Il
bello era che ogni volta non riusciva nemmeno a capire dove di
preciso avesse sbagliato. Si limitava a fissare di fianco a
sé,
lasciare che la luce dorata lo costringesse ad assottigliare gli
occhi e poi sorridere, rendendosi conto che lui c'era sempre.
Francia,
nonostante si dicesse che era un subdolo imbroglio, che tutti i suoi
fili finivano sempre per essere brutalmente spezzati (le cesoie di
Inghilterra, dovevano per forza essere le cesoie di Inghilterra),
continuava a commettere sempre lo stesso, fatidico errore. Quello che
ormai era diventato come una droga, gli sfilava davanti agli occhi e
lui, esattamente come chi era dipendente da quella sostanza, non
riusciva a fare a meno di cercarla di nuovo, tendendo le braccia in
un disperato tentativo di acchiapparla.
La
mattina dopo le forbici agivano ancora e ancora e non sempre erano
quelle di Inghilterra, che provava una sorta di piacere perverso a
vederlo estraniato dal mondo, completamente avulso da tutte le
faccende che mandavano avanti quelli come loro.
Spagna
si alzava dal letto e si rivestiva, mormorava qualcosa nella sua
lingua, Francia a volte lo capiva e a volte no. Oppure faceva
semplicemente finta di non averlo ascoltato o di rifiutarsi
categoricamente di rispondere a qualsivoglia richiamo che non fosse
in un elegante e suadente francese. Però era palese che
fosse una
bugia, Francia non ammetteva un sacco di cose.
E a fargli più
male di tutte era il restar solo, a causa di un paio di forbici che
provavano a spezzare anche gli ultimi legami che aveva attorno.
Perché
se sopra di sé Francia vedeva solo Inghilterra e le bianche
scogliere di Dover, dentro di sé non desiderava altro che
accorgersi
di come lui cedesse, lasciandosi trasportare dalle dolci onde della
manica, fino a ritrovarsi tra le sue braccia, oltrepassato Calais e
raggiunto finalmente l'Ile de France.
La
malattia degli amori non ricambiati si era diffusa a macchia d'olio
in tutta l'Europa. Aveva coinvolto le Italie, una delle quali non
faceva altro che protestare, pazzo di gelosia nei confronti di un
fratello infatuato di quello che avrebbe dovuto essere il loro
peggior nemico; aveva contagiato lui stesso, che alla fine non aveva
potuto fare altro che cominciare a litigare con l'oggetto del suo
amore, giusto per non essere dimenticato, tanto per poter essere
ancora qualcuno, anche solo una “stupida rana”.
Francia
però era almeno compiaciuto di qualcosa; cinico ed
imperturbabile,
anche Inghilterra aveva finito col cedere e col diventare vittima di
quella bizzarra malattia. Il suo, tra tutti gli amori, forse era il
più caparbio, così forte e (solo da una parte)
così indissolubile
da sfidare addirittura un oceano.
Allora
Francia se ne rendeva conto, in quei rari momenti in cui la brutta
faccia di Inghilterra diventata più chiara da leggere, si
adagiava
verso ovest (talvolta sotto le proteste di Andorra) e poggiava la
testa sulla spalla di Spagna.
"Stai
andando via?"
Spagna
si voltò e lo guardò, con le lenzuola che
coprivano Francia davvero
poco mentre teneva le mani giunte sul grembo. Sembrava addirittura
tranquillo.
"Romano
mi starà cercando, non voglio che si preoccupi.
"Pensi
sempre a Romano."
E
allora sorrise, dicendo, tra sé e sé, che Francia
talvolta era
proprio un incapace. Almeno tutte le volte che si sforzava di dirsi
che non c'era niente a turbarlo, che lui era l'onnipotente Francia e
sapeva benissimo andare avanti da solo. Che dunque Spagna pensava a
Romano e allora era un debole, perché doveva capire che non
c'era
bisogno dell'aiuto di nessun altro per riuscire a rotolare ancora in
qualche direzione, a vivere senza aggrapparsi spasmodicamente a
qualche corda. Perché tanto sarebbe arrivato qualcuno (forse
Inghilterra, forse proprio Romano) e avrebbe usato le sue forbici per
tagliarla.
"Lo
so."
"Romano
è una persona importante per te."
Spagna
si stupì, non tanto per il tono che Francia aveva usato (un
po'
malinconico, un po' sovrappensiero), quanto per il fatto che sembrava
sottolineare ancora una volta quale fosse il male che li univa.
Spagna
lo sapeva bene, lo ammetteva anche ma non demordeva.
Trotterellava
con Romano, ogni giorno, davanti a lui, accanto a lui, alle sue
spalle. Se soltanto avesse avuto una coda, probabilmente Spagna
avrebbe anche scodinzolato. Di tanto in tanto Romano si voltava a
guardarlo o affrettava il passo; tutte le volte che lo faceva,
però,
il suo intento non era tanto quello di seguire Spagna, quanto quello
di non staccarsi e rischiare accidentalmente di restare senza nessuno
che lo proteggesse, senza nessuno che si prendesse cura di lui.
Sparito
Veneziano, se anche Spagna fosse andato via, lui sarebbe stato ancora
più solo.
Spagna
aveva capito ogni intento di Romano, più che altro non ci
badava e
invece gli rivolgeva un altro bel sorriso, di quelli leggeri, che
sembravano alienarlo da ogni tipo di preoccupazione.
"Lo
so."
Francia
rimase steso a letto, a ripetersi nella mente le ultime parole di
quello scambio di battute. E allora tornava Inghilterra, che con le
sue forbici tentava brutalmente di recidere il filo dei suoi
pensieri, non sopportando per niente il fatto di esserne l'oggetto.
Eppure
Francia l'avrebbe voluto così tanto. Avrebbe voluto seguire
le onde
e schiantarsi contro Dover. Gli accadeva fin troppo spesso di
desiderare ardentemente di poter esplorare Inghilterra, sebbene molti
la trovassero ostile come terra, Francia aveva sempre voluto
conquistarla (forse per averlo dalla sua). O magari semplicemente
entrare. Ma probabilmente non gli sarebbe mai stato
permesso.
E
allora Francia se lo diceva ancora, che accanto a lui, fedelmente
incollato al suo confine ovest, Spagna lo aspettava a braccia aperte,
pronto a fargli da appiglio, a proteggere il loro legame da qualsiasi
lama indiscreta.
"Mh-"
Spagna
finse di guardare l'orologio, in un gesto inutile quanto buffo, visto
che nemmeno lo aveva un orologio. E poi tornò ad avvicinarsi
al
letto, sedendosi accanto a Francia.
Quello
non ci mise molto a passargli un braccio attorno ai fianchi,
allungando il collo subito dopo e arricciando le labbra, fino a
raggiungere la sua gamba e a baciarla. E notò con disappunto
che la
frizione dei suoi vestiti contro la bocca gli dava davvero una
pessima sensazione.
"Credo
che Romano-"
Allora
Francia decise bene di portare le mani ai bottoni, facendo sfregare
le dita tra le sue gambe anche più del necessario, mentre
Spagna
abbassava il viso e lo guardava.
"Credo...
Credo che Roma-"
Chissà
quale bella scusa stava per inventarsi Spagna, pur di restare con lui
(e probabilmente la cosa avrebbe fatto male ad entrambi, ma avrebbero
cercato di non darle troppo peso), a letto insieme, fino a tarda
mattinata.
"Romano?"
Proprio
mentre aveva pensato bene di poggiare le labbra su lidi migliori,
Francia alzò la testa e lo guardò sorridendo,
scostando subito dopo
una ciocca di capelli biondi che era ricaduta sulla fronte.
"Credo
che Romano dovrà aspettare."
Francia
sorrise di nuovo, abbassando il viso subito dopo, riportando
l'attenzione sull'inguine di Spagna. Intanto le sue mani si muovevano
quasi da sole, arpionavano il bordo dei pantaloni e li trascinavano
fino alle ginocchia, scoprendo che Spagna aveva meravigliosamente
pensato che fosse totalmente inutile indossare biancheria intima
quando a casa avrebbe dovuto spogliarsi un'altra volta (Francia era
pienamente d'accordo su questo punto). Le sue labbra, invece, avevano
cominciato ad alternare i baci e a succhiare un po' il suo ventre, le
anche spigolose e le gambe morbide.
Romano,
Romano, Spagna ci pensava così tanto. Francia sperava che
almeno ora
nella sua testa non ci fosse che lui, con le sue mani, le sue labbra
e il suo profumo all'ultima moda.
Poi,
però, Francia si rese anche conto che ogni volta che
sfiorava la
pelle di Spagna, calda, testa e terribilmente vicina alla sua, nella
sua testa non vedeva altro che folte sopracciglia, pioggia e le onde
della Manica.
Diamine,
qualche volta avrebbe pagato finanche in natura (a dire la
verità la
cosa non gli sembrava granché negativa) pur di avere anche
lui un
paio di quelle forbici che odiava tanto.
"Meglio
così."
Francia
tornò alla realtà (più che altro gli
era stata sbattuta in faccia
da Spagna che aveva sollevato il bacino per andare incontro a lui) e
riprese con i baci e con le carezze. Nell'interno coscia, salendo
lentamente dal ginocchio verso l'alto.
Ogni
tanto sentiva Spagna chiamare il suo nome. Sì,
sì, il suo, proprio
il suo, proprio quello di Francia che apriva la bocca e cominciava a
muoverla, cercando forse di avere per sé tutte le attenzioni
e allo
stesso tempo di succhiare via da Spagna ogni pensiero che non fosse
rivolto a lui, solo a lui. Non voleva che ci fosse alcun paio di
forbici, lì, a spezzare quel legame.
Niente
Inghilterra, niente Romano.
Spagna
restò con Francia ancora a lungo. Nella bocca sentiva quasi
un
sapore amaro mentre all'altezza dello stomaco c'era una specie di
peso. Sul petto, leggermente spostata a sinistra, una sensazione di
vuoto.
La
malattia degli amori non ricambiati, forse per la vicinanza, forse
per l'influenza che riuscivano ad avere l'uno sull'altro, alla fine
aveva contagiato anche lui stesso. Non gli era bastato,
probabilmente, vedere Francia struggersi per quel muro fatto d'acqua
che lo separava dalla sua amata isola, non gli era bastato nemmeno
accorgersi di vedere la delusione calare sugli occhi di Romano ogni
volta che Veneziano arrivava tenendo a braccetto Germania.
Magari
sarebbe rimasto lì ancora un po', pensò mentre
Francia lo
trascinava di nuovo a letto, baciandogli le spalle e poi le clavicole
e poi lo sterno.
Niente Inghilterra, niente Romano.
Scritta
per la Criticombola con il Prompt 9, Forbici.
[Può essere considerata un spin-off dello spin-off di L'amour
comme s'il en pleuvait, nu sur le galets.]
E dedicata alla mia Claire, che deve smetterla di farsi piacere coppie che non siano usuk. ♥