Always
Ero là in piedi, immobile come una statua; il corpo rilassato, la mente concentrata, gli occhi chiusi. Non avevo bisogno di aprirli per vedere l'unica cosa che importava nell'intero universo. Eravamo separati da sei mesi ma era sempre stata lì, in ogni singolo istante, dietro le mie palpebre.
Il suo viso.
Pelle d'avorio contro la chioma scura, un liscio, setoso fiume dietro la sua schiena; morbide labbra piene, zigomi alti, grandi occhi marroni, di solito profondi e penetranti, ora pieni di tristezza e rabbia .
La sua rabbia da gattina. Così accattivante.
Non capiva. Non capiva che per me non c'era più ragione nel mondo senza di lei. Si era fermato, come aveva fatto il suo cuore nel profondo dell'oceano. E ora se ne era andata, troppo lontano dalla mia portata.
Sapevo
che il suo posto era in paradiso: era sempre stata un angelo tanto per
cominciare. E sapevo anche che non c'era un posto del genere per mostri
come me. Ma avevo fiducia in Dio: non potevo stare con lei in paradiso;
l'unica cosa per cui lo imploravo era un momento. Un istante, per
toccare le sue labbra tenere e dirle quanto fossi dispiaciuto. <<
Mi dispiace di averti abbandonata >>, le avrei detto, << Mi
dispiace perché ti ho detto la più grande menzogna
nell'intera storia. Ti amo. Ti ho sempre amato e lo farò sempre.
Mi dispiace. >> Ero cosciente che neanche inginocchiarmi per
l'eternità sarebbe bastato a provarle quanto fossi addolorato,
con quanta forza avevo dovuto combattere l'impulso di tornare da lei,
ma l'avrei fatto, se non soddisfatto, accontentandomi di questo.
L'orologio batté l'ora ed io feci un lungo passo verso la luce, avido dell'avvicinarsi di quel momento. << No! >>, sentii gridare Bella, << Edward, guardami! >> Lo facevo. Lo avevo sempre fatto. Quanto ero grato alla mia memoria da vampiro, che poteva richiamare il suo volto, la sua voce, in modo tanto perfetto. Le uniche cose che contavano. Sorrisi leggermente. << Eccomi, mia Bella. Aspettami, saranno veloci. >> Sollevai un piede per fare un passo verso il mio sole di mezzanotte. All'improvviso, qualcosa di morbido e caldo si gettò su di me, le mie braccia che lo afferrarono spontaneamente e lo tenevano su. Poi mi resi conto che non c'era possiblità che questo stesse succedendo: sarebbe stato troppo meraviglioso per essere vero. Ma dovevo controllare.
I mie occhi si aprirono lentamente, mentre l'orologio suonava di nuovo. Il mio sguardo incontrò un paio di grandi occhi color cioccolato. Il paio di occhi che avrei riconosciuto sempre. Quelli della mia amata.
Abbassai lo sguardo verso di lei, piacevolmente sorpreso.
<< Straordinario >>, dissi, la mia voce piena di meraviglia. << Carlisle aveva ragione. >> Lei mi fissava, una ridda di emozioni nella sua espressione. Poi sussurrò, la sua voce senza respiro: << Edward, torna subito all'ombra. Muoviti! >>
Ero perplesso. Perché era così spaventata? Eravamo morti entrambi, ed eravamo insieme, non c'era più bisogno di avere paura. La mia mano accarezzò teneramente la sua guancia, la mia mente concentrata sul tocco soffice. Sentii nella distanza il rintocco dell'orologio, ma non me ne preoccupai. Stavo sperimentando la sensazione di essere di nuovo completo dopo un insopportabile lasso di tempo. Non c'erano parole per descriverlo.
<< E' incredibile, sono stati velocissimi. Non ho sentito niente... che bravi. >>, riflettei felice, chiudendo di nuovo gli occhi e premendo le mie labbra contro i suoi capelli. << La morte che ha libato il miele del tuo respiro, nulla ha potuto ancora sulla tua bellezza. >> , mormorai, riportando alla mente il nostro ultimo momento di gioia. L'orologio esplose nel suo ultimo rintocco.
<< Hai lo stesso profumo di sempre. >>, continuai. << Quindi, forse questo è davvero l'inferno. Non importa. Resisterò. >>
<< Non sono morta. >>, mi interruppe in fretta. << E nemmeno tu! Ti prego, Edward, dobbiamo muoverci. Ci prenderanno! >> Lottò tra le mie braccia immobili, ed io sentii le mie sopracciglia corrugarsi per la confusione. << Puoi ripetere? >>, le chiesi educatamente. Di cosa stava parlando?
<< Non siamo morti, non ancora! >>, affermò, nello stesso tono d'urgenza. << Ma dobbiamo andarcene prima che i Volturi...>> Il suo battito cardiaco accelerò, mentre pronunciava quella parola. Aspetta, battito cardiaco?
Concentrando per un attimo i miei pensieri lontano dalla sua travolgente presenza, realizzai che potevo ancora sentire le loro niente affatto piacevoli intenzioni. Non sapevo come fosse possibile, ma eravamo ancora vivi. Ma non per molto.
Stavano arrivando.
Prima che potesse terminare, la spinsi via dal limite dell'ombra, voltandola con di spalle contro il muro di mattoni, la mia schiena rivolta verso di lei mentre mi voltavo all'interno del vicolo. Ero determinato. Chiunque avesse osato toccarla, lo avrebbe rimpianto. L'avrei protetta.
Sempre.
La versione italiana di una mia storia pubblicata su fanfiction.net. Semplice e senza pretese, ma allo stesso tempo cara come nessuna: la mia prima storia. Fatemi sapere cosa ne pensate.
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