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Autore: JoeyPotter90    19/01/2010    1 recensioni
Ciao a tutti... E' la prima volta che pubblico qualcosa sul mondo di Twilight che io amo intensamente. Mi sono immaginata qualcosa che la Mayer ha deciso di raccontarci dal punto di vista di un'altro punto di vista, quello di Jacob. Ho pensato che sarebbe stato interessante provare a scrivere quei momenti in cui Bella porta in grembo Reneesme e tutti isentimenti che ha provato sulla sua pelle... Ci ho provato, non vi assicuro nulla. Spero sia di vostro gradimento. JoeyPotter
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Uno: Contro tutti

Arrivammo all’aeroporto senza che nemmeno me ne rendessi conto. Per me il tempo, dopo aver lasciato l’isola Esme, era passato in maniera strana e discontinua tra ore troppo lente e minuti troppi lunghi, mentre mi perdevo nei miei pensieri irrazionali. L’agitazione di Edward non mi aiutava a capirne lo scorrere. Sapevo di essere un peso, non adatta ai suoi ritmi frenetici di quel momento, troppo veloci perché io riuscissi a prestarci davvero attenzione, costretta a fermarmi ogni due per tre in bagno ma lui si fingeva paziente per evitare di agirmi, ma non riuscì ad ingannarmi…
Conoscevo bene ogni parte del suo viso come se fosse stata mia ed ormai ero brava a leggere i suoi occhi e non riuscivo a comprendere fino in fondo quel lieve terrore che ci riuscivo a leggere.
Io non ero agitata o spaventata… Ero solo preoccupata.
Ormai avevo accettato l’idea di essere incinta, di aspettare un figlio da Edward: l’immagine della sua bellissima copia in miniatura tra le mie braccia era ancora vivida nella mia memoria e richiedeva attenzione, non che io volessi allontanarla.
Questo pensiero – quello di diventare madre – si era radicato in me diventando una parte fondamentale per continuare a vivere e per questo avrei lottato. Lo sentivo muoversi dentro di me, dando prova della sua esistenza, come a volermi pregare di non lasciarlo nelle mani di Carlisle.
Forse avvertiva la mia paura che mano a mano che ci avvicinavamo alla sua famiglia mi attanagliava fino a impedirmi di respirare regolarmente. Era possibile che già da lì dentro, così presto, percepisse quello che mi stava succedendo? Non lo sapevo. Ma se così fosse stato non me ne sarei sorpresa: avevo visto così tante cose in questi ultimi anni da capire che più niente avrebbe potuto sorprendermi.
Ripensai alle parole di Edward: lui era stato chiaro, conciso e il suo tono non ammetteva repliche. “Dobbiamo tirare fuori quella cosa prima che ti faccia del male. Non temere. Non permetterò che ti faccia del male.”
Come se mi interessasse qualcosa di me. Perché non capiva? Prima di allora non avevo mai pensato a questa eventualità. Diventare madre... Da sempre ripetevo tra me che ero davvero troppo giovane sia per il matrimonio che per diventare mamma. Non che i bambini mi fossero mai piaciuti, anzi… Li trovavo fastidiosi per la maggior parte delle volte. Eppure nessun mi aveva mai parlato della sensazione che si provava sentirlo dentro di se, percepirlo mentre si muove e sorridere sfiorando il rigonfiamento sotto la mia pelle…
Ora Edward mi aveva finalmente dato quell’occasione – dopo di questo sapevo di non voler affrontare altre esperienze umane perché ormai le principali le avevo vissute tutte – e io non l’avrei certo sprecata. Non ne avrei avuta un’altra, mai più.
Ce l’avrei fatta? Sarei stata abbastanza forte per me e per il mio piccolo? Lo speravo.
Un attacco di paura mi paralizzò e mi lasciai trascinare da Edward senza che lui si accorgesse del cambiamento, troppo preso nel cercare la sua famiglia. E se mi avessero obbligata? Edward avrebbe osato? Si, se sospettava che per me fosse stato un pericolo. Ne ero certa. E sapevo bene che lo era, ma non mi importava. La mia vita e tutto quello che ad essa era collegata sbiadiva di fronte alla prospettiva di dare alla luce il figlio di Edward…
Quindi dovevo preoccuparmi e trovare un modo per affrontare quella che un giorno sarebbe diventata la mia famiglia? Non ero sicura di esserne in grado… Emmett da solo avrebbe potuto bloccare ogni mia minima protesta, in caso Edward non ne fosse stato capace. Ma non era forse per questo motivo che avevo chiamato Rosalie, pregandola di aiutarmi? Certo che sì. Sapevo bene che non potevo affrontarli da sola, troppi forti per una semplice umana quale ero io. Eppure con Rosalie dalla mia parte, ben disposta ad assecondare i miei desideri, avevo guadagnato un bel vantaggio. E, se mi andava bene, anche Emmett si sarebbe schierato con noi. Del resto lui seguiva sempre Rosalie qualunque cosa lei facesse, che fosse giusta o sbagliata. Perché sarebbe dovuta andare diversamente in questo caso?
Il mi brontolone mi diede un calcetto facendomi più male del previsto, ma non mi lamentai. Sorrisi, invece, portandomi una mano alla pancia, sentendola più gonfia di quella mattina. Possibile che fosse cresciuto così in fretta? Certo, questa non era una gravidanza normale, ormai lo avevo capito bene. Sarebbe durata anche meno di nove mesi quindi, se anche fosse stata davvero pericolosa per me, benchè stentassi a crederci, non avrei sofferto per molto tempo… Un mese probabilmente, forse qualche giorno di più, ma niente altro…
Un mese cos’era in fin dei conti? Ero sopravvissuta a peggior cose. Il dolore che avevo provato quando Edward mi aveva lasciata non poteva nemmeno essere paragonato a quello che poteva portare quella gravidanza.
La mia attenzione si spostò su quello che sarebbe successo di lì a poco. Ce l’avrei fatta a non farmi scoprire da Edward? Se l’avesse anche solo intuito, probabilmente mi avrebbe tenuto alla larga da sua sorella e io avrei detto alla mia ancora di salvezza, perdendo ogni speranza in un velocissimo battito di ciglia. Chissà se Rosalie ci aveva pensato. Doveva concentrarsi su altro, almeno per i primi secondi, fino a che io mi fossi trovata vicino a lei. Mi convinsi che aveva pensato a tutto nei minimi dettagli, desiderosa come me che tutto filasse come volevamo noi. Mi tornò in mente la sua voce piena di soddisfazione e ricostruì mentalmente la nostra conversazione al telefono quella mattina:
-Pronto?- rispose una voce simile al suono di campane dorate.
-Rosalie?- sussurrai. –Sono Bella. Ti prego. Devi aiutarmi-
Parlavo piano e velocemente mentre cercavo di non farmi ascoltare da lui, sapendo bene che Rosalie sarebbe riuscita a capirmi perfettamente. Vidi Edward attraversare il giardino diretto verso il posto dove avevamo ormeggiato la barca, sicura che fino a lì non mi avrebbe sentito.
-Bella?- chiese sorpresa. –Che succede?-
-Rosalie, io…- provai. Sentivo il panico salirmi in gola e bruciarmi gli occhi mentre altre lacrime si facevano spazio sul mio viso. E se non avesse accettato? –Devi aiutarmi. Edward dice che non mi faranno tenere il bambino…-
-Lo so, Bella-
-Rosalie, io voglio tenerlo- esclamai la voce tremante. –Devi aiutarmi. Da sola non posso farcela- Edward stava tornando, dovevo muovermi.
-Si, lo so. Ti aiuterò io. Ci vediamo all’aeroporto. Ti vengo a prendere con Carlisle ed Esme-
-Non dire niente a loro!- esclamai nel panico.
-Certo che no- Tratteneva a stento la felicità e fece sorridere anche a me.
-A dopo, allora- salutai –Grazie, Rosalie-
-Di niente, Bella- Avevo appena riattaccato quando sentì la porta sbattere. Dopo pochi secondi lui era accanto a me e il cellulare esattamente dove l’aveva lasciato prima.
Finalmente li vidi, in un angolo semi nascosto in modo da non passare troppo nell’occhio, anche se non molti avrebbero prestato attenzione a loro, così frettolosi di riuscire a prendere il loro volo all’ultimo minuto. Carlisle, davanti a tutti con Esme, ci fece un segno ed Edward mi condusse verso di loro. Con il panico che cresceva cercai Rosalie con lo sguardo e la vidi poco dietro ad Esme che mi fissava, concentrata. Chissà a cosa pensava. Accanto a lei, Emmett la teneva per la mano, non riuscendo a interpretare quello sguardo, capendo male, molto probabilmente. Alice e Jasper erano ancora più indietro ed notai con terrore che Alice aveva gli occhi chiusi. Aveva forse visto la mia decisione? Forse non dovevo nemmeno chiedermelo…
Eravamo abbastanza vicini alla mia famiglia di vampiri perché io potessi azzardare a muovermi. Sciolsi la presa di Edward sulla mia mano che, troppo sorpreso, non oppose resistenza.
Con pochi passi mi trovai tra le braccia di Rosalie che lei aveva teso verso di me pronta ad accogliermi.
-Oh, Rosalie!- sussurrai con la voce tremante.
-Shhh, Bella. da ora in poi andrà tutto bene. Te lo prometto-
La sua voce era così piena di sincerità che non potei dubitarne. Come facevo se il suo desiderio più profondo era uguale al mio? Con timidezza Rosalie portò la mano sulla mia pancia, sotto la maglietta. Il tocco freddo mi fece venire un brivido ma proprio in quel momento il mio brontolone scalciò e io vidi con chiarezza i suoi occhi illuminarsi. Mi rivolse un sorriso, estasiata e io le risposi un po’ più timida, aggrappandomi ancora di più a lei.
-Bella, cosa…?- chiese Edward, disorientato. Con il viso sepolto nei capelli perfetti e lucidi di Rosalie potevo immaginalo fissare Alice e vedere quello che lei aveva appena scoperto… Cosa vedeva? Io e Rosalie che lottavamo contro tutti? Lei che stringeva un bambino così bello da togliere il fiato mentre io ero morta? Probabile ma di nuovo non mi importò granché.
-Bella!- mi chiamò come a volermi rimproverare. In un secondo fu vicino a me e cercò di strapparmi dalle braccia di Rosalie. Lei emise un sibilo e rafforzò un po’ la presa per evitare che Edward si avvicinasse troppo. Io mi mossi piano, facendole capire che volevo affrontarlo e si allontanò di un passo, mentre Edward mi voltò verso di lui e mi prese il viso tra le mani.
-No. Sei pazza?- mi chiese, la voce piena di un tormento che mai avrei voluto associare a lui.
-No. Tu non capisci- mi difesi. –Non ti permetterò di fargli del male-
-Io non permetterò a quella cosa di fare del male a te-
-Non mi farà del male!- ribattei non del tutto sicura delle mie parole e offesa per il modo in cui lo chiamava.
-Bella, per favore…-
Carlisle si avvicinò a noi e mise una mano sulla spalla del figlio per ricordargli dove eravamo.
-Non qui- disse e mi guardò in modo strano, come mai era successo in vita mia. Stava pensando il modo migliore per costringermi a fare quello che io con tutte le mie forze non volevo?
-Continueremo a casa- disse Esme e nei suoi occhi vidi qualcosa che mi sorprese: una lieve ombra di compiacenza, eco della mia e di quella di Rosalie, molto più debole perché forse capiva meglio il rischio che correvo.
Annuì e mi allontanai da Edward, cercando Rosalie che fu subito al mio fianco. Mi strinse a se e ci incamminammo fuori diretti verso le due macchine che ci avrebbero riportato alla grande casa bianca.

Io salì in macchina con Emmett e Rosalie. Dietro di noi Edward ci seguiva. Non volevo guardarlo negli occhi, non volevo osservare la sua espressione, ferita o determinata a seconda delle sue intenzioni.
Rosalie mi aprì la portiera posteriore e io mi infilai, aspettando che Edward mi seguisse, invece andò a sedersi davanti accanto ad Emmett che salì rigido sulla macchina e mi fissava in continuazione mentre accendeva l’auto il cui motore fece delle fusa delicate. Fissai per un secondo Edward, immobile come una statua, sospirando. Spostai lo sguardo verso il finestrino, lasciando che le mani di Rosalie mi accarezzassero i capelli.
La guida di Emmett mi agitava, troppo veloce, troppo frenetica. Il mio stomaco protestò e io mi agitai, irrequieta.
-Emmett, ti prego! Fermati!- mi lamentai, portando una mano davanti alla bocca.
Lui obbedì immediatamente, trovando uno spiazzo adatto. Saltai giù di corsa per evitare di vomitargli in macchina e, aggirandola, vomitai su uno spiazzo di erba poco lontano.
Le mani di Edward corsero alla mia fronte, tenendomi i capelli, mentre un altro conato di vomito mi costrinse a piegarmi in due.
-Bella?- mi chiamò la voce di Carlisle.
Non risposi, aspettando che finisse e solo quando fui sicura di poter parlare senza alcun rischio, mi alzai, appoggiandomi ad Edward sentendomi terribilmente stanca.
-Bella?- mi chiamò di nuovo Carlisle, preoccupato.
-Sto bene- risposi, la voce roca. Avevo bisogno di lavarmi i denti per togliermi quel saporaccio dalla bocca. –E’ passato tutto. Solo… Emmett… Potresti guidare un po’ più piano?-
Nessuno rise, come forse avrei voluto. Emmett annuì rigido e fu il primo a muoversi per tornare in macchina. Piano piano anche gli altri lo seguirono e questa volta Edward si sedette dietro con me, sostituendo le braccia di Rosalie. Sentivo l’elettricità che correva tra i loro corpi e le continue occhiatacce che si lanciavano. Volevo dire a entrambi di smetterla ma non ne avevo la forza. Così chiusi gli occhi e lasciai che i miei sensi si rilassassero.

Mi trovavo su un divano bianco, circondata da cuscini morbidi, senza ricordarmi come ci ero finita.
Non ricordavo nemmeno di essere entrata nella casa, probabilmente mi ero addormentata prima.
Sentivo un po’ di dolore alla pancia, senza riuscirne a capire il motivo. Mi preoccupai e aprì gli occhi, facendo correre le mani al ventre per assicurarmi che tutto fosse a posto. Sorrisi, sentendo il gonfiore così resistente sotto le mie dita.
Tutti nella stanza si accorsero del movimento e Rosalie si mise in ginocchio accanto a me.
-Che succede?-
Sorrisi. –Niente, Rosalie. Tutto bene-
Edward era ai piedi del divano e mi fissava con sguardo perso nel vuoto, lontano come se non fosse presente. Come se si fosse arreso. Lo avevo distrutto prendendo quella decisione non ancora ufficializzata? Si, il suo sguardo me lo suggeriva. Probabilmente mi odiava. Ma quando tutto si sarebbe risolto – perché in un modo o nell’altro sarebbe andato bene, me lo sentivo – avrebbe avuto l’eternità per perdonarmi. L’avrebbe fatto, ne ero certa.
-Bella- Carlisle cercò di attirare la mia attenzione. La sua voce mi diceva che non l’avevo ancora avuta vinta e che solo la presenza di Rosalie aveva impedito che agissero come loro volevano, come loro credevano che fosse giusto. Ma in realtà non era giusto, per niente. Questo bambino aveva diritto di nascere e io ce l’avrei fatta. Ne ero certa.
-Sto bene- dissi, in mia difesa. Era necessario che lo capissero. Vidi Edward scuotere la testa e portarsi una mano sul viso. Da li non si mosse più. Sbiancai. Non sopportavo vederlo così fragile, debole. Non era il mio Edward, quello che conoscevo io, che amavo. Quello per cui stavo lottando quello che mi aveva cocesso questo bambino, il frutto dell’amore immenso che provavo per lui. -No, Bella, non stai bene- mi contraddisse il dottore. –Hai passato tutto il tempo a contorcerti nel sonno e lamentarti-
-Parlo sempre nel sonno-
Lui rimase in silenzio, spostando lo sguardo su suo figlio, nella stessa posizione. Fu Alice ad intervenire: -Bella, è una pazzia. Finirai male, io l’ho visto-
-Non finirà male. Quello che hai visto può cambiare, e tu lo sai-
-Può cambiare solo se tu cambi idea…- mi corresse Alice. –Da quando desideri morire così?-
-Non morirò- sentenzia, sicura di me. –Ho un piano-
-Che piano?- chiese Emmett.
-Insomma, so quello che questa gravidanza mi provocherà. Conosco quelle leggende e fin’ora tutte quelle che hanno fatto parte della mia vita si sono avverate. Ricordo ogni vostra storia. Ognuno di voi non era in buone condizioni, no? Edward ha detto che Carlisle trasforma per salvare le vite non porre fine all’esistenza umana… E se qualcosa dovesse andare storto dopo che lui sarà nato, Edward può trasformarmi. O può farlo Carlisle se lui non se la sente. Funzionerà, davvero-
-Certo che funzionerà. Bell’idea Bella. non ci avevo pensato- sospirò Rosalie accarezzandomi i capelli e sorridendomi. Ricambiai il sorriso, spostando poi lo sguardo verso tutti gli altri che mi fissavo con espressioni indecifrabili.
Edward aveva cambiato espressione e ora fissava sua madre. I suoi occhi arsero di una nuova luce, prima che parlasse: -Esme… no…-
Carlisle si voltò verso sua moglie e lei abbassò lo sguardo, mortificata. –Bella, devi scusarmi- disse rivolta a me, la voce così bassa da sorprendermi di riuscire ad ascoltarla.
-E’ sbagliato e innaturale…- si pronunciò Edward fissando Esme, come se si sentisse tradito. Io lo fissai incredula: il mio brontolone non era per niente una cosa innaturale. Anzi… Come avrei potuto farglielo capire?
-Mi sento così egoista…- riprese Esme, sfuggendo allo sguardo di Edward per incatenare i suoi occhi dorati ai miei. –Ma questo tuo… piano… può essere una soluzione… credo…-
-Grazie Esme- le sorrisi e mi tornarono in mente le parole di Rosalie qualche mese prima: “Esme si è accontenta di noi come figli…” Quel suo desiderio nascosto, che l’adozione di tutti i Cullen non aveva colmato in pieno, sembrava aver avuto la meglio su di lei. Non la incolpavo, anzi le ero grata in una maniera incredibile. Perché così come sapevo che Emmett avesse appoggiato Rosalie, nello stesso modo sapevo che Carlisle non sarebbe mai andato contro Esme. Avevo vinto, in un modo che non riuscivo ancora a capire. Ed Edward lo sapeva. Si alzò in un movimento fulmineo e se ne andò. Sentì i miei occhi bruciare e lacrime di frustrazione uscirono dai miei occhi. Rosalie si premurò di asciugarmele. Stupidamente mi lasciai sfuggire un singhiozzo e seppellì la testa nelle ginocchia che portai al mio petto sorprendendomi del modo in cui la pancia era cresciuta in quelle poche ore di sonno.
Delle mani fredde mi accarezzarono la testa e mi costrinsero ad alzare il viso. Sapevo che era Edward, ne percepivo il profumo meraviglioso che mai avrei confuso.
-Ti prego, non piangere- mi disse. Chiuse gli occhi e quando li riaprì sembrò meno disperato. Respirai a fondo, seguendo il suo consiglio e ascoltando il suo respiro per regolare il mio. Un calcio in pancia mi fece sussultare e io ignorai il dolore… Non lo ricordavo così forte…
Chiuse gli occhi di nuovo e quando parlò non li riaprì. –Ti prego, ragiona Bella. E’ una pazzia-
-Forse- risposi e sorrisi sfiorando la pancia con la mano. –Andrà tutto bene. Ti fidi di me?-
-No- sospirò con voce così bassa da non essere sicura di aver sentito bene. Sospirai anche io e gli accarezzai la guancia cercando di tranquillizzarlo. Rimase immobile, con gli occhi di nuovo fissi nei miei. Li distolse poco dopo.
-Rosalie?- chiamai distogliendo lo sguardo da lui per guardare la vampira accanto a mer. –Mi accompagni in bagno che devo fare pipi?-
-Certo- mi aiutò ad alzarmi sotto gli occhi di tutti e ci avviammo al bagno. Arrivata al grande specchio che rifletteva tutta la mia immagine mi guardai e stentai a riconoscermi. Ero dimagrita ma non me ne preoccupai molto e i capelli, legati nella stessa coda che li aveva caratterizzati nel viaggio di ritorno, erano spenti e sfibrati. La maglietta, abbastanza attillata, metteva in risalto la pancia che in una gravidanza normale sarebbe appartenuta al quarto mese abbondante e non al quinto giorno.
-E’ bellissima- mi disse con voce dolce, fissando quel gonfiore.
-Tu credi?-
-Assolutamente si- mi rispose fissandomi allo specchio. Accanto a lei, in quelle condizioni, risultavo ancora più insignificante. Non me ne preoccupai, consapevole che la mia condizione umana sarebbe durata ancora per poco. –Non avere dubbi, Bella. Non ora. Ce la faremo, vedrai-
Le sorrisi, di nuovo, grata per quello che stava facendo. Mi sembrava impossibile che fosse stato così facile coinvolgerla in tutto quello. Ricordavo come non potevamo sopportarci, prima. Ma il suo desiderio, forte come il mio, aveva messo da parte il risentimento e l’aveva portata a combattere al mio fianco come nessun’altro poteva fare. Se davvero il mio piano fosse riuscito, le sarei stata grata per sempre, per l’eternità.
-Sai- mi disse quando uscimmo dal bagno ed entrammo nel salone dove tutti ci stavano pensando. –Tra un po’ quella maglietta sarà piccola. Forse dovremmo farci dare una felpa da Emmett che è bella grande-
-Si, forse dovremmo- le risposi, sedendomi accanto ad Edward sul divano.
La mia mano andò a cercare la sua ma lui non mi restituì la stretta.
-Bella, almeno lascia che ti dia un’occhiata per capire come dobbiamo affrontare la situazione- mi pregò Carlisle indicandomi le scale che portavano al suo ufficio.
Io fissai Rosalie come per chiedere consiglio e prima che lei potesse parlare fu Edward ad attirare l’attenzione e il mio sguardo corse sul suo viso, duro e freddo. –Non ti farà niente che non vuoi. Rosalie , se vuole, può venire a tenerci d’occhio, se è quello che vuoi. Bella devi essere controllata, almeno quello-
-Puoi scommetterci che ti tengo d’occhio- ringhiò Rosalie al mio fianco. Io fissai Carlisle e poi, dopo averci pensato un po’ dissi: -Va bene. Sono pronta- e mi lasciai portare su da Rosalie con Carlisle ed Edward dietro di noi ignorando il magone che le parole di Edward avevano portato.

   
 
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