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Autore: Gazy    24/12/2009    7 recensioni
Questa storia è per tutti, ma sono sicura che pochi l'apprezzeranno. Dimenticate l'Edward dolce e premuroso della Meyer. Il mio è un'Edward oscuro... un'Edward dannato. Bella vi sembrerà la solita imbranata, ma scoprirete quanto sia diversa dall'originale solo se mi seguirete. Non parlo di sfacciataggine, di malizia o aggressività... la mia Bella ha la chiave di questa storia. Ci saranno nuovi personaggi e totali stravolgimenti. Se siete sicuri che questo possa piacervi, allora leggete! ^.^ ...[Improvvisamente sentii lo schiocco metallico di un accendino a benzina e, subito dopo, una fiammella galleggiò nel buio. Alla mia destra, infondo al bancone, una bocca espirò un soffio di fumo. Smisi di respirare, il corpo indurito dall’aspettativa mentre distinguevo una sagoma nera seduta su uno sgabello, perfettamente mitizzata dalle tenebre. Mi resi conto che, se avesse voluto, avrebbe potuto farmi credere che il locale fosse deserto restando semplicemente immobile]...
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Vi ringrazio per i complimenti troppo buoni che ho ricevuto ^.^
Offro come regalo di Buon Natale e Felice Anno Nuono questo piccolo capitolo.
Spero che vi piaccia =)
AUGURI!! CHE LA PACE E LA GIOIA VI ACCOMPAGNINO IN QUESTI SANTI GIORNI ^.^


(Lesson n.26): Liberi da ogni insicurezza, si diventa capaci di qualsiasi cosa

A svegliarmi fu il rumore di una porta chiusa con poco riguardo.
Grugnii.
Mio padre era proprio un bruto.
Un motore si accese nel vialetto e il suo scoppiettio penetrò i vetri chiusi della mia finestra per arrivarmi dritto dritto alle orecchie. Persino le tende chiuse non riuscirono ad attutire l’insopportabile suono. Infilai la testa sotto il cuscino e attesi fino a quando la macchina di mio padre tolse il disturbo, rombando lungo il vialetto per regalarmi infine una beata quiete.
Sospirando felice mi girai supina, sorridente perché il sonno stava per tornare a prendermi. Però avevo freddo - sentivo la pelle delle braccia incresparsi in brividi gelati e i seni inturgidirsi - perciò pensai di cercare il piumone con una mano per coprirmi. Sempre tenendo gli occhi chiusi, andai a tentoni sul materasso, quando mi accorsi ad un tratto della stranezza di quella situazione. Tutte le percezioni ricevute dal mio cervello mi dicevano di essere nuda, ma non ne capivo il motivo. Perché avevo rinunciato al pigiama quando fuori il maltempo imperversava? Intontita e confusa, increspai la fronte, appena prima di sentire la pesantezza del piumone avvolgermi senza che la mia mano avesse contribuito in alcun modo.
“Buongiorno” mormorò una voce sensuale e accattivante, che io conoscevo benissimo.
Fu proprio quella a svegliare la parte razionale della mia coscienza, la quale riportò a galla i ricordi della notte passata.
Edward nudo.
La bocca di Edward.
La lingua di Edward.
Edward gemente.
“Uch!”
Senza che potessi evitarlo, arrossii d’un botto e uno squittio imbarazzato uscii dalla mia gola. Come se mi avesse carpito i pensieri, la voce prese a ridere di gusto e con un tale calore da farmi tremare tutta. Allora giunsi a conclusione che quello era un risveglio da sconsigliare ai deboli di cuore.
“Speravo di vederti arrossire, ma non credevo mi avresti accontentato così presto” disse a mezza voce Edward, con un tono divertito che rendeva la frase leggera.      
Quasi sorrisi alle sue parole. Quasi. Il motivo per il quale non mi venne di farlo del tutto, era la mano gelata che sul mio stomaco si era sistemata con disinvoltura. Aprii gli occhi esitante e ad accogliermi fu il viso sorridente del mio vampiro che, sistemato su un fianco, sostenuto da un braccio, mi fissava come se fossi stata l’ottava meraviglia del mondo. Ma era lui ad essere meraviglioso, con i suoi occhi bronzei e le labbra rosse come ciliegie mature, in netto contrasto con la carnagione lattea.
“Buongiorno” fu quello che mi uscii dalla bocca, nonostante non avessi ancora deciso di usarla.
Non so per quale motivo, però mi venne in mente all’improvviso il modo con il quale mi ero comportata con lui durante tutto il nostro ‘piccolo giochetto’. Ricordare le parole sfacciate che gli avevo sussurrato, le carezze che gli avevo elargito, ebbe l’effetto di farmi impallidire come se avessi visto un serpente sbucare da sotto il cuscino.
“Bella?” mi chiamò lui, increspando la fronte perplesso quando di colpo mi girai prona per affondare la faccia tra le lenzuola. Ero incapace di affrontarlo e sebbene riconoscessi una buona dose di infantilismo nel mio comportamento, continuai a nascondermi come una ladra ai suoi occhi.
“Bella?”
“No!”
“No cosa?!”
“No!”
Forse sorrise, ma di questo come potevo esserne certa? Quello di cui ero sicura invece, era qualcosa che dipendeva solo dalla mia pelle e dalle sensazioni che stava provando nell’essere accarezzata dalle dita agili di Edward. Infatti aveva preso a lisciarmi la schiena, seguendo la spina dorsale fino a sfiorare i fianchi caldi di lenzuola. Il piumone rimaneva dov’era, a nascondermi le spalle e il viso, mentre lui si muoveva sotto di esso. Mi arrivò tanto vicino che potei cogliere senza difficoltà la temperatura fresca emanata dal suo corpo e il respiro profumato di miele.
Proprio quando ero sul punto di abbandonarmi a quelle squisite percezioni, la sua mano uscì allo scoperto per sollevare di poco le coltri, facendomi irrigidire. Non ebbi il tempo di chiedere cosa stesse combinando, che dalla sua gola proruppero delle fusa vibranti di lampante apprezzamento, e allora capii: stava guardando il mio fondoschiena!
“Ti invoglierei a girarti, se solo i miei occhi non si fossero posati su qualcosa di dannatamente allettante.”
“Stai rasentando il volgare” lo ribeccai. E per farlo, mi ero girata a guardare l’espressione arrogante con la quale sottolineò la sua vittoria. Era riuscito a farmi uscire dal mio nascondiglio, l’infame.
“Non dovrei ricorre a questi stratagemmi, ma mi ci hai costretto” si giustificò.
Mi dimostrai ancora più infantile sbuffando e dandogli la schiena, tuttavia ero precipitata in una situazione del tutto nuova per me, che non avevo mai avuto rapporti di sorta con i ragazzi. Edward era stato il primo a solcare quelle acque inesplorate, perciò era il primo a vedermi appena sveglia la mattina e a toccarmi come aveva fatto e stava tutt’ora facendo. In effetti si era avvicinato di soppiatto, silenzioso al pari di un’ombra mi aveva abbracciato, e ora mi stringeva al suo corpo marmoreo in un modo che stava risvegliando i miei sensi. Sentivo il torace fresco appiccicato alla schiena calda, la gamba muscolosa sulla mia, il braccio sopra il fianco e la mano sul ventre. Ma il contatto sconvolgente, quello che minava la mia sanità mentale, era provocato dal suo sesso eccitato, duro e freddo tra le mie natiche. Sospirai, già preda di una forte lussuria, mentre Edward mi sfiorava il collo e la spalla con baci leggeri.
“Anche questo è uno stratagemma?” chiesi, prima di perdere anche la volontà di parlare.
“Potrebbe” rispose, sempre ligio al suo dovere.
“Serve per rimandare la fatidica domanda?”
“Quale domanda?”
Stava tergiversando, e ne ebbi la conferma quando la mano dal ventre passò al seno, che strinse dolcemente facendomi annaspare. Per un attimo dimenticai l’importante argomento che stavo per gettare con molta crudeltà su quel fantastico momento, però poi tornò la ragione a farsi sentire. Ero fiera di me, perché riuscivo a pensare nonostante le dita di lui avessero preso a stuzzicarmi uno e l’altro capezzolo.
“La domanda che ci conduce a questo. Ah!” mi sfuggì un gemito, ma ripresi. “Dov’è Jacob?”
Le sue dita smisero di torturarmi per pochi secondi, stettero immobili, e ripresero infine con più insistenza. Questa volta non trattenni un lamento di puro godimento, poiché alternò il massaggio al movimento del suo bacino, che prepotentemente portava i nostri sessi a sfregarsi.
“Abbiamo altre due ore prima che torni” sussurrò lieve al mio orecchio. “Vuoi davvero sprecare questo prezioso tempo in spiegazioni?”
Cielo, la tentazione di assecondare i suoi movimenti era allettante così come la sua proposta. Avevo l’intimo in fiamme e non desideravo altro che sentire il suo muscolo duro contro la mia pelle bagnata, ma…
“Da dove… ahww… de-deve tornare?”
Si posizionò più in basso e fece scivolare il sesso tra le mie gambe, poi rispose:
“Alaska.”
La punta grassa e umida prese a sbattere contro il mio clitoride dal basso, ma non era abbastanza, perciò lui aggiunse le dita in quella tortura. Grazie alla temperatura decisamente alta della mia carne, quella parte di lui incastrata strettamente tra le mie labbra si riscaldò a sua volta. Era delirio puro.
“Cosa c’è in Alaska?” chiesi tutto d’un fiato. Ero infatti certa, che se avessi esitato, la voce si sarebbe spezzata e tremando sarebbe scomparsa in alti gemiti.
Ebbi l’impressione di avergli posto la domanda chiave, cui rispettiva risposta Edward era decisamente riluttante a darmi. Lo capii dalla frenesia improvvisa che sommerse di colpo i suoi movimenti, dall’impegno con il quale toccò e sfregò il mio corpo, quasi che volesse cancellare con la passione il ricordo di Jacob dalla mia mente. A quel punto non potevo ignorare il fatto che mi stesse palesemente nascondendo qualcosa, ancora una volta. Quindi feci quello che una donna sa fare per innata competenza: presi in mano la situazione.
Con delicatezza separai i nostri sessi per girarmi verso di lui e baciare la sua invitante bocca, intanto che una mia mano scendeva ad afferrarlo. Era bagnato dei miei umore a tal punto che l’odore arrivava persino al mio olfatto umano.
“Dimmi cosa c’è in Alaska.” Perentoria, mi impegnai a strappargli ogni pensiero coerente dalla testa con il movimento sempre più intenso del mio massaggio. Però lui, oltre a gemere e a baciarmi, non accennava a rispondere. Allora lo spinsi sulla schiena e, a cavalcioni sulle sue cosce muscolose, continuai a torturarlo mentre leccavo prima l’uno poi l’altro capezzolo. Mi sentivo un amazzone, potente e autoritaria, perché un invincibile vampiro stava morendo di passione sotto di me. Perciò impressi nella mia voce una coercizione che ero sicura l’avrebbe costretto a parlare, ebbro di piacere com’era.
“Cosa c’è in Alaska, Edward?”
Prese a spingere il bacino per accompagnare i miei movimenti, e notando la sua fronte aggrottata e i denti ringhianti, capii che era vicino all’apice. Tuttavia riuscì a digrignare una parola:
“Minaccia.”
“Minaccia?”
Ma a quel punto venne ruggendo e imprecando; mi riversò sulla mano e sulla pancia il suo seme e poi si abbandonò con un ansito alle lenzuola. Rimasi sbalordita dalla bellezza che sprigionava, e da quello che io stessa gli avevo fatto, per cui la questione “Jacob” passò per un attimo in secondo piano. Ero stata davvero capace di dargli un orgasmo sconvolgente? Io, che avevo sempre sofferto per la scarsa autostima che mi ritrovavo? Io, che credevo di non essere mai abbastanza per un vampiro secolare quale lui era? Io, l’insignificante Bella Swan? Inizia a rivalutare molte cose in quei pochi secondi e arrivai anche a pensare che il mio Edward doveva amarmi davvero molto, per trarre tanto piacere da delle semplici carezze. Infondo, quello che avevo fatto era lontano dai sofisticati giochi di seduzioni di donne ben più esperte di me. Quindi lui aveva goduto perché ero stata io a fargli quello. Il suo amore era sul serio grande come diceva!
Lo abbracciai stretto quando arrivai a quella conclusione e lui sospirando mi strinse dolcemente a sé, ancora un po’ scosso. Lo sentii affondare il volto nella pelle soffice del mio collo e cercare rifugio lì intanto che parlava sommesso.
“Ora capisci quanto ti amo Bella? Sono in tuo potere, amore. Di me, puoi fare quello che vuoi.”
Le sue parole mi fecero rabbrividire. Potevo vedere i nostri ruoli capovolti: non ero io quella succube, e forse non lo ero mai stata. Se Edward fosse rimasto fuori dalla mia vita, sarei riuscita comunque ad andare avanti nel mio percorso senza di lui. Il mio vampiro mi aveva sconvolto l’esistenza, ma solo perché non riusciva a starmi lontano. Il cuore mi esplose di gioia immensa e assoluta, di un amore ora libero da ogni paura, da ogni insignificante incertezza. Lui non mi avrebbe lasciata, perché semplicemente non poteva. Mi balenò per un istante la parola ‘matrimonio’ in testa e, chissà perché, quella non mi sembrò più tanto assurda. Tutto sommato saremmo comunque rimasti legati. Per sempre.
“Raccontami di questa minaccia” gli chiesi teneramente.
E allora Edward iniziò a spiegare.


  
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