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Autore: Feel Good Inc    09/01/2010    5 recensioni
Come si sopravvive alla morte di un padre?
[ ... ]
[ Rialzarsi. Leccarsi le ferite. Andare avanti. ]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kalth
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Emptiness

Emptiness

 

 

 

 

 

Il palazzo di notte è silenzioso. Effetto del morbo, della paura collettiva, dell’angoscia e della tristezza. Quel posto è ormai come vuoto, perché così l’ha lasciato il suo re.

Una sagoma minuta è l’unica a spezzare il deserto, a percorrere a passi lenti e silenziosi uno di quei corridoi bui. In mano ha una candela; ripara la luce con le dita, quasi a volersi impedire di guardarla. Procede adagio ma sicuro. Ha fatto in modo di non trovare guardie sulla sua strada. Sa dove va, sa che vuole e deve farlo. Una svolta, e la luce illumina per un solo istante un visetto composto.

È un ragazzino. Solo un ragazzino.

 

[ Che ha perso tutto. ]

 

*I was once like you are now and I know that it’s not easy
To become when you’ve found something going on*

 

La porta si staglia davanti a lui, sagoma scura nella notte. Il suo cuore ha un lieve sobbalzo, ma nessuna emozione traspare dallo sguardo concentrato.

Si ferma.

Per qualche istante si limita a guardarla, quella porta, l’ultimo ostacolo tra sé e i ricordi, la sua infanzia perduta.

Lentamente tende la mano, e spinge.

La stanza è vuota, come sapeva. Sua madre non ha voluto più dormirci. C’è troppo, troppo di lui, in quel vuoto.

Ancora restio ad indugiare con lo sguardo, fa scorrere gli occhi sul pavimento, sui tappeti, poi sui muri. È con immensa fatica che li solleva fino ad osservare il letto bianco, quel letto in cui gli sembra di vedere ancora l’impronta del suo corpo, quello che lui tanto odiava, il corpo dello storpio, il corpo del re.

Stringe la presa sulla candela. È a questo che è arrivato, soltanto a questo. A guardare l’assenza di suo padre, in un castello vuoto di lui, in una terra non sua.

 

[ A dodici anni, questo è ciò che gli è rimasto. ]


*
But take your time, think a lot, think of everything you’ve got
For you will still be here tomorrow, but your dreams may not*

 

Non era presente, quando è successo. Nessuno di loro lo era. Solo Amina, e lei ora è lontana, fuggita, perduta. Accecata dall’odio, dal desiderio di vendetta.

Non se la sente di biasimarla.

Così come non può biasimare sua madre, rifugiatasi nella follia e nell’illusione, per non cedere al nulla.

E lui? Cos’ha lui, a cosa può ricorrere? Come si sopravvive alla morte di un padre?

Responsabilità. È tremendo, il peso di quella parola. Eppure non può tirarsi indietro. È a lui che spetta andare avanti, è a lui che spetta camminare tra le macerie in cerca di sopravvissuti, e salvarli.

Perché è così, lui deve salvarsi per se stesso e per tutti gli altri, per la sua terra, per il Mondo Emerso, per lui che probabilmente si aspettava questo da suo figlio.

 

[ Rialzarsi. Leccarsi le ferite. Andare avanti. ]

 

Sospira, mentre senza accorgersene fa scorrere quella stessa mano vuota sulla coperta fredda.

 

*Now there’s a way, and I know that I have to go away
I know, I have to go*

 

«Padre

I suoi occhi verdi, buoni. Non ha mai visto altri uomini con sguardi come il suo.

«Cosa c’è, Kalth

Il bambino gli mostra il libro aperto alla pagina che ha suscitato la sua curiosità. È un libro di storia, la storia di Ido, l’eroe del Mondo Emerso, uno dei suoi eroi.

«Cosa vuol dire ‘morire’?»

Lui è sorpreso. Lo fissa ancora per un attimo, poi gli sorride, scompigliandogli i capelli con la mano. Sua madre non sarebbe contenta di un gesto così intimo, ma a lui non dispiace il calore di suo padre, i contatti tra di loro. Sono i momenti in cui lo sente più vicino, da quando quel terribile incidente lo ha costretto sulla sedia che a volte, implacabile nel suo significato, spegne il sorriso nei suoi occhi.

«Vuol dire giungere al termine, lasciarsi alle spalle ciò che di più bello si è avuto. Ma non è una cosa di cui ti debba preoccupare. Non ci pensare adesso, e vai a giocare con tua sorella.»

Gentile, ma deciso, e protettivo. Quello è suo padre.

Il bambino non ha ancora capito del tutto quella parola, ma se è vero che è sinonimo di abbandono, allora sa che non vale per tutti: lui non lo lascerà mai.

 

[ “E invece, te ne sei andato…” ]

 

*It’s not time to make a change, just sit down and take it slowly
You’re still young, that’s your fault, there’s so much you have to go through*

 

Le ginocchia sul pavimento, la candela al suo fianco. Resta a lungo immobile a guardare il riverbero di quella fiammella esitante illuminare appena la superficie morbida del letto. La guarda indebolirsi a poco a poco, come i ricordi, che pian piano lo abbandonano per lasciare spazio ancora una volta al vuoto del presente.

Quante cose sono rimaste in sospeso. Cose che non ha potuto fare, cose che non potrà fare mai.

 

[ Quando tutto cambia, non puoi fare nulla per tornare indietro. ]

[ Devi solo accettare. ]

 

Quel giorno, a dodici anni, si è ritrovato re.

Quel giorno, a dodici anni, ha perso tutto.

 

*And it’s hard, but it’s harder to ignore it*

 

Col favore della notte, il principe Kalth, il re bambino, abbandona il viso sul letto di suo padre Neor, figlio di Learco, re della Terra del Sole.

Al ritmo morente della candela stanca si concede il pianto, le sue ultime lacrime di figlio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggi ho letto tutto d’un fiato Figlia del sangue, il secondo volume della trilogia delle Leggende. Già alla fine del primo, alla morte di Neor, mi sono detta che il suo degno successore avrebbe dovuto per forza essere Kalth: un ragazzino così saggio, così assennato, eppure così terribilmente solo. Constatare che effettivamente è andata così, e trovare nel secondo libro tutto il coraggio e tutto il bisogno di Kalth di mostrarsi forte al resto della corte – soprattutto per convincere se stesso di esserlo – mi ha smosso qualcosa nel cuore.

Credo che Kalth sia destinato a diventare uno dei miei personaggi preferiti di tutta la saga. Lo ammiro davvero, e mi sono commossa nella scena in cui fingeva con sua madre Fea che Amina gli avesse scritto dicendogli di star bene, mentre invece la sorella era sperduta nella Terra del Vento con Adhara.

Insomma, ho voluto cercare di rendergli un piccolo omaggio. Non so se ci sono riuscita, e non ne ho neppure la presunzione, ma dovevo assolutamente scrivere qualcosa su di lui. Perché se nelle Guerre ho amato il dodicenne San e la sua ingenuità, nelle Leggende non posso non amare il dodicenne Kalth e la sua maturità costretta dagli eventi.

E chissà, magari questa shot così confusa piacerà pure a qualcuno. ^^
[Credits: I versi riportati in grassetto sono tratti dalla canzone Father and son di Ronan Keating e Cat Stevens.]

   
 
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