Fratelli
di sangue
«
Ἀλλ᾽
αὐτάδελφον
αἷμα
δρέψασθαι
θέλεις; »
«
θεῶν
διδόντων
οὐκ
ἂν
ἐκφύγοις
κακά ».
«
Ma
vuoi falciare il sangue del tuo stesso
fratello? »
«
Se
gli dèi la donano, non si può sfuggire alla
sciagura. »
(I
sette a Tebe, 718-719)
Scura
è la notte nella maestosa Tebe. La luna pallida riflette la
sua luce sui
palazzi reali, le stelle non ci sono. Solo tenebre incombono.
E’ la quiete che
preannuncia la disfatta? O che porta la disgrazia?
Eteocle,
il re che ora siede sul trono della città, si tormenta e si
tortura. La
battaglia incalza e Polinice è sulle porte della
città oramai. Che fare ora?
Combattere o ritornare sui propri passi? No, non è possibile
non combattere, il
trono era suo, non lo avrebbe mai più lasciato a quel
traditore di suo fratello.
Eteocle si alza, gira intorno e attraverso la stanza reale.
E’ convinto di ciò
che sta facendo. Ma c’è qualcosa che lo turba,
c’è qualcosa che gli si agita
dentro. Una nebbia scura che lo avvolge. Ma non capisce cosa sia
quell’inquietudine. Il re si volta e guarda fuori nella
notte, presso l’altura
che si staglia di fronte alle mura. Un bagliore spicca tra i rami degli
alberi.
Polinice
sta sulla collina. Lo scudo in braccio, l’elmo in testa e la
spada nella mano.
Non si toglie mai l’armatura, sta sempre all’erta,
è sempre pronto alla guerra.
Il trono è suo e lo rivuole a tutti i costi, Eteocle ha
infranto i patti, è
venuto meno all’accordo stipulato con la carne della sua
carne. Non può
sopportare tutto questo. Polinice osserva la città
dall’alto, la città dove è
nato e dove è cresciuto, dove è diventato un
guerriero, un re, un uomo. Dove ha giocato con
il fratello.
Guarda
verso il palazzo e scorge la luce nella stanza reale. E al davanzale
scorge
Eteocle, che, forse, lo sta guardando.
L’odio
che provano reciprocamente ha annientato tutti i sentimenti del
passato, la
rabbia ha sovrastato le loro anime nel momento in cui Eteocle ha
rifiutato il
regno nel turno del fratello. E’ una danza di morte, una
lenta danza che ogni
giorno batte sulle maestose mura di Tebe. L’odio ha
cancellato tutto. L’odio ha
portato via ogni cosa. Nessuno domina sul trono: solo l’odio.
Allora
perché Polinice si sente turbato? Perché Eteolce
è fortemente turbato?
Polinice,
l’uomo della guerra, ripensa ai campi soleggiati della sua
infanzia.
Eteocle,
l’uomo della città,
ricorda le lunghe
giornate di gioia della giovinezza.
Ma
l’odio ora? Dov’è? Non aveva cancellato
i sentimenti passati, presenti…e
futuri?
I
due guerrieri sono scossi da queste immagini che trapassano le loro
menti. Non
possono provare quelle emozioni proprio ora. Polinice scruta Eteocle da
lontano, e viceversa fa il fratello.
Fratello.
Quanto è dura
quella parola adesso. Quanto è
strana. Ma sono loro e sono fratelli. Due fratellli maledetti.
Maledetti dal
destino e dagli dei.
Eteocle
pensa a suo fratello, al fantasma dell’infanzia, al ragazzino
con la spada di
legno. Oh Zeus, quanto gli manca suo fratello. Come vorrebbe riaverlo
vicino,
come vorrebbe non essere un re, poter di nuovo rotolare per la collina
con il
suo amato fratello. Come vorrebbe…
Polinice
ricorda i bagni nel fiume, ricorda di quanto si divertiva a sfidare il
suo
spavaldo fratello. Ricorda di come giocavano e di come si amavano.
Ricorda
molte cose sotto quella notte senza stelle. E lo stesso fa
l’altro. Come
vorrebbero una vita diversa da quella…
C’è
un legame, in fondo. Si sono visti nella notte buia, si sono
riconosciuti anche
da molto lontano. Il filo indissolubile che lo lega ha riportato a
galla i
sentimenti che credevano morti da tempo, un amore che credevano
cancellato da
schiere di argivi e tebani armati alla guerra. Polinice si porta la
mano al
cuore e poi alle labbra, si volta e torna verso
l’accampamento. Non sa che
nello stesso istante anche Eteocle ha fatto lo stesso gesto. Ma nel
frattempo
si sono ridestati, l’odio ha regnato nuovamente.
E’stato solo un effimero
attimo che li ha portati indietro in quelli che paiono secoli. Solo un
attimo,
un battito di ciglia, un palpito di coraggiosi cuori.
Polinice
fronteggia il fratello nella polvere di gloria, lo fissa e lo aggira.
Eteocle è
pronto ad attaccare. E’ un lampo, uno schianto e i due sono
trafitti dalle
reciproche spade. Più a fondo, più dentro
l’anima l’uno dell’altro. Sono viso
contro viso. Occhi davanti a occhi. Lo stesso sangue che si mischia
nuovamente.
La stessa carne che si ricongiunge. Infine. La nera Morte si avvicina
ai loro
corpi, e mentre attendono che l’oscurità cada
sulle loro anime dannate, si
guardano negli occhi.
Campi
e fiumi
scorrono davanti a loro, e due bambini giocano alla guerra, ridendo e
abbracciandosi sotto gli occhi delle sorelle più giovani.
Felicità.
Ti
amo, vorrebbe dire Polinice.
Ti
amo, vorrebbe dire Eteocle.
Ma
non ne hanno più la forza. Non hanno più nulla.
Hanno solo la speranza di
ricongiungersi nell’Aldilà.
Hanno
solo la certezza assoluta e ultima di essere due fratelli che sono
morti l’uno
per mano dell’altro. Inutilmente.
Fratelli
di vita.
Fratelli
di morte.
Fratelli
di sangue.
«
Non andare
tu per questa via
che reca alla settima porta. »