immediatamente il titolo iniziale.

“Nuovo caso di omicidio, a New York, il killer della sabbia colpisce ancora…”

Gaara si irrigidì sentendo la Bestia fremere. Si staccò da Sakura, per ascoltare ancora qualcosa dal telegiornale.

Si sedette su una poltrona rossa di fronte alla televisione a schermo piatto, mentre Sakura gli si adagiava in braccio, inconsapevole del pericolo a cui stava correndo incontro.

Il killer della sabbia colpisce ancora. Stamattina è stato trovato il cadavere del celebre poliziotto Morino, immerso nel proprio sangue e recante addosso il sigillo tipico del killer della sabbia, una piccola rosa del deserto. Tuttavia, questa volta, il killer reputato colpevole per almeno dodici omicidi, ha commesso un errore. Il poliziotto è riuscito a ferirlo e piccole tracce di sangue sono rimaste sulla scena del crimine, nonché un capello rosso magenta, colore naturale del killer.”

Gaara sentì un brivido freddo corrergli per le spalle, mentre si stringeva il braccio destro, a cui si era ferito la sera precedente. Maledetto bastardo…

Sakura colse quel movimento involontario, lesse il terrore in quegli occhi ghiacciati, solitamente così impassibili. Lesse il terrore, ma non lesse altro.

Forse se vi avesse letto quella scintilla omicida sarebbe stata zitta, avrebbe confidato ad altri i suoi timori, forse…

Ma semplicemente non lo fece.

- Gaara, dov’eri ieri sera? -

Una domanda innocente, ma il ragazzo lesse esattamente cosa vi fosse dietro quelle parole così fintamente ingenue. E quello, quello fu l’errore più grande che la ragazza avesse mai fatto, nonché l’ultimo.

- Ovunque io fossi non ti deve interessare. - Replicò lui, la voce gelida, le mani tremanti.

La ragazza si accorse della minaccia, si accorse che quella voce non era quella del suo ragazzo, dell’uomo che amava. Tentò di alzarsi, di scappare. Tentò mentre nella sua mente si accavallavano piani già formulati, convinta, illusa, di poter scampare al mostro dalla voce fredda.

Gaara lottò per mantenere il controllo sulla sua parte bestiale. Lottò come mai aveva fatto. Ma fu tutto inutile: nonostante gli sforzi, la Bestia era più forte di quanto lui non avrebbe mai potuto essere. Si odiò in quel momento, senza sapere di incrementare così il potere della Bestia. Eppure, eppure una speranza avrebbe potuto esserci ancora se…

Se i suoi occhi non avessero visto la sabbia muoversi, se la sua mente non avesse immaginato il potere della divinità che si manifestava, se la sabbia fosse rimasta immobile…

E invece la sabbia si mosse, lui la vide e la divinità, La Bestia,  esigette il suo tasso di sangue, esigette di porre fine alla stupida ragazza, lo stupido frammento che rendeva lo stupido Gaara ancora uomo.

Sakura vide quel cambiamento, vide lo sguardo ghiacciato farsi disumano, i muscoli dell’uomo pomparsi, le labbra dischiudersi, la lingua accarezzare quei denti perfetti. Vide l’aria pacifica del ragazzo svanire, intrappolata da un atteggiamento disinvolto e allo stesso tempo pazzo.

Prima che sentisse il freddo fiato della morte sul proprio collo tentò di scappare, scalciare.

Ma ciò non fece che far infuriare la Bestia.

Si ritrovò a terra sbattuta, picchiata, legata.

Il tempo perse il suo senso. Vide,  con la coda dell’occhio, Gaara prendere un coltello.

La lama le squarciò le carni, prepotente. Una, due, tre volte, sino a che perse il conto, sino a che il dolore non ebbe più senso.

E ancora, ancora chiuse gli occhi, per sfuggire, scappare, pregando che la vita le fosse tolta prima di implorare pietà.

Ma la Bestia fu implacabile, le aprì gli occhi a forza, le fece guardare il proprio corpo ridotto ad un ammasso di carne pulsante, senza logica, senza ragione.

Pazzo…

Sussurrò la donna, chiedendosi dove fosse il ragazzo che amava.

La Bestia lo percepì e la sua furia si fece maggiore, per quanto ancora possibile. Perché anche la Bestia amava Sakura, un amore distruttivo, un amore che faceva male. Un amore che la voleva tutta per sé, e per nessun altro al mondo. La voleva solo e semplicemente sua.

Poteva essere tale solo nella morte, in quel momento di orgasmo di sangue  tanto cercato dalla Bestia.

Sakura sentì la morte vicina, implorò che questa arrivasse quanto prima, per sfuggire finalmente a quella tortura senza nome. Non se ne accorse, ma le guance vennero rigate dalle lacrime. Non se ne accorse, ma sentendosi prossima alla fine, aprì gli occhi verdi da bambina e domandò con un filo di voce: - Perché?! -

La Bestia la guardò e si prese tempo, prima di rispondere, poi con un sorriso compiaciuto le rispose in modo tale che non sarebbe morta col cuore in pace, no davvero. - Vuoi sapere perché? - Si inginocchiò, sfiorandole il volto macchiato di sangue e sconvolto, appoggiò le proprie labbra su quelle della ragazza, mordendole. La guardò ancora.- Vuoi sapere perché? -

- Sì.- Un sussurro, che quasi si perse tra il sangue e il dolore.

- Io sono il killer della sabbia. Ho ucciso dodici persone, o almeno così credono. La realtà è che dovrebbero essere all’incirca una ventina. Uccido perché il sangue mi piace. Vuoi sapere chi sono? Sono la parte… come diresti tu? Cattiva, sì… cattiva, del tuo amichetto Gaara. Vorresti sapere ciò che lui prova verso di te? Non posso dirlo, io. Vorresti morire in pace? Non sarò io a dartene, di pace. Vuoi sapere perché ti ho ridotta così? Semplicemente per fare un dispetto a Gaara, sì a lui. Vuoi sapere le parole che io non ti ho mai detto? -

La ragazza perse conoscenza, forse la vita, ma la Bestia non se ne curò.

- Ho ucciso parecchie vittime, cara. Ma in tutte, in tutto quel sangue non cercavo che te. Cercavo te perché tu … tu sei l’unica cosa che mi impedisce di vincere. Cercavo te perché Gaara non ti ha mai amato, Gaara voleva la tua morte, voleva vederti esangue a terra, implorare pietà. Voleva vederti tinta del rosso cangiante del sangue, il tuo viso innocente spezzato. Venti vittime, venti vite spezzate. E non cercavo che te. Il tuo sangue, il tuo profumo, il tuo sapore… la mia preda. -

Scosse il volto esangue della ragazza, cercando reazioni. Ma non ne trovò, la vita si era involata, risparmiandole quelle parole, le parole che la Bestia non aveva mai detto alla fanciulla, e che mai più le avrebbe detto.

Rise, la Bestia, convinta che nulla avrebbe restituito a Gaara il possesso di quel corpo.

Si chinò, baciò le labbra della donna, labbra dal sapore di ruggine, labbra dal sapore metallico del sangue.

Godette, credendosi padrone.

Anche lui, inevitabilmente, sbagliava.

Il sangue imbrattò i suoi vestiti, il suo volto, i suoi capelli. La sabbia frusciò gentile, non più furiosa, semplicemente calma.

I suoi occhi la videro, e la Bestia perse il controllo.

Gaara aprì gli occhi, velati di una caligine biancastra, li strofinò, chiamando a gran voce Sakura, non avendo risposta.

La vista si schiarì, i sensi tornarono e lui percepì la vischiosa sensazione del sangue sulla propria pelle, il sapore del sangue sulla proprie labbra, la sensazione di assaporare una preda dentro di sé.

E, conoscendo quella sensazione, ebbe paura. Chiamò ancora, invocò quel nome amato.

Non ebbe risposta.

Allora la vista tornò, la vide riversa in un lago di sangue, gli occhi spenti, le lacrime asciugate, le labbra contratte, le mani serrate, il corpo rovinato e piagato.

Strinse a sé quel corpo, chiamò aiuto, ma ancora una volta non ebbe risposta. Pianse, Gaara, pianse per la prima volta nella sua vita, consapevole di aver ucciso la cosa a cui più teneva al mondo.

Sakura.

Le lacrime caddero, spazzarono via la sabbia, scacciarono via la Bestia, ma era ormai troppo tardi.

Lei era morta, senza sapere davvero quanto fosse importante.

Uccisa dall’uomo che amava, uccisa dalla sua pazzia.

- Io… ti amavo… e tu… non l’hai mai saputo. -

In quel momento vide il coltello con la quale aveva posto fine alla vita della donna. Avrebbe potuto usarlo anche su sé stesso e seguirla.

Le avrebbe detto davvero cosa provava allorché si sarebbero rivisti, tra i morti.

Prese il coltello, fece per lasciarlo scivolare sui polsi.

Lascia il coltello.

Ho placato la mia sete.

Lascia il coltello, debole.

Lascialo e bevi al tuo dolore.

Ancora una volta non lo fece, obbedì alla Bestia.

Prese tra le braccia la fanciulla esanime e fece l’unica cosa che riuscì ad imporre alla Bestia.

La avvolse in una coperta, accese la jeep, e partì. Sarebbe andato nell’unico posto in cui sarebbe potuto andare.

Da Kakashi Hatake, tutore di Sakura, detective della polizia.

A confessare.

Non poteva sapere che, così, la Bestia avrebbe detto le ultime parole a Sakura.

Non sapeva che così si sarebbe reso conto di quanto la amasse, e anche lui le avrebbe detto quelle parole che in vita non le aveva mai rivolto.

Non immaginava che avrebbe cambiato la vita del detective, ma anche la propria.

 

***

 

La jeep sgommò sulla ghiaia, mentre un impaziente conducente la parcheggiava con malagrazia. Kakashi, all’interno del suo appartamento nel centro della grande mela, stava tranquillamente fumando una sigaretta dal tabacco decisamente speciale.

Le gambe distese su una sedia, la schiena appoggiata al divano. Il detective stava prospettandosi una giornata tranquilla.

Non aveva idea di quanto si sbagliasse, di quanto quella giornata tranquilla gli avrebbe cambiato la vita.

Quando qualcuno bussò alla sua porta, maledisse mentalmente quel qualcuno, nascose la canna, dirigendosi con aria disinvolta e distaccata al proprio portone.

Fece scattare velocemente la serratura, spinse la maniglia, aspettandosi di vedere qualche condomino infastidito dalla sua noncuranza delle regole.

Ma quando vide il ragazzo della sua figlioccia, con la figlioccia esangue tra le braccia e coperto di sangue, perse completamente la calma.

Prima che potesse dire o fare qualcosa, il ragazzo lo guardò con occhi gelidi, disperati e folli, rossi dalle lacrime e disse con voce stranamente calma: - L’ho uccisa. -

Gaara non seppe come ebbe la forza di pronunciare quelle semplici tre parole, non ricordò mai come la situazione fosse degenerata.

Kakashi sgranò gli occhi, non capendo. Poi collegò, collegò quegli occhi gelidi, il sangue, la sabbia…

Fosse stata un’altra, e non la sua Sakura, avrebbe reagito diversamente. Sarebbe stato freddo, avrebbe chiamato i rinforzi, avrebbe trattenuto il reo. Ma la ragazza morta era la sua Sakura, il suo freddo distacco cadde, i pensieri razionali furono semplicemente annullati.

Sferrò un pugno sul viso di Gaara, carico di rabbia, dolore, frustrazione.

Gaara non fece nulla, conscio di meritare quel trattamento, aspettandosi un altro colpo e ancora, sino allo sfinimento.

Ma Kakashi si ricompose. - Bastardo. - sibilò, controllando a malapena la voglia di saltargli addosso. Gli prese la ragazza dalle mani, controllando freneticamente se quel nobile si fosse sbagliato, se qualcosa ci fosse ancora, qualche segno di vita…

Gaara guardò quell’uomo affaticarsi su quel corpo ormai vuoto, semplice involucro. Avrebbe voluto potergli ridare la vita, avrebbe voluto cedere la propria inutile esistenza.

Ad un tratto il dolore si risvegliò nella sua guancia, colpita dal punch  del detective. Mille piccoli aghi raschiarono la superficie dell’epidermide, il sangue emerso dai capillari rotti cominciò ad espandersi e a formare il livido che sarebbe apparso da lì a poco.

Qualcosa si mosse.

Guardò ancora il detective e la sua ragazza, ma stavolta non vi era tristezza, né desiderio di cedere la propria vita.

Vi era rabbia.

La sua vittima non doveva essere toccata da nessun altro, nessuno doveva guastare l’opera perfetta del killer della sabbia.

La sabbia si mosse, gli occhi di Gaara recepirono quell’avvertimento.

Non ebbe neppure il tempo di controllarsi: la Bestia prese facilmente il sopravvento.

Kakashi si voltò esattamente mentre avveniva quella mostruosa trasformazione, e, come Sakura in precedenza, vide gli occhi trasformarsi e il ragazzo diventare un killer senza pietà.

Ma lui non tentò di scappare, non aveva paura.

La bestia lo caricò, mandandolo contro la parete, facendo piovere sulla testa del poliziotto un quadro.

Le schegge di vetro piovvero addosso ai due, ma se Kakashi avvertì dolore, la Bestia non parve accorgersi di nulla. L’Animale diede un pugno nello stomaco al detective che lo subì, passando poi al contrattacco.

Kakashi raccolse una scheggia dal pavimento, la conficcò quanto più profondamente poté  nel torace del killer, che tentennò per qualche secondo, il necessario per liberarsi.

Afferrò un vaso colpendo la nuca della Bestia, che cadde a terra, svenuto. Credendo di avere tutto sotto controllo, Kakashi compose velocemente il 911  dal telefono di casa, mormorando qualcosa, prima che la Bestia lo sorprendesse.

Con una furia che lo lasciò semplicemente basito, il killer gli saltò addosso, atterrandolo e facendogli picchiare dolorosamente il gomito destro per terra.

Prima che Kakashi potesse muoversi o fare alcunché l’omicida estrasse un coltello a serramanico e cominciò ad affondarlo nel corpo del detective più volte, prima nell’addome, poi nella coscia, recidendo quasi completamente l’arteria femorale. Il detective reagì, prima che lo shock lo bloccasse del tutto. Mentre Gaara caricava per sferrare l’ennesimo fendente, afferrò il coltello dalla parte della lama, bloccando la sanguinosa opera del suo avversario.

Kakashi raccolse le proprie forze, ribaltò il criminale e gli finì sopra, gli sferrò una ginocchiata nei testicoli, prendendo il coltello, affondandolo tra la clavicola e i polmoni, recidendo un muscolo.

- Figlio di puttana. -

La Bestia sorrise, malgrado tutto, godendo di una vittima che fosse divertente da uccidere.

Il detective ansimava, cosparso di sangue in gran parte suo.

Gaara lottò per emergere, prima che fosse troppo tardi, prima che .. prima che si arrivasse ad un punto di non ritorno.

Ma fu inutile, per quanto cercasse, non riusciva ad emergere da quell’incubo, non riusciva a controllare la sete di sangue che lo possedeva.

Somebody wakes me from this nightmare,

I can’t control myself…

 

La Bestia rise e lo soffocò.

- Chi sei tu?- La domanda giunse inaspettata alla Bestia, che si poteva aspettare tutto tranne quella stupida, inutile richiesta.

- Gaara Sabaku no. -

- No, intendo quale parte di Gaara, figlio di puttana? Perché il Gaara che stava con mia figlia non l’avrebbe mai uccisa.-

La Bestia rise, gli occhi azzurri scintillarono per l’eccitazione della caccia.- Oh, io sono la parte …animalesca di Gaara, io sono le pulsioni che non riesce a controllare, detective. Io sono la parte malata, io sono il killer della sabbia. -

Kakashi si rese conto di essere prossimo allo svenimento, la ferita alla coscia stava perdendo una quantità di sangue tale da sporcare tutto il pavimento, per non parlare delle ferite al torace. Cercò di impedirsi di perdere il controllo sul folle, ma non ce la fece.

La Bestia lo schiantò al suolo, gli torse il braccio destro dietro la schiena, sino a che non sentì l’articolazione della spalla cedere con uno schiocco sordo ed il detective urlare dal dolore.

Lo rigirò, in modo da potergli parlare faccia a faccia. Prese il coltello dalle mani inerti dell’uomo, si mise a leccare il sangue che ne cospargeva la lama.

- Perché?!- La domanda giunse troppo frequente alle orecchie del pazzo, non tanto quanto la conclusione. - Perché l’hai uccisa? E’ evidente che… - il detective prese fiato, parlare era tanto difficile quanto respirare - anche tu… provi qualcosa per lei… -

La Bestia sorrise, riflettendo. Non aveva mai detto a nessuno quello che stava per rivelare al giovane poliziotto, ma tanto lo avrebbe ucciso. - Vuoi sapere il vero perché? Ti dirò quello che non ho detto nemmeno a lei in punto di morte, ti dirò le parole che non le ho mai detto. L’ho uccisa perché lei lo amava, perché lei amava Gaara, perché gli faceva mantenere il controllo. L’ho uccisa perché non potevo tollerare quella creatura nella nostra vita, non potevo tollerare qualcuno tra me e lui. Lei era l’elemento disturbatore. Gaara l’amava… e anche io! Ma lei non avrebbe mai potuto essere mia perché lei amava lui, amava la sua anima gentile e delicata. Non avrebbe mai potuto essere mia. Allora l’ho uccisa, perché così neanche lui l’avrebbe mai avuta. L’ho macchiata del sangue, facendola mia sposa. Facendola mia per sempre. - La Bestia guardò sarcastico ed amareggiato il volto bianco di Kakashi, poi sorrise. Leccò ancora una volta il coltello, poi lo avvicinò al volto del detective. La lama premette sulla carne del suo volto, facendo stillare sangue.

- Ora tu lo sai, quando lei non ne è mai stata a conoscenza, ad ogni modo è troppo tardi. È mia, come avrebbe sempre dovuto essere. Non vivrai abbastanza per raccontarlo. - Spostò la lama a contatto con l’occhio sinistro dell’uomo, Kakashi serrò la palpebra.- Per prima cosa annienteremo la tua vista. - Il coltello incise la carne, il detective urlò, scalciò.

Il dolore era troppo forte da sopportare.

Con un ultimo sforzo disperato, Kakashi sì liberò dal killer, estrasse una scheggia che gli aveva lacerato un palmo e la piantò tra la scapola e le vertebre dell’avversario.

Strisciò sino al divano, dove aveva lasciato la pistola nella fondina, la afferrò, la caricò e aspettò, troppo debole per andare direttamente contro il suo carnefice.

La Bestia arrivò, coperta di sangue, pronta a ucciderlo, a farlo suo.

Kakashi prese la mira con le mani che tremavano, la testa che girava ed un unico occhio.

Premette due volte il grilletto, le due pallottole centrarono Gaara nel petto.

Prima che potesse fare altro, anche solo svenire, la porta del suo appartamento si aprì, sfondata da una poliziotta dai capelli viola, seguita da una numerosa scorta.

Prima di perdere conoscenza la vide. - Anko…- mormorò lui, mentre sentiva le forze scemare.

La donna si precipitò da lui, lo strinse, ma lui non sentì le mani stringerlo, lui non vide la smorfia apparsa su quel volto, non sentì le voci dei colleghi chiamarlo.

Sentì solo il bisogno di dirle: - Ti amo. - Solo le labbra dell’altra sulle proprie.

E poi nulla.

La Bestia aveva rivelato i propri sentimenti, Kakashi lo aveva fatto.

Potrei continuare a parlare di come la storia del detective si sia evoluta.

Ma questa non è la sua storia, questa è la storia di Gaara, Sakura e La Bestia.

Gaara il pacifico, Sakura la vittima, La Bestia il carnefice.

 

***

 

Un mese, un mese per guarire e leccarsi le ferite.

Un mese, quello di Kakashi Hatake, passato tra interventi, flebo e morfina.

Un mese, quello di Gaara e della Bestia, passato tra la vita, la morte e la disperazione.

Un mese prima di arrivare a quel fatidico funerale.

Gli occhi azzurri dell’ aristocratico, finito nella divisa arancione dei carcerati, spaziarono per il cimitero. Un prete cattolico, vestito di nero, stava leggendo qualche passo del Vangelo, qualcuno piangeva, qualcuno semplicemente si preparava per l’encomio funebre, altri pensavano.

Il criminale sentì il dolore crescere, mentre quel feretro nero, avvolto dalla bandiera americana, veniva calato nella tomba. Spaziò il campo visivo, cercando di sfuggire a quel dolore, cercando l’aiuto della Bestia, che cancellasse il dolore. Ma la bestia era stata sedata dai farmaci.

Il suo sguardo incontrò quello del detective Hatake, l’uomo che gli aveva dato il maggior filo da torcere.

Sorretto dalla sua probabile ragazza, una giovane dai capelli viola, il poliziotto era pallido ed emaciato, le bende che gli coprivano l’occhio sinistro, il braccio destro al collo, le fasciature che si intravedevano sotto i vestiti, una flebo ancora attaccata al braccio destro.

Tuttavia il suo sguardo non era addomesticato da quegli impedimenti fisici. Quell’unico occhio nero lo perforò da parte a parte, strappandogli l’anima, umiliandolo.

Le labbra di Kakashi sillabarono una sola frase, che lo gelò. - Era mia figlia. - E ancora mille frasi non dette. “La amavi, ora vivi con la consapevolezza di averla uccisa.” Non cercava vendetta, voleva giustizia.

Gaara sostenne quello sguardo, come aveva sostenuto tutti quelli che gli erano piovuti addosso in quel mese maledetto.

Quello sguardo, però, gli fece male.

Perché?!

Semplicemente perché quello sguardo era stato in grado di far cantare le Bestia, di farla tacere, di piegarla. Mentre lui, Gaara Sabaku no, non era stato in grado di farlo, neppure per la donna che amava.

Non sentì la pioggia cadere e bagnarlo, inzuppare le bende, far stillare sangue dalle ferite non ancora guarite.

Vide solo quel feretro cadere nella tomba, la terra sotterrarlo e il suo cuore morire un po’ con lui.

- Non te l’ho mai detto, Sakura, io ti amavo, non eri solo un gioco per me. Eri tutto, eri la mia anima, la mia carne. Eri semplicemente quella che mi impediva di affondare. Eri la terra sotto i piedi, il mare per un marinaio, la stella per un uomo perduto. Sono stanco di rimanere qui senza di te. Ti rivedo in ogni azione, in ogni gesto. Ogni cosa mi ricorda di te, mi ricorda il mio gesto, il tuo sangue sulle mie mani. Sei ancora qui con me e questo fa male. Questo dolore fa troppo male. Non ti ho mai detto quanto fossi necessaria per me. E ora, ora… ti ho uccisa. Avevi tutto di me, eri il mio tallone d’Achille ma anche la mia fortezza. Mi ammaliavi. Ammaliavi non solo me, ma anche la Bestia. Ci tenevi in pugno, amanti.

Gridavi e io, noi, volevamo essere lontani da quelle grida. Questa passione così forte è stata la causa della tua fine. Ti amava troppo, per lasciare che fossi solo mia. Amava troppo vincere per poter essere sconfitto. E io ero troppo debole, per combatterlo.

Ho lasciato che ti portasse via, mi sono lasciato sconfiggere. Persino il tuo patrigno è riuscito a bloccarlo, è  riuscito a fargli ammettere qualcosa. Lui… è riuscito a dire quelle parole che non aveva mai avuto il modo di dirti, eppure io, che il modo lo ebbi, ho lasciato che tu t’involassi.

Senza sapere. Without knowing how much I loved you. Si può vivere una vita come la mia, immerso tra le ricchezze, scappando ogni giorno alle proprie responsabilità di essere umano, voltando le spalle al mondo. Tuttavia, vivendo questa vita idilliaca, si rimane sempre con la bocca asciutta, perché i soldi possono molto, ma non possono comprare la felicità. Io, io facevo parte di quei fortunati che si erano imbattuti nella donna che li avrebbe resi completi, per la quale avrebbero dato via i loro amati soldi. Ho passato un’infanzia difficile, isolato da tutti, odiato. Perché ero strano, folle, diverso. La Bestia è nata così. Ma tu, tu eri riuscita a farmi sentire perfetto, avevi placato la solitudine. E io, come un coglione, ti ho persa. Vorrei implorare il tuo perdono per quello che ho fatto. Non l’ho controllata, avrei potuto, avrei… -

Qualcosa sfiorò il giovane, un vento sottile.

Alzò gli occhi da terra, vide gli occhi verdi della donna che amava, ne assaporò il labile profumo,  sentì il suo tocco.

- Sakura… - implorò quel nome, lui che non aveva mai implorato nessuno.

- Ti perdono. - lo baciò flebilmente sulla bocca per poi sparire, flebile com’era venuta.

La vide spostarsi, andare e sussurrare qualcosa al proprio patrigno, che sorrise flebilmente.

Poi torno da lui, gli carezzò il volto, lo baciò ancora, lo guardò ancora una volta negli occhi, sorrise.

- Ricordati di me così. Io ti perdono, Gaara. Ti perdono perché io ho amato solo te, e mai la Bestia. Io sapevo, eppure non ho mai fatto nulla. Per questo io ti perdono. -

La vide sparire, involarsi, andare in pace.

Ed andò in pace anche lui.

Non importava cosa sarebbe venuto dopo, le aveva detto quelle parole… le parole mai pronunciate.

Chiuse gli occhi, distolse lo sguardo dal feretro nero, guardò per l’ultima volta il detective.

Incrociarono gli sguardi, ma stavolta il detective lo guardò con compassione oltre che con rabbia.

“ Hai ucciso la donna che amavi, lei ti ha perdonato. Ma tu non riuscirai mai a perdonarti davvero, come non lo farò io.”

Gaara sostenne quello sguardo, e fece male perché stavolta il poliziotto aveva visto giusto.

Non sarebbe mai andato davvero in pace, nonostante tutto.

L’inferno l’avrebbe atteso dentro il proprio cuore, nei meandri della Bestia.

Ma soprattutto, nello sguardo nero del detective, nella propria immagine riflessa allo specchio.

Il perdono non sarebbe mai giunto.

E la pace sarebbe rimasta un miraggio.

La Bestia sussultò, placato solo momentaneamente.

La pace era a un soffio, eppure non sarebbe mai più parsa così lontana.

La tomba fu coperta di terra, il sacerdote concluse il suo discorso, i fiori si posarono a terra.

Solo Gaara non si mosse.

La pace, il perdono, il tempo… erano stati sepolti con quella donna.



Contest & Co
<< I killed the Heaven >>
di Bravesoul
Livello ortografico + Lessico : 10(10) Niente da dire, ben scritta (e pace all’anima della tua beta xD)
Trama (come sarà strutturata) :9.8 (10) Perfetta, tranne per alcuni punti in cui mi sono un po’ confusa per le scansioni del tempo, per esempio quando si interpone la Bestia al carattere del nostro rossino (ma io sono confusa di mio, quindi non ha penalizzato più di tanto)
Originalità : 5 (5) Originale, decisamente, visto che non avevo mai pensato a vedere Gaara nelle AU come il Gaara del manga, con annessi e connessi (demone, sabbia, e ciò di contorno)
Caratterizzazione dei personaggi : 4.8(5) Gaara e Kakashi sono caratterizzati divinamente, perfetti nel loro dolore e nella loro follia, Sakura si vede poco e quindi non sono riuscita a incentrarla bene ma nel complesso sono molto IC.
Attinenza alla traccia :5 (5) Hai centrato perfettamente ciò che volevo dal contest.
Gradimento personale : 1.7(2) Mi è piaciuta davvero molto, a parte per il piccolo fatto che la nostra ninja medico preferita ha fatto una brutta, bruttissima fine. Pace all’anima sua, amen.
Giudizio della giudice : Cosa posso dire se non di nuovo, brava?! Ti prenderei a legnate perché cito le tue testuali parole ” io prenoto l' ultimo, ultimissimo posto” non ti ho accontentata, spero che sarai contenta lo stesso però, o io non ci metto niente a rifare la classifica, no scherzo, questo non lo farei mai. Ho adorato Gaara, la sua follia, il suo voler sconfiggere la bestia e non riuscirci per la persona che amava, sapere che la sua morte peserà per sempre su di lui, e non troverà mai la pace nonostante sia stato perdonato. Lo dico?Devo proprio farlo di nuovo? Si? BRAVA!

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: bravesoul