Cicatrici ed ossessioni di una battaglia perduta

Ricordava la storia di ogni ferita, una per una. Le vittorie, le sconfitte, le “tecnicamente vittorie” e le “abbiamo perso troppi uomini per considerarla una vittoria”.
Sorrise poi, passando le dita sulla cicatrice che spiccava più di tutte. Era un segno irregolare e profondo, ad uncino.
“ Un segno a P.”
Si corresse, seguendo la curva della lettera. Non aveva mai capito se aveva vinto o perso quella battaglia, ma il fatto che non avesse tutto il nome di quello stronzo scritto sul pube gli faceva pensare di aver vinto.
O, almeno, di non aver perso.
Nella sua stanza non c’erano cadaveri né odore di sangue, né polvere da sparo e nuvole biancastre di pulviscolo.
Sorrise al suo stesso volto, scivolando in ginocchio sul tappeto. Slacciò e abbassò leggermente i pantaloni per poter vedere meglio la cicatrice.
Sentì le dita inguantate stringersi al suo collo e il fiato caldo ed acido andare a sbattere sul suo viso. Vide i denti serrati in un ghigno soddisfatto.