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Autore: Trixilla    05/01/2010    9 recensioni
Sera dopo sera lo aveva rivisto lì, seduto in prima fila, ad osservarla. I primi giorni pensava d’esser matta, non poteva essere sempre lì. Eppure si era dovuta ricredere, giorno dopo giorno lui si ripresentava. Indubbiamente bello, lo sentiva posarle gli occhi blu sul corpo nel momento in cui entrava in scena e abbandonarla solo quando usciva dalla pista. La infuocava con uno sguardo. La lusingava con la sua presenza. Non sapeva chi fosse né forse le interessava, eppure aveva preso a fissarlo senza nemmeno accorgersene, senza nemmeno volerlo fino in fondo. Cercava i suoi occhi, cercava il brivido che quasi rischiava di farla sbilanciare e cadere per terra, cercava un’emozione. Avrebbe voluto capire perché quell’affascinante ragazzo si ostinasse a sprecare soldi e tempo per rivedere ogni sera lo stesso spettacolo. Erano passate quasi due settimane e ogni sera lui, puntuale ed elegante, si era presentato allo spettacolo. Era follia, era magia? Piccola one shot sui McFly e sulla canzone di MJ, esperimento spero riuscito nato da una serata al circo! :D
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Carousel

Buonasera a tutti! Esperimento numero mille della mia mente malata.

Non so bene cosa ne è venuto fuori ma mi piace abbastanza per farla uscire alla luce del sole.

Un piccolo omaggio a questa bellissima canzone di Micheal Jackson, venuta fuori dopo una serata al circo e tante riflessioni.

Il personaggio maschile è un piccolo (pretenzioso?) omaggio a Danny Jones, un grande chitarrista e una persona che personalmente stimo moltissimo.

E’ la prima –ma non l’ultima, pay attention!– storia che scrivo sui McFly, quindi siate clementi.

Ogni recensione è più che ben accetta, di qualsiasi tipo essa sia (:

 

PS: ovviamente la persona di Danny Jones non mi appartiene e tutto ciò che segue è frutto della mia fervida immaginazione.

La canzone scritta in corsivo che fa da filo conduttore è Carousel di Micheal Jackson e sua è la gloria e la proprietà delle parole.

Cheers;

 

 

Carousel

 

She’s from a world

Of popcorn and candy

Pony rides for a dime

Little children laughing

 

Bella, bellissima, incantatrice.

Si muoveva con grazia ed equilibrio, senza perdere il sorriso e la concentrazione.

Sentiva su di sé gli occhi del pubblico e con eleganza chiuse il suo numero.

Ascoltava deliziata le mani che battevano per lei, l’orgoglio di saper emozionare e stupire chiunque, la consapevolezza di strappare un gemito sorpreso a chi la osservava.

Era meno giovane di quello che la gente credeva ed erano ormai lontane le emozioni delle prime volte in pista, era una professionista. Era nata per fare quello che faceva.

Lo dicevano tutti, tutti, tutti…

Nata per incantare.

Nata per stupire.

Nata per sorridere e far sorridere.

Una ragazza del circo, un’artista, un’anima indomita e capricciosa.

Era nata così, non ci poteva fare niente.

La passione scorreva veloce nelle sue vene, mentre faceva un altro inchino al pubblico.

 

I'm from a world
Of disappointments and confusions
But I want her to be mine

Era andato al circo solo perchè l’avevano supplicato, a lui neanche piaceva il circo.

Lo trovava roba da bambini, qualcosa che un adulto non dovrebbe più neanche prendere in considerazione come modo di passare una serata fuori casa.

Era un viziato, un pigro.

Nessuna voglia di faticare più del dovuto.

Sapeva far emozionare, voleva far sorridere, suonava per passione.

Amava violentemente, anche se per poco.

Quando però l’aveva vista entrare in pista aveva creduto di sognare.

Troppo bella per essere vera, troppo elegante per fare una vita da circo. Una principessa costretta ad una vita di sacrifici e continui spostamenti, una principessa da salvare.

L’aveva osservata rapito, seguendo i movimenti ipnotici del suo corpo.

Estasiato, aveva applaudito a lungo, seguendo ogni movimento con i grandi occhi blu.

Era tornato anche il giorno dopo. E quello dopo ancora.

Giorno dopo giorno si ripresentava al circo, sedeva in prima fila e la osservava rapito.

In biglietteria non si stupivano neanche più, il suo migliore amico aveva deciso che preferiva non saperne niente e lo lasciava fare.

 

I started talking
She kept on walking
She disappeared into the crowd

 

Sorridente anche quella sera concluse il suo numero e sparì dietro il tendone.

Sera dopo sera lo aveva rivisto lì, seduto in prima fila, ad osservarla.

I primi giorni pensava d’esser matta, non poteva essere sempre lì.

Eppure si era dovuta ricredere, giorno dopo giorno lui si ripresentava.

Indubbiamente bello, lo sentiva posarle gli occhi blu sul corpo nel momento in cui entrava in scena e abbandonarla solo quando usciva dalla pista.

La infuocava con uno sguardo. La lusingava con la sua presenza.

Non sapeva chi fosse né forse le interessava, eppure aveva preso a fissarlo senza nemmeno accorgersene, senza nemmeno volerlo fino in fondo.

Cercava i suoi occhi, cercava il brivido che quasi rischiava di farla sbilanciare e cadere per terra, cercava un’emozione.

Avrebbe voluto capire perché quell’affascinante ragazzo si ostinasse a sprecare soldi e tempo per rivedere ogni sera lo stesso spettacolo.

Erano passate quasi due settimane e ogni sera lui, puntuale ed elegante, si era presentato allo spettacolo. Era follia, era magia?

Erano passati quattro giorni da quando le era arrivato il primo biglietto, accompagnato da un’unica rosa rossa.


I lost my heart
On the carousel
To a circus girl
Who left my heart in pieces

Non sapeva cosa gli era preso, quando aveva trovato il coraggio di mandarle il primo biglietto.

Non sapeva dire se lei avesse capito che era proprio lui. Non sapeva capire se davvero lo fissasse o se cominciava a sognare ad occhi aperti.

Le donne non erano mai state un problema, per lui. Sempre amato, sempre venerato, sempre al centro dell’attenzione.

Sapeva di avere fascino e non aveva mai avuto problemi a sfruttarlo. Egocentrico forse, ma onesto con chi si trovava di fronte.

Non amava gli impegni, le relazioni che duravano più di qualche notte. Le donne lo odiavano, le donne lo amavano.

Eppure, quando la guardava che impeccabile svolgeva il suo numero, perdeva tutte le sue certezze.

Lei era la novità, l’ebbrezza dell’ignoto.

Lei così bella, così straordinariamente fuori dai suoi canoni tradizionali.

Lei artista, lei affine, lei diversa.

You’re wonderful, circus girl”, le aveva scritto in quel biglietto. Non una firma, non un indizio.

Aveva aggiunto una rosa rossa. Pensava la rispecchiasse abbastanza, sperava le sarebbe piaciuta.

 

Lost my heart
On the carousel
To a circus girl
Who ran away

Seduta davanti al suo specchio, spazzolava i lunghi capelli scuri.

Era sabato sera: ancora due settimane e avrebbero lasciato Londra per Parigi. Ancora due settimane di rose e biglietti.

Sospettava fosse lui, ma non ne aveva prove concrete. Sfacciato le sorrideva ormai apertamente, ma non faceva nient’altro, mai che si fosse presentato nel backstage.

Ripose la spazzola e incrociò le gambe, sistemandosi meglio sul puff che aveva nella sua roulotte.

Una vita itinerante, quella che si era scelta.

Una vita così diversa da quella delle sue coetanee, una vita di rinunce.

Poteva concedersi brevi vizi, brevi momenti di lascivia con sconosciuti pronti a soddisfare ogni suo piccolo capriccio.

Ma poi prepotente tornava la realtà, bussava alla sua porta e lei tornava coi piedi per terra senza mai poter spiccare il volo per davvero.

Avrebbe voluto volare. Avrebbe voluto che i nastri sui cui alcune sere si esibiva potessero staccarsi e portarla lontano.

Nonostante tutto però, la sua vita le piaceva. Era emozionante, era gratificante.

Poter dare il sorriso a chi si presentava al circo era una delle soddisfazioni più grandi per lei.

Era nata per fare quello che faceva. Se nasci in una famiglia circense le possibilità che tu non segua quella strada erano quasi pari a zero.

Aveva accettato di buon grado gli esercizi fin da piccola, si era diplomata a pieni voti in una delle scuole circensi migliori del mondo.

Si allenava costantemente, non si perdonava gli errori. Non poteva permettersi gli errori.

Annoiata dai suoi stessi pensieri si lasciò andare sul letto. Ogni tanto avrebbe voluto un imprevisto, a colorarle la vita.


I was the clown
And she was the dancer

Sabato sera.

Lo spettacolo era terminato da un bel pezzo e lui aveva fatto in tempo a fare un salto al pub per stare un pò con gli amici di sempre.

Tutto quell’andare al circo li aveva quantomeno reso sospetti, non era da lui.

Non era da lui. Che bella frase, quasi poetica, quasi ermetica.

Cos’era da lui? Lo conoscevano più di quanto si conoscesse da solo e forse avrebbe dovuto dargli retta.

Sapeva far emozionare, sapeva esprimere quello che provava in musica.

Sapeva che gli bastava una chitarra per cambiare il suo mondo. Ma sarebbe bastato per sempre?

Sarebbe stato sufficiente a scaldare le notti buie e solitarie? Sarebbe stato abbastanza quando la giovinezza avrebbe abbandonato il corpo allenato?

Aveva bisogno di certezze. E più le cercava, meno le trovava.

Più voleva sentire una presenza al proprio fianco, più si accorgeva che gli amici non bastavano più, nè le donne.

Una notte, due notti e alla terza già era finita. Non lo faceva apposta, non avrebbe voluto, ma era più forte di lui.

Stupido a comportarsi come un bambino capriccioso, stupido a non voler vedere il meglio in chi lo circondava.

Camminava con le grandi mani infilate nelle tasche, un cappellino di lana in testa più per abitudine che per vera necessità.

Osservava le luci del circo da lontano, quasi affascinato, quasi stregato. Era una vita così diversa dalla sua.

In un circo avrebbe solo potuto fare lo stupido clown che non fa ridere neanche i bambini.

 

We both knew it wouldn't work
But we took our chances

Il circo aveva piantato le tende ad Hyde Park, poco lontano dalla Serpentine.

Stufa di lambiccarsi il cervello si era infilata una felpa e un paio di consumate scarpe da ginnastica per fare due passi.

Osservava rapita la natura, la luna giocava a nascondino con le nuvole e qualche stella brillava pigra negli sprazzi di cielo.

Le sarebbe piaciuto rimanere di più a Londra, decisamente era una delle città più belle che avesse mai visto. Viaggiavano molto e aveva avuto modo di visitare posti estremamente diversi tra loro, lei che una patria vera neanche ce l’aveva. Padre francese e madre italo - giapponese, era nata in Spagna e fin da bambina aveva seguito i suoi genitori nelle varie tappe del circo, senza mai fermarsi veramente. Le piaceva vedere il mondo, ma a volte sapere di poter tornare a casa sarebbe stato bello.

Sapere di avere un porto sicuro dove rifugiarsi nelle notti di tempesta, le braccia di qualcuno che ti ama veramente.

Persa nei suoi pensieri non poteva sapere tra le braccia di chi stava per finire. Braccia forti, sicure, tremendamente nuove.

Stentò a riconoscerlo, nel buio della notte. Sorrise d’istinto, senza sapere che i suoi guai stavano solo cominciando, che quegli occhi blu non portavano solo libertà.

Il cuore accelerò, emozionato, stupido. Lo osservò attenta, sul suo bel viso il medesimo stupore.

Era di una bellezza quasi imbarazzante, parecchio più alto di lei, i grandi occhi color dell’oceano che la fissavano increduli.

Dunque era arrivato il momento di conoscerlo e vedere cosa poteva offrirle.

 

What I can't recall
Is if there was a girl at all
Or was it my imagination?

Si sarebbe aspettato tutto, ma non di trovarsela davanti.

Dopo aver passato giorni ad osservarla da lontano e ammirarla in ogni piccola perfezione, averla così vicino gli dava quasi le vertigini.

Era indubbiamente una delle donne più belle che avesse mai avuto la fortuna di incontrare, grandi occhi ambrati che sembravano non finire mai.

I lunghi capelli color pece erano sciolti sulle spalle, più lunghi di quanto li avesse immaginati. Poteva immaginarsi senza troppi problemi il corpo snello, il seno sodo, le gambe tornite, nascosti dalla felpa e dai pantaloni di una tuta che aveva sicuramente visto tempi migliori.

La vide sorridere e non poté non fare la stessa cosa. Quello stesso sorriso che aveva incantato ed emozionato milioni di persone era rivolto unicamente a lei.

Senza dirle nulla le porse il braccio e per alcuni minuti camminarono così, in silenzio, senza notare veramente dove stessero andando. Poteva quasi sentirla respirare, così vicina, avrebbe voluto sentirla pensare, capire cosa le frullava per la testa, sapere ogni cosa di lei.

- sapevo che eri tu- gli sussurrò, ancora stringendogli il braccio.

- non sono un ammiratore segreto poi molto bravo evidentemente-

Lei si voltò appena, sorridendogli e alzando le spalle con un gesto lieve, spensierato.

- non importa, è stato un gesto molto bello- disse infine, fissando gli occhi magnetici del ragazzo.

- sono contento che ti sia piaciuto-

 

I still remember
All of those faces
And now all I have is memories

Si incontrarono ancora e ancora e ancora.

Camminavano in piena notte, più o meno abbracciati, parlando di tutto e di niente.

Mostrandosi a vicenda quel pezzo di mondo che non potevano conoscere né ottenere, scoprendosi l’anima, specchiandosi negli occhi dell’altro e scoprendo la medesima voglia di avere qualcosa dell’altro, che fosse un ricordo o una frase sconclusionata poco importava.

Lui trovava in lei quella presenza che aveva cercato, qualcuno con cui condividere le frivolezze e i dolori.

A lei aveva parlato della sua infanzia, di suo padre, del dolore cieco che lo assaliva nei suoi incubi peggiori, della risalita, degli amici che c’erano sempre.

A lei aveva raccontato di come si sentisse con la sua chitarra in mano, cosa volesse dire aver realizzato il sogno più grande.

Lei sorrideva con fare infantile e si confessava ad un semi sconosciuto, dopo aver cercato per anni qualcuno con cui parlare liberamente.

Di cosa sognava, di cosa voleva, di cosa progettava. Parlare di quel futuro pieno di nebbie, del passato pieno di solitudine.

In lui trovava una presenza rassicurante, un porto amico in cui potersi rifugiare nelle buie notti londinesi.

A volte pioveva. Stretta a lui sotto un ombrello che non li copriva mai abbastanza, sentiva di aver finalmente trovato qualcosa.

Non sapeva cosa, ma era qualcosa. Sarebbe stato quel qualcosa per cui fermarsi? O quel motivo per ripartire?

Quelle iridi che la incantavano per minuti interi non le sembravano poi così sicure, certe volte.

Fidarsi era stato azzardato, ma vederlo aprire il suo cuore era stata un’emozione unica.

Osservarlo con la coda dell’occhio sera dopo sera, seduto al suo posto, che la fissava complice, la emozionava più di qualsiasi altra cosa prima d’allora.

Osservarla ammirato sera dopo sera, in bilico su un filo o arrampicata su un nastro, lo rendeva felice in una maniera che lo faceva quasi vergognare.


I lost my heart
On the carousel
To a circus girl
Who left my heart in pieces

Dovresti smetterla di cercarla” gli diceva placato il suo migliore amico, seduto ad un pub.

Dovresti piantarla di vederlo” le urlava contro sua madre, entrando di botto nella sua roulotte.

Voci nella testa, nelle orecchie, negli specchi. Era sbagliato ma non c’era nulla di male.

Non l’aveva mai sfiorata in un modo che fosse lontanamente compromettente, anche se avrebbe voluto.

Per ore aveva fissato quelle labbra, ma mai le aveva sfiorate con le proprie.

Il loro tempo stava per scadere, ancora tre giorni appena e sarebbe stato il momento di dirsi addio.

Non la vedrò mai più, tranquillo” rispondeva muovendo la mano con un gesto stanco.

Ce ne andremo presto, rilassati” urlava in risposta, cercando di non pensare al momento in cui gli avrebbe detto addio.

Avrebbero dovuto parlarne, forse, il pendolo sopra la loro testa incombeva minaccioso e sembrava diventare sempre più grande.

Eppure, anche quella sera, si incontrarono in riva al lago e lui le prese la mano per la prima volta.

Lei strinse forte quelle dita callose, la sua mano delicata che quasi scompariva in quella grande del ragazzo.

Qualcosa era cambiato, le voci nella testa continuavano a urlare e ammonirli, loro ribelli e testardi le ignoravano e si perdevano nel sorriso dell’altro.

In qualcosa che sembrava destinato ad esserci, in qualcosa che sembrava incontrastabile.

 

Lost my heart
On the carousel
To a circus girl
Who ran away

- cosa stiamo facendo?- le sussurrò piano, le mani ancora intrecciate, gli occhi in quelli di lei.

- davvero non lo so- gli rispose, la mano libera accarezzò il volto di lui, sfiorandone la guancia ruvida per la barba appena accennata.

- trovi che sia un errore?-

- se lo è, non credo di aver mai fatto un errore migliore- sorrise, avvicinandosi a lui e poggiando la testa nell’incavo del suo collo.

Sentiva il suo profumo, quello stesso profumo che si era sentita addosso quando fradicia le aveva ceduto la sua felpa, quel profumo che aveva ritrovato nei suoi sogni più proibiti, quell’essenza di lui per cui avrebbe potuto fare follie. Era la prima volta che si trovavano così vicini l’uno all’altro.

Poteva sentire il cuore di lui battere furioso, gemello del suo che sembrava aver deciso di saltare fuori dal petto.

Se la strinse addosso, non pensando a niente, volendo solo sentirla più vicina. Sentirla dentro l’anima, sentirla sua.

Conosceva quella brama di libertà che spingeva la ragazza, ammirava la sua anima indomita e ribelle.

Aveva imparato a comprendere ogni suo piccolo capriccio, ogni suo piccolo movimento impercettibile.

Le labbra, le mani, gli occhi. Tutto in lei esprimeva qualcosa.

Averla tra le braccia fu un’esperienza travolgente e sconvolgente, l’emozione che provava era paragonabile solo a quella di quando si trovava sul palco e aveva migliaia di persone che cantavano con lui. Era realizzato, emozionato, soddisfatto, esultante, agitato per quella fine che sarebbe arrivata presto.


Two different people
In love for an instant
To see that the circus came today

Quella notte e la seguente furono pura magia. Una magia così splendente da poter accecare con la sua bellezza.

Fu un trovarsi e un perdersi, consapevoli che fossero o meno che quella candela appena accesa si sarebbe consumata in fretta, senza lasciar loro il tempo di godere della luce e del calore che emanava. Fu qualcosa di speciale, fu appartenere a qualcuno che poteva amarti, ma non poteva averti.

Addormentarsi accanto a lui le dava un senso di pace mai provato prima, stringerla e accarezzarla gli faceva toccare il cielo con un dito.

Parlare avrebbe rovinato l’idillio, parlare forse sarebbe stata la cosa migliore.

Svegliarsi alle prime luci dell’alba e vederla già sveglia, pronta ad andare ad allenarsi gli spezzava il cuore.

Svegliarsi e doverlo lasciare da solo in quel letto, era qualcosa che sapeva non avrebbe mai sopportato.

Era quella la consapevolezza che la schiacciava, quella di appartenere ad un mondo di cui lui non faceva parte e da cui lei sembrava destinata a non uscire mai.

Quel dolore sul cuore forse se ne sarebbe andato, riflettè quell’ultima sera poco prima di uscire in pista per fare il suo numero.

Forse col tempo, forse vivendo, forse avrebbe accantonato il ricordo di quegli occhi blu che la facevano sentire importante, la più bella di sempre.

 

Bella, bellissima, incantatrice.

Si muoveva con grazia ed equilibrio, senza perdere il sorriso e la concentrazione.

Sentiva su di sé gli occhi del pubblico e con eleganza chiuse il suo numero.

Per l’ultima volta volse gli occhi a lui, seduto al suo posto in prima fila, elegante nel suo completo nero e in quella camicia bianca che lo faceva sembrare un principe.

Gli rivolse un sorriso più caldo del solito e gli diede le spalle, sparendo oltre il tendone rosso.

Sentì una lacrima scenderle involontaria sulla gota, poi un’altra.

Non seppe come ma si ritrovò tra le sue braccia, nel camerino, a piangere un’occasione bruciata e un amore perduto.

Si lasciò cullare, baciare, amare. Per l’ultima volta.

 

Sometimes I can hear her crying here
And I can hear her calling me


- ti devo ringraziare Daniel, mi hai donato un sogno- sussurrò lei all’alba del giorno dopo, baciandogli casta la fronte.

- avrei potuto donarti il mondo- rispose lui, sfiorandole il viso, delicato come mai era stato con una donna.

Lei sorrise con fare infantile, allontanandosi lentamente da lui.

Scalza, ringraziava il freddo dell’erba che la teneva sveglia, mentre camminava all’indietro verso la sua roulotte.

Infreddolita e stretta in una felpa troppo grande, lo guardava rimpicciolirsi piano.

Compagno di un sogno da cui era stata svegliata in malo modo, confidente di segreti inconfessabili, amante passionale di quelle notti fredde.

Amava il suo nome, così degno di lui. Amava il suo sorriso, così solare da splendere al buio.

Piangeva senza neanche accorgersene, mentre gli diceva addio.

Sussurrò al vento il suo nome e una preghiera.

L’avrebbe dimenticata, avrebbe conosciuto una donna che lo sapesse amare e rispettare. Una donna che potesse stargli vicino.

Lei avrebbe lasciato scorrere il tempo e gli amanti, fino a trovare qualcuno che potesse cancellarne il ricordo.


Don't you know?
I lost my heart
On the carousel
To a circus girl
Who left my heart in pieces

 

Quello stesso giorno il circo lasciò Londra, alla volta di Parigi, e di lei scomparve anche il profumo.

Daniel Alan David Jones ricordò quel giorno per molto tempo, rimproverandosi sempre di non aver neanche provato a fermarla.

Lasciò che la musica parlasse per lui, nascondendo il dolore dietro sorrisi falsi.

Uscì con donne diverse, ebbe storie, dimenticò lentamente quella sensazione di completezza provata con lei.

Ricevette una lettera dopo un paio di mesi, quando ormai aveva cambiato casa e non la lesse.

Senza saperlo perse l’occasione più grande, l’amore più vero, la felicità più pura.

Inconsapevole e innocente partì e tornò da tour e concerti, cantando per il mondo quell’amore che l’aveva affascinato e consumato.

Ebbe la forza di riscoprire la bellezza di un sorriso, di una risata di gioia.

Amò intensamente anche se per poco. Donò ai veri amici le proprie gioie e i propri dolori, affidandosi a loro e ricevendo in cambio un affetto che guarì col tempo le sue ferite, i suoi dolori e i suoi dispiaceri. Apprezzò la vita in tutti i suoi aspetti, con gioia e voglia di vivere.

 

Quella lettera rimase in una casella metallica e piena di pubblicità per molto, molto tempo, finchè il nuovo proprietario non la trovò.

Spedì la lettera al chitarrista per opportunismo che per cortesia, e dopo quasi tre anni la lettera giunse nelle mani del suo destinatario originale.

E la sua vita, improvvisamente cambiò.


Lost my heart
On The carousel
To a circus girl
Who ran away

 

Il destino, il fato, Dio? Quello che accadde infine fu crudele, quasi spietato, ma risparmiò un’innocente.

Il circo si trovava in Ungheria, quando successe. Un grande incendio bruciò tutto, una notte di dolore in cui morirono decine di persone.

Il fuoco divampò nella notte, le fiamme inghiottirono tutto e non lasciarono che la cenere di quel posto pieno d’allegria e gioia.

Ne parlarono i giornali e le televisioni di tutto il mondo, furono versate lacrime per quella tragedia così ingiusta.

Quello che non molti sanno fu del piccolo miracolo che accadde, quella notte.

Quello che non molti sanno fu che per Danny quella notte fu l’avverarsi di un sogno e di un incubo.

Sconvolto e disperato arrivò a Budapest la mattina dopo l’accaduto, correndo in ospedale e sperando di trovarla viva.

Un’infermiera gli urlò contro in una lingua che non capiva, mentre le lacrime già premevano per uscire.

Sedette nervoso su una sedia, quando sentì una voce di bambina sussurrare qualcosa davanti a lui.

Papà.

 

Alzò gli occhi e si trovò davanti una bambina piccola che stava in piedi a fatica, il visetto sporco di fuliggine, stretto al petto un orsacchiotto.

Gli occhi di quella bambina erano lo specchio dei suoi, i capelli color ebano inevitabilmente presi dalla madre.

Aprì le braccia sconvolto e la strinse, piangendo quelle lacrime che fino ad allora era riuscito a contenere.

Quella lettera gli diceva che stava per diventare padre e lui non aveva mai potuto riprendersi l’unica donna che gli aveva strappato il cuore.

Quell’incendio gli aveva fatto temere di aver perso tutto, in una notte, senza aver avuto la possibilità di fare niente.

Quella notte regalò la sua anima a quella piccola che l’aveva riconosciuto da sola e che aveva lo stesso importante nome della madre.

La riportò a casa e non se ne separò più, amandola e regalandole il mondo.

Rimuginò per anni su quello che avrebbero potuto essere, insieme, se avesse letto quella lettera.

Ma gli tornò in mente lei e si disse che, da lassù, avrebbe sempre vegliato su di loro, donandogli quel sogno che non avevano potuto condividere.

 

 

Zoe, la vita. Tomoko, la conoscenza. Artemisia, la bellezza.

Per sempre tuo, per sempre mia.

Donando un sogno al frutto di quell’amore così intenso e bello, così vero e puro.

La sua stella brillò nel cielo per molto, molto tempo, a proteggere la figlia e quell’uomo che aveva tanto amato.

E il suo amore si perse nel vento, arrivando da loro.

 

 

 

 

 

 

 

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Ed è finita.

Non so che dire al riguardo, io ne sono soddisfatta.

A voi la parola, Trix

xoxo

  
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