Starring:
-Aziraphale: legittimo erede al trono di Agrabah. Ricopre in parte il ruolo originale di Jasmine
-Crowley: ladruncolo dal cuore d’oro che vive d’espedienti. Ricopre in parte il ruolo originale di Aladdin
-Beelzebù, detta Bee: amica d’infanzia di Aziraphale e sua dama di compagnia
-Tracy: amica e consigliera dell’ex Sultana Eden. Reggente temporanea, ricopre in parte il ruolo originale del Sultano.
-Jim/Gabriele: Jinn rinchiuso in una lampada, ricopre in parte il ruolo originale di Genio.
-Jakòbi: l’antagonista principale, Metatron di palazzo (carica che corrisponde al gran Visir). Ricopre in parte il ruolo originale di Jafar.
-Sandalphon: spietato comandante delle guardie di palazzo. Ricopre in parte il ruolo originale di Razoul.
E altri personaggi che appariranno in seguito…
Disclaimer:
La scritta è stata realizzata da me usando il sito DaFont.
L'immagine è presa dal videogioco Kingdom Hearts, qui trovate il link Agrabah.png - Kingdom Hearts Wiki - Neoseeker
Capitolo IV
Quando la sfera di cristallo – interrogata su chi in tutto il regno sarebbe stato in grado di entrare nella caverna delle meraviglie e uscirne poi indenne – aveva restituito il volto del Demone Rosso, Jakòbi per un secondo avevo creduto di aver avuto un’allucinazione.
“Solo colui che cela in sé il proprio valore può entrare nella Caverna e sopravvivere. Un diamante allo stato grezzo”.
Questo aveva detto la sfera.
Jakòbi conosceva Crowley di fama: mai si sarebbe aspettato che il prescelto potesse essere qualcuno di così in basso nella scala gerarchica della società. Conoscendolo meglio però, sotto le mentite spoglie del vecchio prigioniero Dalek, Jakòbi aveva dovuto ricredersi. Crowley era arguto, sfrontato e sprezzante. Qualità che lo rendevano un avversario rispettabile, ma anche pericoloso: Jakòbi era stato doppiamente sollevato all’idea che presto si sarebbe liberato di lui, peraltro eliminando anche quello che sarebbe potuto diventare un prezioso alleato per Aziraphale, se i due avessero avuto modo di legare di più.
La retata di Sandalphon non sarebbe potuta avvenire con un tempismo migliore.
Mentre attendeva che il ladro facesse ritorno, seduto su una roccia ai margini dell’ingresso della Caverna, Jakòbi si concentrò sul motivo per il quale aveva messo in moto tutto quello.
La Lampada.
Da troppo la bramava ed era alla sua ricerca, o per meglio dire era alla ricerca di ciò che vi era contenuto.
Ovviamente allo straccione Jakòbi aveva raccontato che si trattava unicamente di un prezioso cimelio d’oro, adornato con qualche pietra preziosa.
Nessuno poteva immaginare che moltissimo tempo prima, quando Jakòbi era ancora uno stregone potente, con un incantesimo che aveva rischiato di prosciugare ogni goccia della sua energia vitale – oltre alla sua magia – il Metatron avesse rinchiuso in quel piccolo e banale oggetto una delle creature più temibili della terra.
Il Jinn.
Solo il nome di quello Spirito era in grado di incutere terrore nell’animo del più audace degli uomini. Si trattava di creature ultraterrene, quasi mistiche, il cui numero di apparizioni nella storia dell’umanità si poteva contare sulla punta delle dita.
Si diceva fossero in grado di esaudire qualunque desiderio, ma quando il Jinn scovato da Jakòbi si era rifiutato di ammazzare qualcuno per lui, il Metatron accecato dalla rabbia aveva deciso di disfarsi per sempre di quella creatura ed evitare al tempo stesso che venisse trovata da altri.
La Lampada, un artefatto che portava già in sé un po’ di magia, avrebbe dovuto rivelarsi la prigione perfetta, se non fosse che non appena Jakòbi era riuscito a rinchiudervi Gabriel – così aveva detto di chiamarsi il Jinn – quella aveva preso a fluttuare nell’aria per poi sparire con un lampo accecante.
A Jakòbi erano serviti giorni per recuperare le energie: una volta rimessosi del tutto si era a poco a poco reso conto della sciocchezza commessa. Anche se Gabriel non aveva la facoltà di uccidere, c’erano dopotutto centinaia di altri modi in cui si sarebbe potuto sfruttare il suo potere.
I successivi anni di ricerche avevano condotto Jakòbi ad Agrabah, dove era riuscito a entrare al servizio dei genitori di Aziraphale e ad acquistare negli anni sempre più potere.
La sua magia non era più quella di una volta, ma gli era bastata per togliere di mezzo i sovrani convincendo tutti che la causa della loro morte fosse una misteriosa malattia, e per cominciare a tenere sotto controllo la nuova Reggente.
Tuttavia era solo negli ultimi mesi che la sfera magica gli aveva finalmente portato notizie riguardo dove si trovasse la Lampada.
Presto Gabriel sarebbe stato finalmente di nuovo nelle sue mani.
“E a quel punto sarà la fine per te, maledetto ragazzino insolente”. Sogghignò fra sé Jakòbi pensando ad Aziraphale.
*
Crowley doveva essere più stanco di quanto pensasse. Perché, per quanto ormai fosse certo che qualcuno lo stesse seguendo, proprio non riusciva a credere che si trattasse di un tappeto.
Giunto a una piccola insenatura Crowley accelerò il passo e si nascose dietro un massiccio mucchio di monete e pietre preziose.
Dovette attendere appena pochi secondi prima di scoprire che effettivamente non era impazzito. La cosa che lo stava seguendo era a tutti gli effetti un tappeto, dotato di volontà propria. La bizzarra creatura era completamente nera, a eccezione delle quattro nappe e di alcuni piccoli intarsi centrali che avevano lo stesso colore del sole.
Non sembrava affatto minacciosa, anzi, si sarebbe detta curiosa come un piccolo randagio.
“E tu chi saresti?” Crowley le sbucò alle spalle, senza davvero aspettarsi una risposta, e ridacchiando quando il tappeto per lo spavento fece un triplo salto mortale.
“Chi la fa l’aspetti, amico”, sogghignò Crowley, “forse questo ti insegnerà che non è carino pedinare gli sconosciu- un momento, ma tu sai volare!” concluse, rimanendo a bocca aperta. Davanti a lui, infatti, il tappeto aveva preso a librarsi a pochi metri dal suolo.
“Questo posto non finisce mai di stupirmi”, borbottò Crowley, “Senti un po’, ehm… tappeto.” Quello si sporse verso di lui, fluttuando in attesa. Crowley sospirò, scuotendo la testa. “Non posso credere che io stia per farlo davvero… Ecco, mi chiedevo se potessi farti un paio di domande. Vedi, sto cercando una lampada d’oro adornata da alcune pietre: non è che per caso tu abbia idea di dove trovarla?”
E con sua somma delizia vide il tappeto annuire, fare un paio di giravolte, e intimargli di seguirlo con un cenno delle nappe.
“Fammi strada, amico”.
Non erano passate nemmeno due ore quando Jakobi vide riapparire Crowley dal fondo della caverna.
Si sforzò di mantenere il volto imperturbabile come sempre, mentre dentro di sé esultava: la Sfera non si era sbagliato, nemmeno questa volta. Crowley era riuscito ad attraversare indenne la Caverna.
“L’hai trovata? Hai preso la Lampada?”
Lo straccione annuì, facendo un cenno verso la sacca che portava a tracolla.
“Sbaglio o avevamo pattuito una ricompensa al di là di ogni immaginazione?”
“La lampada, prima la lampada, ragazzo. Poi ti darò la tua ricompensa.”
Crowley fece una smorfia, ma parve cedere: si sfilò la borsa e gliela porse.
“Tieni, vecchio. Cos’abbia di tanto prezioso questo monile proprio non lo capisco.”
Jakobi strinse a sé il malloppo con fare possessivo, mentre i lineamenti di Dalek cominciavano a perdere la loro consistenza sotto lo sguardo sbigottito e disgustato di Crowley.
“Ma che cosa…”
“E NON LO CAPIRAI MAI. ADDIO, STRACCIONE!”
Con uno sforzò che lo lasciò senza energie, Jakòbi evocò un incantesimo che fece volare Crowley all’indietro di diversi metri.
Il Metatron fece appena in tempo ad allontanarsi dall’imboccatura della Caverna, prima che quella si richiudesse su sé stessa con uno schianto, sollevando volute di sabbia nell’aria e inghiottendo lo sventurato al suo interno.
Jakòbi infilò una mano dentro la borsa, troppo debole per urlare di vittoria, ma con un sorriso di feroce esultanza sul volto.
La sua rabbia quando si accorse che, invece della sua preziosa Lampada, la borsa conteneva semplicemente dei sassi, non può essere descritta a parole.
*
Sciaff sciaff sciaff
Crowley era stato svegliato in diversi modi e da diverse cose durante la sua vita, ma quella era la prima volta che gli capitava di riprendere i sensi schiaffeggiato dalle nappe di un tappeto volante.
Per gli Dei, che mal di testa.
Si tastò il retro del cranio alla ricerca di qualche bernoccolo che per fortuna non trovò. Doveva essere atterrato sulla parte più fangosa del sentiero, e la melma, per quanto gli avesse inevitabilmente sporcato i vestiti, aveva anche attutito i colpi.
“Prima regola di chi vive per strada, Tappeto. Mai fidarsi dei vecchi inquietanti che ti aiutano a evadere di prigione promettendoti mirabolanti ricompense”, sbuffò accennando una carezza al suo insolito compagno di sventura. Crowley si tastò il piccolo rigonfiamento sulla parte destra del corpo, appena sotto la cintura. Tirò un sospiro di sollievo ed estrasse la Lampada che aveva tenuto lì ben nascosta. Sogghignò nel pensare a Dalek, o a come diavolo si chiamasse davvero, che in quel momento si ritrovava per le mani solo un pugno di mosche – o nel suo caso di sassi.
“Certo, non avevo messo in conto di rimanere chiuso qui dentro, perciò se conosci una via d’uscita alternativa è il momento giusto di svolazzare in quella direzione.”
Il tappeto scosse la sua ipotetica testa con quella che a Crowley parve in tutto e per tutto un’aria afflitta.
“Ehi, non fa niente, non sono arrabbiato con te.” Si affrettò a rassicurarlo. “Ci inventeremo qualcosa. Nel frattempo, mi piacerebbe sapere perché quel vecchio bastardo tenesse così tanto a recuperare questo gingillo.” Strofinò la Lampada per rimuovere la polvere. “Cos’avrà mai di tanto special-”
Crowley non riuscì a terminare la frase perché la risposta alla sua domanda uscì con un frastuono e una luce accecante dalla stessa Lampada. Una miriade di scie luminose esplosero e saettarono nell’aria umida della caverna, come tanti fuochi d’artificio in miniatura.
Crowley cadde all’indietro stralunato e quando riaprì gli occhi si trovò di fronte all’ennesimo incredibile spettacolo della giornata.
Dalla Lampada adesso uscivano degli sbuffi di vapore argentato e azzurrino che partivano sottili dalla base e si addensavano man mano, congiungendosi poi a formare l’immagine di una creatura che Crowley non avrebbe saputo definire a parole. La sua sagoma pareva umana, dai tratti maschili. Quello strano essere aveva braccia muscolose, un paio di cerchi dorati attorno ai polsi, e un viso dai lineamenti marcati e ben definiti.
“Per gli Dei! Dopo tutti questi anni là dentro uno si ritrova con il collo tutto incriccato.” Tuonò la creatura, con un vocione profondo.
Crowley, forse per la prima volta in vita sua, si ritrovò senza parole. Si stropicciò nuovamente gli occhi per buona misura.
Il tappeto invece si fiondò verso la strana creatura con la stessa foga di chi rivede un amico dopo tanto tempo.
“Bentley! Vecchia mia, come andiamo? Qua la nappa.” Esclamò il nuovo arrivato.
I due si diedero il cinque e le uniche cose che il cervello di Crowley riuscì a registrare davanti a quella scena furono tre: il tappeto volante era femmina, si chiamava Bentley e, a quanto pareva, era amicona di quello strano spirito azzurro.
“E tu cosa dovresti essere?” riuscì finalmente a chiedere il ladro.
La creatura sembrò accorgersi per la prima volta di lui solo in quel momento.
“Oh, che sbadato non mi sono presentato. Io sono… ecco, è davvero molto imbarazzante, ma non lo ricordo chi sono.”
“Tu non ricordi chi sei?!” Crowley non era del tutto sicuro di aver sentito bene. Quella situazione assurda cominciava a spazientirlo.
“Beh, so di essere un Jinn, sai, quelli che comunemente voi chiamate Geni. Siamo in grado di esaudire tre desideri quando veniamo evocati. Ma il mio nome davvero non me lo ricordo.” Il Jinn, fece come per grattarsi la nuca, dispiaciuto.
“Frena, frena, frena. Tre desideri hai detto?”
“Proprio così, padrone.” Il Jinn si esibì in un sorriso così soddisfatto e genuino da apparire quasi ebete.
“Che cosa brama il tuo cuore? Una lunga vita? Ricchezza e potere? L’eterna giovinezza?” Il genio enfatizzò ogni domanda facendo apparire intorno a loro pietre preziose, la corona di un sultano e la Fonte dell’acqua della vita.
“Qualunque cosa, ti basta chiedere. Beh, a parte uccidere qualcuno o far resuscitare i morti. Peraltro, non sono un bello spettacolo, padrone, e mi fanno anche un po’ schifo.”
Crowley ridacchiò fra sé e sé. Padrone, eh? Le cose si stavano facendo interessanti. Ecco spiegato il motivo per cui il vecchio bramava tanto quella Lampada.
Tre desideri. Oh, se la sarebbe dovuta giocare molto bene.
“Beh, se devo essere sincero non mi sembra qualcosa di così speciale. In fondo cosa posso aspettarmi da un sedicente Genio che nemmeno si ricorda il proprio nome? Scommetto che non sei neanche in grado di farci uscire da qui.”
Gli occhi dello Jinn scintillarono di fronte a quella provocazione, e pochi istanti dopo Crowley seppe di aver fatto centro.
“Permettimi di darti una piccola dimostrazione delle mie potenzialità, padrone.”
*
“Arriva qualcuno?”
“No, vai! Resto qui a coprirti le spalle, avanti!”
L’assenza del Metatron dal palazzo era un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela scappare.
Mentre Bee era rimasta all’inizio del corridoio, pronta ad avvertirlo nel caso fossero arrivati Sandalphon o qualche altra guardia, Aziraphale si diresse verso le stanze di Tracy più veloce che poté.
Cercò di ignorare il più possibile la voce interiore che gli ricordava quanto assurda fosse quella situazione: non essere liberi di andare ovunque si volesse in casa propria. Dover fare visita a una carissima amica di nascosto.
Si girò verso Bee per assicurarsi che fosse tutto a posto. Ricevette in risposta un dito medio e uno sbadiglio.
Aziraphale scosse la testa, divertito. Ancora nessuno in vista, grazie al cielo.
Tracy era distesa a letto e russava leggermente. Di recente dormiva fin troppo spesso e la cosa impensieriva non poco Aziraphale.
Si avvicinò al letto cercando di non fare movimenti bruschi che avrebbero potuto svegliare la donna di soprassalto.
“Tracy”, mormorò scuotendola con dolcezza. Nulla. “Zia Tracy”, ritentò con un pochino più di forza.
“C-cosa…” Tracy aprì i suoi grandi occhi azzurri e si guardò intorno disorientata, prima di riconoscere Aziraphale.
“Ezra!” soffiò poi, commossa. “Sei tornato…”
Aziraphale sentì gli occhi inumidirsi e non riuscì a trattenersi oltre. Certo di avere davanti, dopo tanto tempo, la vera Tracy, la circondò con le braccia stringendola a sé.
“Sì, sono tornato, zia. Mi dispiace tanto per averti fatta preoccupare…”
“No, a me dispiace per quello che ti ho detto…” Tracy ricambiò la stretta, “Anche se non ricordo con precisione cosa fosse. Oh, mio caro ragazzo… ma dove sei stato? Jakòbi ha interrogato a lungo Beelzebù, ma lei non ha saputo dirci nulla.”
Con un piccolo moto di riconoscenza verso l’amica, Aziraphale si sciolse dolcemente dall’abbraccio, posando le mani sulle spalle della Reggente.
“Ho tante cose da raccontarti, zia”.
*
L’oasi dove il Jinn fece atterrare Crowley e Bentley pareva un piccolo paradiso terrestre. Erano schizzati via dalla Caverna delle Meraviglie tramite una voragine che il Jinn aveva aperto nel soffitto e si erano allontanati da lì – e da Agrabah, pensò Crowley – di diverse miglia.
“E ora cosa mi dici, padrone?” chiese il Jinn con tono carico di aspettativa. A Crowley fece quasi tenerezza, ma continuò a tenere il distacco.
“Oh, beh, diciamo che mi hai convinto” rispose, come se la cosa non lo toccasse affatto. “Tornando ai miei tre desideri…”
“Tre?” lo fermò il Jinn, “Un momento, padrone, il tuo primo desiderio è stato quello di uscire dalla Caverna. E così ne rimangono…” si fermò, incerto, e mugugnando si guardò le dita. “Due! Ne rimangono due!” concluse con un sorriso a trentadue denti, come se stesse dando la notizia più bella del mondo.
Crowley, intanto, lo guardava stralunato: si trovava davanti a quella che probabilmente era la creatura più potente della terra, ma capace di alternare momenti nei quali risultava quasi spaventoso, ad altri in cui esibiva il cervello di un bambino di otto anni!
“Cerca di stare al passo, Jinn. Non ho mai espresso il desiderio di uscire da quella Caverna. Hai fatto tutto da solo.”
A quelle parole il sorriso luminoso del Genio si spense.
“Oh”, pigolò, deluso.
“Ehi, ma non è grave!” si affrettò a continuare Crowley, “Dovrai solo esaudire i miei veri tre desideri e poi ti lascerò andare.”
Il viso dello Jinn si illuminò nuovamente: “Dici davvero padrone? Mi lascerai libero?”
Crowley sollevò le spalle, sorpreso da tutto quell’entusiasmo. “Certo, perché no. Che ci vuole? Intanto però forse è il caso di trovarti un nome. Non posso continuare a non sapere come chiamarti.”
Il Jinn battè le mani.
“Oh sì! Ottima idea, padrone! Che ne dici di Jim? Jim, diminutivo di Gabriel”.
Crowley aggrottò le sopracciglia: odiava non capire se le persone lo stessero prendendo in giro o no.
“Veramente Jim è il diminutivo di James”. Si sforzò di tenere un tono cordiale.
“Uh, James, mi piace!” esclamò il Jinn, “James, nome lungo per Jim e diminutivo di Gabriel”.
“SCORDATI DI QUESTO GABRIEL, OK?” Crowley non avrebbe voluto urlare, ma non riuscì a trattenersi.
Il Jinn non perse il sorriso, nonostante lo scoppio d’ira del ladro.
“Ci proverò, ma non sono bravo a dimenticare le cose.”
“Ma davvero” sibilò Crowley, velenoso.
Difatti, poco dopo:
“Padrone, ho trovato il nome perfetto. Jim, perché così potrò presentarmi come Jim il Jinn! Non è divertente?”
Bentley, nel frattempo, si era distesa fra due alberi come fosse un’amaca, e aveva preso a ronfare sonoramente, come se tutti quei discorsi non la toccassero affatto.
Crowley si stropicciò gli occhi imprecando a bassa voce.
Si prospettavano delle lunghe giornate…
Nuovamente bentornati e bentornate ♥
Temevo l'arrivo di questo capitolo e allo stesso tempo non vedevo l'ora, bicossss... Jim the Jinn is here! Ecco, uno dei motivi che mi hanno frenata a lungo nel cominciare questa storia era il non sapere bene come descrivere il rapporto fra lui e Crowley ^^". Per ora devo dire che mi sto divertendo: Gabriel è totalmente quello della stagione due, almeno per il momento.
Prosegue il mix tra canone disneyano/elementi originali/canone good omensiano: è una bella sfida cercare di rimanere nell'AU scelto e allo stesso tempo tenere IC i personaggi ♥
Lascerei a voi la parola, io spero tantissimo di poter dire "NON ci sentiamo settimana prossima" perché vorrà dire che sono riuscita a partire per le ferie ^^"... incrociate le dita per me.
Grazie di cuore e alla prossima!
Bacioni,
Bennina vostra