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Autore: slice    07/02/2010    5 recensioni
“Shizune ha sotto mano metà ospedale e Ino, per quanto sia un eccellente medico, non è te. In più, quei due matti hanno bisogno di qualcuno che dia il suo meglio sotto pressione e che elargisca qualche scappellotto o due, in caso di bisogno. Quindi loro sono assegnati alle tue cure.” Spostò lo sguardo su alcuni fogli che attendevano la sua attenzione da quando non c'era Shizune ad occuparsene. “Lamentati un'altra volta e parleremo del perché quel baka di Naruto non è a letto fasciato dalla testa ai piedi. Oh, e anche di chi lo ha dimesso!”
A Rohchan che oggi compie 27 anni, auguri Debby!
Genere: Commedia, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Itachi, Naruto Uzumaki | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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La prossima volta

di slice





Sakura entrò in un'anonima stanza d'ospedale, leggendo la cartella del tizio della due. Alzò gli occhi, guardò i due pazienti sollevati da pile di soffici cuscini, e tornò indietro, mugolando disappunto.

C'è Ino e c'è Shizune, non importa che ci vada io. Le ho già detto che non me la prenderò, che non mi sentirò scavalcata. Non capisco.”
Tsunade, gomiti sulla scrivania e dita incrociate davanti al viso, la fissò per un lungo istante. Un lungo e silenzioso istante.
“Hai finito?”, assottigliò lo sguardo, scocciata, “qui non si tratta di te, stupida ragazzina viziata.”
“Come?” La kunoichi fece una smorfia d'indignazione, presa alla sprovvista.
“Shizune ha sotto mano metà ospedale e Ino, per quanto sia un eccellente medico, non è te. In più, quei due matti hanno bisogno di qualcuno che dia il suo meglio sotto pressione e che elargisca qualche scappellotto o due, in caso di bisogno. Quindi loro sono assegnati alle tue cure.” Spostò lo sguardo su alcuni fogli che attendevano la sua attenzione da quando non c'era Shizune ad occuparsene. “Lamentati un'altra volta e parleremo del perché quel baka di Naruto non è a letto fasciato dalla testa ai piedi. Oh, e anche di chi lo ha dimesso!”
La kunoichi uscì dall'ufficio dell'Hokage più afflitta di quando era entrata. Sconsolata, si diresse verso l'ospedale.

La porta era aperta e si sentivano dei fruscii.
“Che cosa vuoi che faccia? Che c'entro io?” bisbigliò la Yamanaka, bloccata al volo dall'amica nel corridoio del terzo piano.
“Potresti tramortirli? Perché credo che dormienti mi rimarrebbero meno indigesti.” bisbigliavano entrambe, nonostante ci fossero parecchie stanze a dividerle dagli interessati.
Sakura si sporse oltre la porta di quella rassicurante oasi neutra, che era lo studio della bionda, sbirciando infermiere frivole e pazienti dalla passeggiatina facile.
“Non posso aiutarti, lo sai che sono sommersa. Ti dirò di più, non sono ancora riuscita ad andare a casa e sono tre giorni che non faccio una doccia.”
Ino aggirò la sua scrivania, pensando distrattamente di strozzare Shikamaru perché lo sapeva disteso su un prato a caso a non fare un cesto di niente, mentre lei doveva correre da una parte all'altra di un ospedale che non le permetteva neanche di manifestarsi in tutto il suo splendore.
“Ma chi se ne frega Ino! Forse non hai ben chiaro ciò che mi attende...”, aggrottò poi la fronte, sicura di aver capito male “che c'entra poi che non hai fatto la doccia?”
L'altra la guardò orripilata, portandosi le dita alle tempie.
“Non vorrai mica che Sas'ke mi veda in questo stato? Tu-tu non puoi davvero aver pensato che... lui non mi vede da quanto? Dieci anni? E ora vorresti che mi presentassi così? Non so, vuoi che mi faccia vomitare addosso dal vecchio della tre prima di vederlo? A volte non ti capisco, davvero, Sakura, come...”
Ma Sakura era già in corridoio: meglio quei due degli schiamazzi di Ino.

Quei corridoi sembravano sempre immensi e caotici, perché allora in quel momento assomigliavano di più ad un claustrofobico e desolato patibolo?
Tre secondi dopo era sul pavimento.
Intontita, alzò lo sguardo per trovarsi davanti una mano per metà coperta dal polsino nero di una felpa arancione.
“Non si chiamano corridoi perché ci si tengono le gare di atletica, si chiamano così perché sono lunghi e stretti e ci corrono i medici per fermare le emorragie che ti causo io. Chiaro?” Si alzò, si spolverò e si sistemò i capelli, poi indicò i fogli sparsi in terra. “Raccogli.”
“Cristallino, Sakura-chan.” Deglutì a fatica, il potente jinchuuriki, prima di obbedire.
Lei si voltò un attimo, sovrappensiero, a guardare dentro la porta alla sua destra e, con sua somma gioia, si scoprì esattamente davanti a quella stanza. Con i due esseri sotto le sue cure che la scrutavano, impassibili.
Sbuffò e, guardando Naruto sorridere - senza minimamente essere ricambiato - a Sas'ke, le venne l'idea del mese.
“Vuoi assistere?” provò vaga e un filino rabbonita.
Il compagno di squadra la fissò per un attimo senza capire, dopo si illuminò tutto, neanche avessero acceso un cero all'interno del suo cranio.
“Posso? Davvero posso?”
“Basta che fai silenzio.” Gli concesse, falsa come i kunai giocattolo.
“Certo certo, muto come un pesce.”
See, già se lo immaginava.
Gli fece cenno di entrare, come se farlo lei per prima fosse un onore a cui rinunciava per amicizia, e la zucca vuota entrò con baldanza.
“Ciao Sas'ke! Come andiamo?” Il concetto 'muto come un pesce' non veniva spiegato all'accademia e Naruto non aveva genitori. “Ciao Itachi! Tutto bene?”
Lei cercò con tutta se stessa di ignorare i loro sguardi e alla fine decise che leggere le loro cartelle, dalla prima inutile riga stampata all'ultimo stupido risultato aggiunto a penna, fosse un ottimo inizio.
“Dov'è il medico Dobe?”
Se la ricordavano entrambi la sua voce, non era qualcosa che poteva sbiadire col tempo, nei ricordi, non era possibile non ricordarsi quel timbro duro, deciso, ma ancora notevolmente melodioso.
“Che dici Teme? Il medico è qui, è la nostra Sakura-chan!”
Si sentì osservata da tutti e tre e, in un attimo, alzò lo sguardo incrociando quello nero del ritrovato compagno di team. Il secondo dopo quegli occhi già stavano guardando nuovamente l'esagitato compagno.
“Tzk... Questo è un ospedale Usuratonkachi, cerca di non strillare come fai di solito.”
“Teme, non mi mancavi poi così tanto.”
“Ripensandoci: puoi anche stare zitto, se proprio ci tieni.”
“Sai cosa? Ora ti faccio vedere dove ho spedito Madara!” Naruto si tirò su una manica, avvicinandosi al lettino dell'Uchiha con fare bellicoso.
“Adesso basta.” Vi fu nuovamente silenzio e ancora tre paia d'occhi su di lei, “Naruto, non lo dirò una terza volta: devi fare silenzio e, ti prego, siediti.”
Guardò l'amico imbronciato avviarsi sul fondo della stanza e, senza seguirne tutto il percorso, continuò a dedicarsi alle sue interessantissime letture.
“Itachi-san,” esordì una manciata di minuti più tardi, “le sue analisi sono tutte sballate. I casi sono due: o lei ha dei problemi seri, quindi vanno fatte altre analisi e va tenuto sotto stretta sorveglianza, oppure, le cretine che hanno fatto questo schifo si sono perse nei suoi profondi occhi neri.” disse mentre teneva per un angolino la suddetta cartella clinica.
Naruto, dietro, sghignazzò.
“Io proporrei di rifarle, poi decideremo di conseguenza.”
“Sono così brutte?” domando il maggiore dei due fratelli, anch'egli con una voce profonda.
“I linfociti sono bassi, i globuli bianchi toccano limiti da tossicodipendenza, le piastrine neanche sono segnate e credo che questo scarabocchio stia a significare che lei non ha globuli rossi. Io non posso lavorare così.” proferì asciutta, passando poi alla cartella dell'altro paziente.
Nel silenzio la sedia, su cui Naruto si era delicatamente poggiato, scricchiolò sinistramente.
Scorsa la nuova lista di improbabili dati, Sakura si accigliò senza alzare gli occhi dal foglio.
“Credo che anche per la tua cartella Sas'ke ci sia stato un problema di attenzione,” sospirò esasperata, “diciamo che sono nella-”
“Merda!”, quasi urlò Naruto mentre la sedia cedeva, facendolo ruzzolare verso sinistra.
“Quella sedia è rotta.” disse Sakura, compresa, tornando a guardare le cifre da urlo davanti a lei, “diciamo che sono nella classica situazione in cui non ho il tempo per fare analisi su analisi, per le quali tra l'altro ci vorranno dei giorni, quindi vi visito ora e se troviamo anomalie faremo analisi a non finire. Ci state?”
Grazie al cielo i due annuirono.

Che bello che te li sei toccicchiati tutti e due!” esplose Ino, sognante, davanti ad un caffè e con il capitano Yamato e il maestro Kakashi ad un metro.
Sakura si passò le mani nei capelli, in quel momento di nuovo liberi dalla costrizione dell'elastico.
La saletta era pressoché piena, sembrava che avessero chiuso i locali in centro, quando invece la guerra aveva reso quel posto più affollato di quanto avessero mai potuto immaginarsi. Sospirò, tornando dietro le parole dell'amica.
“Non me li sono tocchicciati, li ho solo-”
“Palpati?” concluse la bionda mentre buttava un bacio a Sai che - sorpresa! - sorrideva, dall'altra parte della saletta.
“Visitati! Li ho visitati, in realtà, Ino. Ma puoi continuare a fantasticare se vuoi, ovvio che puoi anche farlo da sola. Non mi offenderò.”
Si alzò e, adocchiando il grosso orologio alla parete, sospirò amaramente. La giornata era appena iniziata e già avrebbe voluto urlare.

Aveva un sacco di pensieri già prima di doversi prendere cura di quei due impiastri, non c'era bisogno di Naruto tra i piedi.
Entrò nella stanza con gli occhi già al cielo e la squillante voce dell'agitato compagno si arrestò.
“Ciao Sakura-chan, gli stavo raccontando di quando sono tornato dopo l'allenamento con Jiraiya e mi hai scagliato a centinaia di metri di distanza e poi...”
“Naruto.” lo interruppe lei con un sibilo poco rassicurante, “mi sembrava di essere stata chiara, ma mi sbagliavo, evidentemente vivo nell'errata convinzione che tu capisca quel che dico. Eppure ero pronta a giurare parlassimo la stessa lingua. La guerra è finita e Konoha sta rifiorendo, ma io ho combattuto, ho curato e ti ho sopportato durante tutto il tempo dello scontro, in più adesso sto curando e sopportando ancora, perciò fammi il favore: STAI ZITTO.”
Il jinchuuriki si guardò attorno nervoso come per trovare una qualsiasi via di fuga che non comprendesse la sua mascella slogata. O rotta.
Sakura ascoltò quel momento di silenzio con calma, e riconoscenza assoluta, mentre la testa le doleva un pizzico meno.
“Beh, mi dispiace Sakura-chan, pensavo che non facesse bene a loro due stare sempre qui da soli!”
“Non ti ho detto che non puoi rimanere...”
“YATTAAA!”
A quel punto la testa le fece improvvisamente fin troppo male, tanto che si meravigliò di non sanguinare. E quella fu la condanna di Naruto.
Si avvicinò al letto posò la cartella sulle gambe di Itachi si voltò e lo colpì, defenestrandolo. Fortunatamente la finestra era aperta.
“IL VASO E' COLMO, TESTA VUOTA.” urlò, in un eccesso d'ira che la fece marciare fino alla finestra e chiuderla, sbattendo ogni cosa potesse sbattere.
Ino si affacciò in quel momento con un sorriso poco adatto alla situazione. E tutta pulita e profumata.
“Oh bella, guarda che siamo in ospedale eh!” sorrise la Yamanaka, “ciao Sas'ke! Itachi-san!”
Quelli fecero un magnifico cenno col capo, del tipo 'sappi che all'attaccapanni qui in fondo dedico la stessa attenzione'.
Sakura espirò rumorosamente, ma non fu uno sbuffo, ebbe più il suono di qualcuno che si arrende.
“Ino, ti prego.” disse dirigendosi verso la cartella ancora sulle gambe del maggiore dei drammatici fratellini.
La compagna bionda farfugliò qualcosa, sospirò e prese a balbettare di qualcuno che la attendeva nella stanza accanto.
In quel preciso istante la cartella scivolò e, prima che toccasse terra, Sakura aveva una mano sulla coscia di Itachi.
“Possiamo smettere di essere tanto inutili?” sbuffò Sasuke cercando invano di non alzare un sopracciglio.
La kunoichi tolse la mano dalla poco appropriata postazione per portarsela agli occhi e stropicciarli ben bene.
“Mi dispiace Itachi-san, adesso la Yamanaka qui presente snocciolerà a tutto il villaggio una dettagliata storiella su come io le abbia messo una mano nei pantaloni.”
La bionda sorrise facendole l'occhiolino.
Sasuke sbuffò.
“Ehm dai, non posso farlo da sola...” incalzò Ino con una certa urgenza.
Sakura prese un flacone che aveva in tasca e lo dette ad Itachi.
“Lo protegga a costo della vita.” gli disse seria come la morte, prima di ciondolare fuori ed essere accolta dalla voce stridula di Shizune qualche stanza più in là.

La situazione era questa:
Shizune urlava a squarciagola che le armi non si potevano tenere in ospedale, in un angolo un'infermiera si era fatta la pipì addosso e una grossa spada vorticava sopra il tutto.
“Kisame-san.” L'infermiera incontinente non la considerò nemmeno per scherzo, ma sia la collega che l'ex-nukenin si bloccarono a metà azioni, “la prego, sia gentile, questo è un ospedale e credo lei comprenda appieno che se noi permettessimo l'introduzione di armi in un ente come questo il suo intero significato cambierebbe radicalmente. Lei è una persona intelligente e sicuramente sa meglio di me che qui ci sono persone che devono dormire: gli svariati decibel che raggiunge la vostra disputa non rendono possibile tutto ciò.”
“Ma che carina che sei biondina, vieni un po' qua!”
Non si era aspettata nemmeno per un attimo che quello smettesse, ma almeno a non essere totalmente ignorata ci aveva sperato.
Ino si era profusa in una specie di incerto sorriso ed era però indietreggiata, preferendo forse cadere in una fossa di serpenti velenosi alla cieca, spuntata dietro di lei dal niente, piuttosto che avvicinarsi a quel coso blu.
“Eddai, mica ti mangio!” rise Kisame.
“Ci mancherebbe altro.” strillò acuta Shizune, “se è qui è segno che è stato assolto e integrato, e che quindi deve sottostare alle regole di questo ospedale come a quelle del villaggio.” concluse con qualche difficoltà mentre cercava di strappargli la Samehada e quello articolava un “ti farai male principessa” tra un grugnito e l'altro.
Dopo un'estenuante maratona in cui aveva perso un ora e un quarto a spiegare a Shizune che si sarebbe fatta male davvero, perché era risaputo la Samehada non si faceva impugnare da nessuno oltre Kisame, e aver cercato di mantenere la calma, oltre che essere riuscita a tenere le enormi mani blu lontane dal culo della Yamanaka, concesse un mese di vacanza all'infermiera ancora impietrita, e sempre più bagnata, nell'angolo.

Naruto le si parò davanti con un sorrisone accecante.
“No.” proferì Sakura, intenta a togliersi il camice macchiato di sangue e liquami vari dopo il suo giro di visite. La puzza sembrava però non infastidire l'essere inutile che aveva davanti.
“Non sai neanche che cosa voglio chiederti.”
“Dal momento che lo chiedi a me sarà sicuramente qualcosa che riguarda me o quei due monocromatici nella stanza col miele.”
“Quale stanza col miele?” chiese l'ingenuo.
Sakura indicò davanti a sé, e il jinchuuriki si voltò. Uno stormo di infermiere si era posato sull'ala bianca che era la porta della stanza dei due Uchiha.
La kunoichi suo malgrado era diretta lì.
“Forza torniamo a lavoro per cortesia e cerchiamo magari di riuscire a scrivere la data corretta sui documenti. Almeno quello.” urlò, una volta davanti alla stanza. “Circolare!”
Una volta entrata, chiuse la porta e sospirò.
“Itachi dimmi che hai conservato quello che ti ho dato poche ore fa.” Disse avvicinandosi al lettino dello shinobi. Il san dimenticato nell'altro camice.
L'ex-nukenin le consegnò il flacone privo di etichetta e la guardò mandarne giù un paio di pillole.
“Per la mia sanità mentale.” sorrise lei scuotendo il contenitore semi vuoto.
“Allora puoi anche buttarle.” argomentò Sasuke imprudentemente.
“Certo Sas'ke, tutto quello che vuoi.” disse lei senza togliere gli occhi dalla cartella corretta che aveva tra le mani.
Con un enorme frastuono la porta si aprì e le infermiere si sdraiarono per tutto il pavimento. Il jnchuuriki ci passò sopra domandando scusa, a chi o a cosa non si capiva bene, poi richiuse il tutto spingendo la caterva di invertebrate fuori e incastrando la porta a dovere.
Dopo un attimo di silenzio ci fu la voce di Shizune, leggermente stridula, che intimava di togliere i contributi a chiunque non fosse stata a lavoro entro tot minuti - nella confusione generale non se ne capì il numero preciso. Urla che si sovrapponevano ai grugniti di Tonton ad intervalli regolari, calatosi nella parte del cane pastore alla vista di tutte quelle cretine che correvano da una parte all'altra, frenetiche, impazzite come pecore, e con il cervello delle stesse dimensioni probabilmente.
“Che macello!” ridacchiò l'Uzumaki, “piacerebbe anche a me avere tutto questo successo con le ragazze.”
Itachi accennò un sorriso, bonario, Sasuke puntò gli occhi al cielo regalando un suono di stizza a quegli stupidi e comuni mortali. Escluso suo fratello, ovvio.

Guarda che me ne vado sul serio eh.” sbottò Naruto già pronto alla rissa.
“E vattene bodda almeno avremo un secondo di pace.” sibilò invece Sasuke.
“E di cosa ce ne faremmo, di grazia, di un secondo di pace?” alzò invece la voce il medico Haruno, finendo di fasciare il torace di Itachi, ritornato improvvisamente san.
“Volendo farle, quando potrebbero essere pronte le analisi? Quelle vere, intendo.” disse il ragazzo più grande.
La kunoichi ci pensò su un momento.
“Non so, quando caveremo gli occhi alle infermiere oppure quando sarete vecchi e rugosi e nessuna vi guarderà più.”
“Crede che ci sia da preoccuparsi?” domandò Itachi riuscendo a precedere il fratellino che - lui lo sapeva - stava per dire qualcosa come “gli Uchiha non diventano né vecchi né rugosi”.
“Della vostra salute? No, se lo avessi creduto avrei menato Naruto e lo avrei spedito a controllarmi le analisi.” spiegò con calma e ovvietà.
Esasperata si diresse alla porta e, strattonandola, la aprì, imboccò il corridoio felicemente diretta a casa, quando il vecchio della tre che passava di lì si sporse in avanti e le vomitò addosso.
“Oh, sono mortificato... mi scusi tanto signorina.”
Mentre tutti si irrigidirono in attesa di vedere quel vecchio incenerito, frantumato, squartato, sviscerato e se non altro evirato e/o decapitato, Sakura inaspettatamente sorrise.
“Che schifo.” disse Sasuke un pelo più rilassato, poi, voltandosi, si rese conto, con una punta di compassione, che il fratello era già più vicino alla finestra, lettino e tutto, per paura della possibile reazione.
“Mnh...” confermò Itachi, reduce da ben due domande e detentore quindi di una gola secca.
Il vecchio si defilò ad una velocità compresa tra quella del bradipo stanco e quella della lumaca morta, borbottando scuse in una lingua di S sibilanti e T sputacchianti da bravo sdentato.
“Sakura chan,” sorrise l'idiota, “come va? Tutto bene?”
“Hai finito di dire cazzate testa quadra?”
“Teme, guarda che sarò qui a dirne anche domani eh!”
“NO.” Oramai si era abituata a creare silenzio con una sola parola realizzando, tra l'altro, in parte, cosa poteva significare essere un Uchiha. “Non verrai a rovinarmi anche la giornata di domani.” puntualizzò irremovibile e più minacciosa di quanto pensasse.
“Ma non sono stato io.” pigolò Naruto accorgendosi in quel momento della sua scomoda posizione.
“Questo mi interessa più o meno come l'esistenza dell'osso che ti ho stritolato la settimana scorsa, un attimo prima di dimetterti.” Naruto emise un suono strozzato al ricordo. “Adesso ci sei tu ed io sfogherò la mia frustrazione su di te, inoltre rimarrai qui a vegliare questi due valorosi ninja che hanno salvato Konoha dalla perdizione.”
L'aura intorno a lei si era fatta nera, ma dopo quella frase tornò di un rassicurante viola scuro.
“Lo farai se mi ami Naruto-kun, Lee-kun sarà nella sala d'attesa per il cambio turno.” cinguettò, ad un tratto decisamente sorridente.
“Che stronza.” mormorò Sasuke atono dalla sua semi-sdraiata postazione di convalescente, mentre riservava uno sguardo di assoluta indifferenza ad un'infermiera che gli buttava un bacio dalla parte opposta del corridoio. Infermiera che si prese in faccia una scarpa del jinchuuriki lanciata da Sakura.
“Ho imparato dal migliore,” disse rivolta all'Uchiha prima di tornare a rivolgersi al Testone, “ma tu rimarrai qui lo stesso e se chiudi occhio stanotte, li chiuderai entrambi per sempre domani mattina.” finì la kunoichi con un dito puntato in mezzo agli splendidi ed inutili occhi blu.





Un pianto isterico le attraversò il cranio e per un paralizzante secondo si sentì spaesata e appesantita da pensieri strani.
Accanto a lei un fruscio distolse però la sua attenzione.
“Hai intenzione di alzarti o aspettiamo che si annoi da solo?” mormorò, assonnato ma piatto, Sasuke.
“Guarda che puoi anche alzarti tu eh!” brontolò Sakura mentre già si infilava la vestaglia.
Non vi era luce, ma ormai erano anni che viveva lì e conosceva ogni venatura del tatami che stava percorrendo.
“Itachi, ti prego, la mamma è qui, non privarla dei suoi timpani per cortesia,” disse, chinandosi a prendere il pargolo tra le braccia.
Sakura sentì il bambino singhiozzare ancora un po', e dopo ci fu solo il suo placido respiro nel silenzio di quella grande casa.
“La mamma ha fatto un sogno stranissimo: c'era Naruto e Ino e papà, poi c'era un signore a cui dobbiamo praticamente tutto e che sarei stata onorata di farti chiamare zio,” disse dondolando ancora nonostante il bambino ormai dormisse, “Porti il suo nome sai? E sono sicura che tuo padre è contento di rigirarsi ancora quel nome sulla lingua.” sussurrò carezzando la testa del bambino appoggiata alla sua spalla.
“E cosa diceva quel signore nel tuo sogno?”
Sakura si voltò a guardare suo marito appoggiato allo shoji.
“Che ci fai qui? Pensavo che un Uchiha non si disturbasse per così poco.” lo schernì lei bonariamente.
“Tsk, chissà cosa fai a mio figlio se non ti controllo.”
“Scusa?” fece allora lei con una vena d'indignazione.
“Insomma? Che cosa diceva?”
Sakura gli lasciò prendere il bambino e lo guardò rimetterlo a letto.
A lei non era mai piaciuto mentire, ma per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa.
“Mi ha detto che ha amato suo fratello come non ha amato neanche la sua stessa vita,” fece una pausa osservando Sasuke di spalle, immobile, “poi ha aggiunto che la prossima volta farà in modo di fargli da testimone di nozze e di essere il padrino di suo figlio.”
Ci fu silenzio dopo le sue parole, lei si avvicinò alla schiena del marito, stringendogli le braccia intorno ai fianchi.
“Vieni,” disse infine, “torniamo a letto anche noi.”
“Naruto non sarebbe molto contento del tuo sogno, vorrà fare lui tutte quelle cose, anche 'la prossima volta'.” sospirò Sasuke avviandosi alla loro camera, tenendo sua moglie per mano.
“Sas'ke!” ridacchiò Sakura, senza fiato, quando lui la spinse sul letto e le strinse i fianchi baciandole il collo.





Owari





Questa è indubbiamente una delle storie più brutte che mente umana abbia mai partorito, lo ammetto. Questi due mi sono ancora più ostici del SasuNaru e non lo credevo possibile!
I miei sogni sono molto strani e frenetici e pieni di colpi di scena e così intensi che spesso mi sveglio piangendo o ridendo e, in realtà, avrei voluto fare qualcosa di simile per questa shot, ma non ne sono stata in grado. Chiedo scusa.
Nei sogni anche le situazioni più strane sono così ovvie che tutti agiamo da copione senza fermarci e, alla Alice, dire “ma no, non è così”, tutti restiamo nella nostra parte e quando ci svegliamo forse è questo che ci fa aggrottare le sopracciglia al ricordo di ciò che abbiamo sognato. Non è bella, non è un capolavoro, ma spero tanto che piaccia ugualmente. Se non altro è folle come i miei sogni! XD
Nb: Sasuke sa che Sakura sta mentendo ed è per questo che la ringrazia, a suo modo.

Mi scuso con Rohchan, a cui è dedicata, ma non ho saputo fare niente di meglio: perdonami, ti prego...



Auguri Rohchan!

Sono orgogliosa di dire che Rohchan è la mia beta ufficiale!
Rohchan è una persona sempre allegra e serena, sembra incredibile che sia sempre così di buon umore. E questo suo essere fosforescente, quasi, è contagioso!
Mi fa ridere, è in gamba e si impegna sempre molto. Speriamo che sia vero che chi va con lo zoppo inizia a zoppicare così magari prendo un po' della sua determinazione. XP

Ciu



I luoghi e i personaggi non mi appartengono, e non c'è lucro.



  
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