A Cassiana
1.
Era appoggiata con i gomiti al bancone e dava le
spalle agli altri avventori. Miki osservò il suo
cocktail colorato: non riusciva a spiegarsi cosa
ci stesse a fare in quel locale per fighetti. Forse
perché era stata attratta dal nome non standard:
Guardian Angel. Miki girò svogliatamente la cannuccia
nel liquido colorato. Non aveva voglia di stare
sola quella sera. Ma non aveva neanche intenzione
di rimorchiare qualcuno solo per sport, per
dimostrare qualcosa non sapeva neanche lei a
chi. Forse a se stessa. La verità era che si
sentiva enormemente sola: aveva voglia di un
abbraccio, di una carezza. Quasi era pentita di
non aver accettato a suo tempo le avances di
Jerrylex, ma cosa sarebbe stato alla fine se
non sesso? Allora tanto valeva farlo anche con
quel pervertito di Morgan! E sì, una cavalcata
fra le lenzuola non è l’attività più brutta
della galassia, confessò a se stessa. Ma fine
a se stessa non le avrebbe dato nulla, a parte
un po’ di sperma appiccicaticcio fra le
cosce. Miki rabbrividì a quell’immagine. Era
ancora persa nelle sue elucubrazioni quando
dallo specchio nero dietro il bancone un
movimento attirò il suo sguardo. Quando si
accorse di chi si trattava il cuore le mancò
un colpo e sprofondò da qualche parte sotto
Apollo. Aguzzò la vista, ma non c’era modo
di sbagliarsi. Era proprio lui, il secondo
ufficiale del Raja.
Incredibile come a volte il destino può essere
così subdolo e carogna, pensò. Stava proprio
pensando che le mancava un certo astronauta e che
con lui forse si sarebbe lasciata andare volentieri
a una sessione di ginnastica da letto. Bugiarda, non
è in questi termini che l’hai realmente pensata, si
corresse subito. Ed eccolo lì, proprio lui. Che
rideva. Con una donna. Si voltò per osservarli meglio
e con la segreta speranza di essersi sbagliata. Il
locale era diventato infatti sempre più affollato e
rumoroso ed era possibilissimo che fosse caduta in
errore. Ma dovette ammettere che la sua vista era buona. Il
Secondo si era sporto un po’ in avanti e la donna aveva
accavallato le gambe in una mossa seducente. Miki dovette
ammettere che, da quel che poteva vedere, era una tipa
davvero affascinante con quella tuta a un pezzo dai
pantaloni blu elettrico lievemente scampanati. Un
bellissimo blu che le fece sentire il morso dell'invidia. La
tutina le aderiva come una seconda pelle e calzava
stiletti dorati, sexy e arroganti. Si chiese chi
potesse essere quella e divorò con gli occhi la coppia
fino a quando li vide alzarsi. Miki si voltò nuovamente
verso il bancone, attenta a non farsi scoprire. I due
stavano uscendo dal locale, il Secondo aveva appoggiato
una mano dietro la schiena nuda della donna: un gesto
di protezione e possessione insieme. Miki sbuffò
e tornò a sprofondare nel suo drink. Voleva
dimenticare tutto e invece la sua pelle sentiva
ancora la sottile carezza di Jerrylex respinto. Si
sentiva proprio una derelitta: non solo era sola
come un cane, ma i guai sembravano avere un gusto
particolare a scovarla. Nell'ultimo caso avevano
assunto la forma di una sballata ragazzina che
l’aveva trascinata avanti e indietro per lo spazio
prima, e di un ancora più sballato pirata del
cyberspazio che dopo averla salvata dai suoi
inseguitori, l'aveva coinvolta in una rapina ai
danni degli yakuza. Tremava ancora al pensiero che
qualcuno della Triade riuscisse a trovarla. Erano
passati mesi ormai, ma quella era gente incapace
di dimenticare.
Alla fine il succo era lo stesso: mai che una volta
la vita le riservasse una sorpresa piacevole. Era
intenta a piangere sulle sue presunte disgrazie quando
una mano enorme si chiuse intorno al suo bicchiere.
- Questa roba è troppo forte per te, ragazzina.
Miki si girò con uno sguardo assassino, intenzionata
a litigare: non sono una ragazzina! Ma con sua grande
sorpresa quello si infranse sul Secondo, massiccio e
imponente, proprio dietro di lei. Incredula lo vide
portare alle labbra il suo drink e berne un lungo sorso.
- E anche troppo dolce! – continuò facendo una
smorfia – Vieni, ti porto in un posto dove sanno
bere.
Miki si alzò quasi stesse obbedendo a un ordine, troppo
sbalordita per arrabbiarsi.
- Ma…
Adesso era lei che il Secondo stava spingendo fuori
dal locale. Sentiva il contatto caldo ed elettrico della
sua mano premuta sulle proprie reni e si rammaricò di non
avere un abito scollato sulla schiena. La sua espressione
poi doveva essere proprio comica perché l’uomo ghignò
divertito. Miki non l’aveva mai visto così. I suoi
lineamenti di solito sembravano scolpiti nella roccia
viva e il suo contegno era molto più abbottonato di
quanto non sembrasse in quel momento. Fuori il quinto
settore era particolarmente animato, come sempre a
quell’ora. Coppie e gruppetti di vario genere
sciamavano dentro e fuori dai locali, la gialla
passava di mano in mano con molta più liberalità
di quanto i poliziotti, che pur pattugliavano le
vie, fossero disposti a concedere. Miki e il Secondo
camminavano vicini, senza parlare. Lei non aveva
idea di dove la stesse portando l’uomo, né del
perché. Si pentì di non essere vestita alla moda,
o quanto meno con un abbigliamento più curato. Aveva
ancora in testa la splendida donna con cui aveva visto
prima l’ufficiale del Raja.
- Chi era quella nel locale?
Il tono era stato più aggressivo di quanto avesse
voluto. Il Secondo alzò le spalle ma non rispose. Miki
non osò ripetere la domanda. Ma era incuriosita. Si
trovò a seguire l’uomo fin nel quarto settore:
pigiati dentro al Tubo poteva aspirarne l’odore
mascolino. Doveva stare attenta a non appoggiarsi
a lui ma con tutta quella gente intorno non era
facile. Era una situazione ad alto rischio e Miki
non doveva lasciarsi sfuggire le cose di mano. Non
voleva che lui sentisse il suo cuore battere
forte. In realtà il Secondo sembrava indifferente
a tutto ciò, alla sua agitazione, alla sua
emozione. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e
non sembrava infastidito dal contatto con le
altre persone.
Il locale in cui entrarono era vetusto quasi
come i pochi avventori che sedevano lungo il
logoro bancone. Il Secondo, che Miki sapeva
chiamarsi Pavel Zebrinsky per aver a suo tempo
frugato di nascosto nel database del Raja, la
pilotò a un tavolino d’angolo e ordinò due Jolly
Rodgers. Quando l'ossuto cameriere portò loro
solo due bottiglie brune dall'etichetta
raffigurante un teschio bianco in campo nero
con due sciabole incrociate sotto, non poté fare
a meno di pensare a quanto bambini potevano
diventare gli uomini. Appena possibile si mettevano
subito a giocare con quelle sciocchezze. Poi
a lei non piaceva molto la forte birra nera e
avrebbe preferito di gran lunga uno di quei
drink colorati che era solita concedersi. Zebrinsky
con un paio di lunghi sorsi ridusse in maniera
considerevole il livello della sua birra.
- Perché mi hai portato qui? - chiese Miki,
di nuovo con più aggressività di quanto volesse.
- Per insegnarti a bere. Questa birra viene da
Mu1 ed è una delle più prelibate.
Miki inarcò un sopracciglio.
- Anche illegale, mi risulta.
L'uomo si strinse nelle larghe spalle concedendosi
un'espressione disinteressata.
- Non sono in vena d’indovinelli. Se mi hai portata
qui deve esserci un motivo, Secondo.
- Puoi chiamarmi Spyro.
- Non… Pavel?
Miki avrebbe voluto mordersi la lingua. Per un
soffio riuscì a trattenere un gesto di stizza. Cazzo,
adesso sa che mi sono informata su di lui. Questo
pensiero la innervosì ancora di più. Odiava sentirsi
così vulnerabile. Un no deciso fu la risposta alla sua
domanda. Miki si rifugiò nella sua birra, decisa a non
fare più passi falsi. Guardò ancora di soppiatto Spyro e
notò che quelli che sembravano ricami sul colletto del
suo cheongsam scuro erano in realtà raffinati ologrammi. Li
osservò per un momento, affascinata. Poi bevve una
lunga sorsata di Jolly Rodgers. Cazzo, questa birra
è buona per davvero, dovette riconoscere Miki aspettando
che l’uomo si decidesse a parlare.
- Sul Raja hai fatto un buon lavoro. Che ne diresti
di un altro viaggio?
- No.
Miki si irrigidì. Aveva risposto troppo in fretta,
con la lingua e non col cuore. Fece per tirarsi indietro
sulla sedia come per ristabilire le distanze, ma Spyro
le bloccò la mano sul tavolo. Lei sentì una vampata di
calore risalire lungo il polso: la mano di lui era asciutta
e ruvida, pesante. S’impose d’ignorare quella sensazione.
- Le sirene telasiane non dureranno per sempre e la tua
percentuale è bassa.
Era vero, ma Miki non avrebbe mai confessato le sue
difficoltà economiche. Non a lui.
- Sei a corto di soldi - affermò Spyro con sicurezza. Miki
sospirò: quella era una situazione cronica, non era difficile
da indovinare. I ventimila di Jerrylex erano evaporati in
fretta, assorbiti dal Coyote.
- E lasciare nuovamente il Coyote attraccato per chissà
quanto tempo? Costa. E poi cazzo, sono stellapilota!
- Un viaggio. È tutto ciò che ti chiedo.
- Perché io?
- Non lo immagini?
La risposta la lasciò spiazzata, Miki scosse i riccioli
con insofferenza. Era il suo tipo, decisamente il suo tipo,
ma ora la stava seccando.
- Ti ho già detto che non mi va di giocare ai fottuti
indovinelli!
Questa volta fu Spyro ad alzare un sopracciglio: le lasciò
la mano e Miki provò una sensazione improvvisa di freddo,
sentendosi abbandonata. Il che era assurdo a pensarci bene. O.K.,
non avrei dovuto mischiare gli alcolici, o forse dovrei
darmi una calmata, si disse inspirando profondamente
ma senza darlo a vedere. Ma Spyro non la guardava già
più. Finirono la birra e la serata sembrò doversi
concludere. Miki non sapeva se temerlo o sperarlo.
- Vuoi sapere chi fosse la donna che era con me?
Spyro aveva interrotto bruscamente il silenzio come se la loro
conversazione non si fosse mai interrotta e Miki si trovò
ad annuire, suo malgrado.
- La mia ex moglie, una stronza con i coglioni che
le fumano. Vuoi essere una vincente? E allora tira
fuori le palle, Michaela Patris.
Questo era veramente troppo. Miki s’infuriò: che cazzo
ne sapeva lui? Arrivava lì, con quel suo odore buono e
le mani calde che avrebbe desiderato sentirsi addosso,
le proponeva un ingaggio nel momento meno opportuno e
pretendeva che accettasse. Non farlo sarebbe stato
dimostrare di non avere le palle? Che maschilista del
cazzo! Si alzò bruscamente, avvampando.
- Me ne vado – annunciò seccamente, rinunciando però
a sbattergli in faccia tutti i suoi pensieri.
Anche Spyro si alzò, strisciò la propria card sul
lettore integrato nel tavolo per pagare e la seguì
fuori. Miki camminava veloce, rossa in viso. Era da
idioti comportarsi così, si rese conto che stava dando
il peggio di sé. Che stava mandando a puttane tutto.
Si fermò di botto e si voltò.
- Voglio sapere quanto. E per quanto tempo – domandò
al Secondo dietro di lei. Il volto di Spyro si aprì
in un largo, trionfante sorriso. Un’espressione del
genere di solito avrebbe indispettito Miki. Ma in quel
caso il suo cuore fece una serie di salti carpiati
all’interno del torace: cazzo, quest'uomo ha il sorriso
più sexy che io abbia mai visto, disse sentendosi
sciogliere dentro. Neanche il volto da vecchia canaglia
di Jerrylex le aveva scaldato il sangue in quel modo.
- La tariffa standard. Prenderai meno dell’altra volta:
non ci sono percentuali extra.
Miki cercò di ricomporsi, gracchiò qualcosa e richiuse
la bocca. Si schiarì la voce e ricominciò:
- Non ti prometto nulla. Fra quanto partirete?
Mai dare l’impressione di essere con l’acqua alla
gola. Spyro rispose che aveva settantadue ore di
tempo per pensarci. Senza quasi rendersene conto
i due continuarono a camminare insieme, verso
l’attracco del Coyote. Spyro cominciò a raccontare
di Rhina, l’ex moglie, responsabile del marketing
di una delle zaibatsu più potenti di Apollo. Miki
pensò a come potessero stare insieme due tipi
tanto diversi.
- Prima che io diventassi pilota, lei scriveva. Aveva
grandi ambizioni ma poca fiducia in se
stessa. Alla fine ha cominciato a vendere il
suo talento e ci ha preso gusto, a quanto pare. Dopo
ogni viaggio la trovavo sempre un po’ cambiata,
fino a che siamo diventati due estranei.
Miki a sua volta gli parlò delle sue disavventure
su La Tana, di Morgan il marinaio maniaco, di Ilah
la ragazzina stramba, antipatica e geniale. E della
discesa sul pianeta. Voleva impressionarlo: stupidamente
si sentiva bambina vicino a lui e raccontando le
sembrò di giocare a fare l'adulta. Stava anche per
raccontargli di Jerrylex ma si bloccò in tempo. Il
silenzio si fece teso. Spyro dovette intuire
qualcosa, ma non fece domande.
Giunsero all’attracco del Coyote.
- Bene vice-comandante... ti faccio sapere - fu
il freddo commiato di Miki. Si guardarono ancora per
qualche istante, indecisi. Spyro accennò un sorriso,
poi le voltò le spalle e si perse tra la folla. Miki
percorse a grandi passi il condotto ombelicale. Arrivata
all’interno della nave scalciò con foga gli anfibi e
si buttò sulla cuccetta personalizzata. Le squadre
di sostegno maggiorate che lei stessa aveva installato
per sostenere il telaio più grande fecero scricchiolare
il rivestimento della parete cui erano fissate.
Sono una maledetta cogliona, si rimproverò. Il perché
non avrebbe saputo dirlo, forse nella sua immensa
stupidità si era illusa che lui fosse interessato a
lei, invece si trattava solo di lavoro. Miki sentiva
le proprie guance bollenti e gli occhi pericolosamente
umidi.
Un cicalino la fece sobbalzare. Asciugandosi gli
occhi andò nel vestibolo antistante la camera di
equilibrio per vedere chi fosse. Sullo schermo comparve
il volto del Secondo.
- Ho dimenticato di darti una cosa – disse. Miki senza
starci a pensare su troppo, incuriosita e sorpresa, gli
diede il permesso di salire a bordo. Aveva il cuore in
tumulto: in fretta si sfregò il viso e si sistemò
inutilmente i capelli con le dita.
Dopo pochi istanti Miki se lo ritrovò davanti. Il
Coyote sembrava ancora più angusto con lui a
bordo. Com'era massiccio! Solo in quel momento
Miki si rese conto di essere scalza.
- Cosa volevi darmi?
- Questo.
Spyro la prese per le spalle e l’attirò violentemente
a sé, le sue labbra trovarono quelle di Miki. Lei gli
circondò il collo con le braccia, rispondendo con
entusiasmo al bacio, ancora incredula. Sentì le mani
di lui affondare nei suoi riccioli, le labbra di Spyro
erano roventi, il bacio si prolungò per un tempo
indefinibile. Miki non riusciva a pensare, presa dal
vortice di sensazioni che la travolgevano, teneva gli
occhi chiusi illogicamente timorosa che fosse solo un
sogno. Ma quelle mani che le accarezzavano la schiena,
quelle labbra che prepotentemente giocavano con le sue,
non potevano essere frutto della sua immaginazione. Si
staccarono brevemente per riprendere fiato, Miki si
rese conto che stava sorridendo come una scema. Ansimava,
il cuore le martellava in gola. Fece per dire qualcosa,
ma lui le mordicchiò il labbro inferiore strappandole
un gemito. Lo trascinò con sé verso il tavolo, il
contatto gelido del piano la fece trasalire anche
attraverso il tessuto ma fu contrastato dal calore
che le scaturiva dal ventre. Aspettò con ansia che
lui slacciasse i pantaloni, ma Spyro non sembrava
avere fretta. La spogliò lentamente facendola sentire
al tempo stesso provocante e vulnerabile. Quando
si dedicò al suo corpo, con le dita esperte, la
lingua vorace, Miki smise di pensare del tutto e
si lasciò andare completamente, desiderosa solo di
godersi le sensazioni che Spyro sapeva regalarle.
Aveva sempre pensato che il Secondo fosse tipo da
sesso ruvido e invece era rimasta sorpresa dalla
delicatezza e dall’abilità con cui l’aveva amata. Miki
sospirò soddisfatta: sentiva ancora quel sorriso da
deficiente stampato sul viso, ma non poteva farci
niente. Si erano trasferiti sulla cuccetta e si erano
addormentati per un tempo che non avrebbe saputo
quantificare. Si voltò verso l’uomo che dormiva,
il torace possente si muoveva al ritmo del respiro,
lentamente. Miki fece per alzarsi ma una mano
repentina la prese per un braccio.
- Dove vai?
La voce di Spyro, arrochita dal sesso e dal sonno,
la fece rabbrividire. Di buon grado si accucciò
contro di lui.
- A mettere qualcosa sotto i denti, non volevo
svegliarti.
- Verrai con me?
Miki si sollevò di scatto, i capelli gonfi e
l’espressione truce le davano l’aspetto di un
leone.
- Mi ha scopata per questo?
Come un folle vortice i frammenti delle sue
paranoie e delle sue insicurezze vorticarono
intorno a lei ricomponendosi in un orrendo
puzzle. Il volto di Spyro sembrò deriderla:
in un momento tornò a sentirsi la Miki insicura
e disgraziata di sempre. Avrebbe voluto
ammazzarlo. E poi ammazzare se stessa per
la propria stupidità.
- Mi sei mancata.
- Non prendermi in giro.
- Ti sembra tanto assurdo che qualcuno ti
desideri?
Miki si rinchiuse in se stessa. Quelle
rivelazioni l’avevano lasciata esterrefatta,
non sapeva più cosa doveva pensare. Chiuse gli
occhi, ma li riaprì subito allarmata quando
percepì la cuccetta cambiare assetto. Spyro
si era alzato e si stava vestendo. Sul suo
viso c’era un'espressione indefinibile;
forse delusione o rammarico.
- Torno sul Raja. Ti lascio il tempo di
pensare.
- Al viaggio?
Spyro alzò le spalle e non rispose. Rimase qualche
istante ancora sulla soglia della cabina, come
indeciso se dire qualcosa. Poi si voltò. Miki
guardò la sua ampia schiena scomparire e si morse
le labbra per non fermarlo. Si adagiò pesantemente
indietro e si coprì il volto con un braccio.
Stupida, pensò.