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Autore: taisa    09/12/2009    6 recensioni
La vita d Bulma è perfetta, ma un arrogante militare sta per sconvolgergliela.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta, Yamcha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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LOVE IS A WAR

LOVE IS A WAR

*

Sissignore

*

I suoi occhi erano fissi sul pavimento del corridoio che stava percorrendo a passo spedito. I piedi, calzarti da pesanti stivali, producevano un suono regolare che echeggiava per l’intero passaggio. La mano destra stringeva una cartelletta di colore giallo sulla quale era stampato il simbolo dell’esercito alla quale, lui, apparteneva già da diversi anni ormai.

Sembrava importante, quel documento, trattato con la massima cura, come se da esso potessero dipendere le sorti dell’intero plotone. E poteva realmente esserlo, visto che il mittente pareva essere il Generale in persona. D’altro canto, però, poteva semplicemente trattarsi di un invito a cena rivolto a uno dei suoi superiori. Qualunque cosa fosse a lui pareva non interessare minimamente. Il suo ruolo, in quel momento, non era altro che di semplice fattorino. E questo perché, a discapito del suo grado, amava poter fare le cose di persona, piuttosto che delegare qualche soldato che non poteva fare altro se non ubbidire ciecamente ai suoi ordini. Da questo punto di vista non era un buon superiore, data la confidenza che dava a coloro che stavano sotto il suo comando. Ignorava, infatti, i cadetti che, al suo passaggio, restavano sull’attenti, nell’attesa di vederlo svanire. Proprio non faceva per lui venire ossequiato in modo tanto esagerato, ma questa era la carriera militare.

“Dovresti essere al poligono di tiro con le reclute, Kakaroth, non a gironzolare per i corridoi” Lo rimproverò una voce, costringendolo ad alzare lo sguardo per ritrovarsi a fissare due profondi occhi neri, tanto simili ai suoi. “Ah, Vegeta, proprio te cercavo” Lo salutò l’altro con un leggero cenno della mano che parve notevolmente infastidire l’altro militare. Vegeta sollevò un sopracciglio cercando di costringersi a non estrarre la pistola dal fodero per cominciare a sparare in direzione dell’uomo che si era appena avvicinato. “Quante volte dovrò ancora ripetertelo, Kakaroth, devi usare il mio grado” Brontolò quindi, esasperato da un’affermazione che aveva ripetuto talmente tante volte da perdere il conto. L’altro si esibì in una smorfia quasi offesa, storcendo la bocca come un bambino piccolo alla quale viene negato un pezzo di torta. “Oh andiamo Vegeta, siamo amici. Che bisogno c’è di usare il tuo grado?” Espresse il suo dubbio, sbuffando sonoramente. “E poi, tu usi un soprannome! Io mi chiamo Son Goku, non Kakaroth” Sembrò ricordargli, mettendo il broncio ed incrociando le braccia. Vegeta compì il medesimo movimento in maniera più severa. “Non m’importa nulla. Io sono un tuo superiore, se voglio posso chiamarti solamente Idiota” Lo punzecchiò sogghignando in un modo che non prometteva nulla di buono. Lasciando intuire all’amico, e sottoposto, di essere seriamente capace di cambiare il suo soprannome con qualcosa di decisamente meno simpatico.

Goku lo fissò per qualche istante, ricordando il momento in cui gli aveva affibbiato quello strano appellativo con la quale lo chiamava ormai da svariati anni. Erano dei cadetti, all’epoca, sbattuti in punizione per una baruffa parecchio animata causata da un’insignificante differenza di vedute, e costretti a lavorare in cucina per un intero mese. Fu in quel periodo che cominciarono a diventare amici, nonostante i battibecchi che nascevano spesso per un motivo o per un altro.

L’istruttore di allora li aveva definiti due geni incompatibili tra loro, viste le continue scaramucce. Ma se Vegeta era riuscito a fare del suo talento un modo per avanzare velocemente di grado, Goku sembrava essere più interessato alle basse leghe che di fare realmente carriera. Il primo era arrivato dov’era alla sua giovane età non perché figlio del Generale, tutt’altro, aveva infatti dimostrato in più occasioni di meritare le stelle attaccate sulla sua divisa. Il secondo invece, pur meritando qualche stelletta in più, non riusciva nemmeno a ricordarsi di portare il doveroso rispetto a chi portava sul petto molti più riconoscimenti di lui, seppur rivestisse a sua volta una carica ragguardevole.

Sbuffò infine, posticipato da un’alzata di spalle. “D’accordo allora” Acconsentì mettendosi sull’attenti. Nonostante paresse quasi un favore rivolto all’amico. “E’ arrivata questa lettera da parte del Generale, Colonnello” Annunciò, calcando forse eccessivamente nel pronunciare il grado dell’altro, risultando quasi ironico. Se non fosse stato Son Goku, in realtà, poteva sembrare detto con intenzioni irrisorie.

Kakaroth gli porse i documenti che stava trasportando e il superiore, dopo averli fissati per qualche istante, li afferrò senza alcuna delicatezza. Vegeta aprì la cartelletta, osservandone il contenuto con estrema calma. “Ehi, Vegeta, posso andare adesso?” Supplicò Goku, ancora costretto a restare nella posizione di saluto. L’altro sogghignò, evidentemente divertito dalla situazione che si era creata. Erano amici, certo, ma tra i due la rivalità che era nata all’epoca dell’accademia non si era mai dissipata. “No, resta così un altro po’” Si divertì, sollevando lo sguardo dai fogli e scrutando il compagno d’armi sudare freddo, non essendo abituato a trattenere quella postura troppo a lungo. “Andiamo Vegeta, non ce la faccio più” Scongiurò nuovamente, costretto a fissarlo di sottecchi a causa dell’evidente differenza di statura.

Sadico, l’altro restò a fissarlo per un altro paio di secondi, cercando di trattenere una risata divertita. “Vegeta!” Lo richiamò in un ultimo tentativo. “Il grado, Kakaroth” Lo sollecitò il cinico ufficiale. “Colonnello” Obbedì il malcapitato, solo dopo un profondo sospiro. “Va bene, va bene. Puoi andate Capitano” Acconsentì infine, sottolineando l’immancabile differenza di posizione che c’era tra i due.

“Uff… grazie Vegeta” Si rincuorò il soldato, che senza farselo ripetere una seconda volta tornò a rilassarsi. In quel momento, Goku, ringraziò mentalmente di essere alle dirette dipendenza di un suo amico. Se avesse avuto un superiore diverso non sarebbe mai sopravvissuto, nonostante il cinismo del suo Colonnello. “Beh, io vado al bar a prendermi qualcosa da bere, vieni anche tu?” Riprese a parlare come se nulla fosse, girandosi sui tacchi ed attendendo un segnale da parte dell’altro che, in risposta, sbuffò frustrato. “Kakaroth…” Cominciò a dire, ma appena un secondo più tardi sembrò rinunciare alle sue direttive. Di ciò che era appena successo, l’amico, si era già dimenticato. Vegeta scosse il capo, rinunciando a ribadire il concetto. “No, io devo lavorare” Brontolò sottinteso, senza che l’altro cogliesse la velata allusione. “Ok, allora a dopo” Lo salutò infine Goku, con una pacca sulla spalla, allontanandosi nella direzione dalla quale era venuto.

*

Vegeta aveva uno strano modo di comportarsi, alle volte. Se doveva essere sincero, Goku non capiva il suo attaccamento al suo ruolo all’interno della base militare. D’altro canto poteva essere lui, quello strano. Non ci aveva mia badato, effettivamente. L’unico soldato in tutto l’esercito che non era interessato ai convenevoli. Qualcuno avrebbe detto che il suo addestramento era un totale fallimento. Ma tutto sommato andava bene così.

Questo suo atteggiamento gli fece ignorare platealmente anche il Tenete Colonnello e il Maggiore, suo fratello, che incontrò sul suo tragitto verso il bar, mentre andavano nel senso opposto. Nessun saluto, se non un cenno della mano, senza troppo badare al fatto di avere l’obbligo, in quanto sottoposto, di porgere il dovuto rispetto. Si limitò a passare oltre, uscendo in cortile ed attraversandolo fino al piccolo locale poco più avanti dell’ingresso riservato ai civili.

Era arrivato a metà strada, quando intravide una figura femminile seduta su una delle panchine che si affacciavano alla caffetteria. Si fermò in quell’istante, soffermandosi sul viso truccato e ben curato. Così come i capelli, pettinati in maniera elegante che si adattavano perfettamente all’abito lungo e raffinato che indossava.

Goku alzò per un secondo lo sguardo al cielo in un moto istintivo, osservando le prime stelle che si mostravano a quella parte di mondo. Poi si avvicinò, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni e scostando la giacca della divisa portata come se si trattasse di una semplice tuta da ginnastica. “Stai aspettando Yamcha?” Le domandò una volta raggiunta, facendo sussultare la cittadina che non si era accorta della sua presenza fino a quando lui non si era avvicinato. “Cavolo, Goku, dovresti imparare ad avvertire quando arrivi alle spalle delle persone” Si lamentò lei, aggrottando le sopracciglia, infastidita dallo spavento che l’amico le aveva appena procurato.

L’amichevole Capitano si grattò la nuca, accompagnando il gesto con uno dei suoi sorrisi migliori. “Ehm, scusa Bulma” Farfugliò ridacchiando. Quel suo modo di fare fece inevitabilmente passare qualsiasi inquietudine che aveva provocato alla donna che, per tutta risposta, si ritrovò a ricambiare il sorriso. “Sì, sto aspettando Yamcha. Deve finire il turno al bar” Spiegò in un secondo momento, rispondendo infine alla domanda con la quale il militare aveva esordito. L’amico la squadrò nuovamente da capo a piedi, non riuscendo a fare a meno di notare l’accuratezza nell’abbigliamento. “Andate a mangiare fuori stasera?” Intuì, tornando a nascondere la mano nel taschino. Bulma annuì, “Ha organizzato tutto Yamcha, quindi non so cosa faremo”. Goku sorrise nuovamente, facendo un passo verso il locale in cui si stava dirigendo. “Stavo giusto andando lì, se lo vedo gli dico che lo stai aspettando” Si offrì con un cenno della mano, prima di incamminarsi. “Grazie” Fece giusto in tempo a dire la donna, prima di vedere il Capitano allontanarsi definitivamente.

*

Qualcuno può chiamarlo destino, qualcuno coincidenza. Qualcun’altro semplice fortuna. In ogni caso, Vegeta sentì la necessità di affacciarsi alla finestra del suo ufficio, dopo essere rientrato, proprio in quel preciso istante. Aveva poggiato i documenti sulla scrivania con noncuranza, decidendo di distrarsi per una frazione di secondo, rimirando il mondo fuori dalle quattro mura.

Forse sarebbe semplicemente tornato a lavorare, se con la coda dell’occhio non avesse scorto la figura di Kakaroth atteggiarsi con leggerezza con alcuni soldati sul suo tragitto. Dispensando pacche sulle spalle e sorrisi amichevoli. Fu quello il motivo che lo costrinse a seguire i suoi movimenti, studiando attentamente il comportamento dell’amico e della maniera poco militaresca che questi aveva di comportarsi. E dire che lo aveva appena ripreso.

Aveva scosso la testa appena, dopo aver intersecato le braccia, constatando per l’ennesima volta che il richiamo non era servito a nulla, come al solito. Se non altro si era divertito a prendere in giro il subalterno per qualche minuto. Con questi pensieri si fissò su di lui, fino a quando tutto cambiò all’improvviso.

Vegeta non era il tipo da soffermarsi ad osservare le persone, soprattutto se non le conosceva. Non era il genere di persona che facilmente concede l’attenzione ad altri esseri viventi. Troppo introverso e distante per onorare qualsiasi forma di vita della sua preziosa considerazione. Tuttavia, forse per la prima volta, si scoprì essere interessato a qualcosa senza averla mai nemmeno avvicinata.

Quella donna, con la quale Kakaroth si era soffermato per un attimo a chiacchierare, aveva indubbiamente attirato la concentrazione dell’ufficiale di più alto grado dell’intera caserma. C’era qualcosa, in lei, che il militare non sembrava mai aver vagliato. Forse era stato ingannato dal bell’abito e dalla notte che stava lentamente scendendo. Oppure da quel portamento elegante e raffinato che traspariva da dietro la finestra dalla quale stava guardando. O ancora tutt’due le cose. E perché no, probabilmente anche una terza che non era riuscito ad afferrare pienamente. Fatto sta che Vegeta si ritrovò a fissare quella donna ancora per qualche attimo, dopo che il Capitano si era allontanato, costretto inconsciamente a porsi mille interrogativi.

“A rapporto Colonnello” Si presentò una voce alle sue spalle, di una persona che si era messa sull’attenti appena varcata la soglia. Aveva riconosciuto l’inconfondibile rumore che i talloni producevano quando si incontravano tra loro. Non ebbe nemmeno motivo di voltarsi, avendo già distinto il soldato dal timbro di voce e dal fatto che, pochi minuti prima, lo aveva appositamente fatto convocare.

“Radish, chi è la donna seduta nel cortile?” Domandò senza pensare, senza neanche voltarsi per osservare il commilitone alle sue spalle che, pur restando in posizione, si ritrovò ad inarcare un sopracciglio, conferendogli un’espressione confusa. Il Maggiore sembrò indugiare pochi secondi, prima di avvicinarsi alla finestra per osservare a sua volta il soggetto del discorso.

L’aveva già vista, effettivamente. “E’ un’amica d’infanzia di mio fratello, Signore, ma non ricordo il suo nome” Spiegò molto vago, non avendo alcun interesse nelle amicizie del minore.

Vegeta restò a fissare oltre il vetro per pochi secondi ancora, prima di voltarsi ed accomodarsi alla sua poltrona come se nulla fosse accaduto. Afferrò i documenti e li porse al soldato. “Il Generale ha bisogno di questi dati entro domani, avverti Nappa e cominciate a lavorarci. Voglio tutto sulla mia scrivania per le otto e mezza” Ordinò cambiando drasticamente argomento, e tono. Spiazzando dunque il già confuso Maggiore. “Ehm, ma Vegeta, sono già le otto” Lagnò, facendo presente l’ovvio al suo superiore, dopo aver constatato che la mole di lavoro non era fattibile da smaltire in un lasso così breve di tempo. Ma l’occhiataccia che ricevette dal Colonnello, oltre ad imporgli di eseguire i suoi ordini, parve un’intimidazione ad usare il dovuto rispetto nei suoi riguardi. Ne bastava uno che aveva la faccia tosta di chiamarlo per nome. Non per niente erano fratelli!

Radish comprese entrambe le minacce, e senza attendere un secondo di più, conoscendo peraltro il temperamento dell’altro, tornò sull’attenti, pronunciando un chiaro “Sissignore” che gli permise di avere salva la vita.

*

Intanto, nel cortile, un uomo in giacca e cravatta si avvicinò a Bulma. I capelli neri ed acconciati verso l’alto, e due profonde cicatrici sul volto che tuttavia non rovinavano un sorriso gentile ed affabile.

Insieme si allontanarono dalla caserma.

*

CONTINUA…

*

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