Note
dell’autrice: allora, ci ho messo troppo? Ci ho messo poco? L’ultimo capitolo è
stato davvero così scadente? No perché, a parte l’aver notato un visibile calo
di lettori, mi sono anche accorta di aver ricevuto un’unica recensione per
questo capitolo. Può anche darsi che la gente non abbia tempo di lasciarmi una
recensione, però la cosa mi ha demoralizzato non poco. Vabbè dai, speriamo che
vada meglio con il prossimo.
ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
BELLIS:
Fortuna che ci sei te a lasciarmi sempre un bel commento. Lo so, sono diabolica
a lasciare tutto così: evidentemente la mia idea non è stata molto gradita. Beh,
pazienza. Cosa succederà? Scoprirai tutto in questo capitolo (sempre che tu
abbia la pazienza di leggerlo).
Buona
lettura.
Capitolo
15
Un
uomo, con una bottiglia di sherry in mano e le guance rosse per la sbornia
appena presa, stava camminando tranquillamente per la strada che costeggiava il
fiume. Ogni tanto tracannava un sorso dalla bottiglia, certo che, a lui,
l’alcool non avrebbe dato più noie di un bicchier d’acqua.
All’improvviso
sentì uno scalpiccio poco lontano, lungo la strada nebbiosa alle sue spalle. Si
voltò, ma non vide nessuno.
Guardò
dubbioso la bottiglia di liquore che teneva in mano, non più tanto sicuro che
non avesse effetto sulla sua psiche.
Ad
un certo punto, vide correre lungo la strada a pochi metri da lui un bastardino
bianco e marrone. Non fu tanto quello a convincerlo dell’ effetto negativo che
lo sherry
procurava
sul suo organismo, quanto il fatto che, a cavallo, o meglio, alle redini
dell’animale, c’era quello che sembrava un topo vestito di tutto
punto.
Quella
visone durò pochi secondi, poi la strana coppia sparì nella
nebbia.
L’uomo
rimase stordito per qualche istante poi, dopo una veloce occhiata al contenitore
di vetro stretto tra le sue dita, lo gettò nell’acqua del Tamigi, decidendo
all’istante di smetterla con il vino e promettendosi di trovare un modo di
conoscere meglio la ragazza intravista la mattina stessa al
mercato.
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“Più
veloce Ugo! Più veloce!”
Per
quanto Basil continuasse a spronare Ugo e per quanto il cane cercasse di correre
il più velocemente possibile, all’investigatopo sembrava sempre che procedessero
troppo lenti e che la Torre di Londra fosse sempre più lontana.
Si
era lasciato accecare ancora una volta. La rapina alla Banca era solo un
diversivo per mascherare un furto ancora peggiore: quello dei gioielli della
corona, contenuti nella fortezza che un tempo era stata una prigione.
Spronò
ancora una volta il povero cane, che ormai stava esaurendo tutte le energie.
Finalmente, dopo aver svoltato un altro angolo, eccola lì, la Torre di
Londra.
Il
suo primo istinto fu quello di fiondarsi all’interno dell’edificio insieme ad
Ugo, ma invece, fece frenare bruscamente il cane e lo fece arretrare,
nascondendolo dietro l’angolo da cui era appena arrivato. Davanti alla Torre non
c’erano delle normali guardie come si era aspettato, ma degli scagnozzi di
Rattigan. Chiedendosi se all’interno dell’edificio avrebbe trovato proprio il
suo nemico in persona (ne era quasi certo, data la presenza del dirigibile che
galleggiava nell’aria sopra di lui), decise di scendere dal suo “mezzo di
trasporto” e di mormorargli:
“Ora
Ugo, stai qui seduto. Tornerò presto ed avrò ancora bisogno di te. Riposati.”
Dopo
di che, si avviò con fare tranquillo verso l’ingresso della Torre. Non aveva un
piano preciso e perciò aveva deciso di fidarsi del suo
istinto.
Quando
i topi (quattro per l’esattezza) lo scorsero, scattarono immediatamente in
piedi:
“Ehi,
tu! Gira a largo se non vuoi rogne!” gridò uno, brandendo un
bastone.
“Mi
dispiace di dovervi deludere signori, ma io entrerò, con o senza il vostro
permesso.” Rispose con calma Basil.
“Ehi,
ma io lo conosco!” esclamò un altro.
“Già,
è quel maledetto detective di Baker Street!” disse il
terzo.
“Avanti,
chi è il primo?” mormorò Basil con un sorrisetto stampato in faccia.
Cominciò
una lotta furibonda: in un paio di secondi, i primi due scagnozzi che
attaccarono l’investigatopo furono messi al tappeto, o meglio, si misero al
tappeto, poiché Basil si era abbassato mentre loro tentavano di colpirlo
contemporaneamente con i propri bastoni, sferrandoseli di conseguenza addosso a
vicenda.
Gli
altri due portarono via un po’ più di tempo all’investigatopo. Riuscì a
scagliare un pungo in faccia a ciascuno dei due, facendoli cadere a terra, ma
entrambi si rialzarono rapidamente. Uno afferrò il detective da dietro,
bloccandolo. L’altro tentò di colpirlo, ma Basil gli sferrò un calcio, facendolo
nuovamente finire a terra, poi fece una pressione sui polsi di colui che
l’assaliva da dietro, facendogli mollare la presa sulle sue braccia. Mentre
questi si preparava ad attaccarlo nuovamente, il detective afferrò uno dei
bastoni dei malviventi e lo scagliò sulla testa del suo assalitore, mettendolo
fuori combattimento. Fece poi la stessa cosa con il quarto assalitore, che aveva
recuperato la lucidità dopo il calcio ricevuto.
Quando
anche l’ultimo scagnozzo fu a terra svenuto, Basil rimirò il suo operato.
“Ah,
il buon vecchio baritsu! Torna sempre utile. Se solo si ubriacassero un po’ di
meno, ci avrei trovato anche più gusto.” Disse.
Volse
poi lo sguardo verso la cima della Torre:
“E
ora, a noi due.” Mormorò, prima di correre all’interno
dell’edificio.
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Intanto a Baker
Street
“Signore,
lasciateci entrare, rendiamo tutto più semplice.”
Mentre
gli scagnozzi di Rattigan tentavano di entrare al 221/b di Baker Street,
all’interno della casa Cornelia, Elizabeth e La signora Placidia stavano
cercando di barricarsi dentro meglio che potevano: oltre alla serratura a doppia
mandata, c’era una sedia sotto la maniglia, un catenaccio ed il peso delle tre
donne.
“Cornelia,
che facciamo?” chiese una terrorizzata Elizabeth.
“Ci
sto pensando, dammi un secondo.” Rispose l’attrice,
nervosamente.
“Non
per metterle fretta signorina, ma hanno appena sfondato la serratura.” Le fece
presente la governante.
“Va
bene, ho un’idea, procuratevi una qualche arma ed andate al piano di sopra. Di
corsa.”
Le
due donne si affrettarono ad eseguire. Proprio quando, munite la governante del
suo matterello di marmo ed Elizabeth di un attizzatoio, stavano salendo le
scale, Cornelia gridò:
“CORRETE
IN CANTINA, CHIUDETEVICI A CHIAVE.”
La
signora Placidia ed Elizabeth si fermarono a metà scala, stranite. Cornelia,
fece loro cenno di proseguire per la loro strada. Sempre più confuse, fecero
come l’attrice diceva. Una volta che furono sparite al piano superiore, Cornelia
lasciò perdere la difesa della barricata e corse accanto alla porta della
cantina. Tolse la chiave dalla porta e la chiuse semplicemente. Dopo di che si
nascose dietro un angolo vicino alla cantina ed attese.
In
pochi minuti, gli uomini che le avevano assediate fino a quel momento riuscirono
a sfondare la porta e a fare irruzione nella casa.
“Forza
ragazzi, giù in cantina! Prendiamole!”
Da
dietro l’angolo, Cornelia riuscì a vedere tre brutti ceffi, armati di corda, che
corsero verso la cantina, senza nemmeno darsi pena di controllare le altre
stanze.
‘Che
banda di idioti.’ Pensò Cornelia ‘Non si sono nemmeno chiesti perché la porta si
è aperta con tanta facilità.’
Si
aspettava che tutti e tre entrassero in cantina, ma il terzo rimase sulla
porta.
“Resterò
qui per evitare che scappino.”
‘Ah,
un briciolo di intelligenza c’è’ si disse Cornelia, avvicinandosi cautamente
all’individuo, portandosi alle sue spalle. Gli toccò leggermente la spalla e
questo fece appena in tempo a scorgere un accenno del volto dell’attrice, prima
di ricevere una forte spinta che lo fece capitombolare giù per la ripida rampa e
travolgere i suoi compagni.
Cornelia
non perse tempo a controllare quanto di intero fosse rimasto dei malviventi e
chiuse la porta a chiave, bloccandola anche con un’asse di
legno.
“Ecco
fatto, ora starete lì dentro fino a quando arriverà la polizia” disse battendosi
le mani compiaciuta.
“Oh,
loro staranno qui, ma lei signorina verrà con noi.” Cornelia si
raggelò.
Ora era lei l’idiota.
Non
aveva pensato che ci potessero essere altri scagnozzi in agguato, non le era
neanche passato per la mente.
Quando
si voltò, vide davanti a sé altri quattro topi, che la guardavano con aria
malevola.
“Beh,
che dire signori? Mi sento onorata ad avere una scorta così numerosa. Il vostro
capo forse riteneva che tre di voi non fossero sufficienti per una povera
ragazza indifesa?” replicò lei cercando di farli
innervosire.
“A
quanto pare aveva ragione, giusto?” rispose quello che le aveva parlato poco
prima.
“Forza,
ora venga con noi senza fare troppe storie e vedrà che nessuno si farà del
male.”
“E
se per caso rifiutassi?”
“Sarebbe
di certo la persona più stupida di questo mondo.”
“Qui
gli stupidi invece mi sembrate voi. ORA!!”
Dalle
scale spuntarono un mattarello di marmo ed un attizzatoio che colpirono
violentemente due dei malviventi.
Mentre
Cornelia parlava, la signora Placidia ed Elizabeth erano scese e,
silenziosamente, si erano portate alle spalle della banda ed avevano colpito con
tutta la loro forza.
Ciò
che seguì a quell’azione fu un vero e proprio putiferio: i due malviventi
rimasti in piedi rimasero intontiti per un secondo, al vedere i loro compari a
terra e Cornelia scelse di approfittare di quel secondo per saltare addosso ad
uno dei due, colpendolo, graffiandolo, mordendolo fino a farlo cadere a terra.
L’altro
non ebbe una sorte migliore, trovandosi a lottare contro due donne armate e per
di più molto agguerrite. Afferrò un bastone e cercò di difendersi come meglio
poteva. In pochi secondi era a terra anche lui a cercare disperatamente di
difendersi dai colpi che gli venivano inferti dalle due donne.
Quando
perse i sensi, Elizabeth e la signora Placidia si rialzarono da terra appena in
tempo per vedere Cornelia sferrare un ultimo colpo all’altro quasi-rapitore e
rialzarsi da terra.
“Abbiamo
fatto davvero un bel lavoro.” Disse ripulendosi la gonna dalla polvere.
“Mai
provocare delle donne, specie se munite di armi micidiali come il mio
mattarello.” Le rispose la governante.
“Ho
visto il colpo che ha sferrato. Spero solo che non abbia ucciso il poveretto che
l’ha ricevuto in… ELIZABETH, SPOSTATI!!!” gridò improvvisamente
l’attrice.
Durante
la lotta, la dottoressa era finita accanto alla porta della cantina. Porta che,
senza che le donne se ne accorgessero, si era aperta silenziosamente, lasciando
passare uno dei tre malviventi che Cornelia credeva di aver messo fuori gioco.
Il tizio era riuscito a forzare la serratura ed ora aveva afferrato Elizabeth,
puntandole un coltello alla gola.
“Bene,
bene, bene. Ora chi ha il coltello dalla parte del manico?” disse
ghignando.
“Lasciala
andare, farabutto.” Gli ordinò Cornelia con gli occhi che mandavano
scintille.
“Lo
farò, certamente, ma lei dovrà venire con me signorina, altrimenti….” Le rispose
lui, stringendo leggermente la presa attorno alla dottoressa.
La
mente dell’attrice lavorava frenetica, alla ricerca di una soluzione. Dopo un
po’, però, abbassò lo sguardo rassegnata e disse:
“Va
bene, ti seguirò.”
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FINE
DEL CAPITOLO
Eh
sì, termina proprio qui. Avevo paura che il capitolo venisse troppo lungo e che
vi stufaste di leggerlo. Non temete, aggiornerò presto, ho già pronta parte del
prossimo capitolo. Cosa succederà a Basil? E a Cornelia? Si accettano
scommesse.
Beh,
allora fatemi sapere cosa ne pensate, ma fatelo davvero.
A
presto
Bebbe5