La prossima volta
di slice
Sakura entrò in un'anonima stanza d'ospedale, leggendo la cartella del tizio della due. Alzò gli occhi, guardò i due pazienti sollevati da pile di soffici cuscini, e tornò indietro, mugolando disappunto.
“C'è Ino e c'è Shizune, non importa che ci
vada io. Le ho già detto che non me la prenderò, che
non mi sentirò scavalcata. Non capisco.”
Tsunade,
gomiti sulla scrivania e dita incrociate davanti al viso, la fissò
per un lungo istante. Un lungo e silenzioso istante.
“Hai
finito?”, assottigliò lo sguardo, scocciata, “qui
non si tratta di te, stupida ragazzina viziata.”
“Come?”
La kunoichi fece una smorfia d'indignazione, presa alla
sprovvista.
“Shizune ha sotto mano metà ospedale e
Ino, per quanto sia un eccellente medico, non è te. In più,
quei due matti hanno bisogno di qualcuno che dia il suo meglio sotto
pressione e che elargisca qualche scappellotto o due, in caso di
bisogno. Quindi loro sono assegnati alle tue cure.” Spostò
lo sguardo su alcuni fogli che attendevano la sua attenzione da
quando non c'era Shizune ad occuparsene. “Lamentati un'altra
volta e parleremo del perché quel baka di Naruto non è
a letto fasciato dalla testa ai piedi. Oh, e anche di chi lo ha
dimesso!”
La kunoichi uscì dall'ufficio dell'Hokage
più afflitta di quando era entrata. Sconsolata, si diresse
verso l'ospedale.
La porta era aperta e si sentivano dei fruscii.
“Che
cosa vuoi che faccia? Che c'entro io?” bisbigliò la
Yamanaka, bloccata al volo dall'amica nel corridoio del terzo
piano.
“Potresti tramortirli? Perché credo che
dormienti mi rimarrebbero meno indigesti.” bisbigliavano
entrambe, nonostante ci fossero parecchie stanze a dividerle dagli
interessati.
Sakura si sporse oltre la porta di quella
rassicurante oasi neutra, che era lo studio della bionda, sbirciando
infermiere frivole e pazienti dalla passeggiatina facile.
“Non
posso aiutarti, lo sai che sono sommersa. Ti dirò di più,
non sono ancora riuscita ad andare a casa e sono tre giorni che non
faccio una doccia.”
Ino aggirò la sua scrivania,
pensando distrattamente di strozzare Shikamaru perché lo
sapeva disteso su un prato a caso a non fare un cesto di niente,
mentre lei doveva correre da una parte all'altra di un ospedale che
non le permetteva neanche di manifestarsi in tutto il suo
splendore.
“Ma chi se ne frega Ino! Forse non hai ben chiaro
ciò che mi attende...”, aggrottò poi la fronte,
sicura di aver capito male “che c'entra poi che non hai fatto
la doccia?”
L'altra la guardò orripilata, portandosi
le dita alle tempie.
“Non vorrai mica che Sas'ke mi veda in
questo stato? Tu-tu non puoi davvero aver pensato che... lui non mi
vede da quanto? Dieci anni? E ora vorresti che mi presentassi così?
Non so, vuoi che mi faccia vomitare addosso dal vecchio della tre
prima di vederlo? A volte non ti capisco, davvero, Sakura,
come...”
Ma Sakura era già in corridoio: meglio quei
due degli schiamazzi di Ino.
Quei corridoi sembravano sempre immensi e caotici, perché
allora in quel momento assomigliavano di più ad un
claustrofobico e desolato patibolo?
Tre secondi dopo era sul
pavimento.
Intontita, alzò lo sguardo per trovarsi davanti
una mano per metà coperta dal polsino nero di una felpa
arancione.
“Non si chiamano corridoi perché ci si
tengono le gare di atletica, si chiamano così perché
sono lunghi e stretti e ci corrono i medici per fermare le emorragie
che ti causo io. Chiaro?” Si alzò, si spolverò e
si sistemò i capelli, poi indicò i fogli sparsi in
terra. “Raccogli.”
“Cristallino, Sakura-chan.”
Deglutì a fatica, il potente jinchuuriki, prima di
obbedire.
Lei si voltò un attimo, sovrappensiero, a
guardare dentro la porta alla sua destra e, con sua somma gioia, si
scoprì esattamente davanti a quella stanza. Con i due esseri
sotto le sue cure che la scrutavano, impassibili.
Sbuffò e,
guardando Naruto sorridere - senza minimamente essere ricambiato - a
Sas'ke, le venne l'idea del mese.
“Vuoi assistere?”
provò vaga e un filino rabbonita.
Il compagno di squadra la
fissò per un attimo senza capire, dopo si illuminò
tutto, neanche avessero acceso un cero all'interno del suo cranio.
“Posso? Davvero posso?”
“Basta che fai
silenzio.” Gli concesse, falsa come i kunai giocattolo.
“Certo
certo, muto come un pesce.”
See, già se lo
immaginava.
Gli fece cenno di entrare, come se farlo lei per prima
fosse un onore a cui rinunciava per amicizia, e la zucca vuota entrò
con baldanza.
“Ciao Sas'ke! Come andiamo?” Il concetto
'muto come un pesce' non veniva spiegato all'accademia e Naruto non
aveva genitori. “Ciao Itachi! Tutto bene?”
Lei cercò
con tutta se stessa di ignorare i loro sguardi e alla fine decise che
leggere le loro cartelle, dalla prima inutile riga stampata
all'ultimo stupido risultato aggiunto a penna, fosse un ottimo
inizio.
“Dov'è il medico Dobe?”
Se la
ricordavano entrambi la sua voce, non era qualcosa che poteva
sbiadire col tempo, nei ricordi, non era possibile non ricordarsi
quel timbro duro, deciso, ma ancora notevolmente melodioso.
“Che
dici Teme? Il medico è qui, è la nostra
Sakura-chan!”
Si sentì osservata da tutti e tre e, in
un attimo, alzò lo sguardo incrociando quello nero del
ritrovato compagno di team. Il secondo dopo quegli occhi già
stavano guardando nuovamente l'esagitato compagno.
“Tzk...
Questo è un ospedale Usuratonkachi, cerca di non strillare
come fai di solito.”
“Teme, non mi mancavi poi così
tanto.”
“Ripensandoci: puoi anche stare zitto, se
proprio ci tieni.”
“Sai cosa? Ora ti faccio vedere
dove ho spedito Madara!” Naruto si tirò su una manica,
avvicinandosi al lettino dell'Uchiha con fare bellicoso.
“Adesso
basta.” Vi fu nuovamente silenzio e ancora tre paia d'occhi su
di lei, “Naruto, non lo dirò una terza volta: devi fare
silenzio e, ti prego, siediti.”
Guardò l'amico
imbronciato avviarsi sul fondo della stanza e, senza seguirne tutto
il percorso, continuò a dedicarsi alle sue interessantissime
letture.
“Itachi-san,” esordì una manciata di
minuti più tardi, “le sue analisi sono tutte sballate. I
casi sono due: o lei ha dei problemi seri, quindi vanno fatte altre
analisi e va tenuto sotto stretta sorveglianza, oppure, le cretine
che hanno fatto questo schifo si sono perse nei suoi profondi occhi
neri.” disse mentre teneva per un angolino la suddetta cartella
clinica.
Naruto, dietro, sghignazzò.
“Io proporrei
di rifarle, poi decideremo di conseguenza.”
“Sono così
brutte?” domando il maggiore dei due fratelli, anch'egli con
una voce profonda.
“I linfociti sono bassi, i globuli
bianchi toccano limiti da tossicodipendenza, le piastrine neanche
sono segnate e credo che questo scarabocchio stia a significare che
lei non ha globuli rossi. Io non posso lavorare così.”
proferì asciutta, passando poi alla cartella dell'altro
paziente.
Nel silenzio la sedia, su cui Naruto si era
delicatamente poggiato, scricchiolò sinistramente.
Scorsa
la nuova lista di improbabili dati, Sakura si accigliò senza
alzare gli occhi dal foglio.
“Credo che anche per la tua
cartella Sas'ke ci sia stato un problema di attenzione,”
sospirò esasperata, “diciamo che sono nella-”
“Merda!”,
quasi urlò Naruto mentre la sedia cedeva, facendolo ruzzolare
verso sinistra.
“Quella sedia è rotta.” disse
Sakura, compresa, tornando a guardare le cifre da urlo davanti a lei,
“diciamo che sono nella classica situazione in cui non ho il
tempo per fare analisi su analisi, per le quali tra l'altro ci
vorranno dei giorni, quindi vi visito ora e se troviamo anomalie
faremo analisi a non finire. Ci state?”
Grazie al cielo i
due annuirono.
“Che bello che te li sei toccicchiati tutti e due!”
esplose Ino, sognante, davanti ad un caffè e con il capitano
Yamato e il maestro Kakashi ad un metro.
Sakura si passò le
mani nei capelli, in quel momento di nuovo liberi dalla costrizione
dell'elastico.
La saletta era pressoché piena, sembrava che
avessero chiuso i locali in centro, quando invece la guerra aveva
reso quel posto più affollato di quanto avessero mai potuto
immaginarsi. Sospirò, tornando dietro le parole
dell'amica.
“Non me li sono tocchicciati, li ho
solo-”
“Palpati?” concluse la bionda mentre
buttava un bacio a Sai che - sorpresa! - sorrideva, dall'altra parte
della saletta.
“Visitati! Li ho visitati, in realtà,
Ino. Ma puoi continuare a fantasticare se vuoi, ovvio che puoi anche
farlo da sola. Non mi offenderò.”
Si alzò e,
adocchiando il grosso orologio alla parete, sospirò
amaramente. La giornata era appena iniziata e già avrebbe
voluto urlare.
Aveva un sacco di pensieri già prima di doversi prendere
cura di quei due impiastri, non c'era bisogno di Naruto tra i
piedi.
Entrò nella
stanza con gli occhi già al cielo e la squillante voce
dell'agitato compagno si arrestò.
“Ciao Sakura-chan,
gli stavo raccontando di quando sono tornato dopo l'allenamento con
Jiraiya e mi hai scagliato a centinaia di metri di distanza e
poi...”
“Naruto.” lo interruppe lei con un
sibilo poco rassicurante, “mi sembrava di essere stata chiara,
ma mi sbagliavo, evidentemente vivo nell'errata convinzione che tu
capisca quel che dico. Eppure ero pronta a giurare parlassimo la
stessa lingua. La guerra è finita e Konoha sta rifiorendo, ma
io ho combattuto, ho curato e ti ho sopportato durante tutto il tempo
dello scontro, in più adesso sto curando e sopportando ancora,
perciò fammi il favore: STAI ZITTO.”
Il jinchuuriki
si guardò attorno nervoso come per trovare una qualsiasi via
di fuga che non comprendesse la sua mascella slogata. O rotta.
Sakura
ascoltò quel momento di silenzio con calma, e riconoscenza
assoluta, mentre la testa le doleva un pizzico meno.
“Beh,
mi dispiace Sakura-chan, pensavo che non facesse bene a loro due stare
sempre qui da soli!”
“Non ti ho detto che non puoi
rimanere...”
“YATTAAA!”
A quel punto la testa
le fece improvvisamente fin troppo male, tanto che si meravigliò
di non sanguinare. E quella fu la condanna di Naruto.
Si avvicinò
al letto posò la cartella sulle gambe di Itachi si voltò
e lo colpì, defenestrandolo. Fortunatamente la finestra era
aperta.
“IL VASO E' COLMO, TESTA VUOTA.” urlò,
in un eccesso d'ira che la fece marciare fino alla finestra e
chiuderla, sbattendo ogni cosa potesse sbattere.
Ino si affacciò
in quel momento con un sorriso poco adatto alla situazione. E tutta
pulita e profumata.
“Oh bella, guarda che siamo in ospedale
eh!” sorrise la Yamanaka, “ciao Sas'ke!
Itachi-san!”
Quelli fecero un magnifico cenno col capo, del
tipo 'sappi che all'attaccapanni qui in fondo dedico la stessa
attenzione'.
Sakura espirò rumorosamente, ma non fu uno
sbuffo, ebbe più il suono di qualcuno che si arrende.
“Ino,
ti prego.” disse dirigendosi verso la cartella ancora sulle
gambe del maggiore dei drammatici fratellini.
La compagna bionda
farfugliò qualcosa, sospirò e prese a balbettare di
qualcuno che la attendeva nella stanza accanto.
In quel preciso
istante la cartella scivolò e, prima che toccasse terra,
Sakura aveva una mano sulla coscia di Itachi.
“Possiamo
smettere di essere tanto inutili?” sbuffò Sasuke
cercando invano di non alzare un sopracciglio.
La kunoichi tolse
la mano dalla poco appropriata postazione per portarsela agli occhi e
stropicciarli ben bene.
“Mi dispiace Itachi-san, adesso la
Yamanaka qui presente snocciolerà a tutto il villaggio una
dettagliata storiella su come io le abbia messo una mano nei
pantaloni.”
La bionda sorrise facendole l'occhiolino.
Sasuke
sbuffò.
“Ehm dai, non posso farlo da sola...”
incalzò Ino con una certa urgenza.
Sakura prese un flacone
che aveva in tasca e lo dette ad Itachi.
“Lo protegga a
costo della vita.” gli disse seria come la morte, prima di
ciondolare fuori ed essere accolta dalla voce stridula di Shizune
qualche stanza più in là.
La situazione era questa:
Shizune urlava a squarciagola che
le armi non si potevano tenere in ospedale, in un angolo un'infermiera si era fatta la pipì addosso e una grossa spada
vorticava sopra il tutto.
“Kisame-san.” L'infermiera
incontinente non la considerò nemmeno per scherzo, ma sia la
collega che l'ex-nukenin si bloccarono a metà azioni, “la
prego, sia gentile, questo è un ospedale e credo lei comprenda
appieno che se noi permettessimo l'introduzione di armi in un ente
come questo il suo intero significato cambierebbe radicalmente. Lei è
una persona intelligente e sicuramente sa meglio di me che qui ci
sono persone che devono dormire: gli svariati decibel che raggiunge
la vostra disputa non rendono possibile tutto
ciò.”
“Ma che carina che sei biondina, vieni un
po' qua!”
Non si era aspettata nemmeno per un attimo che
quello smettesse, ma almeno a non essere totalmente ignorata ci aveva
sperato.
Ino si era profusa in una specie di incerto sorriso ed
era però indietreggiata, preferendo forse cadere in una
fossa di serpenti velenosi alla cieca, spuntata dietro di lei dal
niente, piuttosto che avvicinarsi a quel coso blu.
“Eddai,
mica ti mangio!” rise Kisame.
“Ci mancherebbe altro.”
strillò acuta Shizune, “se è qui è segno
che è stato assolto e integrato, e che quindi deve sottostare
alle regole di questo ospedale come a quelle del villaggio.”
concluse con qualche difficoltà mentre cercava di strappargli
la Samehada e quello articolava un “ti farai male principessa”
tra un grugnito e l'altro.
Dopo un'estenuante maratona in cui
aveva perso un ora e un quarto a spiegare a Shizune che si sarebbe
fatta male davvero, perché era risaputo la Samehada non si
faceva impugnare da nessuno oltre Kisame, e aver cercato di
mantenere la calma, oltre che essere riuscita a tenere le enormi mani
blu lontane dal culo della Yamanaka, concesse un mese di vacanza
all'infermiera ancora impietrita, e sempre più bagnata,
nell'angolo.
Naruto le si parò davanti con un sorrisone
accecante.
“No.” proferì Sakura, intenta a
togliersi il camice macchiato di sangue e liquami vari dopo il suo
giro di visite. La puzza sembrava però non infastidire
l'essere inutile che aveva davanti.
“Non sai neanche che
cosa voglio chiederti.”
“Dal momento che lo chiedi a
me sarà sicuramente qualcosa che riguarda me o quei due
monocromatici nella stanza col miele.”
“Quale stanza
col miele?” chiese l'ingenuo.
Sakura indicò davanti a
sé, e il jinchuuriki si voltò. Uno stormo di infermiere
si era posato sull'ala bianca che era la porta della stanza dei due
Uchiha.
La kunoichi suo malgrado era diretta lì.
“Forza
torniamo a lavoro per cortesia e cerchiamo magari di riuscire a
scrivere la data corretta sui documenti. Almeno quello.” urlò,
una volta davanti alla stanza. “Circolare!”
Una volta
entrata, chiuse la porta e sospirò.
“Itachi dimmi che
hai conservato quello che ti ho dato poche ore fa.” Disse
avvicinandosi al lettino dello shinobi. Il san dimenticato nell'altro
camice.
L'ex-nukenin le consegnò il flacone privo di
etichetta e la guardò mandarne giù un paio di
pillole.
“Per la mia sanità mentale.” sorrise
lei scuotendo il contenitore semi vuoto.
“Allora puoi anche
buttarle.” argomentò Sasuke imprudentemente.
“Certo
Sas'ke, tutto quello che vuoi.” disse lei senza togliere gli
occhi dalla cartella corretta che aveva tra le mani.
Con un enorme
frastuono la porta si aprì e le infermiere si sdraiarono per
tutto il pavimento. Il jnchuuriki ci passò sopra domandando
scusa, a chi o a cosa non si capiva bene, poi richiuse il tutto
spingendo la caterva di invertebrate fuori e incastrando la porta a
dovere.
Dopo un attimo di silenzio ci fu la voce di Shizune,
leggermente stridula, che intimava di togliere i contributi a
chiunque non fosse stata a lavoro entro tot minuti - nella confusione
generale non se ne capì il numero preciso. Urla che si
sovrapponevano ai grugniti di Tonton ad intervalli regolari, calatosi
nella parte del cane pastore alla vista di tutte quelle cretine che
correvano da una parte all'altra, frenetiche, impazzite come pecore,
e con il cervello delle stesse dimensioni probabilmente.
“Che
macello!” ridacchiò l'Uzumaki, “piacerebbe anche a
me avere tutto questo successo con le ragazze.”
Itachi
accennò un sorriso, bonario, Sasuke puntò gli occhi al
cielo regalando un suono di stizza a quegli stupidi e comuni mortali.
Escluso suo fratello, ovvio.
“Guarda che me ne vado sul serio eh.” sbottò
Naruto già pronto alla rissa.
“E vattene bodda almeno
avremo un secondo di pace.” sibilò invece Sasuke.
“E
di cosa ce ne faremmo, di grazia, di un secondo di pace?” alzò
invece la voce il medico Haruno, finendo di fasciare il torace di
Itachi, ritornato improvvisamente san.
“Volendo farle,
quando potrebbero essere pronte le analisi? Quelle vere, intendo.”
disse il ragazzo più grande.
La kunoichi ci pensò su
un momento.
“Non so, quando caveremo gli occhi alle
infermiere oppure quando sarete vecchi e rugosi e nessuna vi guarderà
più.”
“Crede che ci sia da preoccuparsi?”
domandò Itachi riuscendo a precedere il fratellino che - lui
lo sapeva - stava per dire qualcosa come “gli Uchiha non
diventano né vecchi né rugosi”.
“Della
vostra salute? No, se lo avessi creduto avrei menato Naruto e lo
avrei spedito a controllarmi le analisi.” spiegò con
calma e ovvietà.
Esasperata si diresse alla porta e,
strattonandola, la aprì, imboccò il corridoio
felicemente diretta a casa, quando il vecchio della tre che passava
di lì si sporse in avanti e le vomitò addosso.
“Oh,
sono mortificato... mi scusi tanto signorina.”
Mentre tutti
si irrigidirono in attesa di vedere quel vecchio incenerito,
frantumato, squartato, sviscerato e se non altro evirato e/o
decapitato, Sakura inaspettatamente sorrise.
“Che schifo.”
disse Sasuke un pelo più rilassato, poi, voltandosi, si rese
conto, con una punta di compassione, che il fratello era già
più vicino alla finestra, lettino e tutto, per paura della
possibile reazione.
“Mnh...” confermò Itachi,
reduce da ben due domande e detentore quindi di una gola secca.
Il
vecchio si defilò ad una velocità compresa tra quella
del bradipo stanco e quella della lumaca morta, borbottando scuse in
una lingua di S sibilanti e T sputacchianti da bravo
sdentato.
“Sakura chan,” sorrise l'idiota, “come
va? Tutto bene?”
“Hai finito di dire cazzate testa
quadra?”
“Teme, guarda che sarò qui a dirne
anche domani eh!”
“NO.” Oramai si era abituata a
creare silenzio con una sola parola realizzando, tra l'altro, in
parte, cosa poteva significare essere un Uchiha. “Non verrai a
rovinarmi anche la giornata di domani.” puntualizzò
irremovibile e più minacciosa di quanto pensasse.
“Ma
non sono stato io.” pigolò Naruto accorgendosi in quel
momento della sua scomoda posizione.
“Questo mi interessa
più o meno come l'esistenza dell'osso che ti ho stritolato la
settimana scorsa, un attimo prima di dimetterti.” Naruto emise
un suono strozzato al ricordo. “Adesso ci sei tu ed io sfogherò
la mia frustrazione su di te, inoltre rimarrai qui a vegliare questi
due valorosi ninja che hanno salvato Konoha dalla perdizione.”
L'aura
intorno a lei si era fatta nera, ma dopo quella frase tornò di
un rassicurante viola scuro.
“Lo farai se mi ami Naruto-kun,
Lee-kun sarà nella sala d'attesa per il cambio turno.”
cinguettò, ad un tratto decisamente sorridente.
“Che
stronza.” mormorò Sasuke atono dalla sua semi-sdraiata
postazione di convalescente, mentre riservava uno sguardo di assoluta
indifferenza ad un'infermiera che gli buttava un bacio
dalla parte opposta del corridoio. Infermiera che si prese in faccia
una scarpa del jinchuuriki lanciata da Sakura.
“Ho imparato
dal migliore,” disse rivolta all'Uchiha prima di tornare a
rivolgersi al Testone, “ma tu rimarrai qui lo stesso e se
chiudi occhio stanotte, li chiuderai entrambi per sempre domani
mattina.” finì la kunoichi con un dito puntato in mezzo
agli splendidi ed inutili occhi blu.
Un pianto isterico le attraversò il cranio e per un
paralizzante secondo si sentì spaesata e appesantita da
pensieri strani.
Accanto a lei un fruscio distolse però la
sua attenzione.
“Hai intenzione di alzarti o aspettiamo che
si annoi da solo?” mormorò, assonnato ma piatto,
Sasuke.
“Guarda che puoi anche alzarti tu eh!”
brontolò Sakura mentre già si infilava la
vestaglia.
Non vi era luce, ma ormai erano anni che viveva lì
e conosceva ogni venatura del tatami che stava percorrendo.
“Itachi,
ti prego, la mamma è qui, non privarla dei suoi timpani per
cortesia,” disse, chinandosi a prendere il pargolo tra le
braccia.
Sakura sentì il bambino singhiozzare ancora un
po', e dopo ci fu solo il suo placido respiro nel silenzio di quella
grande casa.
“La mamma ha fatto un sogno stranissimo: c'era
Naruto e Ino e papà, poi c'era un signore a cui dobbiamo
praticamente tutto e che sarei stata onorata di farti chiamare zio,”
disse dondolando ancora nonostante il bambino ormai dormisse, “Porti
il suo nome sai? E sono sicura che tuo padre è contento di
rigirarsi ancora quel nome sulla lingua.” sussurrò
carezzando la testa del bambino appoggiata alla sua spalla.
“E
cosa diceva quel signore nel tuo sogno?”
Sakura si voltò
a guardare suo marito appoggiato allo shoji.
“Che ci fai
qui? Pensavo che un Uchiha non si disturbasse per così poco.”
lo schernì lei bonariamente.
“Tsk, chissà cosa
fai a mio figlio se non ti controllo.”
“Scusa?”
fece allora lei con una vena d'indignazione.
“Insomma? Che
cosa diceva?”
Sakura gli lasciò prendere il bambino e
lo guardò rimetterlo a letto.
A lei non era mai piaciuto
mentire, ma per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa.
“Mi ha
detto che ha amato suo fratello come non ha amato neanche la sua
stessa vita,” fece una pausa osservando Sasuke di spalle,
immobile, “poi ha aggiunto che la prossima volta farà in
modo di fargli da testimone di nozze e di essere il padrino di suo
figlio.”
Ci fu silenzio dopo le sue parole, lei si avvicinò
alla schiena del marito, stringendogli le braccia intorno ai
fianchi.
“Vieni,” disse infine, “torniamo a
letto anche noi.”
“Naruto non sarebbe molto contento
del tuo sogno, vorrà fare lui tutte quelle cose, anche 'la
prossima volta'.” sospirò Sasuke avviandosi alla
loro camera, tenendo sua moglie per mano.
“Sas'ke!”
ridacchiò Sakura, senza fiato, quando lui la spinse sul letto
e le strinse i fianchi baciandole il collo.
Owari
Questa è indubbiamente una delle storie più
brutte che mente umana abbia mai partorito, lo ammetto. Questi due mi
sono ancora più ostici del SasuNaru e non lo credevo
possibile!
I miei sogni sono molto strani e frenetici e pieni di
colpi di scena e così intensi che spesso mi sveglio piangendo
o ridendo e, in realtà, avrei voluto fare qualcosa di simile
per questa shot, ma non ne sono stata in grado. Chiedo scusa.
Nei
sogni anche le situazioni più strane sono così ovvie
che tutti agiamo da copione senza fermarci e, alla Alice, dire “ma
no, non è così”, tutti restiamo nella nostra
parte e quando ci svegliamo forse è questo che ci fa
aggrottare le sopracciglia al ricordo di ciò che abbiamo
sognato. Non è bella, non è un capolavoro, ma spero
tanto che piaccia ugualmente. Se non altro è folle come i miei
sogni! XD
Nb: Sasuke sa che Sakura sta mentendo ed è per
questo che la ringrazia, a suo modo.
Mi scuso con Rohchan, a cui è dedicata, ma non ho saputo fare niente di meglio: perdonami, ti prego...
Auguri Rohchan!
Sono orgogliosa di dire che Rohchan è la mia
beta ufficiale!
Rohchan è una persona sempre allegra e
serena, sembra incredibile che sia sempre così di buon umore.
E questo suo essere fosforescente, quasi, è contagioso!
Mi
fa ridere, è in gamba e si impegna sempre molto. Speriamo che
sia vero che chi va con lo zoppo inizia a zoppicare così
magari prendo un po' della sua determinazione. XP
Ciu
I luoghi e i personaggi non mi appartengono, e non c'è lucro.