Disclamers: le persone presenti in questa
storia non mi appartengono.
Non
so come siano andate le cose, non so nemmeno se sia la data giusta, ma
purtroppo non ho trovato notizie a riguardo. So solo che le riprese finirono a
maggio, o almeno così mi sembra, se sbaglio chiedo scusa.
Au clair de lune
“Ventuno
Maggio.” Robert guarda la data riportata sul calendario mentre posa la
sigaretta accesa nel posacenere posto lì accanto. È cerchiata in rosso, un
cerchio spesso -un insieme di linee sottili- ed una freccia indica una piccola
parola.
Home.
Trattiene
appena il fiato leggendo quelle poche lettere.
È
il gran giorno, il giorno, che solo qualche mese prima, aspettava con
impazienza. Lo aveva cerchiato più volte con una penna, trovata nei meandri di
quella scatola di lamiera, che solo a fine lavoro si era accorto fosse rossa.
Aveva pensato che in quel modo vi avrebbe dato più importanza -perchè rosso è
un colore passionale-.
Ma
era l’inizio delle riprese, il primo giorno.
Nella
settimana successiva si era ritrovato a guardare più volte quel calendario.
Ogni volta che ne aveva la possibilità posava lo sguardo su quei fogli di
carta, come se così potesse far accelerare il tempo. Ma le giornate passavano
lente e credeva che anche il tempo ce l’avesse con lui -dava la colpa ad un Dio
di cui non era sicura l’esistenza-.
Aveva
preso a segnare un enorme ics su ogni quadrato. Tutte le sere, con in mano
quella stessa penna rossa del primo giorno, si avvicinava al piccolo calendario
appeso alla parete e sbarrava la casellina, come a voler sottolineare che il
tempo scorreva.
Ma
aveva abbandonato quell’abitudine. Un giorno aveva preso quella penna e l’aveva
chiusa in un piccolo cassettino. Cominciava a piacergli quel film, cominciavano
a piacergli i modi buffi di Ashley, cominciava a ridere alle battute di
quell’orso di Kellan, cominciava a stringere un’alleanza particolare con
Jackson, votati entrambi contro il più grosso. Cominciava a chiamare “papi” e
“mamy” Peter ed Elizabeth, ridendo poi quando alzavano gli occhi al cielo in un
finto sguardo esasperato. Cominciava a conoscere meglio Nikki…e poi c’era lei,
Kristen.
Lei
con la sua aria da dura, lei e quella sua mania di passarsi una mano tra i
capelli, lei e quei suoi occhi verdi.
Aveva
cominciato a parlarle, aveva cominciato a conoscerla veramente, aveva
cominciato tante cose e si era dimenticato di tutto. Del tempo che scorreva,
della sua voglia di andarsene il più lontano possibile da lì, dall’Oregon e
tornare nella sua grigia ed uggiosa Londra, dell’impossibilità che gli
aleggiava attorno -una storia che era già scritta-. Aveva semplicemente
scordato il resto del mondo -lo aveva chiuso in quel cassetto, accanto a quella
penna rossa-.
Non
aveva più segnato le date.
Non
aveva più guardato quel calendario.
“Ventuno
Maggio.” Lo ripete e gli trema appena la voce. Non è di certo dovuto al sonno,
è mattina inoltrata ed il sonno è l’ultimo dei suoi pensieri -non c’è spazio
per quello-. Si passa una mano tra i capelli spettinati e la sigaretta finisce
lenta nel posacenere -consumata dallo scorrere del tempo-.
È
un giorno speciale.
Oggi
finiscono le riprese. Oggi è l’ultima giornata che passerà assieme ai Cullen, che parlerà con loro, che riderà
con loro, che li vedrà. Oggi è l’ultimo giorno che vedrà tutti loro, che vedrà lei. Oggi è la fine e non è sicuro di
essere pronto al distacco. Non ne è sicuro per niente -non vuole lasciare il
sogno-.
******
“Ehi
Rob…” Peter si avvicina, nelle mani stringe due bicchieri con di sicuro
qualcosa di alcolico. “Tieni.” Porge uno di quei miscugli a Robert e ride
all’espressione leggermente spaventata che assume.
“Non
li ha riempiti Kellan, vero?” gli chiede vagamente terrorizzato Robert
annusandolo guardingo. Peter ride più forte dandogli una pacca sulla spalla e
facendolo barcollare appena.
“Se
insisti chiedo a Kellan di portartene uno fatto da lui.” Peter assume un tono
serio mentre cerca di riprendersi il bicchiere.
“No
grazie.” Robert schiva la mano tesa e ride assieme al più vecchio.
Ne
beve un sorso, disseta la gola arsa e secca. Il gusto dolce e leggermente
frizzante gli da alla testa, rabbrividisce appena nella fresca aria di maggio.
Si stringe nel cappotto leggero e sistema meglio la sciarpa attorno al collo. È
di colore chiaro, un azzurro che richiama vagamente il colore dei suoi occhi,
contrasta col colore grigio della sua giacca.
“È
l’ultimo giorno.”
Le
parole sussurrate di Peter gli trafiggono il petto, proprio al centro,
all’altezza dello sterno ed il fiato gli si blocca in gola. Un magone, pesante
come un macigno, gli blocca la gola, non lo fa respirare e deve deglutire
diverse volte per mandarlo via.
“Già.”
Nasconde un sorriso amaro dietro al bicchiere. In un solo sorso ne beve il
contenuto e la testa gira impazzita mentre la gola arde -un fuoco a bruciargli
l’animo-.
Kellan
si avvicina, una bottiglia di spumante tra le mani, un sorriso allegro a
dipingergli le labbra. Sembra il ritratto della felicità stessa, come se questo
non fosse il giorno, come se questa serata fosse una delle tante. Uguale a
tante altre. Ma Robert scorge nei suoi occhi, mentre si lascia riempire il
bicchiere, una nota di malinconia e la consapevolezza che tutto è reale, che è
veramente l’ultimo giorno, diventa certezza.
Alza
il bicchiere -colmo di un liquido amaro- allo scoccare della mezzanotte. Brinda
con un sorriso amaro e con un bicchiere pieno di sogni solo per metà.
******
Kris
giocherella col bicchiere bianco di plastica senza berne il liquido al suo
interno. Glielo ha dato Kellan parecchi minuti prima ma non è sicura del
contenuto. Ha provato a capire quale strano intruglio potesse contenere, l’ha
annusato facendo ridere Ashley, ma non è riuscita a capirlo. Di certo è alcool,
ma non ha nessuna intenzione di berlo…anche se per un attimo le passa per la
testa la malsana idea di trasgredire, di bere quel misterioso alcolico.
È
una serata di festa, il giorno dopo non ci saranno riprese -la fine di un
sogno-. È lì per divertirsi e lo vuole fare.
Robert
le sfila velocemente il bicchiere per poi portarselo sospettoso sotto al naso e
Kris lo guarda con gli occhi verdi spalancati in una buffa smorfia. “Chi te
l’ha dato?”
“Kellan.”
Ashley risponde ridacchiando.
“E
tu volevi berlo?” Spalanca gli occhi azzurri Robert mentre getta tra l’erba lì
accanto il liquido. “Pazza…Kris, sei pazza.”
Kris
incrocia le braccia al petto, sul viso un’espressione imbronciata e Ashley ride
un po’ più forte.
La
festa continua. Urla e risate si alzano saturando l’aria di un’allegria che non
è vera allegria, ha il sapore amaro della fine misto al dolce sapore
dell’amicizia e del vino.
Un
piccolo falò brucia nel centro della piazza illuminando con il suo bagliore
rossastro le varie figure, scalda l’aria e crea ombre mai viste. Un gioco di
luce a cui nessuno bada ed il rintocco del campanile scandisce le ore che
sembrano correre, veloci si susseguono facendo avvicinare l’alba di un nuovo
inizio -scivolano come sabbia tra le dita-.
È
l’una e a Robert scorre un lieve brivido lungo la schiena. Ma non è la fredda
aria a procurarglielo. Sono quei rintocchi e la lenta consapevolezza a
farglielo provare.
“Ash,
te la rubo per un po’.” Sorride, anche se non scosta lo sguardo da Kris, ad
Ashley. Non le lascia il tempo di parlare, non le lascia il tempo di capire
cosa stia succedendo. L’afferra per una mano -una calda stretta- e la trascina
tra la folla, tutti troppo su di giri per accorgersi di quello che succede solo
a pochi passi da loro.
E
Kris si lascia trascinare, lo segue senza dire nulla. Lo segue fin dentro al
bosco, lo segue fino alla loro radura. Quella radura dove hanno recitato, dove,
immersi nei loro personaggi fittizi, hanno condiviso qualcosa. E, come Bella
non ha paura di Edward, sa che non deve avere paura di Robert, lo sa e non ne prova.
Semplicemente si fida di lui.
“C’era
troppo casino lì.” Si scusa Robert e l’imbarazzo è palpabile, il viso gli si è
arrossato appena sulle gote. Ma la luna è alta nel cielo e le fronde degli
alberi ne fanno filtrare solo sporadici raggi argentei che non bastano. Tutto
si confonde nel buio e Robert ringrazia questa mancanza di luce.
“Ma
adesso c’è silenzio assoluto.” Ribatte divertita Kris indicando con un ampio
gesto delle braccia la totale mancanza di rumori estranei a quelli del bosco
stesso.
Robert
scuote appena il capo. “No…se stai attenta riesci a sentire la musica.”
Vero.
Una lieve melodia arriva fino a loro e le risate si possono udire. Non c’è un
completo silenzio, non c’è imbarazzo e non c’è nemmeno mai stato.
Rabbrividisce
Kristen. Una folata di vento più fredda delle altre la colpisce in pieno ed il
brivido le percorre lento la schiena. Si stringe di più nel suo giubbino, alza
il colletto cercando un live tepore. Non indossa alcuna sciarpa ed il giubbetto
è fin troppo leggero.
“Aspetta…”
Lo sussurra lieve Robert mentre armeggia con la calda sciarpa attorno al suo
collo. Se la sfila e la passa a Kristen. Gliela passa attorno al collo
compiendo un paio di giri e lei sorride grata per quel gesto.
“Grazie.”
Affonda il viso ed aspira profonde boccate inebriandosi del suo profumo
pungente. Sa di fresco e di menta -sa di lui-. E Robert sorride appena
stringendosi nelle spalle, senza proferire alcuna parola.
Nessuno
dei due parla, ma non c’è imbarazzo. In piedi di fronte l’uno all’altra, un
solo passo a dividerli, rimangono a fissarsi. Non c’è bisogno di parole, non ce
n’è mai stato bisogno -futili ed inutili parole-.
E
la musica cambia.
Robert
si professa in un mezzo inchino. “Mi concede questo ballo” Kris ride piano a
quella buffa imitazione di un cavaliere d’altri tempi, ma allunga la mano fino
a stringere quella di lui -calda e grande, rassicurante presa-.
“Certo
Messere.”
Non
è un ballo il loro. Si dondolano appena sul posto, rimangono nello stesso punto
senza mai spostarsi, al centro di quella radura che almeno un po’ appartiene a
loro. Non ad Edward e Bella. A Kristen e Robert.
Non
seguono la musica, non sentono le risate e gli schiamazzi provenire dalla
festa, non ascoltano il ritmo lento della musica che lieve riesce ad arrivare
fino a loro. Non si accorgono nemmeno che cambia, di volta in volta il ritmo
cambia passando da ritmi lenti a ritmi più veloci. Non si accorgono di nulla e
nessuno attorno a loro, come se si trovassero sospesi nel nulla -un limbo che
non ha fine- e vorrebbero che mai il tempo scorresse, vorrebbero infrangere una
delle regole madri del mondo e premere il tasto pausa bloccando così l’avanzare
dei secondi, dei minuti, delle ore.
Vorrebbero
che quella finzione fosse realtà. Basterebbe poco eppure è così tanto
-eternità-.
“Mi
mancherà…” Si blocca all’improvviso Kristen, ma non scioglie la presa. Stringe
un po’ più forte la mano di Robert ed i suoi fianchi con l’altro braccio.
Immerge totalmente il viso nel suo cappotto grigio posando la fronte
nell’incavo tra il suo collo e la spalla. “…mi mancherà l’Oregon, mi mancherà
il freddo, mi mancheranno tutti…” La presa sulla sua schiena si rafforza ed un
delicato peso si appoggia sul suo capo inclinato. Chiude gli occhi
crogiolandosi in quella stretta. “…mi mancherà l’allegria di Ashley, mi
mancheranno gli scherzi di Kellan e Jackson, mi mancherà chiamare Peter ed Elizabeth
mamma e papà…mi mancherà il tuo stupido senso dell’umorismo inglese.”
Robert
soffia una risata mentre rafforza la presa attorno alla sua vita. Scioglie la
stretta delle loro mani per portarle entrambe a stringerla ed immerge il viso
nei suoi capelli. “Mi mancherai Kris…” Lo soffia al suo orecchio e la presa
sulla sua giacca si intensifica.
“Mi
mancherai anche tu…” Stringe più forte la giacca tra le dita, l’artiglia tanto
da farsi sbiancare le nocche delle mani.
Rimangono
fermi, avvolti nel calore dei loro corpi -il tempo si ferma per un breve
istante-. Non ballano più, non hanno più alcun motivo per dondolare instabili
su quel terreno mentre la musica a cui non badano continua a cambiare.
Un
rintocco.
Due
rintocchi.
Robert
inspira una profonda boccata del suo odore -la mente annebbiata- mentre
comincia ad allentare la presa che la tiene stretta al suo petto. È passata
ancora dell’altro tempo, la campana l’ha scandito con lentezza inesorabile -un
rintocco che cancella il sogno-. Ma Kristen non si allontana, mantiene salda la
presa sul suo cappotto.
“Un
ultimo ballo…Rob.” Lo alita sul suo collo, la voce flebile, leggermente
tremante.
E
tornano a dondolare su di una musica immaginaria.
******
“L’aereo
delle 9.40 per Los Angeles è in partenza al gate 4. Si prega cortesemente i
signori passeggeri di avvicinarsi con la carta d’imbarco…”
Kristen
chiude gli occhi mentre la voce metallica annuncia l’imminente partenza. Si
lascia ancora abbracciare da Ashley. Sembra quasi che non voglia che parta
dalla foga che impiega nel stringerla.
“Mi
mancherai Kris.” Lo sussurra e quasi può sentire le lacrime pungerle gli occhi.
Non
risponde, scioglie l’abbraccio rivolgendole un sorriso e volta il capo verso
Robert. Solo loro due, Robert ed Ashley, sono lì oltre a Nikki. Ma lei deve
imbarcarsi sul suo stesso volo.
“Devo
ridarti la sciarpa.” Allunga le mani verso il suo collo ma un cenno del capo da
parte di Robert la blocca.
“Tienila,
così ti ricorderai di me.” Un sorriso a dipingergli le labbra, gli occhiali
dalle lenti scure a coprirgli gli occhi, le mani affondate con non curanza
nelle tasche del cappotto grigio. Indossa ancora gli stessi abiti della notte
appena passata -il suo profumo intrecciato tra le fibre grige-.
“L’aereo
delle 9.40 per Los Angeles è in partenza al gate 4.”
Si
passa distrattamente una mano tra i lunghi capelli scostando lo sguardo da
Robert. Le parole premono per uscire ma rimangono bloccate, incastrate in gola
grattando spietate -parole futili-. Gli occhi nervosi si muovono da una cosa
all’altra senza avere il coraggio di posarsi sul ragazzo con quel sorriso a
tratti triste sul volto.
“Kris,
andiamo.” La voce di Nikki la riporta alla realtà e Kris annuisce rivolgendole
appena un’occhiata.
“Allora…ciao.”
Un impercettibile sussurro che la lascia senza fiato.
Allunga,
con gesto incerto, la mano in segno di saluto. Robert guarda per qualche
istante quella mano tesa, poi torna a fissare lei ed i suoi occhi verdi. Allunga
la mano fino a stringere la sua, la copre imprigionandola in una stretta forte
e sicura. In un attimo, in cui nemmeno si rende conto di cosa stia accadendo, l’attira
contro di se in un abbraccio.
“Kris.”
La voce di Nikki li riporta alla realtà e l’abbraccio viene sciolto.
Si
china a raccogliere lo zaino Kris, le loro dita ancora intrecciate. Indugia per
qualche istante sul suo viso, sui suoi occhi ancora nascosti dietro lenti
scure, sulle sue labbra incorniciate in una smorfia, vagamente somigliante ad
un sorriso, triste. Stringe ancora la sua mano per poi sciogliere la presa ed
incamminarsi verso Nikki, verso quell’aereo che l’avrebbe riportata nella sua
calda ed assolata Los Angeles.
Mentre
viene inghiottita dalla piccola folla, pronta ad imbarcarsi, volta ancora il
capo incrociando lo sguardo azzurro di Robert, non più oscurato. Sorride appena
rispecchiandosi nel suo identico sorriso triste.
È
il ventidue maggio -l’inizio di un nuovo giorno-.