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Autore: wari    13/12/2009    8 recensioni
« Io sono stanca. » sospirò, invece. Lamentarsi non era certamente costruttivo, ma almeno rappresentava una lieve variazione sul tema, rispetto ai dialoghi che avevano tenuto nelle precedenti tre ore. Ore che avevano trascorso camminando in linea retta, lungo quella strada brulla dimenticata da Dio, stretti tra il grano ed il cielo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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grano One shot partorita in notturna alla luce della mia fida torcia tascabile che, tra l'altro, è caduta nell'impresa. Questa fic è dedicata alla sua memoria.
Solo un avvertimento... Non ho idea di che “genere” dovrebbe essere questa cosa. Vedete un po' voi, non so. Si accettano suggerimenti^^”





Il giallo intenso del grano era quasi accecante, in netto contrasto con tutto quell'azzurro.
Giallo dorato del grano che frusciava tutt' intorno, beffardo, come se continuasse a cantilenarle nelle orecchie quell'ineluttabile verità.
Verità che, sebbene lei avesse continuato a ribadire costantemente ad intervalli di pochi minuti da ormai almeno tre ore e mezza, continuava a rimanere inascoltata.
« Ci siamo persi, Naruto. »
Lui si voltò.
Capelli dello stesso colore brillante delle spighe ed occhi del medesimo esasperante azzurro di quel cielo sgombro.
Pareva di vedere il paesaggio alla rovescia.
Azzurro e giallo. Giallo e azzurro.
Ovunque.
« Non ci siamo persi, Sakura chan. » brontolò lui, piccato. « E' solo che non sappiamo dove ci troviamo. »
Sakura, pur allettata dalla totale solitudine, che rendeva il posto assolutamente perfetto per un omicidio, ritenne più saggio astenersi da gesti inconsulti. Ed il suo encomiabile autocontrollo la trattenne persino dall'iniziare una quantomai lunga dissertazione sui significati intrinsechi della parola “persi” e sulle loro implicazioni pratiche, di cui Naruto era evidentemente inconsapevole.
« Io sono stanca. » sospirò, invece.
Lamentarsi non era certamente costruttivo, ma almeno rappresentava un lieve variazione sul tema, rispetto ai dialoghi che avevano tenuto nelle precedenti tre ore.
Ore che avevano trascorso camminando in linea retta, lungo quella strada brulla dimenticata da Dio, stretti tra il grano ed il cielo.
« Se tu non avessi deciso di allontanarti, ora non ci troveremmo in questa situazione! »
« Aspetta un minuto, Sakura chan. Chi è che ha detto “che noia, questa gita è emozionante come l'ora ludica nell'ospizio di mia nonna”? »
Lei sbuffò, risentita, ma troppo consapevole della veridicità di quella affermazione per poter ribattere come avrebbe voluto.
Comunque, in tutta sincerità, anche nella situazione attuale, non riusciva ancora a pentirsi seriamente della loro piccola fuga, avvenuta in seguito ad una sosta di tre quarti d'ora impiegata dal professor Aburame per descrivere le affascinanti abitudini riproduttive di un raro esemplare di coleottero.
Dannate gite naturalistiche.
Sveglia alle cinque, due ore di autobus su percorsi degni delle più perverse montagne russe, solo per godersi una meravigliosa giornata di afa, noiose spiegazioni su creaturine disgustose ed infinite, estenuanti passeggiate lungo stradine dissestate.
Stava per assestare un liberatorio calcio ad un'ignara pietruzza, quando qualcosa le tirò debolmente l'orlo dei pantaloncini.
« Non ce la faccio più... » esalò Naruto, in un patetico tono supplicante.
Sakura annuì, accasciandosi al suo fianco, nella vana speranza che la poca ombra delle spighe sul ciglio della strada riuscisse a donarle un po' di sollievo dalla calura.




Le cicale interruppero il loro ritmico frinire per meno di un battito di ciglia; ma tanto bastò perché Sakura, ormai assuefatta a quel suono costante, che l'aveva cullata in un sonno inconsapevole, si svegliasse.
Si voltò verso Naruto, sdraiato al suo fianco ma, invece degli occhi azzurri ed assonnati che si era aspettata, incrociò un paio di iridi nere come la notte.
Sakura sobbalzò, ritraendosi di scatto.
« T... Tu chi sei?! »
Alla domanda, lo sconosciuto non si scompose, limitandosi a continuare ad osservarla con la stessa aria pensosa che il professor Aburame avrebbe adottato dinanzi ad un'insolita specie di moscerino della frutta.
« Vi capita spesso di dormire nei campi? » chiese, ammiccando.
Il viso pallido, i capelli color pece, stonavano incredibilmente, in quel paesaggio così luminoso.
Sakura, interdetta, si alzò in piedi.
Lo sconosciuto doveva avere pressappoco la sua età; la superava solo di qualche centimetro.
« Eravamo stanchi. » sentenziò, in un contegno che pretendeva di essere dignitoso, nonostante le pagliuzze di grano intrappolate tra i capelli.
L'unica risposta fu un curioso suono a metà tra uno sbuffo ed una risata.
« Vi siete persi? »
Seppur restia, poiché era sicura di aver colto una lieve nota di scherno nella domanda dell'altro, si vide costretta ad ammettere che, sì. Effettivamente non era certa di sapere dove si trovavano.
« Capisco. » una semplice alzata di spalle,come se la faccenda non lo turbasse poi molto.
« Se volete, posso indicarvi io la strada per raggiungere il paese. »
« Come ti chiami? »
La domanda, che le era rimasta intrappolata a fior di labbra dal primo istante in cui aveva incrociato il suo sguardo, scelse proprio quel momento per saltare fuori, in un sussurro ben udibile.
L'altro la scrutò un istante, pensoso.
« Sasuke » disse infine. « Sasuke Uchiha. »




Surreale.
Più ci pensava, più Sakura  rendeva conto di come quella giornata avesse preso una piega assolutamente impensata.
Ed ora, la situazione in cui si trovavano non poteva essere descritta che così: i corvi, il grano, il ceruleo del cielo, quel frastuono di cicale in cui si aveva la sensazione di annegare... Surreale.
« Ehi, dì un po'. Sei sicuro di sapere dove stiamo andando? »
Sasuke si voltò, studiando Naruto in volto per qualche istante, come a decidere se fosse degno di considerazione. Evidentemente dovette optare per un sì, perché annuì, piano.
« Si. Sono sicuro. »
Precedendo l'ennesima lamentela di Naruto, che sembrava tutto fuorché soddisfatto da quella risposta monosillabica, Sakura riprese uno dei numerosi tentativi, sempre abbandonati per via della ritrosia dell'altro, di instaurare una conversazione.
« Se conosci così bene la strada significa che vivi qui, giusto? » affermò, più che chiedere, accordando il passo a quello di Sasuke.
« Non esattamente. »
« Allora sei dal paese? »
Lui si concesse un' attenta contemplazione del panorama, soffermandosi brevemente con lo sguardo fisso in lontananza.
« Allora? »
Scosse la testa.
« No. Non sono del paese. Ma sono vissuto qui per parecchio tempo. Diciamo che oggi sono venuto per salutare questo posto un'ultima volta. »
Notando una nota di malinconia nella sua voce, Sakura desistette dal porre altre domande,continuando a camminare in silenzio al suo fianco.




Si era finalmente alzata una leggera brezza quando Sasuke, dando le spalle all'enorme sole rosso che declinava tra le spighe, puntò lo sguardo verso la vetta di un piccolo campanile.
« Siamo quasi arrivati. » disse, in tono neutro.
A quelle parole, Naruto parve ritrovare tutta la vitalità che gli era stata prosciugata dall'estenuante camminata e prese quindi a saltellare sul posto, nel tentativo di individuare anche il resto del paesino.
Sakura restò indietro, in disparte.
Aveva notato con curiosità come, progressivamente con lo scurirsi del cielo, anche l' umore di Sasuke pareva essersi fatto più cupo, gli occhi scuri velati da una malinconia di cui non riusciva a definire l'origine.
« Va tutto bene? » chiese, cauta.
Lui scosse brevemente la testa, come a scacciare un pensiero molesto.
Poi, con un movimento un po' brusco, si arrestò in prossimità di un crocevia, dove la strada si biforcava in due sentieri brulli.
« Se proseguite da questa parte, arriverete direttamente in paese. »
Senza troppe cerimonie, Naruto gli sorrise, avvicinandosi per ringraziare.
Sakura, invece, restò interdetta, sbalordita da quel distacco così violento.
« Ma ... Ma... Tu ora dove vai? » chiese, titubante. Da quello che poteva vedere, il sentiero che Sasuke intendeva imboccare proseguiva ancora a perdita d'occhio tra i campi, fatta eccezione per un boschetto distante, abbarbicato sul pendio sinistro del colle.
Lui si strinse nelle spalle.
« Devo andare, è tardi. » il tono triste aveva un che di ineluttabile, che avvolse Sakura con un senso di angoscia.
« Non... Non andare! » non sapeva neanche perché avesse detto una cosa del genere, e non poté certo biasimare Naruto, quando questi le afferrò saldamente la mano, trascinandola indietro.
« Dai Sakura! Muoviti o ci lasciano qui! Il professore sarà nero... Ciao Sasuke! »
L'ultima immagine di lui che Sakura riuscì a scorgere nella penombra, fu quella di una schiena che, lentamente, si eclissava nel buio.



Il sole era ormai tramontato del tutto.
Come in una sorta di trance, Sakura fu condotta giù per il ripido sentiero da Naruto, che teneva un passo rapido e costante, cercando di non inciampare.
Stavano passando proprio di fianco alla chiesetta che avevano scorto in lontananza e, se Sakura non fosse stata così intontita, probabilmente non se ne sarebbe neanche accorta.
Invece, piuttosto che fare prudentemente caso al percorso, i suoi occhi andarono a vagare distrattamente sul piccolo cimitero di fianco al campanile, fino a posarsi su quell'unica, modesta lapide, che sporgeva leggermente sul pendio, colpita per caso dall'ultimo flebile raggio di luce del giorno.
« N... Naruto... »
Lui si fermo, al suo tono incerto; irrigidendosi come lei quando lo sguardo gli cadde sul nome inciso sulla lapide.
Un errore. Non c'era altra spiegazione.
« Sakura... » il viso pallido, gli occhi attraversati da un lampo di sgomento.
« S... Sasuke Uchiha. C'è scritto Sasuke Uchiha. »
Sakura cercò di deglutire, la gola improvvisamente secca.
Un fruscio di fronde alle loro spalle bastò a farli trasalire e, ancora prima di voltarsi, si lanciarono giù per la collina, correndo a perdifiato e gridando a squarciagola con quanta aria gli era rimasta nei polmoni.



Gettò un ultima occhiata al paesaggio.
Gli era sempre piaciuto vivere lì, quando era bambino. Lui e suo fratello trascorrevano intere giornate a bighellonare nel grano per poi tornare, stanchi e sporchi di terra, alla loro grande casa sulla collina, non troppo distante dalla vecchia chiesa e nascosta alla vista da un boschetto di olmi.
« Ah, sei tornato. Ti avevamo dato per disperso, otouto. »
Sasuke rivolse un cipiglio corrucciato al lieve sorriso sornione di suo fratello Itachi.
Uno scatto metallico lo avvisò che, poco distante, suo padre doveva appena aver finito di caricare gli ultimi bagagli sull'auto.
« Ero solo andato a fare un giro, nii san. » brontolò, risentito.
« E non fare quella faccia da poeta maledetto. Questo posto piace anche a me, ma un trasloco non è certo la fine del mondo. E poi potrei convincere i vecchi a tornare per le vacanze, di tanto in tanto. Io so essere estremamente persuasivo, lo sai. »
Sasuke alzò gli occhi al cielo, riluttante ad abbandonarsi al sorriso.
« Oggi ho incontrato due ragazzi che si erano persi nei campi. » buttò lì.
Itachi lo guardò di sottecchi.
« Allora è per questo che ci hai messo tanto! Tou san era convinto che ti fossi rimbecillito e non riuscissi più a trovare a strada. Come faceva il nonno. »
Sasuke sbuffò.
«Solo perché il nonno Sasuke, ad ottant'anni suonati, aveva la curiosa abitudine di perdersi nei campi, non significa che io abbia voglia di emularlo. » brontolò, offeso.
« Però era uno spasso quando tutto il paese si mobilitava per cercarlo... Peccato sia morto. » commentò Itachi, nostalgico.
« D'altro canto, era lui che rompeva sempre le scatole per essere sepolto qui. Sarà contento, ora. »
concluse, in tono spiccio, per poi alzare gli occhi al cielo, come a sottolineare quanto fosse ridicola la questione e che, alla sua morte, avrebbero tranquillamente potuto seppellirlo dove meglio credevano.
Alle loro spalle, il suono stridulo di un clacson li richiamò all'ordine.
Itachi si mosse in fretta, adocchiando lo sguardo cupo di suo padre, già seduto al volante con un piglio molto irritato, presumibilmente a causa dello spaventoso ritardo che li avrebbe fatti arrivare a destinazione solo il giorno successivo. Ed era una previsione ottimistica.
Sasuke sospirò, sconsolato.
E con un'ultima, definitiva occhiata al paesaggio, ormai immerso nel buio, seguì suo fratello in macchina.





  
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