Sono arrivata prima. UAO! con Sakura. Ed è la seconda volta.
UAO!
Sono a dir poco contenta, perchè, cavolo, non mi aspettavo di arrivare addirittura prima. E' tremendamente edificante^^
Grazie alle giudicessa e alle altre concorrenti, soprattutto complimentoni alla co prima.. Kimly Eden^^ Complimenti cara!!
I
killed the Heaven
L’acqua
gli lambì dolcemente i
piedi scalzi, lavando via le piccole tracce della cosa che portava
dentro,
piccola bestia dentro un corpo umano e passabile.
L’acqua
lo costrinse ad abbassare
gli occhi e guardare il movimento della sabbia spinta dalla risacca del
mare.
I
suoi occhi, di color azzurro
ghiaccio, si posarono su quella sabbia spostata dalle onde azzurre
dell’oceano.
Che
fosse pazzia o realtà, una
magica realtà, il giovane sapeva [credeva]
di poter controllare la sabbia, il potere assoluto di plasmarla al
proprio
volere.
O
almeno, la bestia immonda lo
credeva.
Ma
l’energia invase il corpo del
giovane, facendo contrarre i muscoli, pronti per lo scoppio di folle
pazzia
omicida. Gli occhi si attardarono sull’orizzonte disegnato
dal mare di prima
mattina, che catturava i riflessi pallidi del sole appena nato.
Controllò
l’impulso di
abbandonarsi alla pazzia, chiuse gli occhi che troppo, e troppe volte,
avevano
creduto di essere simili a divinità.
Si
tuffò nell’acqua gelida, senza
pensieri, senza volontà, lasciandosi trasportare come la
sabbia in balia delle
onde. E non ebbe più coscienza di sé.
Bracciata, respiro, bracciata, respiro.
Le
istruzioni del suo vecchio
istruttore di nuoto gli tornavano alla mente, gli occhi coglievano
l’immensità
di quello spazio azzurro e sconfinato, non inquinato ancora del tutto
dal
passaggio umano, nonostante fosse Manhattan, la
grande mela, New York.
Ma
assieme ai pensieri se ne andò
anche la tenue volontà di ricacciare
La
furia, pazza, crebbe. La pazzia
prese il posto della ragione in un incantesimo bastardo, irrazionale,
distorto.
La
sabbia si piegò ai suoi
comandi, o almeno, gli occhi lo videro, il cervello lo credette.
E
assieme alla distorta immagine
del fondale marino apparve nella sua mente Lei, la donna dai capelli
rosa e dal
nome rievocante il fragile fiore di ciliegio. Sakura.
Gaara
amava la piccola ragazza,
fragile e bella come il suo nome.
Perché
Da azzurri, gli occhi
divennero quasi bianchi
come il ghiaccio, le bracciate si fecero più frequenti e
irose, lasciando una
marea di piccoli schizzi bianchi.
Ma
soprattutto al pensiero di
poter spezzare sotto le proprie appendici
l’unica speranza del giovane di cui divorava la
mente.
Bracciata, respiro, bracciata, respiro.
Un
incessante ritmo, vita nella
vita, unico modo di
sedare la parte
malvagia del proprio corpo. La parte divina. La parte... Malata.
***
Con
passi lenti e misurati, il
giovane Gaara, erede di una famiglia nobile e multimiliardaria,
varcò la porta
di casa. La villetta, con le pareti stuccate di bianco, dava
direttamente
sull’oceano, maestosa, tranquilla, da secoli paradiso per gli
eredi della
nobile casata che avessero voluto riposare in pace, o godersi un
tranquillo
weekend con la propria metà.
I
propri piedi lasciarono sottili
orme sul pavimento di parquet, orme bagnate, orme che sapevano di sale,
di
sabbia, di furore.
Gaara,
padrone di sé stesso, salutò
dolcemente la padrona di casa. La piccola Sakura, fiore di ciliegio.
Alta poco
più che un metro e sessanta, capelli rosa, occhi verdi,
labbra simili a
boccioli, era la donna che amava e che lo faceva rimanere parzialmente
normale.
Sebbene
non glielo avesse mai
detto, l’amava ancora di più di quanto non amasse
scolpire, unica attività che
pareva averlo mai interessato nella sua giovane vita.
Nonostante
non le avesse mai dichiarato
espressamente i suoi sentimenti, lei lo aveva accettato così
come era,
semplicemente. Forse perché li conosceva già
tutti, o semplicemente non aveva
la forza di andare avanti senza di lui.
Perché
non voleva conoscere la
realtà, perché aveva il terrore. No, non il
terrore, l’incubo che in realtà lui
non l’amasse ma stesse solo giocando con lei. Allora, proprio
per questo,
preferiva tacere e piuttosto farsi
male,
illudersi con una mezza bugia che le sapeva sin troppo di stantio.
La
baciò con dolcezza, Gaara, le
cinse la vita con delicatezza, quasi che della Bestia non fosse rimasto
che lo
spiacevole ricordo.
Quasi.
La
ragazza rise sotto quei baci
gentili, tentando di attirare il ragazzo in cucina, dove sicuramente
lui aveva
preparato qualche manicaretto.
Tutto
ad un tratto dalla
televisione lasciata accesa provenne la sigla del telegiornale e
immediatamente
il titolo iniziale.
“Nuovo caso di omicidio, a
New York, il killer della sabbia
colpisce ancora…”
Gaara
si irrigidì sentendo
Si
sedette su una poltrona rossa
di fronte alla televisione a schermo piatto, mentre Sakura gli si
adagiava in
braccio, inconsapevole del pericolo a cui stava correndo incontro.
“Il killer della sabbia colpisce ancora. Stamattina
è stato trovato il
cadavere del celebre poliziotto Morino, immerso nel proprio sangue e
recante
addosso il sigillo tipico del killer della sabbia, una piccola rosa del
deserto. Tuttavia, questa volta, il killer reputato colpevole per
almeno dodici
omicidi, ha commesso un errore. Il poliziotto è riuscito a
ferirlo e piccole
tracce di sangue sono rimaste sulla scena del crimine,
nonché un capello rosso
magenta, colore naturale del killer.”
Gaara
sentì un brivido freddo
corrergli per le spalle, mentre si stringeva il braccio destro, a cui
si era
ferito la sera precedente. Maledetto bastardo…
Sakura
colse quel movimento
involontario, lesse il terrore in quegli occhi ghiacciati, solitamente
così
impassibili. Lesse il terrore, ma non lesse altro.
Forse
se vi avesse letto quella
scintilla omicida sarebbe stata zitta, avrebbe confidato ad altri i
suoi
timori, forse…
Ma
semplicemente non lo fece.
-
Gaara, dov’eri ieri sera? -
Una
domanda innocente, ma il
ragazzo lesse esattamente cosa vi fosse dietro quelle parole
così fintamente
ingenue. E quello, quello fu l’errore più grande
che la ragazza avesse mai
fatto, nonché l’ultimo.
-
Ovunque io fossi non ti deve
interessare. - Replicò lui, la voce gelida, le mani
tremanti.
La
ragazza si accorse della
minaccia, si accorse che quella voce non era quella del suo ragazzo,
dell’uomo
che amava. Tentò di alzarsi, di scappare. Tentò
mentre nella sua mente si
accavallavano piani già formulati, convinta, illusa, di
poter scampare al
mostro dalla voce fredda.
Gaara
lottò per mantenere il
controllo sulla sua parte bestiale. Lottò come mai aveva
fatto. Ma fu tutto
inutile: nonostante gli sforzi,
Se
i suoi occhi non avessero visto
la sabbia muoversi, se la sua mente non avesse immaginato il potere
della divinità
che si manifestava, se la sabbia fosse rimasta immobile…
E
invece la sabbia si mosse, lui
la vide e la divinità,
Sakura
vide quel cambiamento, vide
lo sguardo ghiacciato farsi disumano, i muscoli dell’uomo
pomparsi, le labbra
dischiudersi, la lingua accarezzare quei denti perfetti. Vide
l’aria pacifica
del ragazzo svanire, intrappolata da un atteggiamento disinvolto e allo
stesso
tempo pazzo.
Prima
che sentisse il freddo fiato
della morte sul proprio collo tentò di scappare, scalciare.
Ma
ciò non fece che far infuriare
Si
ritrovò a terra sbattuta,
picchiata, legata.
Il
tempo perse il suo senso.
Vide, con la coda
dell’occhio, Gaara
prendere un coltello.
La
lama le squarciò le carni,
prepotente. Una, due, tre volte, sino a che perse il conto, sino a che
il
dolore non ebbe più senso.
E
ancora, ancora chiuse gli occhi,
per sfuggire, scappare, pregando che la vita le fosse tolta prima di
implorare
pietà.
Ma
Pazzo…
Sussurrò
la donna, chiedendosi
dove fosse il ragazzo che amava.
Poteva
essere tale solo nella
morte, in quel momento di orgasmo di sangue
tanto cercato dalla Bestia.
Sakura
sentì la morte vicina,
implorò che questa arrivasse quanto prima, per sfuggire
finalmente a quella
tortura senza nome. Non se ne accorse, ma le guance vennero rigate
dalle
lacrime. Non se ne accorse, ma sentendosi prossima alla fine,
aprì gli occhi
verdi da bambina e domandò con un filo di voce: -
Perché?! -
-
Sì.- Un sussurro, che quasi si
perse tra il sangue e il dolore.
-
Io sono il killer della sabbia.
Ho ucciso dodici persone, o almeno così credono. La
realtà è che dovrebbero
essere all’incirca una ventina. Uccido perché il
sangue mi piace. Vuoi sapere
chi sono? Sono la parte… come diresti tu? Cattiva,
sì… cattiva, del tuo
amichetto Gaara. Vorresti sapere ciò che lui prova verso di
te? Non posso
dirlo, io. Vorresti morire in pace? Non sarò io a dartene,
di pace. Vuoi sapere
perché ti ho ridotta così? Semplicemente per fare
un dispetto a Gaara, sì a
lui. Vuoi sapere le parole che io non ti ho mai detto? -
La
ragazza perse conoscenza, forse
la vita, ma
-
Ho ucciso parecchie vittime,
cara. Ma in tutte, in tutto quel sangue non cercavo che te. Cercavo te
perché tu …
tu sei l’unica cosa che mi
impedisce di vincere. Cercavo te perché Gaara non ti ha mai
amato, Gaara voleva
la tua morte, voleva vederti esangue a terra, implorare
pietà. Voleva vederti
tinta del rosso cangiante del sangue, il tuo viso innocente spezzato.
Venti
vittime, venti vite spezzate. E non cercavo che te. Il tuo sangue, il
tuo
profumo, il tuo sapore… la mia preda. -
Scosse
il volto esangue della
ragazza, cercando reazioni. Ma non ne trovò, la vita si era
involata,
risparmiandole quelle parole, le parole che
Rise,
Si
chinò, baciò le labbra della
donna, labbra dal sapore di ruggine, labbra dal sapore metallico del
sangue.
Godette,
credendosi padrone.
Anche
lui, inevitabilmente,
sbagliava.
Il
sangue imbrattò i suoi vestiti,
il suo volto, i suoi capelli. La sabbia frusciò gentile, non
più furiosa,
semplicemente calma.
I
suoi occhi la videro, e
Gaara
aprì gli occhi, velati di
una caligine biancastra, li strofinò, chiamando a gran voce
Sakura, non avendo
risposta.
La
vista si schiarì, i sensi
tornarono e lui percepì la vischiosa sensazione del sangue
sulla propria pelle,
il sapore del sangue sulla proprie labbra, la sensazione di assaporare
una
preda dentro di sé.
E,
conoscendo quella sensazione,
ebbe paura. Chiamò ancora, invocò quel nome amato.
Non
ebbe risposta.
Allora
la vista tornò, la vide
riversa in un lago di sangue, gli occhi spenti, le lacrime asciugate,
le labbra
contratte, le mani serrate, il corpo rovinato e piagato.
Strinse
a sé quel corpo, chiamò
aiuto, ma ancora una volta non ebbe risposta. Pianse, Gaara, pianse per
la
prima volta nella sua vita, consapevole di aver ucciso la cosa a cui
più teneva
al mondo.
Sakura.
Le
lacrime caddero, spazzarono via
la sabbia, scacciarono via
Lei
era morta, senza sapere davvero
quanto fosse importante.
Uccisa
dall’uomo che amava, uccisa
dalla sua pazzia.
-
Io… ti amavo… e tu… non
l’hai
mai saputo. -
In
quel momento vide il coltello
con la quale aveva posto fine alla vita della donna. Avrebbe potuto
usarlo
anche su sé stesso e seguirla.
Le
avrebbe detto davvero cosa
provava allorché si sarebbero rivisti, tra i morti.
Prese
il coltello, fece per
lasciarlo scivolare sui polsi.
Lascia il coltello.
Ho placato la mia sete.
Lascia il coltello, debole.
Lascialo e bevi al tuo dolore.
Ancora
una volta non lo fece,
obbedì alla Bestia.
Prese
tra le braccia la fanciulla
esanime e fece l’unica cosa che riuscì ad imporre
alla Bestia.
La
avvolse in una coperta, accese
la jeep, e partì. Sarebbe andato nell’unico posto
in cui sarebbe potuto andare.
Da
Kakashi Hatake, tutore di
Sakura, detective della polizia.
A
confessare.
Non
poteva sapere che, così,
Non
sapeva che così si sarebbe
reso conto di quanto la amasse, e anche lui le avrebbe detto quelle
parole che
in vita non le aveva mai rivolto.
Non
immaginava che avrebbe
cambiato la vita del detective, ma anche la propria.
***
La
jeep sgommò sulla ghiaia,
mentre un impaziente conducente la parcheggiava con malagrazia.
Kakashi,
all’interno del suo appartamento nel centro della grande mela, stava tranquillamente
fumando una sigaretta dal
tabacco decisamente speciale.
Le
gambe distese su una sedia, la
schiena appoggiata al divano. Il detective stava prospettandosi una
giornata
tranquilla.
Non
aveva idea di quanto si
sbagliasse, di quanto quella giornata tranquilla gli avrebbe cambiato
la vita.
Quando
qualcuno bussò alla sua
porta, maledisse mentalmente quel qualcuno, nascose la canna,
dirigendosi con
aria disinvolta e distaccata al proprio portone.
Fece
scattare velocemente la
serratura, spinse la maniglia, aspettandosi di vedere qualche condomino
infastidito dalla sua noncuranza delle regole.
Ma
quando vide il ragazzo della
sua figlioccia, con la figlioccia esangue tra le braccia e coperto di
sangue,
perse completamente la calma.
Prima
che potesse dire o fare
qualcosa, il ragazzo lo guardò con occhi gelidi, disperati e
folli, rossi dalle
lacrime e disse con voce stranamente calma: - L’ho uccisa. -
Gaara
non seppe come ebbe la forza
di pronunciare quelle semplici tre parole, non ricordò mai
come la situazione
fosse degenerata.
Kakashi
sgranò gli occhi, non
capendo. Poi collegò, collegò quegli occhi
gelidi, il sangue, la sabbia…
Fosse
stata un’altra, e non la sua
Sakura, avrebbe reagito
diversamente. Sarebbe stato freddo, avrebbe chiamato i rinforzi,
avrebbe
trattenuto il reo. Ma la ragazza morta era la sua Sakura, il suo freddo
distacco cadde, i pensieri razionali furono semplicemente annullati.
Sferrò
un pugno sul viso di Gaara,
carico di rabbia, dolore, frustrazione.
Gaara
non fece nulla, conscio di
meritare quel trattamento, aspettandosi un altro colpo e ancora, sino
allo
sfinimento.
Ma
Kakashi si ricompose. -
Bastardo. - sibilò, controllando a malapena la voglia di
saltargli addosso. Gli
prese la ragazza dalle mani, controllando freneticamente se quel nobile
si
fosse sbagliato, se qualcosa ci fosse ancora, qualche segno di
vita…
Gaara
guardò quell’uomo
affaticarsi su quel corpo ormai vuoto, semplice involucro. Avrebbe
voluto
potergli ridare la vita, avrebbe voluto cedere la propria inutile
esistenza.
Ad
un tratto il dolore si
risvegliò nella sua guancia, colpita dal punch del detective. Mille
piccoli aghi raschiarono
la superficie dell’epidermide, il sangue emerso dai capillari
rotti cominciò ad
espandersi e a formare il livido che sarebbe apparso da lì a
poco.
Qualcosa
si mosse.
Guardò
ancora il detective e la
sua ragazza, ma stavolta non vi era tristezza, né desiderio
di cedere la
propria vita.
Vi
era rabbia.
La
sua vittima non doveva essere
toccata da nessun altro, nessuno
doveva guastare l’opera perfetta del killer
della sabbia.
La
sabbia si mosse, gli occhi di
Gaara recepirono quell’avvertimento.
Non
ebbe neppure il tempo di
controllarsi:
Kakashi
si voltò esattamente
mentre avveniva quella mostruosa trasformazione, e, come Sakura in
precedenza, vide
gli occhi trasformarsi e il ragazzo diventare un killer senza
pietà.
Ma
lui non tentò di scappare, non
aveva paura.
La
bestia lo caricò, mandandolo
contro la parete, facendo piovere sulla testa del poliziotto un quadro.
Le
schegge di vetro piovvero
addosso ai due, ma se Kakashi avvertì dolore,
Kakashi
raccolse una scheggia dal
pavimento, la conficcò quanto più profondamente
poté nel
torace del killer, che tentennò per
qualche secondo, il necessario per liberarsi.
Afferrò
un vaso colpendo la nuca della
Bestia, che cadde a terra, svenuto. Credendo di avere tutto sotto
controllo,
Kakashi compose velocemente il 911 dal
telefono di casa, mormorando qualcosa, prima che
Con
una furia che lo lasciò
semplicemente basito, il killer gli saltò addosso,
atterrandolo e facendogli
picchiare dolorosamente il gomito destro per terra.
Prima
che Kakashi potesse muoversi
o fare alcunché l’omicida estrasse un coltello a
serramanico e cominciò ad
affondarlo nel corpo del detective più volte, prima
nell’addome, poi nella
coscia, recidendo quasi completamente l’arteria femorale. Il
detective reagì,
prima che lo shock lo bloccasse del tutto. Mentre Gaara caricava per
sferrare
l’ennesimo fendente, afferrò il coltello dalla
parte della lama, bloccando la
sanguinosa opera del suo avversario.
Kakashi
raccolse le proprie forze,
ribaltò il criminale e gli finì sopra, gli
sferrò una ginocchiata nei
testicoli, prendendo il coltello, affondandolo tra la clavicola e i
polmoni,
recidendo un muscolo.
-
Figlio di puttana. -
Il
detective ansimava, cosparso di
sangue in gran parte suo.
Gaara
lottò per emergere, prima
che fosse troppo tardi, prima che .. prima che si arrivasse ad un punto
di non
ritorno.
Ma
fu inutile, per quanto
cercasse, non riusciva ad emergere da quell’incubo, non
riusciva a controllare
la sete di sangue che lo possedeva.
Somebody
wakes me from this nightmare,
I can’t
control myself…
-
Chi sei tu?- La domanda giunse
inaspettata alla Bestia, che si poteva aspettare tutto tranne quella
stupida,
inutile richiesta.
-
Gaara Sabaku no. -
-
No, intendo quale parte di
Gaara, figlio di puttana? Perché il Gaara che stava con mia
figlia non
l’avrebbe mai uccisa.-
Kakashi
si rese conto di essere
prossimo allo svenimento, la ferita alla coscia stava perdendo una
quantità di
sangue tale da sporcare tutto il pavimento, per non parlare delle
ferite al
torace. Cercò di impedirsi di perdere il controllo sul
folle, ma non ce la
fece.
Lo
rigirò, in modo da potergli parlare
faccia a faccia. Prese il coltello dalle mani inerti
dell’uomo, si mise a
leccare il sangue che ne cospargeva la lama.
-
Perché?!- La domanda giunse
troppo frequente alle orecchie del pazzo, non tanto quanto la
conclusione. -
Perché l’hai uccisa? E’ evidente
che… - il detective prese fiato, parlare era
tanto difficile quanto respirare - anche tu… provi qualcosa
per lei… -
-
Ora tu lo sai, quando lei non ne
è mai stata a conoscenza, ad ogni modo è troppo
tardi. È mia, come avrebbe
sempre dovuto essere. Non vivrai abbastanza per raccontarlo. -
Spostò la lama a
contatto con l’occhio sinistro dell’uomo, Kakashi
serrò la palpebra.- Per prima
cosa annienteremo la tua vista. - Il coltello incise la carne, il
detective
urlò, scalciò.
Il
dolore era troppo forte da
sopportare.
Con
un ultimo sforzo disperato,
Kakashi sì liberò dal killer, estrasse una
scheggia che gli aveva lacerato un
palmo e la piantò tra la scapola e le vertebre
dell’avversario.
Strisciò
sino al divano, dove
aveva lasciato la pistola nella fondina, la afferrò, la
caricò e aspettò,
troppo debole per andare direttamente contro il suo carnefice.
Kakashi
prese la mira con le mani
che tremavano, la testa che girava ed un unico occhio.
Premette
due volte il grilletto,
le due pallottole centrarono Gaara nel petto.
Prima
che potesse fare altro,
anche solo svenire, la porta del suo appartamento si aprì,
sfondata da una
poliziotta dai capelli viola, seguita da una numerosa scorta.
Prima
di perdere conoscenza la
vide. - Anko…- mormorò lui, mentre sentiva le
forze scemare.
La
donna si precipitò da lui, lo
strinse, ma lui non sentì le mani stringerlo, lui non vide
la smorfia apparsa
su quel volto, non sentì le voci dei colleghi chiamarlo.
Sentì
solo il bisogno di dirle: -
Ti amo. - Solo le labbra dell’altra sulle proprie.
E
poi nulla.
Potrei
continuare a parlare di
come la storia del detective si sia evoluta.
Ma
questa non è la sua storia,
questa è la storia di Gaara, Sakura e
Gaara
il pacifico, Sakura la
vittima,
***
Un
mese, un mese per guarire e
leccarsi le ferite.
Un
mese, quello di Kakashi Hatake,
passato tra interventi, flebo e morfina.
Un
mese, quello di Gaara e della
Bestia, passato tra la vita, la morte e la disperazione.
Un
mese prima di arrivare a quel
fatidico funerale.
Gli
occhi azzurri dell’
aristocratico, finito nella divisa arancione dei carcerati, spaziarono
per il
cimitero. Un prete cattolico, vestito di nero, stava leggendo qualche
passo del
Vangelo, qualcuno piangeva, qualcuno semplicemente si preparava per
l’encomio
funebre, altri pensavano.
Il
criminale sentì il dolore
crescere, mentre quel feretro nero, avvolto dalla bandiera americana,
veniva
calato nella tomba. Spaziò il campo visivo, cercando di
sfuggire a quel dolore,
cercando l’aiuto della Bestia, che cancellasse il dolore. Ma
la bestia era
stata sedata dai farmaci.
Il
suo sguardo incontrò quello del
detective Hatake, l’uomo che gli aveva dato il maggior filo
da torcere.
Sorretto
dalla sua probabile
ragazza, una giovane dai capelli viola, il poliziotto era pallido ed
emaciato,
le bende che gli coprivano l’occhio sinistro, il braccio
destro al collo, le
fasciature che si intravedevano sotto i vestiti, una flebo ancora
attaccata al
braccio destro.
Tuttavia
il suo sguardo non era
addomesticato da quegli impedimenti fisici. Quell’unico
occhio nero lo perforò
da parte a parte, strappandogli l’anima, umiliandolo.
Le
labbra di Kakashi sillabarono
una sola frase, che lo gelò. - Era mia figlia. - E ancora
mille frasi non
dette. “La amavi, ora vivi con la consapevolezza di averla
uccisa.” Non cercava
vendetta, voleva giustizia.
Gaara
sostenne quello sguardo,
come aveva sostenuto tutti quelli che gli erano piovuti addosso in quel
mese
maledetto.
Quello
sguardo, però, gli fece
male.
Perché?!
Semplicemente
perché quello
sguardo era stato in grado di far cantare le Bestia, di farla tacere,
di
piegarla. Mentre lui, Gaara Sabaku no, non era stato in grado di farlo,
neppure
per la donna che amava.
Non
sentì la pioggia cadere e
bagnarlo, inzuppare le bende, far stillare sangue dalle ferite non
ancora
guarite.
Vide
solo quel feretro cadere
nella tomba, la terra sotterrarlo e il suo cuore morire un
po’ con lui.
-
Non te l’ho mai detto, Sakura, io
ti amavo, non eri solo un gioco per me. Eri tutto, eri la mia anima, la
mia
carne. Eri semplicemente quella che mi impediva di affondare. Eri la
terra sotto
i piedi, il mare per un marinaio, la stella per un uomo perduto. Sono
stanco di
rimanere qui senza di te. Ti rivedo in ogni azione, in ogni gesto. Ogni
cosa mi
ricorda di te, mi ricorda il mio gesto, il tuo sangue sulle mie mani.
Sei
ancora qui con me e questo fa male. Questo dolore fa troppo male. Non
ti ho mai
detto quanto fossi necessaria per me. E ora, ora… ti ho
uccisa. Avevi tutto di
me, eri il mio tallone d’Achille ma anche la mia fortezza. Mi
ammaliavi.
Ammaliavi non solo me, ma anche
Gridavi
e io, noi, volevamo essere
lontani da quelle grida. Questa passione così forte
è stata la causa della tua
fine. Ti amava troppo, per lasciare che fossi solo mia. Amava troppo
vincere
per poter essere sconfitto. E io ero troppo debole, per combatterlo.
Ho
lasciato che ti portasse via,
mi sono lasciato sconfiggere. Persino il tuo patrigno è
riuscito a bloccarlo, è
riuscito a fargli
ammettere qualcosa. Lui…
è riuscito a dire quelle parole che non aveva mai avuto il
modo di dirti,
eppure io, che il modo lo ebbi, ho lasciato che tu
t’involassi.
Senza
sapere. Without knowing how much I loved
you. Si
può vivere una vita come la mia,
immerso tra le ricchezze, scappando ogni giorno alle proprie
responsabilità di
essere umano, voltando le spalle al mondo. Tuttavia, vivendo questa
vita
idilliaca, si rimane sempre con la bocca asciutta, perché i
soldi possono
molto, ma non possono comprare la felicità. Io, io facevo
parte di quei
fortunati che si erano imbattuti nella donna che li avrebbe resi
completi, per
la quale avrebbero dato via i loro amati soldi. Ho passato
un’infanzia
difficile, isolato da tutti, odiato. Perché ero strano,
folle, diverso.
Qualcosa
sfiorò il giovane, un
vento sottile.
Alzò
gli occhi da terra, vide gli
occhi verdi della donna che amava, ne assaporò il labile
profumo, sentì
il suo tocco.
-
Sakura… - implorò quel nome, lui
che non aveva mai implorato nessuno.
-
Ti perdono. - lo baciò
flebilmente sulla bocca per poi sparire, flebile com’era
venuta.
La
vide spostarsi, andare e sussurrare
qualcosa al proprio patrigno, che sorrise flebilmente.
Poi
torno da lui, gli carezzò il
volto, lo baciò ancora, lo guardò ancora una
volta negli occhi, sorrise.
-
Ricordati di me così. Io ti
perdono, Gaara. Ti perdono perché io ho amato solo te, e mai
La
vide sparire, involarsi, andare
in pace.
Ed
andò in pace anche lui.
Non
importava cosa sarebbe venuto
dopo, le aveva detto quelle parole… le parole mai
pronunciate.
Chiuse
gli occhi, distolse lo
sguardo dal feretro nero, guardò per l’ultima
volta il detective.
Incrociarono
gli sguardi, ma stavolta
il detective lo guardò con compassione oltre che con rabbia.
“
Hai ucciso la donna che amavi,
lei ti ha perdonato. Ma tu non riuscirai mai a perdonarti davvero, come
non lo
farò io.”
Gaara
sostenne quello sguardo, e
fece male perché stavolta il poliziotto aveva visto giusto.
Non
sarebbe mai andato davvero in
pace, nonostante tutto.
L’inferno
l’avrebbe atteso dentro
il proprio cuore, nei meandri della Bestia.
Ma
soprattutto, nello sguardo nero
del detective, nella propria immagine riflessa allo specchio.
Il
perdono non sarebbe mai giunto.
E
la pace sarebbe rimasta un
miraggio.
La
pace era a un soffio, eppure
non sarebbe mai più parsa così lontana.
La
tomba fu coperta di terra, il
sacerdote concluse il suo discorso, i fiori si posarono a terra.
Solo
Gaara non si mosse.
La pace, il perdono, il tempo… erano stati sepolti con quella donna.
Contest & Co
<< I killed the Heaven >> di Bravesoul
Livello ortografico + Lessico : 10(10) Niente da dire, ben scritta (e pace all’anima della tua beta xD)
Trama (come sarà strutturata) :9.8 (10) Perfetta, tranne per alcuni punti in cui mi sono un po’ confusa per le scansioni del tempo, per esempio quando si interpone la Bestia al carattere del nostro rossino (ma io sono confusa di mio, quindi non ha penalizzato più di tanto)
Originalità : 5 (5) Originale, decisamente, visto che non avevo mai pensato a vedere Gaara nelle AU come il Gaara del manga, con annessi e connessi (demone, sabbia, e ciò di contorno)
Caratterizzazione dei personaggi : 4.8(5) Gaara e Kakashi sono caratterizzati divinamente, perfetti nel loro dolore e nella loro follia, Sakura si vede poco e quindi non sono riuscita a incentrarla bene ma nel complesso sono molto IC.
Attinenza alla traccia :5 (5) Hai centrato perfettamente ciò che volevo dal contest.
Gradimento personale : 1.7(2) Mi è piaciuta davvero molto, a parte per il piccolo fatto che la nostra ninja medico preferita ha fatto una brutta, bruttissima fine. Pace all’anima sua, amen.
Giudizio della giudice : Cosa posso dire se non di nuovo, brava?! Ti prenderei a legnate perché cito le tue testuali parole ” io prenoto l' ultimo, ultimissimo posto” non ti ho accontentata, spero che sarai contenta lo stesso però, o io non ci metto niente a rifare la classifica, no scherzo, questo non lo farei mai. Ho adorato Gaara, la sua follia, il suo voler sconfiggere la bestia e non riuscirci per la persona che amava, sapere che la sua morte peserà per sempre su di lui, e non troverà mai la pace nonostante sia stato perdonato. Lo dico?Devo proprio farlo di nuovo? Si? BRAVA!