I capitolo. Al braccio di
Charlie
Ma che diavolo di ore sono? Fu il mio primo pensiero mentre mi
stiracchiavo nel
letto sfatto. Il sole che intuivo dietro le persiane abboccate era
abbastanza
alto per farmi capire che era tardi, dannatamente. Mentre mi giravo
andai a
sbattere contro qualcosa di duro: un gomito di Jacob. Neanche se ne
accorse,
non cambiò posizione di un millimetro. Nel sonno aveva pian
piano occupato
anche la mia parte di letto, che si era ridotta ad un angolino troppo
vicino al
bordo. “Devo decidermi a comprare un letto su
misura”, pensai per l’ennesima
volta, mentre un occhio mi cadeva sull’orologio a muro della
stanza. Le undici
e mezza? “Jake!” strillai. “E’
tardissimo!”. Schizzai fuori dal letto alla
velocità della luce, veloce almeno quanto il pensiero che mi
era balenato
chiarissimo nella testa. Oggi era il 1 luglio, Charlie e Sue Clearwater
si
sarebbero sposati di lì a una settimana: era il giorno delle
prove ufficiali.
Jacob non si accorse di me neanche quando lo strattonai brutalmente per
il
braccio che gli penzolava fino a terra. “Dannazione
Jake!” rinunciai, correndo
in bagno. Dovevo farmi una doccia al volo, sperando di riuscire a
ricondurre il
mio fidanzato dalle verdi praterie dei suoi sogni in tempo utile per
fargli
indossare almeno una camicia e trascinarlo in chiesa.
Come mi sentivo strana, mentre regolavo l’acqua della doccia
che si ostinava a
rimanere troppo fredda. Ero felice che mio padre si sposasse con Sue?
Si, certo
che lo ero. L’importante era che lo fosse lui. Ma i
cambiamenti che c’erano
stati nella mia vita erano stati tanti, dolorosi, e repentini. Mi
serviva tempo
per adattarmi a qualunque situazione adesso. Mi era servito del tempo
per
accettare l’idea di Jacob accanto a me, come mio compagno,
tanto che la nostra storia
non era ancora ufficiale. In realtà, la relazione fra me e
Jacob era di dominio
pubblico: tutti lo sapevano ma nessuno diceva niente. Da quando Charlie
frequentava casa Clearwater per parecchi giorni alla settimana, Jacob
stava
sempre più spesso con me, rimanendo anche di notte mentre
Charlie e Billy
facevano finta di nulla. Lo intuivano i miei compagni di scuola, anche
se
nessuno si azzardava a chiedermelo direttamente. E poi certo,
c’erano gli..
amici di Jacob. Sam, Jared, Paul, Embry e Quil. Loro sapevano sempre
tutto.
Come se le loro menti fossero rimaste in contatto, come se questa
maledetta
roba da lupi non fosse ancora del tutto scomparsa. Come
l’acqua troppo fredda
nella mia doccia: Jacob non sopportava di sentire l’acqua a
più di 10 gradi sulla
sua pelle. Perché era ancora, sempre, troppo caldo.
Questo mi riportò al problema più imminente.
Svegliare Jacob. Uscii dalla
doccia avvolta dall’asciugamano e mi fermai sulla soglia
della mia stanza,
ormai quasi tutta occupata dal letto a una piazza e mezza che ero
riuscita a
farci entrare. Guardai Jacob disteso, ancora immerso nel sonno, ormai
padrone
di tutto il materasso: mi sentii sommergere dalla tenerezza, ma anche
dall’irritazione. Con un attimo, fradicia com’ero,
mi buttai addosso a lui.
“Bella ma che fai” gridò Jacob,
finalmente sveglio. Con una mossa repentina e
istintiva, mi aveva bloccato sul suo corpo e mi teneva stretta. Quando
si
accorse che ero fradicia e che l’avevo fatto apposta,
scoppiò a ridere: “Che ti
prende Bella, vuoi farmi venire uno shock termico?”
“Vorrei che ti alzassi Jake, e ti sbrigassi renderti
presentabile. Oggi ci sono
le prove ufficiali, dobbiamo essere in chiesa per
mezzogiorno!”
“Accidenti… mezzogiorno”
mugolò Jake, senza mollare la presa sulle mie braccia.
“Se facciamo un po’ tardi che succede?”
mi chiese con occhio improvvisamente
birichino, mentre con un’altra mossa istantanea si girava sul
letto portandomi
sotto di sé. “Jake, succede che devo accompagnare
mio padre all’altare,
accidenti a te” sbuffai, cercando di liberarmi della sua
presa. Ma gli sorrisi,
perché Jake non era in grado di farmi mai veramente
arrabbiare. Sarei rimasta
anche io nel letto con lui, e volentieri, ma non era proprio possibile.
Lo
baciai, un bacetto veloce, a stampo, e sgusciai sotto di lui.
“Sbrigati”, gli
sibilai.
Scelsi i vestiti a casaccio, tanto mi sarei sentita comunque fuori
posto con
qualunque abbigliamento. Ma visto che i jeans mi sembravano onestamente
troppo,
avrei optato per una gonna color crema e una camicetta
marrone… che non trovavo.
Ma dove diavolo l’avrò messa, pensai. Con Jake e
il suo casino nei paraggi, era
impensabile cercare di mantenere anche solo una parvenza di ordine.
Sospirando,
scelsi un'altra maglia dal cassetto e mi girai a controllare a che
punto fosse
Jake. Lo vedevo armeggiare intorno alla camicia che si era portato da
casa:
l’unico completo che possedeva, che gli andava decisamente
piccolo ormai. “Ok
Jake, domani andiamo a Port Angeles a scegliere un cavolo di vestito
della tua
misura” Sentivo il peso di dover prendere io tutte le
decisioni. Mi sembrava di
essere tornata a vivere con Renèe. “Non li
fanno” brontolò Jacob, mentre
decideva di lasciarsi aperto il colletto. “allora chi
è alto due metri come te
non ha diritto a un vestito elegante?” gli chiesi maliziosa,
alzandomi in punta
di piedi per baciargli la guancia. Ricambiò il mio sguardo,
e velocemente mi
abbracciò alzandomi di almeno dieci centimetri da terra. Mi
persi nello scuro
velluto dei suoi occhi. Jake, oh Jake. Come farei se tu non ci fossi.
Lo squillo
del telefono irruppe perforante a spezzare la nostra magia. Mi scossi,
e mentre
Jacob mi metteva giù lo sentii borbottare: “Mica
devo mettermi la cravatta,
no?” “Oggi no ma tra una settimana si..e fatti la
barba!” gli gridai mentre
scendevo le scale al volo. Al telefono era Leah. Voleva sapere se avevo
deciso
qualcosa per il boquet di sua madre. Cazzo, il boquet. Mi ero impegnata
a
regalarglielo io, ma ne ero dimenticata. Con tutti i casini degli
ultimi
giorni, domande per l’università
comprese… mentii sfacciatamente. “Pensavo di
portargli qualche campione domani pomeriggio. Ma non ci vediamo fra
dieci
minuti in chiesa Leah?” “No”, mi rispose
seccamente la mia quasi sorellastra,
ed attaccò. Sospirai. Non ero molto simpatica a Leah, non so
perché. Lei non
era simpatica praticamente a nessuno, e non stentavo a crederlo. Dopo
l’abbandono del suo uomo, Sam, che aveva avuto
l’imprinting con sua cugina
Emily, Leah non si era mai veramente ripresa, e il suo carattere ne
aveva
risentito. Poi, la morte del padre. E adesso, il nuovo matrimonio della
madre
con Charlie. Evidentemente era troppo per lei. Non potei fare a meno di
pensare
che se fosse vero che il dolore inacidisce, io sarei dovuta diventare
la
persona più odiosa e antipatica della terra.
Certo, avevo i miei momenti, ma tutto sommato mi sembrava di essere
accettabile. Un colpo secco e un’imprecazione soffocata mi
strapparono ai mie
pensieri. Alzai la testa: Jacob era inquadrato dallo stipite della
porta,
contro il quale aveva appena picchiato il testone. Dovevo far fare
anche le
porte su misura? Sorrise, massaggiandosi la nuca. Certo che non ero
diventata
un’acidona, io avevo Jake. Leah non aveva nessuno. Presi nota
mentalmente di
essere più paziente con lei.
Come immaginavo, in Chiesa mancavamo solo noi. Quando entrammo, Charlie
e Sue
stavano parlando con il prete. Intercettai uno sguardo ansioso di mio
padre.
“Bells, grazie a Dio. Stavo cominciando a credere che non
saresti più venuta”
“Papà ma che dici..” gli diedi quello
che voleva essere un buffetto
incoraggiante su una spalla. Lo vedevo francamente terrorizzato.
“Ho fatto tardi io, Charlie. Scusami” intervenne
Jacob dalle mie spalle
tendendogli la mano. Il volto di Charlie si allargò in un
sorriso: non
resisteva mai a Jacob. “Fra poco tocca a noi Bella, tieniti
pronta”.
“Ok”, sospirai, indirizzando un sorriso timido a
Sue, che mi rispose raggiante.
Jacob si mescolò ai suoi amici della riserva che facevano
capannello in chiesa,
io mi sedetti al primo banco, in attesa che il prete mi spiegasse quale
sarebbe
stato il mio terribile e imbarazzante ruolo sabato prossimo. Un raggio
di sole
filtrava dalla vetrata istoriata e colpiva un punto esattamente sulla
testa di
Charlie e Sue. Mi sembrò di buon augurio… anche
il fatto che questa giornata
particolare fosse baciata dal sole, così come speravo e
pregavo con tutte le
mie forze che sarebbe stata quella del matrimonio. A Forks le giornate
di sole
erano così preziose… adesso, nella mia nuova
ottica, era così. Il mio cervello
lavorava senza posa, e fuori dal mio controllo: quello scintillio non
poteva
che riportarmi in mente lui, e la sua pelle di diamante sotto i raggi
del sole.
Ero guarita dall’abbandono di Edward? Non lo so. Il dolore
che mi aveva
annullato e spezzato la vita per mesi era passato, quello era certo. La
voragine che avevo nel petto non si era mai chiusa del tutto, ma solo
riempita.
Di risate nuove, di pomeriggi di sole, di attimi di spensieratezza.
Molto
lontani, all’inizio. Poi sempre più ravvicinati,
fino a formare una palla
compatta, uniforme, che crescendo era diventata della larghezza giusta
del buco
che mi sentivo nel petto. Avevo dimenticato? Questo mai. Ero
sopravvissuta, e
grazie a Jacob. Istintivamente mi girai a cercarlo, e lo individuai
subito, una
testa più su degli altri. Con Jake, da un certo punto in
poi, era stata tutta
una discesa: facile, troppo facile. Le sue braccia erano fatte per
accogliermi,
le sue labbra per baciarmi. Da quel terribile giorno sulla scogliera,
Jake era
diventato la mia scelta. Avevo deciso di vivere, e da allora avere
Jacob al
fianco ne era stata la diretta conseguenza. Incrociai i suoi occhi, e
lui mi
sorrise.
“Ehm… Bella?” Charlie si girò
a guardarmi, gli occhi stranamente lucidi. Mi
alzai in piedi e lo raggiunsi, cercando di sembrare disinvolta. In
realtà,
questa era la situazione più imbarazzante e anomala alla
quale avessi deciso,
coscientemente, di prendere parte. “La nostra Bella
accompagnerà Charlie
all’altare” stava gongolando il Reverendo
“E poi, si metterà qui a destra, e
aspetterà che arrivi Sue, accompagnata dai suoi figli, vero
Sue?” “Da mio
figlio, per la precisione” balbettò Sue
distogliendo gli occhi.
Ancora Leah. Mi ricordai la promessa del boquet. Quel pomeriggio sarei
dovuta
andare a Port Angeles, a qualunque costo. “Vogliamo fare una
piccola prova?”,
mi raggiunse il falsetto del Reverendo. Con Charlie al braccio, e
l’aria da
martire, raggiunsi la porta della chiesa. Mentre aspettavamo il
là
dell’organista, Charlie mi sussurrò in un
orecchio, le labbra così ferme da
sembrare un ventriloquo: “Bella, non è che questo
ti ferisce, vero?” Mi girai a
guardarlo, di scatto “papà, ma che
dici…cosa dovrebbe ferirmi?” “per la
mamma
dico, il matrimonio, Sue e tutto il resto… tu lo sai che tuo
madre resta il mio
grande amore, non la ringrazierò mai abbastanza solo per
avermi dato te..”
“papà, ti prego” Gli occhi mi si erano
riempiti di assurde e sciocche lacrime.
Sorrisi, mentre partivano le note dell’organo e tutta la
chiesa mi appariva in
uno sfocato 3D. “Va tutto bene papà. Anzi,
benissimo”
II capitolo. Un messaggio dal passato
Dopo la mattinata impegnativa, trascorsi il pomeriggio trastullandomi
in attesa
di Jacob, rimasto a La Push per sbrigare alcune faccende con suo padre.
Sapevo
che in realtà Billy desiderava parlargli, sicuramente a
proposito della nostra
situazione sentimentale. Le ore erano lente e dense come melassa,
faceva troppo
caldo per fare qualunque cosa. La testa cominciava a ciondolarmi sul
collo
quando lo schiocco della porta d’ ingresso mi
avvertì che Jacob era a casa.
L’attimo dopo, sentii le sue morbide labbra sulle mie, e le
sue mani calde che
mi stringevano il viso.
Baciare Jacob era diventato il mio passatempo preferito, in effetti.
Non c’era
istante nel quale mi sentissi più viva, se non quando i
nostri corpi erano in
contatto. Anche quello era un grande cambiamento per me: gli
avvenimenti degli
ultimi mesi mi avevano resa più attaccata ad ogni singolo
aspetto fisico della
vita di quanto lo fossi mai stata in 20 anni. Lasciarmi andare,
ascoltare il
mio corpo: tutte cose che mi aveva insegnato Jake, con grande pazienza.
Mi ero
lasciata condurre, e i risultati non si erano fatti attendere: la mia
fiducia
in Jacob era tale da abbandonarmi senza domande, senza riserve, e
c’erano stati
dei momenti, rari e preziosi, durante i quali non avevo avvertito
nessuna
voragine nel petto. Né piena, né vuota,
semplicemente sembrava non fosse mai
esistita. Valeva la pena lottare, mi suggerivano quei momenti.
Jake era come una cascata, un torrente in piena: difficile da
contenere. Anche
adesso, in pochi minuti, ci trovavamo avvinghiati sul divano in un
intreccio
impensabile di gambe e braccia che non sarei riuscita a districare
senza il suo
aiuto, neanche volendo. Ero stretta alle sue spalle, e per niente al
mondo
avrei lasciato la mia posizione, ma con fatica mi allontanai dalle sue
labbra
vellutate per domandargli: “Billy voleva farti un
po’ di ramanzina, non è
così?”. Jacob fece una smorfia, solo un secondo di
tensione nel viso scolpito.
“Mmm…si. Pensa che io ti stia rovinando la
reputazione”.
“Bè, ma è così!”
esclamai ridendo. Cercai di tirarmi a sedere: “Gli hai
spiegato che non c’è niente di tragico in tutto
questo? Che siamo nel 2009 e
stiamo insieme come capita ad ogni altro ragazzo della nostra
età?”. Jacob si
era fatto serio, all’improvviso. Smise di baciarmi e di
accarezzarmi, si
sedette sul divano guardando in basso, imbarazzato. “Bella,
mio padre pensa che
dovremmo prendere una decisione di qualche tipo… riguardo al
nostro rapporto.
Dice che quando rimarrai sola in questa casa non sarà
più accettabile che io
venga a trovarti così…spesso. Dice anche che tu
l’anno prossimo devi andare
all’università, mentre io rimarrò qui a
La Push, devo almeno finire la scuola.
Insomma Bells, un po’ sono d’accordo anche io..
dovremmo fare qualche passo in
avanti”
“Che tipo di passo, Jake?” la voce mi era uscita
più tagliante di quanto avrei
voluto. “Ti prego non farmi questo – pensavo con
forza- non tradirmi, non anche
tu”. Mi ricordavo di essere stata chiara con Jacob: nessuna
fretta, nessuna
pressione, nessuna pretesa. Jacob mi strinse le mani, entrambe,
portandosele
alla bocca: “Bella, io ti amo. Non voglio niente di
più che starti vicino, lo
sai bene. Ma il nostro rapporto è la cosa più
bella che mi è capitata da quando
sono nato, capiscimi se lotto per difenderlo. Le cose cambieranno
quando ci
vedremo solo nei week-end. E poi ha ragione Billy, non voglio
sgattaiolare in
camera tua tutte le notti come un ladro” ll suo viso si
contrasse in una
involontaria smorfia di disgusto. “Bella, ragiona”
Distolsi lo sguardo. “Fare finta che il problema non esista
non funziona.
Esiste.” I suoi occhi sputavano fiamme. Mi sentii invasa da
una leggera ondata
di panico. “Jake, qual è il tuo piano?”.
“Pensavo che…dovremmo uscire allo
scoperto. E che dovremmo andare a vivere insieme, nella Riserva. Che ne
dici?”
Aveva detto le ultime parole tutte insieme, arrossendo.
“Nella Riserva è
diverso, possiamo vivere come ci pare. E se vorrai andare lontano per
studiare…
bè, io ti aspetterò, Bells. Mi fido di te, e del
nostro amore” Vivere insieme,
a La Push. Per un attimo, nitidissime, mi balenarono in mente immagini
di me e
Jacob in una casetta di legno, vicino al fuoco. Soli, felici,
dimentichi di
tutto. Vivere nella Riserva ci avrebbe liberato da molte delle regole
di
convenienza civile che ci gravavano addosso, soprattutto a me, la
figlia del
capo Swan. La Push era un mondo a parte, dove i Quileute si regolavano
come
meglio credevano. Sarei stata di nuovo vicino a Charlie. E a Sue,
Billy, Seth,
e anche a Leah… come una nuova, grande famiglia. Che io non
avevo mai avuto,
abituata com’ero stata a badare a Renèe prima e a
Charlie poi. Una fuga in un
mondo perfetto, eccola di nuovo a portata di mano.
La carezza lieve ma bollente di Jacob mi riscosse dai miei pensieri.
“Che ne
dici, Bella?” Lo guardai negli occhi, così colmi
d’amore, in quel momento, da
fare quasi male. “Jake, ne riparleremo, con più
calma. Dopo aver scelto un
vestito per sabato prossimo, e aver procurato un boquet a Sue, prima
che Leah
mi rovini l’entrata in Chiesa con Charlie staccandomi la
testa” Jacob rise,
rumorosamente. Percepii sollievo nella sua risata, era certo che in
modo o
nell’altro avremmo fatto come diceva lui. Curiosamente, anche
io mi sentivo
sollevata, come se avessi messo una specie di ipoteca sul futuro.
Jacob, la
Riserva, la mia famiglia, forse anche un college abbastanza vicino da
farmi
tornare a casa nei weekend. Da molti mesi a quella parte, per la prima
volta,
mi sentivo seriamente fiduciosa in un futuro amichevole.
Qualche bacio dopo, spedii Jacob a prepararsi per la nostra uscita a
Port
Angeles. Mentre lo sentivo strascicare i piedoni dalla mia stanza,
obbligato a
cambiare il suo look esclusivamente a base di short stracciati con uno
più
consono ad una città, aprii il pc. Era da molto che non
controllavo la posta
elettronica, senz’altro avrei trovato qualche mail di
Renèe che si informava
del matrimonio di papà con una sorta di sadico divertimento.
Mia madre non era gelosa,
assolutamente no. Anzi, si
divertiva all’idea di Charlie alle prese con un nuovo
matrimonio, immaginando
le difficoltà legate al carattere burbero che tutte e due
conoscevamo bene.
Sulle prime, quando aprii il programma, rimasi a leggere le sillabe
senza
capire bene cosa stessi articolando nella mia mente. Era lì,
in neretto, fra la
posta non letta: il mittente risaltava a chiare lettere. Componevano un
nome,
Alice Cullen. Per qualche secondo il mio cervello si
scollegò, rifiutandosi di
connettere. Il nome alla persona, la persona alla situazione, alla
voragine, al
nulla: la testa cominciò a girarmi e il portatile mi
sfuggì di mano. Alice,
Alice Cullen mi aveva mandato una mail. Non respiravo bene, ma un
pensiero
cominciò a farsi strada sgomitando nel mio cervello in
congestione: Jacob. Non
doveva sapere, non dovevo dirglielo. La decisione di mentirgli fu
automatica,
immediata. Un riflesso dell’altra Bella, quella acquattata
dietro la voragine,
quella che aveva scelto i Cullen e li avrebbe seguiti e difesi fino
alla morte,
fino alla non-vita addirittura.
Non so come indussi la mia mano a far si che il mouse riuscisse ad
aprire la
mail di Alice. Il dolore mi era esploso nella testa come una bomba
atomica,
faceva caldo, troppo. Il viso niveo e perfetto di Alice, la sua
pettinatura da
folletto, il suo sorriso contagioso, rimbalzavano fra le pareti della
mia
mente. Mi imposi di fermarmi, di leggere la mail prima che altre
immagini
tornassero dal limbo al quale le avevo destinate: non avrei retto,
sarei
svenuta e Jake mi avrebbe trovato riversa sul pc con la mail di Alice
in bella
vista.
Carissima Bella
Non trovo le parole adeguate per scusarmi con te per il mio silenzio.
Ho
sofferto e lottato contro ogni mio istinto, per impedirmi di venire da
te. Non
ho mai smesso di tenere d’occhio il tuo futuro, spero che non
ti dispiaccia troppo.
Vedevo solo lacrime e disperazione, e a un certo punto, più
nulla. Poi ho
capito un po’ di cose, e adesso so, anche se non lo vedo
bene, che le cose per
te vanno meglio. Questo mi fa pensare di aver fatto la scelta giusta
tanti mesi
fa, quando ho represso l’istinto di proteggerti. Forse tutti
abbiamo fatto le
scelte migliori che potevamo.
Oggi ti scrivo queste righe per avvertirti di qualcosa che potrebbe
sconvolgerti: voglio prepararti. Probabilmente io e Jasper, Carlisle e
forse
anche Emmett torneremo a Forks per un po’. E’
necessario, perché ho visto
tornare Victoria. Non ti spaventare Bella, non ce
n’è motivo. Sapevamo che non
si sarebbe arresa, e anche se è stata cacciata dai.. tuoi
amici, aspettava solo
il momento per colpire di nuovo. Adesso pensa che abbiamo abbassato la
guardia,
e proverà l’effetto sorpresa. Non ha fatto i conti
con me, ovviamente! Torniamo
a finire quello che abbiamo iniziato, Bella. Carlisle e tutti noi
riteniamo che
non sia giusto che altri rischino la vita per una questione che
riguarda solo
noi Cullen.
Fai tanti auguri a Charlie, non credo che ci riuscirò di
persona. Jacob e gli
altri si accorgeranno presto sia di noi che di Victoria. La parte
debole di me
si augura di riuscire a vederti, anche solo per qualche attimo.
Ti abbraccio forte, e ti porto i baci e i saluti di Esme e di Carlisle.
Ovviamente, anche di tutti gli altri.
Alice.
Le parole di Alice continuavano a
ballarmi davanti agli
occhi come foglioline d’inchiostro impazzite. Victoria stava
tornando, di nuovo.
L’anno scorso Jacob e i suoi amici l’avevano
inseguita fino a quando non era
scomparsa nel mare. Avevo sperato con tutto il cuore di non
interessarle più:
non ero che una fragile umana, abbandonata dai suoi amici vampiri e con
protettori pericolosi come i licantropi. Laurent, il suo compare, aveva
sperimentato di persona quanto pericolosi. Da quando… ero
stata lasciata, aveva
cercato di convincermi Sam, il proposito di vendetta di Victoria
perdeva il suo
senso, e diventava per lei troppo rischioso perseguirlo. Il tempo aveva
dato
ragione a Sam, almeno fino a quel momento. Alice conosceva Jacob, e il
branco.
Sapeva che loro si sarebbero immolati per proteggermi, ecco
perché i Cullen
tornavano a Forks. Dovevo dirlo a Jacob, o aspettare che si accorgesse
da solo
del ritorno dell’incubo? Ricominciava tutto, fatalmente,
daccapo. Solo che
stavolta la stessa situazione ci trovava in posizioni molto diverse.
Victoria,
la vampira rossa, tornava per uccidermi, perché il mio
compagno aveva ucciso il
suo. Oggi non c’era più nessun compagno da ferire
con la mia morte. O meglio,
ce n’era un altro. Che fosse quello lo scopo di Victoria? La
paura rischiava di
farmi perdere il senno.
Jacob era sulle scale, pronto per uscire. “Ehi
Bella”
“Si?” strillai, chiudendo di scatto il pc.
Nonostante i miei tentativi di
dissimulazione, dovevo avere un aspetto spaventoso.
E infatti, Jacob si spaventò. Scese gli ultimi gradini
lentamente, fissandomi.
“Bella, che hai”. Non era neanche una domanda. Vidi
riflessi nei suoi occhi
attoniti il mio pallore, lo sguardo attonito, i muscoli facciali
irrigiditi.
Dovevo mentirgli? Perché poi? Si sarebbe accorto a breve del
ritorno di
Victoria: i suoi geni mutevoli erano il campanello d’allarme
più efficace del
mondo. Anzi, strano che il branco non si fosse già
ritrasformato e non in
questo momento non fossero tutti fuori a ululare nel mio giardino per
chiamarlo. Ma una parte di me si aggrappava disperatamente alla mail di
Alice
come a una speranza falsa e terribile, quasi oscena… i
Cullen tornavano, tornavano
per proteggermi. Edward dov’era? Alice non lo aveva nominato
ma non potevo
credere che avrebbe mandato i suoi fratelli a combattere senza di lui,
proprio
lui che uccidendo James si era messo all’origine di tutto.
Forse sarebbe
tornato. Forse l’avrei rivisto. L’idea di rivederlo
mi spezzò il fiato, stavo
per svenire.
Jacob era inginocchiato davanti a me, le sue mani bollenti sul mio
viso.
“Bella…ti prego”. Era più
caldo del solito. Si sarebbe trasformato a breve,
probabilmente appena avesse saputo del ritorno dei Cullen. Avrei dovuto
dirgli
la verità, e subito. Ma la Bella malvagia nella mia testa
continuava a
ripetermi che mi avrebbe impedito di vedere Edward.
“Jake…” cominciai. Ma in quel momento un
colpo sordo alla porta di casa mia
annunciò un visitatore impaziente.
“Jacob!” ruggì una voce da fuori. Era
Sam.
III capitolo. Fuoco e
ghiaccio
Non ci diede neanche il tempo di rispondere. Sam era già
entrato in casa e ci
fissava serio, concentrato. Fissava me. Jacob, ancora accoccolato
davanti al
divano, lo guardava con occhi grandi e pieni di confusione.
“Sam..forse non è
il momento giusto”.
“Jacob, non posso rimandare. Questa non è una
visita di piacere. La
succhiasangue rossa è tornata”
Sentii una scarica di elettricità passare nel corpo di
Jacob, che
istintivamente si alzò e mi si parò di fronte,
dandomi le spalle. “Nei sei
sicuro?” L’adrenalina assorbì
velocemente il suo shock. Avrei voluto poter dire
altrettanto. “L’abbiamo fiutata ieri notte. Mi sono
trasformato per la prima
volta dopo mesi. Ho capito che ce n’era qualcuno in giro. Non
è sola stavolta,
Jacob”
“Quanti sono?” Nessuno pensava a me, ero
abbandonata al mio shock, le dita
ancora contratte sul pc, la mail di Alice che mi scottava i pensieri.
Riuscivo
a malapena a seguire le parole di Sam.
“Una decina, o forse di più” Sam si
girò a guardarmi, poi tornò a Jacob
“porta
Bella alla Riserva, Jake. Dobbiamo andare, subito”.
Nello spazio di qualche attimo, realizzai che Jacob stava per partire
all’inseguimento di Victoria e dieci vampiri assetati di
sangue. Mentre mi
toccava una mano per farmi alzare e sballottarmi alla Riserva come un
pacco
postale, esplosi: “No Jake! Non andare!”
“Bella, ma non capisci?” Jake era teso come una
corda di violino, i lineamenti
si erano fatti duri. La bocca era solo una linea. “La
succhiasangue è tornata
per te. Io devo proteggerti -si girò a guardare Sam, sempre
immobile accanto
alla porta- noi dobbiamo proteggere te e tutta Forks”
“E’ troppo pericoloso, Jake” ansimai
“Non potete sconfiggere Victoria e altri
come lei… non da soli”
Sam mi guardava, un sorriso sardonico sulle labbra. “Siamo
più forti di quanto
pensi, Bella”
Ero a corto di parole e di inventiva. Non mi veniva in mente niente da
dire che
potesse mettere al sicuro Jacob e contemporaneamente preservare il mio
segreto
sulla mail di Alice. “Non è detto che dobbiate
farlo… da soli” gracchiai.
Sam e Jacob mi fissarono, espressioni speculari ma diverse. Irritato
Sam,
preoccupato Jacob.
“Cosa vuoi dire?” gli occhi di Jake erano frecce
acuminate. “Siamo nel nostro
territorio, questo è il nostro preciso dovere. La ragione
per cui la natura ci
fa questo scherzetto. Il fatto che questa schifosa voglia distruggere
proprio
te mi dà un pizzico di motivazione in più,
Bella”
“Hai capito cosa intendo” buttai là,
disperata.
“Che cosa, Bella? Stai perdendo la testa?” Jacob
era spazientito, voleva
soltanto portarmi via da lì al più presto. Dovevo
dire quel nome, prima o poi.
“Anche i Cullen sanno del ritorno di Victoria”
Ecco, era fatta. L’avevo detto. Chiusi gli occhi per non
vedere la reazione di
Jacob.
“I… Cullen?” la sua voce conteneva la
furia più nera che avessi mai sentito
“Cosa c’entrano i Cullen?”
scandì lentamente. “Guardami, Bella”
aprii gli
occhi, e Jacob mi sovrastava. Cominciava a tremare. “Lo hai
rivisto?” La sua
voce sembrava provenire da un posto molto lontano. Sam
scattò vicino a noi, la
mano sul petto di Jacob. “Stai calmo, fratello”
Jacob inspirò a fondo, e quando riaprì gli occhi
era tornato in sé. Lo
fronteggiai. “Non l’ho..rivisto”
Lui non parlava, aspettava che lo facessi io.
“Alice mi ha mandato una mail”
Jacob mi guardò come se fossi fuori di testa. “Una
mail? Da quando i vampiri
con i superpoteri usano la posta elettronica?”
“Voleva avvertirmi che verranno loro a sistemare la cosa. Non
vogliono che… voi
rischiate la pelle per colpa loro” adesso che la voce mi era
tornata, mi
sentivo un po’ più sicura di me e della mia
verità.
“E’ una trappola, Bella” Jacob si era
allontanato da me, a braccia conserte.
Era lontano anni luce dal Jacob che era salito al piano di sopra per
vestirsi.
“Alice Cullen avrebbe trovato un altro modo per parlarti.
Sarebbe volata in
camera tua, o ti avrebbe aspettato in qualunque posto tu avessi
intenzione di
andare da sola. Vede il futuro no?”
“lei voleva… avvertirmi. Senza spaventarmi
troppo”
“Che gentile” era tornato ad essere
l’irritante Jacob che ricordavo bene.
“Bene, io non ci credo. Cullen o no, tu vieni alla riserva
con me, adesso. Ai
tuoi amici vampiri buoni ci penseremo più in
là…adesso mi interessano i
cattivi”
“Io ci credo” Sam non aveva più parlato,
e mi ero quasi dimenticata della sua
presenza, occupata com’ero a fronteggiare la rabbia al calor
bianco di Jacob.
“Qualche tempo fa la vampira che vede il futuro è
tornata a Forks.. per
parlarmi”
Cosa? Alice a Forks, e io non lo avevo saputo?
“Quando?” chiedemmo insieme io e Jacob, toni di
voce uguali ma opposti
“Tempo fa. Non è importante il quando. Si era
preoccupata perché non vedeva più
il futuro di Bella. Ci conosceva, sapeva del branco e del patto con
Ephraim. Abbiamo
capito che non riesce a vedere noi licantropi nelle sue visioni. Da
quando hai
cominciato ad essere sempre con Jacob, sei sparita dalla sua visuale.
E’
tornata da sola, ed è venuta direttamente da me. Mi ha
chiesto notizie su
Bella, e mi ha avvertito che la rossa sarebbe tornata, prima o poi. Si
è fatta
promettere che in quel caso l’avremmo combattuta insieme. In
qualche strano
modo da succhiasangue… vuole bene a Bella”
Gli occhi mi si erano riempiti di lacrime pungenti. Al più
lieve movimento mi
avrebbero inondato le guance. Certo che Alice mi voleva bene. Come io
ne volevo
a lei. Era mia sorella, era stata sul punto di esserlo. Jacob non
avrebbe
capito, lo sapevo. Mi guardava freddo, quasi cattivo. Si rivolse a Sam.
“Potevi parlarmene”
“Non mi è sembrato il momento adatto” la
voce di Sam aveva qualcosa della
sfida.
“Bene, il piano non cambia. Bella andrà a La Push.
Metteremo ai voti la
proposta di aiuto dei Cullen”
Jacob fece una smorfia. Facile intuire quale sarebbe stato il suo voto.
Uscirono dalla stanza uno davanti e l’altro dietro a me.
Salii sul pick-up, ma
Sam mi precedette. “Io vado… a piedi. Ci vediamo
alla riserva”
Jacob si era seduto al posto di guida, nero in volto come la notte. Mi
aspettava un lungo viaggio.
Probabilmente pensava di non parlarmi mai più. Uscimmo da
Forks in completo
silenzio. Io ero troppo spaventata e mi sentivo troppo in colpa per
parlare per
prima. Ma sapevo di dover dire qualcosa, dopo un quarto d’ora
di viaggio il
silenzio tormentava ancora di più i miei nervi sfilacciati.
Decisi di giocarmi
la carta dell’onestà:
“Jacob… io non l’ho mai
rivisto”
Non staccò gli occhi dalla strada. “Ti
credo”
“Mi.. credi? Allora perché hai il muso?”
Si girò a guardarmi. I suoi occhi erano tornati umani, anche
se non c’era
niente del mio dolce Jacob nel volto teso che avevo di fronte.
“Sono solo
preoccupato”
“Sei preoccupato per Victoria e i suoi?”
“Si. E per il ritorno del tuo ex fidanzato” Anche
Jacob aveva deciso di uscire
allo scoperto. Lo apprezzai.
“Jacob…non tornerà. Alice mi ha scritto
che verrà a Forks con Jasper, Carlisle
e forse Emmett. Basta”
“Allora perché non mi hai detto che ti aveva
scritto? Che cos’altro ti avrebbe
spinto a mentirmi se non…lui?”
C’era dolore nella sua voce. Nel suo profilo corrucciato vidi
le insicurezze e
i tormenti che doveva aver passato, mese dopo mese, restandomi accanto.
Jacob
non aveva mai smesso di temere Edward e il mio amore stroncato per lui.
Mi
sentii il petto in fiamme, colmo di amore.
“Jacob…” eravamo arrivati a La Push.
“Avevo appena ricevuto la mail quando è
arrivato Sam. Non ti ho nascosto nulla. Permetti ai Cullen di
aiutarvi… anzi
lascia fare a loro. E poi dimenticali”
“Come hai fatto tu?”
Mi sentii assurdamente offesa e ferita dalle sue parole. Ma non potevo
sperare
che Jacob non avesse notato la mia reazione al racconto di Sam. Lo
guardai
ancora, e rinunciai a spiegargli, a difendermi. Jacob mi amava, io
amavo lui,
ma lui non avrebbe mai capito.
***
Eravamo a casa di Sam. Il branco era fuori, ancora in forma umana
almeno
all’apparenza. Entrai dentro senza salutare nessuno e senza
voltarmi indietro.
Nella piccola cucina c’era Emily, la dolce Emily con il viso
violato, intenta a
intrecciare fiori in una specie di ghirlanda, o almeno così
mi parve. Il
silenzio della casa, la sua luce e la fragranza dei fiori calmarono
all’istante
il mio cuore in tumulto. Mi abbandonai su una sedia: “Ciao
Emily”.
I suoi occhi d’ossidiana mi guardarono con simpatia.
“Brutta giornata, eh
Bella?”
“Ne ho avute di migliori –abbozzai un sorriso- ma
anche di peggiori”
“Già”
Per un po’ Emily continuò il suo lavoro, assorta.
Mentre ero intenta a
sbirciare fuori dalla finestra, dove non c’era più
traccia del branco, la sua
voce mi fece sobbalzare: “Non pensi mai a lui?”
Era chiaro di chi “lui” stavamo parlando. Il volto
antico di Emily mi fissava,
senza tradire la minima emozione. Risposi d’istinto,
sinceramente: “Qualche
volta si”
Emily abbassò gli occhi, ma non lessi giudizio nel suo
sguardo. “Ma da quando
c’è Jake… è
diverso” mi affrettai a precisare. Emily sorrise,
comprensiva. “E’
stato come vivere una specie di strano sogno. Quando è
finito, mi sono dovuta
esercitare un po’ per tornare a camminare fra i vivi. Ma
grazie a Jacob… ce
l’ho fatta.”
“Un sogno?” chiese Emily distratta, mentre
strappava abilmente lo spago con i
denti “nei sogni non ci sono mostri, Bella”
Mi arrabbiai all’istante. Edward non era un mostro.
“Lui era diverso, Em. Era
buono e gentile e come lui anche la sua famiglia. Lo stanno dimostrando
anche
adesso, intervenendo per proteggermi dai mostri veri. Capisco il tuo
punto di
vista ma…” mi interruppi quando lessi la
compassione nel suo sguardo.
“Scusami. So che Edward Cullen è stato un freddo
atipico, di buon cuore, come
suo padre e i suoi fratelli. La sua natura però alla fine ha
vinto Bella… se ne
è andato”
Il dolore mi colpì di nuovo, inaspettato e aspro, come una
martellata. “Si, se
ne è andato. Non gli porto rancore per questo”
“Lo ami” affermò Emily semplicemente, le
mani instancabili al lavoro ma gli
occhi fissi nei miei. “Lo ami ancora”
Tacqui. Il peso delle parole era troppo per me. Dal centro del petto
avvertivo
sinistri scricchiolii.
“Jacob lo sa, Bella. Non c’è niente di
male. I freddi hanno una strana
influenza sugli esseri umani. E’ naturale che fatichi a
liberarti di un
incantesimo così potente”
Un incantesimo? Ma cosa blaterava la mia quasi-cugina? Non
c’era nessun
incantesimo, c’era stato soltanto un ragazzo incredibilmente
bello e perfetto
come Edward che, a un certo punto, aveva capito che poteva avere di
meglio che
una fragile umana attira-guai.
“Ti piace?” chiese Emily a sorpresa, spiazzandomi.
Si riferiva alla bellissima composizione di fiori che aveva in grembo.
“Penso
che a Sue piacerà. E’un boquet
particolare…viene dalla Riserva, come noi”
Certo, il boquet. “Grazie, Emily” sussurrai
vergognosa.
Emily si alzò con grazia. “Vado a prepararti una
tisana. Roba Quileute, ti farà
stare meglio”
Con la tisana di Emily che mi riscaldava gradevolmente lo stomaco,
uscii a fare
una passeggiata sulla spiaggia di La Push. Era un posto magico per me,
che mi
infondeva una pace interiore profonda. E Dio sa se oggi ne avevo
bisogno.
Pensieri mi si accavallavano in testa senza posa: Victoria,
l’incubo dai
capelli rossi, era tornata per vendicare il suo James. E non era sola.
Chi
erano gli altri? Amici di Victoria e James, magari anche di Laurent?
Jacob e i
suoi erano fuori, proprio in questo momento, per cercarli e
combatterli. Provai
a non pensare alla carne calda dei lupi in confronto alla pietra di cui
erano
fatti i vampiri. I lupi Quileute erano fatti per combattere i freddi,
come loro
li chiamavano, questo lo sapevo. Nei secoli le tecniche di
combattimento si
erano affinate, e tramandate con i geni insieme alla loro strana
mutazione.
Jacob, e anche Billy, mi avevano raccontato queste storie, ma non
riuscivo a
credere fino in fondo che esistesse qualcosa di più
pericoloso e letale di un
vampiro assetato. Li avevo visti correre e saltare, conoscevo i loro
straordinari sensi e la loro ferocia davanti al sangue: Jacob e gli
altri al
confronto, anche in forma di lupi, continuavano ad apparirmi indifesi,
e
fragili. Nella mia testa ci fu un rapido cambio di immagine: gli occhi
neri di
Jacob, spaventati, feriti, timorosi di perdermi. La sua assurda rabbia
e i miei
goffi tentativi di negare l’evidenza: Edward Cullen, dopo
mesi dalla sua
sparizione, era ancora in grado di toccare corde profonde dentro di me.
Dolore,
nostalgia. Forse ancora amore, come diceva Emily. Non avevo avuto
grande
scelta, di fronte al suo abbandono: morire o sopravvivere, e il mio
istinto di
conservazione aveva avuto la meglio. Potevo vedere la scogliera dalla
quale,
quel giorno piovoso di tanti mesi fa, ero sul punto di buttarmi: oggi
mi
sembrava impossibile che avessi solo pensato di farlo. Chiusi gli
occhi, e
aspirai a fondo l’aria umida. Come quel giorno, quando mi
mancava solo un passo
per gettarmi fra le onde: all’improvviso avevo sentito la
morsa bollente di
Jacob sulle mie braccia. Era sconvolto, forse più di me.
“Bella..volevi
ucciderti?” ancora ricordavo l’accento disperato
della sua voce. Alla fine ero
stata io a consolare lui, mentre prendeva a calci le pietre prima, e
poi mentre
si lasciava cullare contro il mio petto, grande e grosso
com’era, scosso dai
singhiozzi. “Non posso credere che sei arrivata a questo, non
posso credere di
contare così poco per te”.
Forse era stato quello il momento nel quale avevo capito che dovevo
conservare
intatta me stessa, almeno per amore di chi mi era accanto: Charlie,
Renèe, e
anche Jacob, che in quei mesi si era dedicato a me con pazienza
infinita. Jacob
mi aveva curato l’anima con il suo calore, con la sua
dolcezza ruvida, con il
suo darsi incondizionato e fiducioso. Qui, su questa panchina naturale
sulla
quale mi ero accoccolata, ci eravamo baciati la prima volta. La
malinconia mi stava
penetrando nelle ossa. Jacob…dove sei?
La passeggiata era finita: avevo le ginocchia rigide e
l’umidità mi aveva
coperto con una patina appiccicosa. Mentre mi preparavo a rientrare in
casa,
qualcosa attirò il mio sguardo: un luccichio, proprio alla
fine della spiaggia.
Era il tramonto, lingue di fuoco e lapilli arancione inondavano il
mare. Ma
cosa c’era sulla spiaggia che brillava di luce propria? Sulle
prime mi sembrò
una lampadina intermittente. Poi guardai meglio, e il mio cuore
cessò di
battere. Quel qualcosa brillava come una cascata di diamanti alla luce
morbida
del sole morente. Conoscevo solo una cosa capace di emettere un
brillìo così
intenso e delicato al tempo stesso… in apnea, considerai la
terribile ipotesi
che Victoria fosse lì, sulla spiaggia, dopo aver ucciso il
mio amore e tutti
gli altri lupi, in attesa di gustare la sua terribile e definitiva
vendetta. Mi
sforzai di aguzzare gli occhi fino alle lacrime, ma intanto i miei
piedi mi
guidavano in quella direzione: era questo l’incantesimo dei
freddi di cui
parlava Emily? Erano in grado di attirarmi verso la morte, di mia
spontanea
volontà?
Mentre camminavo sempre più velocemente, con i battiti di
nuovo a 1000 e lo
stomaco in panne, mi sorpresi a coltivare speranze assurde. Lo
scintillio era
molto più lontano di quanto mi fosse sembrato, e i miei
piedi non erano
abbastanza veloci. Chi sei, mormoravo dentro di me, in preda a una
folle
determinazione, mentre mi affrettavo verso una probabile e dolorosa
morte. Il
vampiro, chiunque fosse, era fermo sulla spiaggia, con i piedi quasi
nell’acqua. Non era Victoria, mi sibilava il mio inconscio.
Forse era uno dei
suoi amici, un vampiro che non conoscevo. Che mi aspettava,
assurdamente
immobile sulla spiaggia di La Push, potenzialmente esposto anche lui al
pericolo mortale del branco. Non me ne accorsi al momento, ma stavo
già
correndo. Perché per quanto il cuore può essere
offeso, mutilato e straziato,
non smette mai di sperare, ammette sempre l’impossibile se
significa la fine
delle sue pene. Mentre correvo verso il mio sogno infranto, dimentica
di Jacob,
dell’amore che gli portavo, delle sofferenze e delle
promesse, dimentica dei
passati lunghissimi mesi ed ebbra soltanto di una patetica speranza,
anche il
brillìo cominciò a muoversi nella mia direzione.
E inutile dire che fu molto,
molto più veloce di me.
“Alice!” gridai senza fiato mentre ricevevo il suo
abbraccio di ghiaccio.
Il profumo dolce e meraviglioso della mia stupenda amica mi aveva quasi
stordito. Alice era lì, in territorio Quileute, dimentica di
ogni regola o
patto, e mi stringeva fra le braccia, commossa quasi quanto me.
“Bella…” i suoi occhioni ambrati mi
inchiodarono, e come in un gigantesco
rewind il peso della mia favolosa vita passata mi ricadde sulle spalle,
condita
dall’amarezza feroce della perdita “Ti ho vista
sola, senza lupi intorno, e non
ho resistito. Oh Bella, come stai? Mi sei così
mancata”
A me mancavano le parole, sentivo i lacrimoni scendere sulle mie guance
senza
che potessi fare assolutamente nulla per fermarli. “Tesoro,
stai tranquilla…”
Alice mi abbracciò di nuovo, ancora più forte:
“Non permetteremo a Victoria di
farti del male Bella, te lo giuro” Si sciolse
dall’abbraccio e di nuovo mi
fissò, risoluta: “E non le permetteremo di fare
del male a nessuno, mi hai capito?”
Dolce Alice, che pensava che stessi piangendo di paura. Invece piangevo
di
gioia, si, ma anche di terribile dolore perché per un attimo
solo, o forse di
più, avevo sperato che ad aspettarmi sulla spiaggia ci fosse
qualcun’altro.
Ma non c’era tempo da perdere in lacrime. Alice aveva fretta,
e rispose così
alla mia preoccupazione perché si trovava a La Push:
“Si si, me ne vado via
subito! Quel grosso cane non avrà il coraggio di rompere il
patto solo per una
passeggiatina… siamo venuti per aiutarli
dopotutto!”
“Alice, ma chi sono quelli insieme a Victoria?”
“Temiamo che siamo neonati, Bella… vampiri che
Victoria ha creato apposta per
farli combattere, e probabilmente morire in questo scontro. Lei sapeva
che
saremmo accorsi qui, e il suo piano prevede di distruggere la mia
famiglia e
appropriarsi del territorio” Alice sorrise, ma non era un
sorriso rassicurante.
“ovviamente, non sa quanto si sbaglia. Noi, insieme al
branco, siamo
praticamente invincibili. Per questo stai tranquilla Bella. Stai buona
buona alla
Riserva, aiuta tuo padre nei preparativi del matrimonio..e per sabato
prossimo
sarà tutto finito” Mi accarezzò una
guancia: “Come stai?”
“Io…sto abbastanza bene. Certo mi
mancate…mi mancate tutti. Senti Alice dimmi
una cosa… se puoi…Edward come sta?”
Il suo sguardo luminoso si adombrò. “Sta bene,
credo… non lo vedo più tanto
spesso. Dice di voler stare da solo”. Non ebbi il coraggio di
chiedere altro.
Mi abbracciò di nuovo, stavolta con tristezza:
“Bella, devo andare. Stai
tranquilla per il tuo Jacob…nessuno gli farà del
male” Arrossii. Certo, Alice
sapeva. Sapeva che avevo tradito l’amore eterno che tanto
avevo decantato per
suo fratello, buttandomi dopo pochi mesi nelle braccia del mio migliore
amico.
Non riuscii più a guardarla negli occhi, e la salutai a
mezza bocca, sperando
di essere convincente. Ma Alice non era tipo da lasciare qualcosa in
sospeso, e
soprattutto, era un tipo sagace: magari non leggeva i pensieri come
Edward, ma
mi conosceva abbastanza. Con un ditino d’acciaio mi
tirò su il mento: “Bella,
io sono contenta” scandì “che tu abbia
trovato qualcuno da amare e che ti ami.
Lo siamo tutti, Bella. E’ così che vanno le cose
tra umani, così come sarebbero
dovute andare dall’inizio. Dovresti essere tu…
arrabbiata con lui”
Scossi la testa per dire no. Le parole non mi uscivano.
“E invece si, perché ti ha sconvolto la vita
sapendo dall’inizio quali erano le
uniche strade percorribili. E..le ha rifiutate entrambe, lasciandoti
sola e
sconvolta, a recuperare i pezzi della tua vita. Tu hai una vita
Bella” Alice
scuoteva la testa, come se non si capacitasse della mia
ottusità. “Una vita
lunga e felice davanti a te. E Jacob… bè, devo
dire, se non ne sentissi la
puzza e il resto, è un bel ragazzone no?”
Mi fece ridere. Un ultimo buffetto sulla mia guancia, e Alice era
scomparsa.
Mi sentivo stranamente vuota, a corto di emozioni: mi sembrava di
averle
provate tutte insieme. Guardai lontano, dalla parte opposta, in
direzione di
casa Cullen: per un secondo ripensai alla villa bianca nella radura,
piena delle
loro silenziose e incredibili attività. Rosalie che
trafficava con il motore
della sua BMW, Emmett che faceva a lotta con Jasper, Esme che cuciva
tendaggi,
Alice e Edward chini a giocare stranissime partite a scacchi composte
di una
sola mossa. Era tutto cambiato adesso. I Cullen erano stati felici a
Forks,
avevano quasi realizzato il sogno di confondersi con successo fra gli
esseri
umani. Poi qualcosa era andato storto…e quel qualcosa ero
stata io.
Tornai silenziosamente verso casa di Emily, ma quando mi infilai dalla
porta
socchiusa del soggiorno, con sorpresa vidi Sam e Seth seduti al tavolo
della
cucina. “Ciao..ragazzi” la preoccupazione mi
attanagliò subito. “E Jacob,
dov’è?”
“E’ qui fuori, sta ancora regolando qualche conto
con Paul. Quil ed Embry scommettono
su chi si fa male per primo” mi riferì Sam
sogghignando.
Giocava alla lotta? Jacob giocava mentre io stavo impazzendo dalla
paura, la
frustrazione, il senso di colpa?
“Sembra divertente” osservai a denti stretti.
Nessuno mi rispose, e tornai fuori,
anche se ormai era buio. Con due minuti sarei arrivata a casa
Clearwater.
Sicuramente Charlie era lì, e potevo passare una serata
semi-tranquilla. Leah
permettendo, chiaramente. Mi avviai a testa bassa verso il mio Chevy,
sentendomi stupidamente come una bambina dimenticata il giorno del suo
compleanno, quando mi sentii afferrare da dietro con una certa forza.
Mi
accorsi che era Jacob prima ancora che mi venisse fuori la voce per
urlare.
“Dove te ne vai tutta sola, con quel cartello
‘mangiatemi’ dietro la schiena?”
Ero incastrata fra lui e la portiera del pick up. “Vado da
mio padre…lasciami,
Jake”
Ma lui non ci pensava proprio. Trasformò la presa in un
abbraccio, e mi guardò
intensamente con l’oro nero dei suoi occhi pieno
d’amore. Ecco di nuovo il mio
Jacob, dopo tutto. Si chinò su di me per baciarmi, e io
risposi a quel bacio,
sorprendendomi da sola, con tutta me stessa. Mi strinsi a Jacob con
tutte le
mie forze, infilandogli le unghie nelle spalle. Non volevo che mi
lasciasse.
Non più. Lui si staccò dalle mie labbra per
riprendere fiato. “Bella…” mi
sussurrò, la voce arrochita dalla passione “la mia
Bella”.
“Andiamo a casa, vuoi?” mi propose dopo un attimo,
quando la portiera del
pick-up cominciava a farmi male contro il sedere. Fra noi non
c’era mai stato
bisogno di troppe parole. Mi lasciai condurre, sazia d’amore
e di Jacob,
sentendomi in colpa e doppia come non mai: dovevo essere sincera con
lui, con
l’uomo che amavo. E l’avrei fatto.
IV capitolo. Il Falò
La mattina dopo stentavo a ricordare i fatti che mi avevano portato a
casa di
Billy, a svegliarmi sola nel letto di Jacob. Già, lui
dov’era? In un lampo mi
tornò tutto in mente: che quando dormivo da Jacob, mi
lasciava il letto e lui
dormiva sul divano, perché in due nel suo lettino non era
possibile
incastrarsi. Mi tornò in mente anche l’incontro
del pomeriggio precedente, e il
fatto che non ne avevo ancora parlato con Jacob. Se volevo che la
nostra
riconciliazione fosse duratura, mi conveniva sbrigarmi. La casa era
silenziosa:
Billy era uscito presto, e anche Jacob era già in piedi. Mi
alzai di
controvoglia e mi diressi in cucina, cercando nel frattempo qualcosa da
mettermi addosso sulla biancheria. A mezza strada fra la stanza di
Jacob e la
cucina, esattamente al centro del salotto, mi aspettava Leah. Non
strillai per
abitudine, mettere paura a Bella Swan sembrava diventato lo sport
nazionale
della Riserva, ma cercai di coprirmi alla bell’è
meglio, istintivamente. “Stai
tranquilla Bella” mi disse glaciale
“Farò finta di non averti visto”.
Guardando la sua espressione sdegnosa, non capii se si riferiva al mio
abbigliamento succinto o al fatto che avevo passato la notte con Jacob.
Visto
che stavo ancora ridicolmente cercando qualcosa da mettermi sopra,
andai in
bagno e presi l’accappatoio dal gancio. Accappatoio di Jake
probabilmente, nel
quale sarebbero entrate circa 10 persone della mia taglia, abbracciate.
Lo
strinsi con la cinta cercando di avere un’aria dignitosa.
“Ciao, Leah. Come
mai…qui?”
Quella che tra una settimana sarebbe diventata la mia sorellastra mi
indicò un
lungo sacco di tessuto, appoggiato sul divano: “So che siete
molto occupati da
queste parti, e ho pensato di portare un abito per Jacob, tanto per
evitare che
sabato prossimo si presenti in Chiesa con i jeans sporchi di
grasso”
“Grazie” dissi secca “In effetti
pensavamo di andare in settimana a vedere
qualcosa di adatto per Jake”
“Ma non credo che ci
andrete…perciò…” Leah mi
sembrava quasi beffarda. Quanto
sapeva questa odiosa ragazza delle mie disavventure e delle
trasformazioni dei
suoi amici? Ricordai all’improvviso che ieri sera Seth, suo
fratello, era
seduto a tavola con Sam al rientro dal giro di ricognizione dei lupi.
Accarezzai la stoffa dell’abito grigio scuro che Leah aveva
preso per Jacob.
Sotto intravidi un lembo di tessuto violetto. Scostai la giacca e
scoprii un
vestito elegante, di seta, con le spalline. “Questa
è un’idea di mio madre.
Speriamo che la taglia sia giusta”
Leah, veloce come il vento, aveva fatto dietro-front e stava uscendo
quando si
scontrò sulla soglia con Jacob. Lo sguardo che
saettò fra loro sembrava
tutt’altro che amichevole. “Ciao, Leah”
“Ti ho portato i vestiti. Non pensavo di trovarla
qui” Leah si stava…
giustificando? C’era qualcosa che mi sfuggiva. Comunque, era
già andata via.
“Che fai con quella mongolfiera addosso?” mi
apostrofò Jake ridendo. Mi
accarezzò i capelli. “Problema vestiti risolto,
no?”
“Secondo te riuscirai ad essere al matrimonio,
sabato?”
“Dobbiamo esserci, io e gli altri. La nostra assenza non
sarebbe
giustificabile. Cercheremo di prendere i succhiasangue di sorpresa. La
tua…amica, ieri sera, ha detto che stanno aspettando il
momento buono,
probabilmente sperano che prima o poi ti allontanerai dalla
Riserva”
“Ieri sera c’era anche Alice?”
“Si, insieme al dottore, al biondo sfregiato e a quello
grosso. Hanno portato i
più forti, evidentemente”
“Ieri pomeriggio l’ho incontrata…sulla
spiaggia”
Jacob non si arrabbiò. “L’avevi
immaginato. Ieri sera mi ha sibilato di stare
attento a come mi comportavo con te. Mi è sembrato ironico,
considerando quello
che ha combinato il suo perfetto fratello, o no? Comunque, ho pensato
che prima
di venire all’appuntamento con Sam doveva aver fatto una
scappata qui da
noi…chiuderemo un occhio, ovviamente…”
Gli avevo voltato le spalle. Mi sentii abbracciare da dietro, e le
parole di
Jacob mi arrivarono attutite dai miei capelli. “Ascolta,
cercheremo di
sistemare questa faccenda al più presto. Poi, dopo,
sarà tutto diverso. Basta
succhiasangue, basta lupi. Staremo insieme come abbiamo sempre voluto,
Bella. Solo
io e te”
Mi girò, e mi ritrovai a fissare i suoi occhi irresistibili:
“Andrà bene”
Ok.
“Un ultima cosa” lo richiamai mentre si allontanava
verso la porta “Perché ce
l’hai con Leah?”
Jacob sospirò a fondo, senza guardarmi.
“Leah è un lupo, Bella. Anche Seth”
Rimasi senza parole.
“E odia esserlo, non posso darle torto. Per inciso,
dà la colpa a te e alla tue
cattive amicizie, e anche qui non posso darle molto torto. Fatto sta
che ieri
sera si è resa protagonista di una scenetta con i tuoi
succhiasangue che poteva
finire male, se non ci fosse stato il dottore a calmare le acque. Sam
le ha
ingiunto di starti alla larga”
“Ma come è andata? Raccontami qualcosa Jacob, mi
stai facendo impazzire!”
Jacob sbuffò tornando al divano. “E’
andata che quando Leah è arrivata e le è
stato spiegato perchè avremmo dovuto combattere e contro
chi, ha dato in
escandescenze. E quando ha capito che i nostri alleati sarebbero stati
i
Cullen, peggio che peggio. Sam l’ha calmata, ma il vampiro
grosso si stava
spazientendo e Seth si è innervosito… insomma,
Leah è una grossa rompiscatole.
E’ stata sempre gelosa di te, adesso poi con questa storia
del matrimonio di
Charlie con sua madre…”
“Gelosa di me? Leah? E perché mai?” la
mia voce ormai era stridula. Fra qualche
giorno avremmo fatto parte della stessa famiglia, e questa ragazza mi
odiava.
Il quadretto idilliaco che mi ero creata nella testa a proposito della
mia
grande e affettuosa famiglia Quileute cominciava a perdere pezzi.
Un orrendo sospetto prese forma nella mia mente: era forse innamorata
di Jacob?
Lui rideva, guardandomi con una specie di compatimento:
“Bella, da quando hai
cominciato a farti vedere da queste parti, tutti i ragazzi della
Riserva hanno
perso la testa per te. Con il tempo i maschi certe cose le dimenticano,
le femmine
no.”
“Ma Leah.. è una ragazza bellissima!”
Non potevo proprio credere che fosse
invidiosa di me proprio Leah, alta, slanciata, flessuosa e con la
carnagione
più bella che una donna potesse desiderare.
“Noi lupi abbiamo gusti strani” Jacob si era
allungato verso di me e il senso
della nostra conversazione stava per perdersi, come al solito. Fuori
dalla
finestra riecheggiò l’ululato ben noto di Sam.
“Devo andare….” Sbuffò Jacob
sciogliendomi dall’abbraccio. Vide la paura nei
miei occhi, e mi rassicurò: “Solo ricognizioni,
spero che la tua amichetta ci
avvertirà con buon anticipo quando ci sarà da
menare le mani”. Mi sorrise.
Era arrivato giovedì, e al matrimonio di mio padre con Sue
Clearwater non
mancavano che due giorni. Avevo provato il vestito violetto, e
costretto Jacob
a provare il suo. Avevo accettato di farmi acconciare i capelli dalla
parrucchiera di Sue e mi ero rassegnata alle scarpe con il tacco. Ero
stata
anche un paio di volte a cena dai Clearwater, senza avere il coraggio
di alzare
gli occhi dal mio piatto mentre Leah mi fissava e Seth cercava di
mettermi a
mio agio. Peggio di tutto, mi era toccato il discorsetto di Charlie e
Sue, che
per l’ennesima volta volevano assicurarsi che il loro
matrimonio non mi
ferisse. Stavolta c’era dell’altro: evidentemente
l’idea di Jacob, io e lui
insieme nella Riserva, era stata perorata da Billy, e mio padre si
sentì in
dovere di farmi il terzo grado. Charlie non faceva salti di gioia, ma
anche lui
non sarebbe stato felice di sapermi sola nella villetta di Forks, e non
osava
propormi di traslocare dai Clearwater. Comunque, dovevo andare
all’università.
Dove avrei dormito nei fine settimana, si sarebbe deciso poi.
La verità era che Charlie adorava Jacob, e se
c’era lui nei programmi, tutto
diventava accettabile.
Per l’ennesima volta da quando era cominciata la mia storia
con Jake, non potei
fare a meno di pensare che se il mio fidanzato fosse stato ancora
Edward
Cullen, Charlie mi avrebbe incatenato alla porta di casa.
Il venerdì pomeriggio i Black e i Clearwater decisero di
organizzare una festa
per i futuri sposi. Vista l’età dei piccioncini,
addii al celibato e al
nubilato vennero messi decisamente al bando. Alla fine, si decise per
una festa
sulla spiaggia, con cibarie di ogni genere e danze del Sole dopo cena.
Cominciavo a pensare che anche io e Charlie saremmo stati scambiati a
breve per
nativi americani.
“Devo mettermi un cappello di piume?” presi in giro
Jake mentre ci dirigevamo a
piedi sulla spiaggia di La Push. “No, non serve. Dopo dovrai
fumare il calumet
della pace, però”
“Suggerite a Leah di dissotterrare l’ascia di
guerra”
Nei giorni precedenti, Jacob e gli altri avevano trascorso lunghe ore a
pianificare con i Cullen l’attacco all’esercito di
Victoria. Alice non vedeva
ancora nulla, e la speranza di tutti era coglierli di sorpresa mentre
si
stavano ancora preparando. Dopo il primo avvistamento, nessuno aveva
più
fiutato vampiri estranei nell’arco di km, e questo fatto
innervosiva
vistosamente il branco.
“Sembra che lo facciano apposta, per farci perdere la
testa” Jacob era il primo
ad essere nervoso. Non me lo diceva, ma io sapevo che temeva che
l’attacco di
Victoria rovinasse la festa di Charlie e Sue.
Io cercavo di mantenere la calma, e mi riusciva stranamente bene.
Riuscivo a
tenere il pensiero di Edward ai margini, avevo imparato almeno a
tutelarmi
dall’uragano di sofferenza che mi scatenava. Qualcosa dentro
di me, molto in
fondo, sapeva che anche lui era a Forks. Se mai avevo conosciuto Edward
Cullen,
non avrei mai creduto che mandasse a combattere Carlisle e i suoi
fratelli da
soli. Probabilmente se ne stava rintanato da qualche parte, a leggere i
pensieri di tutti e ad aspettare la battaglia. Tenevo lontano il
pensiero di
Edward così vicino a me. Veramente avevo avuto paura di
dimenticarlo, di
credere sul serio che non fosse mai esistito? Ricordavo ogni minimo
dettaglio
del suo viso, della sua voce, del suo profumo: o meglio, avrei potuto
ricordarlo. Come sempre, Jake era la mia àncora. Solo lui,
la sua presenza, il
suo amore, riuscivano a mantenermi a galla, legata alla
realtà, lontana dalle
derive della sofferenza.
Arrivammo che non era ancora tramontato del tutto il sole. Lo
spettacolo della
spiaggia di La Push inondata di oro e fiamma mi rapì, come
sempre. Mi sedetti
con le ginocchia abbracciate al petto, mentre Jacob faceva il giro dei
saluti e
Charlie e Sue ricevevano la loro porzione di auguri e ringraziamenti.
C’era più
gente del solito, mi accorsi: anche persone che non avevo mai visto. Le
famiglie di Quil ed Embry, ad esempio. O un manipolo di 6 o 7 ragazze,
molto
carine, in abiti tradizionali. Presto mi resi conto che le donne
stavano
accendendo un gran fuoco, e mi unii ai gruppi che procuravano la legna
per
mantenerlo. Mi sembrò assurdamente che molti ragazzi e anche
ragazze, specie
quelle in abito Quileute, mi guardassero con strane espressioni: avrei
giurato
di averle sentite bisbigliare al mio passaggio e tacere non appena mi
ero
girata verso di loro. Stavo cominciando a soffrire di manie di
persecuzione?
Probabilmente si, conclusi.
L’atmosfera era comunque piacevole e rilassata: si fece
gradatamente buio,
mentre il fuoco diventava un vero e proprio falò e gli
uomini si incaricavano
di accendere grandi torce ai lati della tavola, riservata alla famiglia
Clearwater e a Charlie.
Un buon profumo di carne alla brace si stava spandendo
nell’aria quando fummo
invitati a prendere posto. I ragazzi si sedettero in cerchio intorno al
fuoco,
e così anche io e Jacob. Non appena seduto vicino a me, si
impossessò di una
delle mie mani e la tenne ostentatamente fra le sue, liberandomi
soltanto per
afferrare qualche spiedino e recuperandola poco dopo. Capii che per noi
quella
era la prima uscita “ufficiale”: Jacob mi stava
presentando al resto della
Riserva come la sua fidanzata. Lo capii quando mi abbracciò
saldamente, fra una
portata e l’altra, senza permettermi più un solo
movimento. Non sarebbe stato
così esplicito se non avesse voluto lanciare un chiaro
messaggio. Mi irritai un
po’ che non me ne avesse parlato, ma al momento non feci che
diventare rossa e
stare ferma sotto il peso del suo avambraccio. Ricordai le occhiate
maliziose
delle ragazze Quileute: erano gelose della relazione di Jacob con una
viso
pallido? Probabilmente mi ero accaparrata il più bello del
branco, sogghignai
fra me. Buffo come non avessi mai considerato altre eventuali
corteggiatrici
per Jake: era sempre stato mio, fin dall’inizio, lo davo per
scontato. Troppo,
mi ammonii. Appoggiai la testa nell’incavo della sua spalla,
e mi presi la
briga di dare un’occhiata a quelle ragazze, tutte molto
più carine di me a dire
il vero. Guardavano altrove, e considerai il casi chiuso. Anche
perché il mio
cervello si dirigeva costantemente altrove.
Mi sembrava impossibile che fra qualche ora il mio amore e la gran
parte dei
ragazzi intorno a questo fuoco avrebbero preso parte a uno scontro di
pericolosità inaudita contro un gruppo di vampiri assetati
di sangue e di
potere. La loro voglia di ridere, di combattere, di vivere, era
contagiosa. Non
era possibile avere paura vicino a loro. Mi riscossi dai miei pensieri
quando
Billy chiese l’attenzione di tutti per fare un brindisi a
Charlie e a Sue:
alzai il mio bicchiere di plastica e brindai con gli altri. Paul si
unì agli
applausi fischiando ed esclamò: “Charlie, a quanto
pare non sei l’unico ad aver
trovato l’amore nella riserva!” e
ammiccò verso me e Jacob con fare volutamente
malizioso. Dal resto del branco partirono applausi e ancora fischi,
mentre io
mi sentivo le guancie più rosse del fuoco. “Alla
nuova coppia di La Push!”
esclamò Quil, dandosi di gomito con il piccolo Seth.
“Un’altra Swan nella
nostra tribù, non male!” gli fece eco Embry.
“Propongo un brindisi per Bella”
interloquì Sam, con voce profonda. Alzarono tutti i
bicchieri, in attesa. Anche
Jacob, che non sembrava affatto imbarazzato. “Per aver
ritrovato la retta via”
concluse Sam, e il branco esplose in urla di approvazione. Per Sam
avrei sempre
portato su di me l’onta dell’amicizia con i
vampiri. E il suo era un modo
elegante per sottolineare che era a causa di quest’onta se
tutti loro stavano
per affrontare una lotta sanguinaria con i loro nemici naturali.
Aspettai che
il clamore e gli applausi si fossero chetati, e poi, con il viso ancora
in
fiamme, sgusciai via dal braccio di Jacob. “Bella, dove
vai?” mi inseguì lui,
alzandosi dietro di me e scoccando un’occhiataccia ai suoi
amici. “Voglio fare
una passeggiata, posso?” gli risposi aggressiva, dirigendomi
verso la spiaggia.
“Non fare così adesso…i ragazzi
scherzavano”
“La battaglia non sarà uno scherzo,
Jake”, esclamai allungando il passo per
quanto le mie corte gambe mi permettevano.
“Bella, sono tutti esaltati all’idea di questa
battaglia. Sam deve sempre dire
la sua, lo conosci. Ma non ce l’ha con te, non è
colpa tua se i vampiri…
esistono!” esclamò Jacob, tenendomi dietro senza
sforzo. “I succhiasangue sono
un bello schifo” terminò, storcendo la bocca.
“Vorrei che Sam non fosse sempre lì a rimarcarmi
che erano amici miei. E
comunque mi sembra che i miei amici si stiano dando da fare per
aiutarvi!”
improvvisamente avevo i nervi a fior di pelle.
“Bella” si fermò Jake, e il suo tono mi
spinse a fermarmi a mia volta. “I
Cullen saranno vampiri strani, ma restano vampiri. Vorrei che non
fossero amici
tuoi più di quanto lo è Victoria. Mi sembra che
la tua… esperienza ti abbia dimostrato
che ci sono tanti modi per distruggere la vita della gente”
“Non è colpa..loro se sono così, Jake.
Non più di quanto sia tua perché ti
trasformi in lupo”. Gli voltavo le spalle, sapevo che era un
terreno
pericoloso. “Ce la mettono tutta”
“Quel vampiro pieno di cicatrici stava per farti a pezzi,
santo dio!” sbottò
Jake “E il tuo meraviglioso compagno si è reso
conto solo allora che la sua
esistenza stessa ti metteva in pericolo di vita, ogni giorno, ogni
maledetto
minuto. E’ solo per un caso fortuito se tu sei ancora qui con
me, Bella, e non
sei finita in pasto a uno di loro in un momento di
distrazione!”
“Non sono mai stata in pericolo con i Cullen, e tu lo
sai”, sibilai. Non
riuscivo a reprimere l’irritazione ogni volta che Jacob
infamava così Edward e
la sua famiglia.
“Sono abituati a considerare la vita umana come fragile
e…ininfluente, Bella.
Come tu consideri la vita di una mucca, o di una gallina. Anche se
vogliono far
finta di no, loro desiderano il sangue umano sempre, ogni minuto! E se
il loro
capo fosse stato così…clemente, non ne avrebbe
trasformati altri quattro!
Possono nascondersi dietro la bontà, ma restano le bestie
sanguinarie che sono,
e mi piacerebbe…” mi afferrò per un
braccio per farmi voltare. “…mi piacerebbe
che lo capissi una buona volta”.
Restammo a fissarci negli occhi per un’eternità,
fermi sul punto che ci avrebbe
divisi sempre, nonostante tutto. Che avrebbe diviso me da Jacob, per
l’esattezza.
Dal falò sentimmo la voce di Charlie: “Bella!
Jake! La torta!”
Tornammo indietro senza una parola, e ci sedemmo scostati
l’uno dall’altro.
Tutti continuavano a ridere e fare baccano, ma per me la festa era
finita.
Notai Leah che mi guardava pensierosa, e distolsi lo sguardo irritata.
Si
facesse gli affari suoi, anche lei.
La fine dei festeggiamenti si consumò lentamente, con mio
grande fastidio.
Aspettavo impaziente il momento per andarmene, e certamente sarei
tornata a
dormire a casa mia, da sola. Che Jake e i suoi amici piantonassero il
giardino,
se ne avevano voglia.
Mentre le famiglie se ne andavano alla spicciolata, e dopo gli abbracci
e i
baci di rito con papà e Sue, restarono Sam, Paul, Quil,
Embry e Seth intorno al
fuoco, intenti a farsi gli ultimi scherzi e a spegnere le braci.
Stavo cercando in tasca le chiavi del pick up quando Sam
esclamò, ad alta voce:
“Ferma, Bella”
Lo guardai sorpresa, e mi resi conto che anche gli altri erano in
posizione di
allerta. Il cuore cominciò a battermi a 1000.
“Abbiamo visite” concluse Sam con
durezza, e si girò verso la spiaggia.
IV capitolo. Regalo
d’addio.
Tutto si fece immobile, mentre sentivo Jacob bofonchiare:
“Sta diventando
un’abitudine”
Ero completamente bloccata dal panico, non riuscivo a muovere un
muscolo. Mi
accorsi solo di sfuggita che Jacob era davanti a me, e che la sua
schiena mi
toglieva la visuale. Mi sbilanciai indietro, e urtai Seth, acquattato
alle mie
spalle. “Tranquilla Bella… sono amici”
Vidi Jacob lanciargli uno sguardo assassino, ma l’attimo dopo
non vidi più
nulla.
Al centro di ogni cosa c’era Carlisle Cullen, che avanzava
verso il branco a
mani tese, in atteggiamento di pace. La sua remota bellezza mi
colpì come se lo
vedessi per la prima volta. Come un angelo dall’espressione
concentrata,
Carlisle si piazzò esattamente al centro del branco, dove
fino a qualche ora
prima ardeva il falò. Lui stesso sembrava risplendere come
quelle fiamme. Alle
sue spalle, silenzioso, scorsi Emmett.
Carlisle sembrava non avermi visto, ma Emmett inaspettatamente mi fece
l’occhiolino. Jacob grugnì.
“Salute, Sam Uley. Mi scuso a nome di tutta la mia famiglia
per aver invaso il
vostro territorio. I motivi che mi portano qui mi sono sembrati
così impellenti
da farmi infrangere il patto. Se la nostra presenza ti disturba, sono
pronto a
tornare sui miei passi in questo momento”
“Sta bene” disse Sam con voce asciutta. In quel
momento era il vero capo
branco: mi sembrava addirittura più alto, più
vigoroso.
“Porto buone notizie, amici lupi. I nostri avversari sono
stati così incauti e
sfortunati da imbattersi nei miei figli che andavano a caccia, al
confine con
il Canada. Ci siamo sbarazzati velocemente di loro”
“Avete combattuto senza di noi?” la voce di Sam si
tinse di rabbia. Mi sembrò
assurdamente deluso. Non era un’ottima notizia?
“Non volevamo scavalcare la vostra autorità
–disse Carlisle, e mi sembrò
contrito- ma ci trovavamo fuori dal vostro territorio e
l’occasione era troppo
buona per aspettare. I neonati avevano aggredito un escursionista nei
boschi”
Il branco ringhiò, compatto. “Per il poveretto non
c’è stato nulla da fare”
adesso Carlisle era seriamente addolorato. “Ma mio figlio
Jasper e mio figlio
Emmett hanno inseguito i due neonati fino al loro covo, e qui
c’è stata una
veloce battaglia. Erano in nove, ma molto giovani e presi di sorpresa.
I
vampiri neonati sono incredibilmente forti ma non hanno il minimo
controllo in
battaglia. Si sono uccisi in buona parte fra di loro”
“E’ stato più divertente dei
grizzly” tuonò Emmett alle sue spalle, e nella
follia mi venne da ridere.
“Che ne è stato della vampira rossa?”
chiese Sam, ancora turbato.
“E’ fuggita”
Jacob sbottò: “Siamo punto e da capo,
quindi”
Carlisle si girò dalla sua parte, e mi rivolse un ampio
sorriso. Durò un
milionesimo di secondo, prima di tornare grave e rispondere a Jacob:
“Non era
con i suoi al momento dell’attacco. Alice e Jasper sono
partiti al suo
inseguimento, la sua traccia era ancora fresca. La troveranno, e ci
libereremo
di lei. E’ una promessa”
“Anche noi pensavamo di esserci liberati di lei
l’anno scorso, ma è tornata.
Finchè è in giro nessuno è al sicuro.
Quanto alle sue promesse, dottore….”
Jacob si stava facendo insolente. Il panico tornò ad
infiammarmi le vene.
“Avete infranto il patto per venire a vantarvi di aver
sgominato una banda di
ragazzini vampiri, facendo scappare il loro capo e rovinando tutti i
piani che
avevamo messo a punto”. Era furibondo.
Per un lungo attimo, nessuno parlò. Emmett però
si era avvicinato, adesso era
al fianco di Carlisle.
“Senti qua, licantropo. Stiamo facendo del nostro meglio, e
le abbiamo raso al
suolo l’esercito…”
“Un esercito che ci metterà meno di un giorno a
ricreare!” Jacob stava tremando
come una foglia.
Sam si intromise: “Jacob, stai calmo”
Ma Jacob non lo ascoltava: “Vi divertite a giocare alla
guerra mentre una pazza
succhiasangue ha tutta l’eternità a diposizione
per tormentarci!”
Carlisle rispose, calmo: “E’ nostra ferma
intenzione liberare il mondo da
Victoria, costi quel che costi. Anche a noi sta a cuore proteggere
Bella”
“Stronzate!” esplose Jacob, e Seth mi
tirò indietro, nascondendomi dietro di
sé.
“Sentilo, il gelosone” sogghignò Emmett.
“Cos’è, volevi tutta la gloria per
farti bello con la tua ragazza?”
Con un ruggito, Jacob avanzò verso il centro del cerchio.
“Jacob!” gridò Sam.
“Faresti meglio ad ascoltare il tuo capo” il tono
di Emmett si era fatto
minaccioso.
Non riuscivo a vedere più niente, bloccata com’ero
da Seth e Quil. Sgomitai
disperatamente e riuscii a farmi dietro a Jacob.
“No! Fermo!” la disperazione della mia voce
lacerò l’aria. Jacob stava per
trasformarsi e allora sarebbe stata guerra, alla faccia del patto e
dell’amicizia. Il mio amore e la mia ex famiglia si sarebbero
ammazzati a
vicenda. Riuscii a toccare un braccio di Jake, bollente, prima che Sam
gridasse: “Bella, togliti di lì!” e Paul
mi afferrasse alzandomi da terra. Ma
quell’attimo bastò a far rinsavire Jacob.
Alzò la testa, e disse con voce
ancora tremante: “Andatevene da qui, subito”
Carlisle parlò, e la sua voce era come acqua pura.
“Andremo via, ma mi sta a
cuore che crediate alla mia parola. Victoria diventa affar nostro, e
non tornerà
a Forks mai più”
L’attimo dopo, erano spariti.
Dopo l’incontro con Carlisle, tutto mi sembrò
molto veloce e confuso. Jacob si
allontanò velocemente dalla spiaggia, non prima di aver
abbaiato a Seth di
accompagnarmi a casa. Sam lo seguì, e io cercai di seguire
loro, mentre il
povero Seth mi trotterellava dietro: “Bella dai…
non mettermi nei guai, andiamo
a casa”
Mi fermai di scatto, cercando di non arrabbiarmi con lui:
“Ascoltami, vacci tu
a casa. Io rimango nella Riserva, te lo giuro, ma non posso lasciar
andare
Jacob via così!”
Seth non si diede per vinto: “Non posso” mi disse
semplicemente. “Sono il più
piccolo, è vero, ma potrei facilmente prenderti in spalla e
portarti al tuo
pick-up con un attimo. Non l’ho fatto ancora
perché… non ne ho il coraggio.
Bella non mi rendere la vita difficile!” era rosso come un
peperone. Gran bella
sorellastra stavo diventando per lui.
“Va bene, troviamo un accordo. Restiamo insieme ma seguiamo
Jake e Sam. Se ci
scoprono, dirò che sono fuggita e tu mi stavi
inseguendo”
Non sentii la risposta di Seth perché mi ero già
incamminata nella notte. Mi
raggiunse facilmente, e bofonchiò: “Staranno
andando a casa di Sam. Sicuramente
vuole fare una lavata di capo a Jacob”
“E perché?” mi stizzii. Jacob aveva
sbagliato, ma Sam non mi sembrava nella
posizione per prendersela con lui.
“Perché Jake ha mandato via i vampiri come se il
capo fosse stato lui. Era
l’alfa a dover ordinare ai vampiri di lasciare La Push, non
Jacob. Lo so che
sembrano grissino, ma nel branco conta molto la gerarchia”
“Ah si? E allora perché il capo alfa non ha
provato ad impedire a Jacob di
trasformarsi, come stava facendo? Te lo dico io perché,
Seth. Perché anche a
Sam sarebbe stato bene uno scontro con i Cullen, dieci minuti fa. E
avrebbe
addirittura potuto addossare la colpa a Jacob!”
“Bella… per noi i Cullen sono vampiri come gli
altri. Fatichiamo un po’ a
considerarli amici”
“Ho già sentito questo discorso stasera,
grazie” , dissi sbuffando.
E ammutolii, affrettando il passo. Sentivo le voci di Jacob e Sam in
lontananza.
Erano tranquille, anche se non capivo di cosa stessero parlando. Non
facemmo in
tempo ad arrivare vicino a loro due di spalle, che Jake si
girò dicendo: “Tana
per Bella e Seth”
“Sono scappata” dissi subito, arrossendo.
“Come no” commentò Sam. Ma non sembrava
particolarmente arrabbiato.
Jacob invece sembrava stravolto, ma la rabbia doveva essere sbollita.
“Andiamo a casa” mi disse “Vorrei farmi
una doccia gelata”
Lo seguii in silenzio, cercando qualcosa da dire che non lo facesse
arrabbiare
di nuovo.
Mi distanziò facilmente, perché avevo macinato
chilometri da quel pomeriggio e
mi sentivo esausta. Jacob se ne accorse, e mi aspettò.
“Vuoi un passaggio?” mi
disse serio. Non potevo guardarlo in faccia perché era buio.
“Eh?” risposi
confusa.
Jacob si accoccolò davanti a me e mi invitò:
“Avanti, sali in groppa. Lo so che
sei stanca”
Era il mio destino finire sempre per essere portata sulle spalle dai
miei
fidanzati?
Ma avevo bisogno di sentire Jacob vicino, il suo calore, la sua
solidità. Con
gratitudine strinsi le braccia al suo collo e le gambe al suo bacino.
Con il
viso appoggiato alla sua schiena, domandai:
“Hai litigato con Sam?”
“No” mi rispose Jacob tranquillo. “E tu
ce l’hai con me per aver minacciato i
Cullen?”
“No!” esclamai io. “Ce l’ho con
te per aver messo in pericolo la tua vita”
Sentii la sua risatina soffocata. “Certo, mi avrebbero fatto
a pezzi in un
attimo”
Rinunciai e provai a portare la conversazione dove volevo:
“Non ti sembra che
possiamo rilassarci un attimo, adesso?”
“Direi di no. C’è sempre lo stesso
vampiro pazzo in circolazione, che vuole
ancora usarti come stuzzicadenti. Ti sembra che potremo
rilassarci?”
Eravamo arrivati al pick-up, e Jacob era di nuovo arrabbiato. Maledissi
la mia
goffaggine.
“Solo per stanotte, magari” Non volevo staccarmi da
lui, ma fui costretta a
scendere.
“Stanotte farai un bel sonno, Bella. Perché sei
stanchissima, e perché domani
Charlie si sposa. E io, lo stesso” ma la sua voce era
più morbida.
Più tardi, abbracciati stretti nel mio letto, prima che gli
occhi si
chiudessero definitivamente, sussurrai contro il petto di Jacob:
“Andrà tutto
bene, vedrai”. Di solito erano gli altri che lo dicevano a
me, riflettei. Ma lo
pensavo veramente.
Jake mi rispose con una voce limpida, sveglissima, che mi fece capire
che
stanotte non avrebbe chiuso occhio. “Non credo, Bella. Credo
che i Cullen
inseguiranno Victoria per un po’, e forse la prenderanno,
forse no. Si
stancheranno, e lasceranno perdere. E condanneranno te a passare una
vita
d’inferno, insieme a un compagno mezzo uomo e mezzo lupo, con
la costante paura
di essere fatta a pezzi. Questo è il regalo
d’addio di Edward Cullen”
Jacob si sciolse parzialmente dal mio abbraccio, e si girò
dall’altra parte.
Rimanemmo immobili, entrambi, ad aspettare il mattino.
V Capitolo. La figlia dello
sposo.
E così anche il gran giorno di Charlie era arrivato.
Mi svegliai all’alba, dopo poche ore di sonno agitato, e
filai a casa di Sue
per prepararmi e aiutare mio padre, che si era fermato da Billy.
Lasciai Jacob
addormentato, non ebbi proprio il fegato di svegliarlo.
Alla Riserva trovai invece un clima di gioiosa aspettativa, e me ne
lasciai
coinvolgere, per amore di Charlie.
Facevo quasi tutto con il pilota automatico: mi lasciai pettinare dalla
parrucchiera di Sue, mi vestii e obbediente applicai il mascara e il
rossetto
sulle labbra. Tutta roba di Leah, perché io non possedevo
cosmetici.
Rigida sui miei tacchi uscii da casa Clearwater per dirigermi verso
Charlie, a
dargli la mia poco specificata assistenza da figlia prima delle nozze.
Nel
cortile di casa Black trovai tutto il branco: erano ancora in jeans e
t-shirt
strappate, e rabbrividii all’idea che si sarebbero presentati
in Chiesa così.
“Fate largo alla figlia dello sposo!” mi accolse
Quil, e un po’ gliene fui
grata, perché davvero nel piccolo giardino di Billy non
sapevo dove mettere i
piedi. Salutai velocemente tutti e sugli scalini mi imbattei in Sam,
l’unico
già sbarbato e in giacca. “Ciao Bella..sei
veramente elegante”
“Grazie, Sam” arrossii un po’, la mia
solita idiosincrasia ai complimenti.
“Senti, me lo fai un favore?”
“Se posso…”
“Tra un po’ passeresti a casa mia a svegliare Jake?
L’ho lasciato che dormiva,
e ho paura che non ce la faccia ad arrivare in tempo”
Sam sorrise e guardò dietro la mia spalla.
Jacob stava entrando in quel momento, e mi individuò subito
fra i suoi amici.
Si era sbarbato e pettinato, e il completo che gli aveva portato Leah
gli
cadeva a pennello. Era francamente bellissimo.
Mi venne incontro sorridendo, e benedissi la sua natura da lupo se dopo
una
notte insonne riusciva ad essere così attraente.
“Mi sa che state guardando un
po’ troppo la mia ragazza” esordì,
scappellottando il primo che gli capitò a
tiro, ovvero il povero Seth.
Mi abbracciò, sussurrandomi nell’orecchio:
“Sei uno schianto, sorellina. Stammi
vicino oggi eh?”
I complimenti di Jake, invece, mi facevano tremare le gambe. Fui felice
di
sentire ancora questa ventata di farfalle nello stomaco: alla fine
eravamo
sempre noi, Bella e Jacob, e non c’era sciagura al mondo che
potesse cambiare
questo fatto.
Entrai a soccorrere Charlie, mentre Jacob si mescolava tra i suoi amici
e
parenti.
E soccorrere era il termine giusto, perché trovai Charlie
nel panico. La
ragione del suo stato d’ansia era la presenza di
Renèe, mia madre, che
svolazzava da un lato all’altro del salotto di Billy,
aggiustando il farfallino
di Charlie e cercando di stringere il nodo della cravatta a chiunque
gli
capitasse a tiro.
“Mamma!” esclamai costernata.
“La mia Bella!” il mio ingresso fu probabilmente la
salvezza dei due uomini,
che accolsero il diversivo con sollievo. “Ma sei fantastica
amore,
assolutamente fantastica. E dov’è quel marcantonio
del tuo fidanzato? Billy mi
stava giusto dicendo che fate sul serio eh? Bella ma mi raccomando devi
andare all’università,
ricordatelo!” incrociai lo sguardo di Billy, che
alzò gli occhi al cielo,
desolato. Mia madre abbassò sensibilmente la voce:
“Sono tutti fantastici qui
per carità, ma ho idea che siano un
po’…primitivi, ecco. Non vorrei ti
ritrovassi a badare alla mandria, non so se mi spiego. Anche la futura
moglie
di tuo padre, bellissima donna, ma temo che si presenterà in
chiesa vestita da
squaw e…Jacob!”
L’ultima parola era stata strillata nel mio orecchio, mentre
Renèe marciava
decisa verso Jake, la sua prossima vittima. Mentre Jacob si inchinava
per
lasciarsi abbracciare da mia madre, mi diressi verso Charlie, impalato
nel suo
smoking all’angolo della stanza.
“Papà sei…giusto, direi”
cercai di sdrammatizzare. In realtà era bianco come un
cencio.
Si accostò anche Billy, che mi sibilò:
“Tua madre vuole farmi indossare gemelli
d’oro!”
Scoppiai a ridere, e chiesi a papà: “Ma quando
è arrivata?”
“Stamattina presto, tesoro. Si è presentata qui
con quel povero Phil…” e
accennò alla figura imbarazzata che si guardava intorno nel
giardino di Billy,
circondato da licantropi alti due metri “…e mi ha
offerto la sua solida spalla
da amica. Sta facendo una gran confusione e non so
proprio…”
“Stai tranquillo papà, adesso la porto via.
Sarà curiosa come una scimmia delle
toilettes delle altre signore”
Ecco, avevo trovato il mio ruolo in quella lunga giornata. Arginare
Renèe.
Appena possibile la strappai dal salotto di Billy e mi diressi con lei
verso
casa Clearwater. Nel salottino mi abbracciò di nuovo,
più tranquilla. “La mia
bambina… come sei diventata bella. Sei una donna, ormai.
Anche Jacob è
bellissimo oggi. Sarà una festa stupenda, e io sono
così felice che Charlie…
dopo tutto il male che gli ho fatto…” ecco,
eravamo alle lacrime.
“Mamma, ti prego…oggi c’è da
stare allegri. E non vorrai farti vedere abbattuta
da Sue! Penserà di averti spezzato il cuore!”
“Figuriamoci” tirò su con il naso
Renèe. “Uffa..Devo rifarmi il trucco
adesso..”
***
Venne presto l’ora di andare in Chiesa, e io e Jacob ci
avviammo a piedi, mentre
Renèe era stata arpionata dalle mie zie, le sorelle di
Charlie, che erano
venute dall’altra parte dello Stato e la adoravano. Vidi una
delle mie cugine,
una tale Lizzie che non conoscevo nemmeno, guardare Jacob con sfacciata
ammirazione mista a timore reverenziale.
“Stai facendo colpo sui miei parenti” lo stuzzicai,
per il gusto di vederlo
arrossire.
“Non vale, tu li hai già stesi tutti
invece”, ridacchiò lui, cercando di
assestarmi un pizzicotto.
Arrivarono tutti dopo di noi, alla spicciolata. Il branco si era
ripulito,
anche se molti di loro indossavano giacche strette e camicie con le
maniche
troppo corte. Erano cresciuti in fretta quei ragazzi, e i vestiti
eleganti
erano un lusso nella Riserva. Non lo avrei mai ammesso, ma
anch’io mi sentivo
molto emozionata, quasi prossima alla commozione. Charlie
arrivò qualche minuto
dopo, e ci sottoponemmo al supplizio della navata, seri come non mai e
concentratissimi. Tenni gli occhi fissi davanti a me per non captare
nessuno
sguardo, anche se mi sentii addosso quello dolcissimo di Jacob , che mi
diede
forza.
Senza farsi attendere troppo arrivò anche Sue, radiosa nel
suo abito da sposa
avorio e –ahimè, aveva avuto ragione mia madre-
nei suoi stivaletti ricamati.
La cerimonia fu semplice e toccante, potevo sentire i singhiozzi
soffocati di
Renèe. Io strinsi forte la mano di Jake e resistetti,
arrivando in fondo senza
una lacrima. Gli sposi uscirono dalla chiesa salutati da un lungo
applauso.
E anche questa è fatta, sospirai fra me e me.
Ci portammo sul sagrato della Chiesa, dove tutti si strinsero intorno a
Charlie
e Sue. Mio padre, passato il pallore malsano dell’ansia, era
raggiante e più
giovane di 10 anni. Lo abbracciai anch’io, e quando ci
sciogliemmo dalla
stretta, tutti e due avevamo gli occhi sospettosamente lucidi:
scoppiammo a
ridere. Fu allora che mio padre la vide. Osservai, nell’arco
di pochi secondi,
la sua espressione cambiare. Era stupito, forse arrabbiato, ma poi
prevalse un
gran sorriso e la sua voce era ancora stranita quando
esclamò, diretto a un
punto dietro la mia spalla: “Ma guarda chi
c’è!”
Mi girai anch’io, ed ecco Alice Cullen, sempre lei,
imbacuccata in un foulard
che le copriva la mezza faccia che lasciavano fuori gli occhialoni da
sole.
“Charlie! Come potevo non farti gli auguri!”
esclamò Alice fiondandosi tra le
stupite braccia di mio padre, e sbaciucchiando anche
l’esterrefatta Sue. Alice
guadagnò con grazia un posto all’ombra del sagrato
(oggi, alla fine, c’era il
sole) e si tolse gli occhiali, continuando a cinguettare
congratulazioni.
Poi passò a me e Jacob, che la guardavamo a bocca aperta. O
meglio, io la
guardavo a bocca aperta, perché Jacob si era già
ripreso e aveva intercettato
gli sguardi dei suoi amici, che erano tutti dietro di noi.
“Bella! Amica mia!” Adesso mi sarei dovuta sorbire
la scenetta della reunion
con Alice, con annessi baci e abbracci.
“E Jacob, ci sei anche tu! Ma certo, che
sciocca…!” almeno, non provò ad
abbracciare anche Jacob. Lui non la guardava neanche, era impegnato a
fissare
minaccioso Jasper, che aspettava nella decappottabile sportiva
parcheggiata a
bordo strada.
“Bè ragazzi, è una vita che non ci si
vede!”
“Siete tornati a Forks, cara?” chiese Charlie,
conquistato come sempre dalla
grazia di Alice.
“Mmm no, diciamo che sono qui con Carlisle per sistemare
certe cosette che
avevamo lasciato in sospeso… e si, c’è
anche Jasper, ma sai com’è, lui è
così
timido, mi sta aspettando in macchina…”
Percepii il nervosismo del branco dietro di me, e
all’improvviso capii che Jazz
era di guardia, pronto a scattare se fosse successo qualcosa ad Alice
mentre
era circondata dai lupi. Nello stesso attimo compresi che la presenza
di Alice
e Jasper non lasciava presagire nulla di buono: loro due erano andati a
caccia
di Victoria. Che ci facevano di nuovo a Forks?
Alice aveva preso a braccetto me e Jake, esclamando: “Devo
già andare via,
accidenti…accompagnatemi alla macchina almeno! Ciao Charlie,
ciao Sue, ancora
congratulazioni!” due volte più veloce del
normale.
Jacob si liberò della presa di Alice con uno strattone,
appena fuori portata
della chiesa.
Ma non fece in tempo a dire nulla, perché con le sue mille
parole al minuto
Alice aveva già cominciato a sparare tutte le sue tremende
news: “Bella devi
nasconderti, Victoria è qui. La maledetta ha capito
benissimo come funziona il
mio dono, ha tenuto la mente vuota fino a un attimo fa, ha capito anche
che non
vedo i lupi nelle mie visioni, e infatti è nascosta qui
nella Riserva…”
Fu solo allora che Jacob, rimasto ancora a “Victoria
è qui”, esplose: “Che
cosa?”
Fece un passo verso Alice, e il secondo dopo Jasper era lì
in piedi, fra noi.
Lo sguardo che stavano incrociando Jacob e Jasper non mi lasciava
presagire
niente di buono.
“Alice ti prego!” strillai, non sapendo a chi
rivolgermi.
“Piantatela voi due! Dobbiamo portare Bella al
sicuro!”
Questa frase fece effetto su Jacob che si allontanò da
Jasper, quel tanto che
bastava ad afferrare me per un braccio.
“Cosa ti fa pensare che sia qui nella Riserva?”
scandì Jacob, come sempre
faceva quando cercava di tenere a freno la furia
“Mio fratello ha letto i suoi pensieri fino a un attimo
fa” gli rispose Jasper,
con il medesimo tono tranquillo.
Edward era lì. Non mi stupii più di tanto: lo
avevo sempre saputo, dentro di
me.
Nell’universo di emozioni che si impossessò del
mio cuore e del mio stomaco, a
prevalere era il timore per la reazione di Jacob. Lui non mosse un
muscolo,
come se la notizia non lo avesse minimamente scalfito. Il suo pensiero
era
apparentemente solo alla battaglia.
Fu Sam, comparso dal nulla, almeno per i miei deboli occhi umani, a
prendere la
parola:
“Dove si trova adesso la femmina?”
“E’ qui, ma non abbiamo capito precisamente dove.
Cerca di tenere la mente
vuota, ma Edward la percepisce vicina”
“Dobbiamo setacciare la Riserva. Avanti!”
scattò Sam, e dietro a lui il branco,
compatto come un uomo solo. Jacob non si mosse. “Non lascio
qui Bella da sola”
Alice gli si fece incontro: “Jacob, lasciala con me.
Sarà al sicuro, mentre voi
stanate Victoria…”
“Neanche morto la lascerei insieme a voi”
sibilò Jacob. Incolpava Alice e
Jasper di tutto, e non voleva sentire ragioni.
Sam era tornato indietro: “Se la rossa è qui nella
Riserva, portiamola a casa
sua, da Charlie”
“No!” gridò Jacob. “Troppo
pericoloso”
“Lasciamola qui” disse Jasper
Jacob gli ringhiò addosso, e fece per andarsene, il mio
braccio sempre
saldamente in mano, ma Jasper lo inchiodò con lo sguardo.
Probabilmente usò la
sua singolare capacità di controllare l’umore,
fatto sta che Jake si fermò ad
ascoltarlo.
“Se Bella rimane a casa Clerwater, al centro della festa, non
le accadrà nulla.
Victoria non avrà il coraggio di fare irruzione in un posto
pieno di gente.
Anche le maniaco-ossessive come Victoria devono rispettare la
legge”
“La legge?” chiese Sam
Già, la legge dei Volturi, che impediva ai vampiri di
uccidere in modo
manifesto, svelandosi così agli esseri umani. Me
l’aveva raccontato Edward, un
giorno. Il mio cervello intanto era partito: dov’era? Qui
vicino a noi? Ci
stava guardando, adesso?
“Un giorno Bella te lo racconterà. Lasciate con
lei il più giovane dei vostri,
per sicurezza” continuò Jasper.
Jacob non era convinto, non fino in fondo. Sam lo guardò
intensamente, stava
esercitando il suo potere di Alfa. “Jacob” gli
disse più dolcemente “dobbiamo
fidarci. La troveremo presto, vedrai. E lasceremo Leah con
lei”
Jake si girò a guardare Jasper e Alice. “Se le
accade qualcosa…. Siete
spacciati. Parola mia.”
Mi baciò sulla bocca: “Torno subito”, mi
disse, prima di scomparire nel folto
degli alberi insieme agli altri.
Anche Alice e Jazz si accomiatarono da me, qualche secondo dopo. Non
vedevo
Jasper dalla disgraziata sera del mio compleanno, quasi due anni prima.
Mi sorrise, bellissimo e inquietante, come sempre.
"Mi raccomando Bella... proprio al centro della festa, ok?"
VI capitolo. Il buio dopo
la luce
Se io non ero entusiasta della compagnia di Leah, non era niente in
confronto a
quello che provava lei verso di me. Tornammo insieme verso casa sua, in
silenzio. I suoi occhi ferini erano però più
eloquenti di mille parole. Stavo
rovinando il giorno di sua madre.
“Leah, mi dispiace così
tanto…” provai, ma venni zittita da un suo gesto
imperioso.
“Bella, ne ho abbastanza delle tue scuse. A scusarti sei una
campionessa, ma i
fatti restano quelli che sono”
“Non è colpa mia Leah!” scattai, i nervi
ormai ridotti a pezzi. “Non l’ho
chiamata io questa pazza schifosa che vuole ammazzarmi!”
Si fermò di scatto, e si girò a guardarmi dritta
negli occhi. Per un attimo
temetti che si sarebbe trasformata per farmi a pezzi e poi sarebbe
tornata
tranquilla alla festa.
“Sai Bella, io non ti giudico come fanno gli altri. Non
è il fatto che tu sia
andata fino a ieri a braccetto con le sanguisughe che mi dà
fastidio” Le sue
labbra sembravano la corda di un violino. “E’ che
mi domando perché diavolo ci
hai ripensato. Perché sei tornata indietro. Potevi rimanere
con i bellissimi e
ricchissimi Cullen no? Che sei venuta a fare qui, a rovinare la vita a
noi?”
Non era una domanda retorica. Leah voleva una risposta, anche se
avrebbe già
dovuto conoscerla.
“Non è stata esattamente una mia scelta”
“Ah, già. E tu hai ripiegato sul povero Jacob. E
adesso lo costringi a
rischiare la vita per riparare le tue scorribande passate”
“Leah, io non ti permetto….” Cominciai
inviperita, ma ancora una volta venni
zittita da un suo gesto. “Se accadrà qualcosa a
uno solo dei miei fratelli, ti
riterrò responsabile. E allora non servirà a
niente la protezione dei tuoi
amici pallidi. Adesso andiamo dentro, e resta dove posso vederti. Ho un
compito
da portare a termine, io”
Al centro della festa. Già, Jasper mi conosceva, e sapeva
quanto poco amassi le
luci della ribalta.
Ma c’era poco da fare, dovevo collaborare meglio che potessi,
se volevo salvare
la pelle e aiutare i miei angeli custodi. Così, scelsi di
volta in volta il
capannello più numeroso al quale aggregarmi. Mi sedetti al
tavolo dei parenti
di Jake, che erano circa 15 persone, e mi concentrai per apparire una
normale
figlia dello sposo e fidanzata di un aitante ragazzone al momento
irreperibile.
Leah aveva raccontato a tutti che Jake e gli altri stavano organizzando
qualche
cosa di bello per la fine dei festeggiamenti. L’ansia mi
torceva lo stomaco, e
il mio cervello e il mio cuore mi sembravano stranamente sdoppiati: al
centro
di ogni mio pensiero sembrava esserci la preoccupazione per la
battaglia e per
Jacob, che non osavo immaginare, anche in forma di lupo, troppo vicino
alla
letale Victoria, così scaltra da ingannare anche Alice e
Jasper. Ma un angolino
remoto da qualche parte, laggiù nei dintorni della voragine,
non poteva fare a
meno di pensare alla presenza di Edward, chissà dove la
fuori. Era tornato,
anche se aveva promesso il contrario, per salvarmi la vita.
“Anche a noi sta a
cuore proteggere Bella”, aveva detto Carlisle. Stavo a cuore
a lui, o a Esme?
Sicuramente ad Alice, forse un po’ ad Emmett. Ma Edward, che
due anni fa non
aveva avuto scrupoli e se ne era andato, lasciandomi in un mare di
lacrime?
Aveva detto di amarmi, che ero tutto per lui. Aveva detto che dopo
avermi
conosciuta la sua intera vita era cambiata. E invece, come un qualunque
ragazzo
di 17 anni, si era stancato in fretta di avere accanto una compagna
così
inferiore a lui, così problematica, e mi aveva mollato.
Voleva proteggermi?
Avrebbe dovuto trasformarmi. Ne avevamo parlato così tante
volte, era l’unica
soluzione praticabile. A ripensare oggi alla mia determinazione nel
mettere
fine alla mia vita e trasformarmi in qualcosa d’altro, mi
venivano le
vertigini. Avevo forse cambiato idea? Di certo mi ero dovuta adeguare.
E avevo
riscoperto, nel doloroso cammino verso la guarigione, cosa significa
sentire un
cuore che batte vicino al tuo.
Le portate continuavano ad alternarsi davanti al mio stomaco contratto,
la
conversazione mi soffocava. Decisi che fare due passi nella stanza non
era una
cattiva idea.
Io non credo nelle coincidenze, non ci ho mai creduto.
Era stata una coincidenza il mio trasferimento da Jacksonville a Forks?
O lo
era l’amicizia ventennale che legava Charlie a Billy? O
ancora, poteva dirsi
una coincidenza l'arrivo di Jacob dietro di me su quella scogliera,
proprio
l’attimo prima che mi gettassi nel vuoto, forse incontro alla
morte?
Non lo sapevo.
Di certo, non fu una coincidenza che io guardassi fuori dalla finestra
proprio
nel momento in cui Sue Clearwater decise di radunare le sue amiche e
tirare il
boquet. E che, guardando il retro di casa Black, scorgessi qualcuno
che, in
piedi e di spalle, fissava la casa. Qualcuno che avrei riconosciuto fra
un
milione di altri ragazzi identicamente alti, aggraziati e con i capelli
di
bronzo.
No, non fu una coincidenza che là fuori ci fosse Edward
Cullen, e che io mi
accorgessi di lui nell’unico istante in cui Leah era
distratta, la sua visuale
coperta dalle altre donne e lei stessa impegnata a far contenta sua
madre.
Fu questa mia avversione per le coincidenze a farmi scostare il
battente della
finestra e a scavalcarla, silenziosa come un uccello che esce dalla
gabbietta.
L’attimo dopo era fuori casa, da sola, con un tacco rotto,
faccia a faccia con
Edward.
Si era girato, e mi guardava dritta negli occhi. Eravamo ancora
distanti, ma
sapevo che la sua vista perfetta mi stava già scrutando in
ogni particolare. Mi
avvicinai a passi lenti, indecisa se proseguire o meno: era giusto
imporgli la
mia presenza, obbligarlo a salutarmi? Lui era la persona che
più al mondo mi
aveva fatto capire come ci sente ad essere rifiutate. Mentre mi
avvicinavo,
cominciai a mettere a fuoco i particolari del suo volto perfetto. Era
strano
analizzare le mie sensazioni in quel momento: quante volte lo avevo
immaginato,
sognato, anelato. Eppure ero solo imbarazzata, convinta di apparire per
l’ennesima volta ai suoi occhi sciocca, insignificante.
Quando fummo abbastanza
vicini, Edward mi sorrise, e il mio mondo crollò.
Mi ritrovai a fluttuare in una dimensione parallela, dove esisteva
soltanto
lui, i suoi occhi di giada, la sua bocca perfetta. L’aria
intorno a noi sembrò
rarefarsi, mentre veniva risucchiata dai miei polmoni. Edward era
davanti a me,
e io lo sentivo. Sentivo la sua energia, la forza dei suoi pensieri,
anche se
non ero in grado di capirli. Non era cambiato nulla, si erano annullate
le
distanze e il tempo. La distesa di giorni passati a piangere e a morire
per lui
sembrò assottigliarsi fino a sparire: era ieri, ma poteva
essere stato oggi, o
forse doveva ancora accadere. Mi accorsi che avevo ancora le gambe
quando le
sentii cedere. Edward fu di un balzo vicino a me, per sorreggermi. Ma
lo fece
standomi lontano, senza alcuno slancio.
“Bella” il sorriso era sparito, adesso sembrava
vagamente imbarazzato anche lui
“Ciao…Edward” mi schiarii la voce, che
mi uscì in un falsetto rauco. Arrossii.
Edward accennò un sorrisetto, ma durò mezzo
secondo e forse lo immaginai
solamente.
Continuava invece a guardarmi, serio: “Spero che tu stia
bene”, disse con lo
stesso tono formale.
“Si, certo” mi sentivo una completa idiota. Eccomi
davanti ad Edward, ed eccomi
incapace di dirgli nulla. Quanto lo avevo amavo, quanto avevo sofferto.
Che
reazioni avesse scatenato in me. O cosa faceva, se era felice. Invece
niente,
tacevo. E abbassai gli occhi.
“Questo…disguido finirà oggi
stesso” mi stava dicendo Edward, con la sua voce
musicale. “Te lo garantisco”
“E’ qui intorno?” chiesi ancora con gli
occhi fissi a terra, cercando di
apparire disinvolta. Hai per caso visto la vampira che vuole farmi a
pezzi?
“C’era” mi rispose Edward con durezza.
Passò qualche secondo durante il quale
nessuno dei due aprì bocca. Quando i secondi cominciarono ad
accumularsi, alzai
gli occhi da terra. Edward era impietrito, e apparentemente assente.
Il secondo successivo sibilò: “Entra in
casa”, e mi ritrovai nel salotto di
Jacob.
“E’ molto vicina” continuò
Edward, gli occhi che lampeggiavano, assorti nella
ricerca. “Ha un talento incredibile per la fuga. Si avvicina
e si allontana
così velocemente”. Senza dire nulla, mi schermava
con il suo corpo,
abbracciandomi quasi nel cerchio delle sue braccia spinte
all’indietro. Non
dicevo nulla, conscia che la resa dei conti era arrivata. Ero
lì, con Edward.
Era questo che Victoria voleva, uccidermi per punirlo. Non poteva
perdere
questa occasione, era quello che aspettava. E così sarebbe
stata lontana da
Jacob. Mi sorpresi a pensare a lui con
un’intensità bruciante.
“Fà che non mi accada nulla, Dio mio. Fallo per
lui”
Credetti di impazzire di terrore quando scorsi l’alta figura
di Victoria
accanto al caminetto di Jacob. Era una scena ripugnante, un elemento
del tutto
insensato nello scenario familiare. Come un ragno su un cuscino
ricamato.
Sorrideva, bellissima e sfacciata. Sentii le spalle di Edward
rilassarsi,
mentre non smetteva di farmi scudo con il suo corpo.
“Ti saluto, Victoria” la apostrofò in
tono gradevole, mentre retrocedeva verso
la porta, me sempre dietro le spalle come un goffo zaino. Capii che si
aspettava rinforzi da un secondo all’altro. Probabilmente ne
sentiva già i
pensieri: qualcuno che mi prelevasse da dietro le sue spalle e lo
lasciasse
libero di colpire Victoria.
Ma quello che avevo intuito io, stupida umana limitata, era chiaro
anche nella
mente acuta della rossa. Che affondò verso di me, conscia
che erano gli ultimi
attimi a sua disposizione per colpirmi. I miei occhi non percepirono
nè il
colpo di Victoria nè la parata fulminea di Edward. Sentii lo
spostamento
d’aria, e la vampira che soffiava come un gatto, a pochi
centimetri da me. Il
cupo ruggito di Edward si stava trasformando in un ringhio che gli
partiva dal
centro del petto. Terrore puro. Ecco cosa provavo, chiusa in una danza
millimetrica fra due esseri apparentemente umani ma spaventosamente
feroci.
Il tempo sembrava essersi congelato in una morsa, mentre i secondi
sgocciolavano
fra una finta di Victoria e un passo indietro di Edward, il cui compito
sembrava troppo arduo. Non poteva proteggermi e attaccarla, stava
perdendo
terreno sotto i suoi affondi. A un tratto, la vampira rossa
saltò verso il
soffitto, rimanendo aggrappata graziosamente alle travi di legno. Nello
stesso,
velocissimo attimo, Edward mi spinse indietro gridando, e qualcosa
entrò dalla
finestra. Qualcosa di grosso, immenso, almeno così mi parve,
nell’inferno di
vetri rotti che scatenò intorno a sé. Mi trovavo
esattamente sulla sua
traiettoria, e per un attimo lo vidi, mentre passava sopra la mia testa
come un
grottesco aquilone. Quello che vidi fu una figura tremolante, che parve
esplodere nell’aria in un turbinio di lustrini: mentre stavo
ancora realizzando
la sua natura, con la mente fissa alla terribile fiera che stava
cercando di
uccidermi, sentii qualcosa colpirmi, di lato, con la forza di mille
martelli. O
come un gigantesco rovo, usato come una frusta. Sentii la terra
mancarmi sotto
i piedi, e la mia caduta fu lunghissima: cadevo all’indietro,
senza riuscire a
capire perché non mi fermavo. Il dolore che sentivo mentre
il mio corpo
sbatteva lungo gli scalini, quelli che portavano alla cantina di casa
Black,
venne soffocato da una coltre di bianco. Tutto sfocò, piano
piano, mentre da
un’angolazione assurda vidi Victoria, l’ultimo dei
miei incubi, cadere dal
soffitto addosso ad Edward. E sono certa anche di quello che vidi
dietro
Edward: un grosso lupo grigio.
Cercavo di sforzarmi per continuare a guardare, ma ad un tratto il buio
mi
avvolse. Più forte del dolore, più forte della
paura, sopraggiunse il pensiero
di Jacob: Fà che sia salvo. Fà che possa
rivederlo.
Edward
p.o.v
Non è possibile. Questo non era previsto.
Avanti Bella, alzati, scrollati la polvere dal didietro e chiedi scusa
come sai
fare tu, per la tua ennesima goffaggine. Bella, maledizione…
Mai nella mia lunghissima vita ero rimasto senza parole come in questo
momento,
davanti a lei, questa piccola ragazza così importante, che
adesso sembra solo
un mucchietto di stracci ai piedi di questa scala.
Le sue gambe hanno un angolo strano, la testa è reclinata
dall’altra parte.
Vedo un rivolo di sangue uscire dalla sua nuca. Le giro la testa, cerco
di fare
più piano che posso. Sento l’odore del suo sangue,
si, ma per me non è un
richiamo: è solo lo strazio acuminato della nostalgia. Bella
è ferita, ha uno
zigomo contuso, graffi su tutto il viso. Il suo cuoricino di farfalla
batte
ancora, ma per quanto? Sento che fa fatica, che sta singhiozzando.
Bella, come è possibile questo? Com’è
possibile che non sia riuscito a
proteggerti, per l’ennesima volta? Ci ho provato, piccola
mia, con tutto me
stesso. Ho sacrificato la mia intera vita per sapere la tua al sicuro,
e ecco
il risultato. Sei stata spazzata via da chi doveva vegliare su di te,
da quella
povera ragazza che nessuno può consolare adesso, che diventa
un mostro mutante
perché al mondo esiste gente come me.
Sento Leah ululare lontano, è fuggita a cercare i fratelli,
è sconvolta.
Bella, ti prego ascoltami. Non puoi farlo, mi capisci? Non è
giusto. Resta qui,
combatti! Fallo per te stessa, perché hai diritto alla vita
perfetta che
speravo per te, qualunque prezzo avesse avuto.
Povera piccola vittima di questo mondo maledetto, popolato di mostri e
di orrori:
cosa dovevi mai scontare, per aver incrociato la tua strada con la mia?
L’ho presa tra le braccia, la sto cullando mentre il sangue
sotto di noi ha
formato una pozzanghera.
Sento Alice e Jasper che smembrano il mostro, poco lontano da me. Ma
è tutto
ovattato, tutto poco chiaro. Bella sta morendo, e io riesco solo a
pensare che
non ce l’ho fatta, che non l’ho protetta. Che non
le ho spiegato perché sono
andato via, che non le ho detto quanto l’amo, quanto mi
è insopportabile la
vita lontano da lei. Ma forse non le interessa più, adesso.
Alzo gli occhi, nella mia testa percepisco un tuono di furia, dolore,
sofferenza.
Lo sento prima che entri, prima che colpisca i suoi amici con la forza
di un
uragano, liberandosi delle loro braccia come di fuscelli. Lo sento
gridare, e
non capisco più se sono i suoi pensieri o la sua voce, sento
che il suo
strazio, gemello del mio, può farmi impazzire.
Lo vedo davanti a me, chino sulla donna che ama. Sento le sue urla, i
suoi
singhiozzi mentre impreca contro dio e contro il mondo, mentre intorno
a noi è
sceso un silenzio di tomba. Eccolo, l’uomo che dovrei odiare
ma che riesco solo
a compatire, in una gigantesca fotocopia della pena che sento per me
stesso.
L’uomo che mi ha sostituito nel cuore di Bella,
l’uomo giusto, quello fatto
apposta per farla felice.
Quello a cui io stesso l’ho consegnata, andando via.
Si è accorto di me, in un balzo mi è addosso. Non
reagisco, uccidimi ti prego,
e che sia una volta per tutte. E’ colpa mia, della mia
dannata esistenza.
Uccidimi, Jacob Black.
Ma sta parlando, mi sta dicendo qualcosa, i suoi sono gli occhi di un
folle:
“Fai qualcosa maledetto, sta morendo!” mi urla in
faccia, le mani sul mio collo
stringono a morte, non capisco cosa voglia da me.
“Bella sta morendo” mi sussurra, il volto rigato di
lacrime. Non so cosa
dirgli, riesco a biascicare delle scuse incoerenti.
“Non sono riuscito…avevo Victoria addosso io non
pensavo..non avevo previsto”
Parole vuote, senza senso, mentre Jacob comincia a tremare, e di nuovo
grida:
“Falla diventare come te, qualunque cosa purchè
viva”
I singhiozzi gli squassano il petto:
“Ti…prego”
Quest’uomo mi sta chiedendo di trasformare Bella in un
vampiro, di rubarle
l’ultimo barlume di vita e fare di lei un mostro sbagliato
come lo sono io.
“No!” mi ribello, con tutta la mia forza.
“Non posso..farle questo…non posso”
Fino a questo punto la ami, Jacob Black? Cado in ginocchio, vinto dalla
certezza che qualunque cosa credo di aver fatto io per Bella, non
è niente di
fronte al sacrificio estremo di quest’uomo, che mi chiede di
trasformare la
donna che ama nella cosa che più odia al mondo. Per salvarle
la vita.
“Jacob, io…"
Io non ne ho il coraggio, Jacob. Sono andato via da lei per
proteggerla, per
regalarle una vita diversa, normale, umana. Come posso privarla della
sua
anima, proprio adesso? Posso essere così egoista, posso
trasformarla in un
mostro senza pietà e portarla via con me, verso una vita
eterna di sofferenze?
C’è qualcuno fra di noi, è la mano
forte di Carlisle. Stacca Jacob, ansante,
dal mio petto. Ha le mani sporche del sangue di Bella. Appoggia le
stesse mani
sulle spalle enormi di Jacob, gli parla in tono rassicurante:
“Jacob, Bella è ancora viva. Stanno arrivando,
faranno il possibile per
salvarla. E’ così che deve essere”
“No!” urla ancora Jacob, spingendo lontano da
sé mio padre.
“Jacob io ti giuro… che se Bella non ce la dovesse
fare… in ospedale, io farò
quello che devo”
Alice mi porta via, accartocciato su me stesso.
Se Bella morirà, o diventerà un mostro, non so
precisamente cosa farò. Sarà
qualcosa che dovrà cancellarmi da questa terra, per sempre.
VIII capitolo. Dolore
Mi sembra di essermi chiusa nell’armadio del corridoio,
quello grande, nella
casa di Charlie a Forks. Mi ci nascondevo da piccola, per non sentire
mamma e
papà litigare, e poi per gioco da più grande,
quando facevo finta che in
quell’armadio ci fosse un mondo segreto che solo io potevo
vedere.
Adesso ci sono di nuovo, ma è più freddo,
più stretto. Il buio mi pesa sul
petto, forse sono semplicemente diventata troppo grande per entrarci
ancora.
Non riesco a muovere le gambe, le braccia, e qualcosa mi si
è addormentato
addosso, qualcosa che pesa.
Prima mi muovevo leggera, galleggiavo quasi. A un tratto accanto a me
c’era
Jacob, con il suo sorriso luminoso. Ho allungato la mano per
accarezzargli i
capelli, e quelli da neri sono diventati ramati. L’ho
guardato negli occhi, ed
era sempre Jake, ma aveva gli occhi d’onice di Edward. Forse
era Edward.
E’ stato allora che mi sono ritrovata nell’armadio
di Charlie: adesso però sono
stanca di questo gioco, ho voglia di piangere. Sento un senso di
tragedia, di
dolore, che mi pesa sul petto, e non riesco a ricordare
perché. Mi sforzo, so
che c’è qualcosa, ma cosa?
E’ tornato il dolore. Non riesco più a
combatterlo, sento che scivolo giù, da
qualche parte da dove ritornare su non sarà così
semplice. Non so come faccio a
saperlo, ma lo so, e cerco di tenere salda la presa. Ma è
difficile, e la
sofferenza cancella tutte le altre sensazioni. Non so più
chi sono, che cosa
voglio, per cosa sto lottando. E’ solo il mio corpo, io non
ci sono più.
“Fà che non mi accada nulla, Dio mio. Fallo per
lui”.
Sono stata io a dirlo, sento la mia voce rimbombare nella testa
dolorante.
Perché? Anzi, per chi, stavo pregando? Come prima, quel
senso fastidioso di
assenza. Di certezza che c’è qualcosa di grave che
sto dimenticando. La prima
cosa a tornarmi in mente di Jacob è la sua voce. Quella voce
rauca, profonda,
piena di sfumature. Me la ricordo benissimo ora, chiusa nel bozzolo di
una
sofferenza che non capisco. Mi sembra di sentirla. E’
successo qualcosa a
Jacob? La paura mi contrae lo stomaco e per la prima volta da non so
quanto
tempo, avverto le singole parti del mio corpo. E la paura mi ricorda
Victoria,
la vampira rossa decisa ad uccidermi. Mentre ricordo tutto, in un
vortice di
luce accecante, riemergo all’improvviso. Esco
dall’armadio, e cerco di gridare:
“Jake!”
E’ suo il primo volto che metto a fuoco.
E’ chino su di me, e quelle che vedo sulle sue guance mi
sembrano lacrime.
Allungo un dito per asciugarle, ma scopro che muovere il braccio non
è così
semplice. Tutti insieme sento gli aghi nelle braccia, la sonda nel
naso, il
dolore alle gambe. La voglia di tornare a dormire è forte,
ma non riuscirei a
chiudere di nuovo gli occhi ora che ho rivisto quelli di Jacob.
C’è Charlie, è
in ginocchio vicino al letto. Mi sforzo di allungare un braccio,
stavolta sul
serio, ma devo desistere. Charlie. Sue. Il matrimonio. Oh
cioccolata… sono la
solita maledetta guastafeste. Ma che è successo?
Perché mi trovo qui? Non
ricordo niente di niente, ma al centro di quel niente
c’è Edward. Edward che mi
protegge con il suo corpo, Edward che para gli affondi di Victoria, che
ringhia, che graffia, che cerca di addentare come una fiera.
Improvvisamente, sento il bisogno di sapere tutto, e di saperlo ora. Ma
nessuno
sembra intenzionato a lasciarmi sola con Jacob.
Alterno sonno e veglia in modo inconsapevole, a un tratto mi assento
come se
qualcuno mi tirasse per la manica e mi strattonasse fuori dalla stanza.
Ma non
ho ricordi del sonno, perché il mio corpo comincia a
recuperare la facoltà di
riposo. Quando sono sveglia, mi gira intorno una girandola di volti
familiari.
Jake è sempre con me, la sua mano calda mi risveglia ogni
volta, stretta nella
mia. E poi Charlie, Sue, Billy, Emily, Sam. Qualche volta Seth e Leah.
E da qualche a giorno a questa parte, il dottor Cullen.
Ho avvertito la sua presenza nella stanza ancora prima di aprire gli
occhi.
Quando ho sentito il ghiaccio sfiorare il mio polso, ho capito che
c’era un
Cullen vicino a me. E prima di aprire gli occhi, ero così
certa che sarebbe
stato Edward. Invece, mi sono trovata faccia a faccia con la bellezza
disarmante di Carlisle, con il suo volto buono contratto in una smorfia
di
commozione. “Ci hai fatto preoccupare davvero stavolta,
Bella”. La prima volta
che è venuto, stavano per ristrattonarmi fuori dalla stanza
della mia
coscienza, e non ho fatto in tempo a girare gli occhi su Jacob per
spiare la
sua reazione. Le successive, si limitava a visitarmi e a scambiare
qualche
parola, sotto gli occhi nervosi e vigili di Jake.
A breve, cominciai ad attendere le visite di Carlisle con impazienza.
Veniva
quando gli altri erano andati via, e non evadeva le mie domande con
risposte
vaghe e distrazioni.
Cominciò con il chiedermi cosa mi ricordassi della giornata
del matrimonio di
Charlie, e mi aiutò a ricostruire i particolari
dell’arrivo di Victoria e della
sua lotta con Edward. Mi assicurò che Victoria era morta, e
che Edward stava
bene. Era venuto a trovarmi qualche volta, ma mi aveva sempre trovata
addormentata. La cosa non mi meravigliò più di
tanto. Probabilmente era già
tornato nel posto misterioso dal quale era venuto. Ciao ciao, Edward.
Grazie
per avermi salvato la vita, amici come prima.
Tenevo questi pensieri per me, mentre scoprivo che il branco era stato
imbrogliato dalle false tracce che Victoria aveva disseminato per tutta
la
Riserva. Alla fine erano stati Alice e Jasper, allarmati dalla
sparizione di
Edward, a capire dove fosse, e cioè a casa Black, impegnato
in un ballo mortale
con Victoria.
Era qui che i miei ricordi si interrompevano: non riuscivo a ricordare
cosa mi
avesse spedito su questo letto d’ospedale, come mi
informò Carlisle, reduce da
una settimana di coma indotto e con il bacino fratturato.
La sera in cui Carlisle me lo disse, c’era anche Jacob: era
nervoso e tirato,
le occhiaie scure gli segnavano il viso senza pietà.
“Sei caduta per le scale di casa Black, Bella. Ma non
è stata colpa tua,
stavolta” accennò con un sorriso il dottor Cullen.
“Non è stata colpa di nessuno, in
realtà” continuò pacato, mentre Jake si
alzava bruscamente e si allontanava dal mio letto. “Leah ha
perso la testa
quando ha visto Victoria, e si è trasformata al volo, senza
badare bene alle
conseguenze. Ha fatto irruzione dalla finestra, e tu disgraziatamente
eri
proprio sulla sua traiettoria. In quel momento, Victoria si era
arrampicata sul
soffitto per sferrare il suo ultimo attacco dall’alto, e
mentre tu cadevi a
capofitto per le scale della cantina, Edward è riuscito ad
colpirla. Per
questo, non è riuscito a recuperarti al volo mentre
cadevi”
Ero rimasta senza parole, mentre Jacob tamburellava nervoso le dita
sulla
sponda del mio letto. Mi rivolsi a lui: "perché non me
l’hai detto prima?”
“Non volevo dirtelo proprio, veramente. La situazione con
Leah è già
abbastanza… prima che tu…oh, lascia
stare!” era decisamente esagitato.
“E’ tutta colpa mia, Jake. Sono
scappata… l’ho costretta a fare quello che ha
fatto. E non l’ha fatto certo di proposito. Non ce
l’ho con lei”
“Bè, io si” concluse stizzito Jacob, e
Carlisle fece un cenno perentorio.
“Adesso basta, troppe emozioni tutte in una volta non fanno
bene a Bella”
Mentre loro pensavano che la mia coscienza stesse nuovamente sfumando,
udii
Jacob parlare con Carlisle nel corridoio: “E’
l’ultimo favore che le chiedo per
Bella, dottore”
Sentii Carlisle mormorare qualcosa in risposta, ma udii distintamente
la voce
rauca e tesa di Jake chiedere: “Dica ad Edward di venire. Gli
dica che è
importante”.
Nei giorni successivi, penosamente lenti mentre il mio corpo si
riabituava a se
stesso, la mia inquietudine riguardo a Jake crebbe in modo
esponenziale. Jacob
era sempre con me, dalla mattina alla sera. Quando io dormivo, si
concedeva
qualche ora di riposo, ma faceva in modo da non perdersi neanche un
attimo
delle mie ore da sveglia. Eppure… non era più
Jake. Non c’era traccia del
sorriso che amavo, della sua calda esuberanza. Il mio Jacob aveva
lasciato
posto ad un individuo teso e sulle spine, che mi stava sempre vicino
con il
corpo ma mi sembrava anni luce lontano da me con il cuore. Sapevo
dentro di me
che questo cambiamento aveva a che fare con il terribile pomeriggio del
mio
incidente. Forse era arrabbiato con me, forse non riusciva ancora a
riprendersi
dalla paura e dalla frustrazione. Nei momenti migliori, pensavo che ne
avremmo
parlato con calma, a casa, e tutto sarebbe andato a posto. In quelli
peggiori,
tremavo all’idea che la mia incoscienza e i miei
comportamenti avessero ucciso
per sempre il Jacob che conoscevo e che amavo.
IX capitolo. Addio
Edward non venne il giorno dopo, nè quello dopo ancora.
Venne però Alice, a notte fonda. Aprii gli occhi e lei era
lì, il suo viso da
folletta vicinissimo al mio: mi sfiorò la fronte con un
bacio gelato e sparì.
La mattina dopo pensai di averlo sognato, ma Carlisle mi
confermò che era stata
spesso a trovarmi, sempre per pochi attimi: un ospedale non era il
posto
migliore per un vampiro, fosse anche un Cullen, mi disse con un
sorriso. “Io
sono l’eccezione, ma questo già lo sai”.
Ci teneva però a dirmi che Esme e
“tutti gli altri” chiedevano mie notizie
regolarmente.
Il tempo scorreva tutto uguale, ma i miei miglioramenti erano costanti.
Arrivò
anche il momento in cui potei stare sulla sedia a rotelle, e fare
qualche giro
nei corridoi dell’ospedale e poi nel giardino. Era Jacob a
manovrare la sedia,
ovviamente, e per farlo doveva ripiegarcisi sopra: qualche volta
frenava
bruscamente, o mi faceva impennare, per il gusto di sentirmi strillare
e
ridere. Rideva anche lui, e per qualche secondo rivedevo il mio Jacob
in tutto
il mio splendore: quei secondi finivano presto, però.
Riuscivamo a stare anche
mezz’ora a guardarci negli occhi, in silenzio. Jake mi
accarezzava i capelli,
sentivo il calore della sua grande mano, ma non diceva nulla. E io,
idem.
Come troppo spesso era successo, scelsi di essere egoista nei suoi
confronti.
Temevo la resa dei conti, temevo di conoscere i motivi del suo disagio,
perché
non ero sicura di poterli superare. Mi bastava che Jake fosse
lì con me, che
non se ne andasse via, che il suo calore e il suo odore fossero sempre
a
portata di mano. Non ero abbastanza forte da affrontare discussioni,
lui lo
sapeva.
Infatti, quando Leah venne a trovarmi da sola, senza lo scudo della
madre, del
fratello o di Charlie, Jacob era determinato a mandarla via. Fui io ad
insistere perchè rimanesse.
Leah era molto più nervosa di me. I capelli di seta nera,
che erano più lunghi
di come li ricordavo, le coprivano metà del volto e lei non
faceva che
giocherellare con i ciondoli del suo bracciale. Avevo appena convinto
Jacob a
starsene fuori dalla mia stanza, e mi girai con una mossa fin troppo
abile per
i miei standard; ero più sciolta sulla sedia a rotelle che
sui miei piedi. Leah
era rimasta ritta vicina al letto e per un attimo mi vidi come mi
doveva vedere
lei: invalida, pallida, piena di cicatrici, i capelli aggrovigliati in
una coda
e il pigiama dell’ospedale. Un vero caso pietoso.
Sospirai: “Leah, siediti per favore! Sei già
troppo alta per me quando sono in
piedi…”
Cercavo di buttarla sul ridere ma lei era impassibile. “Sono
venuta solo per
dirti una cosa, Bella, e ci tengo che tu lo sappia. Non farti neanche
venire
l’idea che l’incidente che ti ho causato fosse
intenzionale”
Avevo appena aperto la bocca per protestare, ma Leah, con uno dei
consueti
movimenti bruschi da maestra elementare, riuscì come sempre
a zittirmi. “Si si…
risparmiami la solfa. Ma che dici, ma io non l’ho mai
pensato, eccetera
eccetera. Ma nè tu nè io siamo stupide Bella, e
la conversazione che abbiamo
avuto poco prima del fatto depone decisamente a mio sfavore. Potresti
pensare
che abbia ecceduto caricata dall’ira nei tuoi confronti. Non
è così, non ho
capito più niente, e basta. Ho sbagliato, potevi morire. E a
quel punto, avrei
rovinato la vita di troppe persone, la mia compresa. Comunque, se non
vuoi
tenere conto della mia buona fede, ti basti sapere che Sam mi aveva
ordinato di
proteggerti, e io non posso contravvenire a un ordine
dell’Alfa. Mai.” E lo
disse con una smorfia di singolare dolore, come se le fosse scivolata
per un
attimo la sua abituale faccia da dura.
“Va bene, basta che consideriamo chiuso
l’argomento”, le dissi, cauta.
“Chiuso” assentì Leah, e mi parve
più rilassata. Per questo, osai: “Mi
piacerebbe che io e te potessimo diventare…amiche”
Ma mi pentii subito del mio slancio. Gli occhi di carbone della mia
sorellastra
erano tornati impassibili e in essi si accese una luce ironica.
“Non credo che
funzionerebbe. Abbiamo gusti troppo diversi. E comunque, se fossimo
amiche ti
chiederei per quale ragione sei saltata giù dalla finestra
nel bel mezzo del
matrimonio di tuo padre, per correre incontro a un vampiro che ti ha
mollata
mesi fa. Ma non lo siamo, quindi non te lo chiederò. Alla
fine, ti conviene.”
Le sue parole per me furono un pugno nello stomaco, e dovette
accorgersene. Ma
era tornata Leah la dura, e mi salutò dicendo:
“Stai bene, Bella. E manda Jacob
a casa qualche volta.”
***
Il giorno dopo la visita di Leah, cominciai la riabilitazione. Questo
significava andare in palestra, e la sola idea mi faceva rabbrividire.
Dopo
tutto quel tempo di forzata immobilità, però,
aspettavo quasi con impazienza la
prima visita del mio terapista, un ragazzo asiatico alto quasi quanto
Jacob.
Charlie mi aveva portato una tuta, un imbarazzante acetato color
prugna, e le
mie vecchie scarpe da ginnastica. Mi ero persino messa una fascia per i
capelli, per stare più comoda.
Fu esattamente in queste condizioni che ricevetti la visita di Edward.
Ero nella mia stanza con Jake, e aspettavo il mio turno, quando sentii
l’aria
farsi più pesante. Anche i miei modesti sensi da umana si
erano raffinati, per
forza di cose, e mi bastò seguire la direzione dello sguardo
duro di Jacob per
capire che il momento era arrivato. Edward Cullen si degnava di venire
a farmi
visita, su espressa richiesta del mio fidanzato, che però lo
guardava come se
avesse voluto decapitarlo sul momento.
Edward era bellissimo, come non aveva mai smesso di essere. Sul suo
volto
perfetto mi parve di scorgere ancora una traccia di imbarazzo, che
scomparve
appena mi guardò negli occhi. “Bella”,
mi disse, a mò di saluto. E io dovetti
fare appello a tutta la mia forza per non isolarmi di nuovo dal mondo.
Toccai
lievemente la mano di Jacob, e lui me la strinse da fare male. Ecco,
avevo
trovato il mio appiglio per non volare via.
Lo sguardo di Edward, che era velocissimo come ogni altra sua
espressione, mi
sembrò addolorato, per una frazione di secondo. Ma non volli
credere ai miei
occhi confusi, e gli risposi: “Ciao Edward”
“Spero che tu stia meglio” riattaccò
lui, guardando però Jacob. Sapevo che gli
stava leggendo la mente, e lo sapeva anche Jake, che infatti
indurì la
mascella. “In effetti sto molto meglio” balbettai,
ricordandomi al volo della
fascia e strappandomela dalla testa. “Senti Edward io volevo
ringraziarti per
avermi salvato la vita… di nuovo.
Insomma…” ero una perfetta imbranata, ma lui
sembrò non accorgersene e anzi mi rispose con una piega
amara della bocca:
“Grazie per averti permesso di finire spiaccicata ai piedi di
una scala? Non
c’è di che”. C’era una
tensione palpabile nell’aria, e non dipendeva da me.
Erano Jake e Edward a fare scintille, e non mi spiegavo minimamente il
perché.
All’improvviso Edward si rivolse a me dicendo:
“Allora Bella, buon recupero. Ti
auguro di riprenderti al meglio”, e sarebbe andato via senza
darmi neanche il
tempo di prendere fiato per rispondere, se Jacob non fosse intervenuto
per la
prima volta.
“Avanti Cullen, non fare il codardo”
Edward si fermò, come trattenuto per un braccio.
“Pensa agli affari tuoi”,
ringhiò, mentre Jacob si alzava, lasciando la mia mano:
“Se non lo farai tu, lo
farò io”
Io ero rimasta diversi centimetri più in basso, seduta sulla
mia sedia a
rotelle, e mi stavo innervosendo.
“Scusate, potrei sapere di che parlate o è una
discussione per soli uomini?”
Si guardarono in cagnesco per un altro attimo, e poi fu Jake a parlare.
“Non è
andato via perché non ti voleva più, Bella.
E’ andato via per salvarti da se
stesso e da tutta la sua lugubre famiglia. Vorrebbe dirtelo, ma non ha
il
coraggio di farlo”
Ascoltai senza capire, e rimasi a guardare in faccia Jacob.
“Cosa?”
Edward mi dava le spalle, e senza girarsi rispose: “Non credo
che sia un
argomento interessante per Bella, questo”
“Oh, io penso che le interessa invece” lo
rimbeccò Jacob, e la sua espressione era
così arrabbiata, e così maligna, che mi sembrava
di non conoscerlo.
“Ma che dici, Jake? Cosa state dicendo, tutti e
due?” Non mi raccapezzavo più.
“Andiamo, Bella. Ti sei presa gioco di chi ti stava
proteggendo da mesi. Sei
andata tutta sola incontro alla morte, e tutto questo appena
l’hai rivisto.
Pensi che sia del tutto cieco? Se ho fatto di finta di esserlo fino ad
oggi è
stato…per stupidità. Ma non posso chiudere gli
occhi davanti all’evidenza” Si
era chinato verso di me, appoggiandosi ai braccioli della sedia. I
nostri volti
erano a pochi centimetri di distanza. “Tu non devi stare
insieme a me perché
pensi che lui non ti voglia più. Lui ti vuole ancora, Bella.
Sei libera di
andare.”
Si girò di scatto, allontanandosi verso la finestra. Le sue
spalle tremavano.
In quell’attimo, mi sentii avvinghiare dallo sguardo di
Edward.
“Edward…è vero?” riuscii
solamente ad articolare.
Non mi rispose per dei secondi lunghissimi, mentre i suoi occhi dorati
mi
facevano a pezzi l’anima.
“Ti ho mentito, si. Sono andato via per darti la
possibilità di avere una vita
normale, da umana. E vedo che sei riuscita ad averla, a parte qualche
interferenza che non dipende da te. Quindi, ho raggiunto il mio scopo.
Sono
pronto ad andarmene”
“Tu mi hai detto… che non mi amavi
più” all’improvviso aveva la bocca
secca,
riarsa.
“Era il solo modo per convincerti a non seguirmi”
Se non fossi stata seduta, sarei svenuta. Quanti mesi di sofferenza, di
disperazione. La voragine, le crisi di panico, le moto, la scogliera. E
tutto
questo, per una bugia?
“Come ti ho spiegato una volta, la nostra natura è
molto stabile, Bella. Dopo
che ti ho incontrata, si è modificata per sempre. Non
dimentico così
facilmente” Le sue ultime parole erano frecce infuocate per
me.
“Quindi…” non riuscivo ancora a fare
frasi di senso compiuto.
“Quindi, come insiste a dire il tuo generoso…
fidanzato, sei libera di fare
quello che vuoi. Se vorrai sacrificare la tua vita vicino a me, io non
ti
respingerò, non più. Ho cercato di proteggerti,
ma vedo che non ci sono riuscito.
E’ stato tutto inutile.”
Mi fischiavano le orecchie, mentre cercavo di dare un senso alle parole
di
Edward.
Non era vero niente. Mi amava ancora.
Mi aveva mentito perché fossi felice.
Era disposto a tornare con me.
Non potei impedire alla mia mente di spiccare il volo. Di nuovo vicino
ad
Edward, di nuovo con la famiglia Cullen. Il mio sogno tornava a
prendere vita e
forma accanto a me; i mesi di sofferenza, come la prima volta che
l’avevo
rivisto, sembrarono assottigliarsi e sparire. Ma la mia mente
generò presto
altre immagini: il volto di Jacob, sempre lui, mille volte. Mille
sorrisi,
mille risate, mille carezze. Mille volte il suo calore, mille volte la
mia
nuova vita. Mille volte ti amo. E poi Charlie, e Sue, e tutta la mia
nuova
famiglia Quileute. Il tira e molla fra le diverse immagini sembrava
dovermi
spaccare la testa: avevo gli occhi di Edward davanti, fissi nei miei. I
nostri
ricordi insieme non mi avrebbero abbandonato mai, avessi vissuto cento
anni
anche io. Era il mio sogno, ma i suoi colori stavano sbiadendo. I volti
che
amavo, quelli reali, fatti di sangue e di carne come me, roteavano
nella mia
testa con più insistenza, con più urgenza. Mi
ricordai il rumore secco che
facevano i denti di Victoria quando cercava di mordermi. Era
più simile a un
animale che ad un essere umano. E io, cosa volevo essere? Avrei sempre
amato
Edward, perchè quando si incontra uno come lui nella vita,
non si può non
amarlo per sempre. Perché Edward era la sintesi delle grazie
e delle bellezze
di tutto il mondo, di ogni virtù che esseri umani o divini
potessero inventare.
Ma la mia natura e la sua erano diverse, e solo adesso me ne rendevo
conto.
Adesso che per tornare alla mia vita di prima, quella del sogno, avrei
dovuto
rinunciare ad una vita umana che non avevo mai conosciuto. Fatta di
fuoco, di
corse in riva al mare, di abbracci infiniti e di calore. Fatta di
Jacob, e
della piega morbida del suo collo nel punto dove si congiunge alle
spalle,
della sua schiena liscia e bronzea. Dei suoi capelli fini e di seta. Di
amore,
e di cose morbide e fragili, da trattare con cautela.
Non potevo rinunciarci. No. Non più.
“Jake!” lo chiamai, e fu come quando ero riemersa
dal buio del coma, seguendo
il suono della sua voce.
Jacob si inginocchiò vicino a me, gli occhi pieni di
lacrime, il volto
tranquillo.
“Bella, io lo capisco. Non ho mai… sperato di
sostituirlo. E’ stato più di
quanto mi fossi aspettato di avere”
Non gli dissi nulla, solo adesso mi accorgevo delle lacrime mi rigavano
le
guance. Misi un dito sulle sue labbra morbide, e appoggiai la sua
fronte alla
mia. Girarmi verso Edward fu la cosa più difficile che avevo
mai fatto nella
mia vita. I suoi occhi erano sempre lì, il suo volto
perfetto era immobile,
come una statua di bellezza inaudita.
“Io… non posso lasciare la mia famiglia
adesso”
Sentii Jacob respirare forte nel mio orecchio destro, e avvertii
l’umido delle
sue lacrime.
Edward sorrise, e fu il sorriso di un Apollo. “E’
la scelta giusta, Bella.
Almeno non rendi vano il mio sacrificio”
Si girò per andarsene, ma si fermò di nuovo. Di
colpo, mi fu troppo vicino.
“Veglierò sempre su di te. Ricordalo. E abbi cura
della tua anima” aveva
allungato la mano, come per farmi una carezza, ma ci
ripensò, più veloce del
fulmine. In un attimo, non c’era più.
Mi seppellii nell’abbraccio di Jake, e piansi. Piansi per me,
per la sofferenza
che avevo imposto a Jacob. Per il dolore di Edward, che aveva immolato
la sua
felicità alla mia. Lo ringraziai mille volte,
perché solo così mi aveva
mostrato quel lato dell’esistenza che la mia vita fino
all’arrivo a Forks non
mi aveva regalato.
Piansi per il dolore che era solo mio, e che si sarebbe allentato piano
piano,
ormai lo sapevo. Piansi e nelle mie lacrime si mischiarono quelle di
felicità.
Perché la vita che mi aspettava fuori
dall’ospedale non mi era mai sembrata più
ricca di promesse, e di speranze.
Edward p.o.v
Il tempo è un concetto astratto, quando hai
l’eternità davanti.
Le ore, le settimane, gli anni, hanno lo stesso peso. Noi vampiri
guardiamo gli
umani affannarsi per ogni singolo minuto della loro vita, ed
è questa l’essenza
della nostra diversità, quello che ci condanna a
un’esistenza parallela e
solitaria. Non c’è un game over, una fine di
tutto: davanti a noi il tempo si è
piegato, e la natura continua il suo corso, albe e tramonti, stagioni e
anni,
ignorandoci.
Non siamo mai stati insieme agli stessi umani abbastanza tempo per
vederli
invecchiare, per percepire i loro cambiamenti. Semplicemente
perché loro
avrebbero percepito l’assenza dei nostri.
L’invecchiare era un concetto che non
ci apparteneva, neanche mentalmente. E quindi, non ci interessava.
Eppure, non ero mai stato così ossessionato dal passare
degli anni. Sentivo il
tempo, molto più pesante di come lo percepisse alcun essere
umano. E la chiave
del mio tormento era sempre lei, Bella. Alla quale avevo regalato una
vita
normale e umana perché sapevo, dentro di me, che era la cosa
più giusta e
naturale. Ma il suo destino, il suo tempo limitato, la sua sorte,
continuavano
ad impegnare tutti i miei pensieri, ad essere l’origine delle
mie angosce.
Volevo lasciarla libera, lo volevo più di ogni cosa. Ma la
sua fragile natura
mi tormentava, e mi obbligava ad essere più patetico di
quanto avrei mai
immaginato.
Dopo essere scappato dalla sua stanza d’ospedale, odiando
Jacob perché mi aveva
costretto a dichiarare a Bella la mia menzogna, riaprendo una ferita
mai
chiusa, mi allontanai kilometri e mondi, cercai di essere il
più lontano
possibile da lei. Da loro. Ma mi accorsi presto che neanche un pianeta
intero
poteva contenere la mia angoscia, e che come un magnete invisibile lei
mi
attirava. Dovevo vederla, assicurarmi che stesse bene. E soffrire,
vedendola
innamorata e felice con un altro uomo. Questo era il tormento di sisifo
che mi
ero guadagnato? Questa la ricompensa per aver cercato di fare la cosa
giusta?
La prima volta che tornai alla Riserva, me ne stetti per giorni
appollaiato
sugli alberi, al limitare della radura. Non volevo correre il rischio
che
qualche ragazzo Quileute fiutasse la mia presenza. Mi sentivo un vero
mostro,
acquattato immobile come il predatore che ero, ma non importava. Nel
mio cuore
c’era solo angoscia, una voglia insoddisfatta di vedere Bella
e sapere che
stava bene. Solo un attimo, lo prometto. Una volta sola, e me
ne andrò per
sempre. Nelle lunghe ore che passai tra un ramo e
l’altro, mimetizzandomi
con il bosco e ascoltando i pensieri dei Quileute, scoprii
involontariamente
molte cose sulla nuova famiglia di Bella. Charlie Swan e Sue Clearwater
andavano d’amore e d’accordo. C’era
qualcosa che non funzionava con Renèe, la
madre di Bella; non mi meravigliò più di tanto.
Jacob Black aveva preso in mano
l’officina della Riserva, e con lui lavoravano altri ragazzi,
probabilmente
fratelli di branco. Scoprii anche che Bella si era trasferita a LaPush,
e
viveva con i Black nella casetta rossa dove stava per morire, uccisa da
Victoria o dalla mia inettitudine. I pensieri su Bella che scovai erano
vaghi e
affettuosi, ma non riuscivo ad avvicinarmi quello che bastava per
seguire suo
padre o Jacob, nelle menti dei quali avrei trovato sicuramente quello
che
cercavo.
Stavo per arrendermi, e tornare dal posto indefinito dal quale ero
venuto.
Al momento non avevo una fissa dimora: stare a casa con la mia famiglia
era
troppo doloroso per loro, e per me che non potevo sfuggire ai loro
pensieri e
alla loro disperazione per il mio stato. Mi toccava sentire anche i
ringhi di
Rosalie, che malediceva chi le aveva impedito di
“sistemare” Bella prima che
questa storia assurda cominciasse. Cominciavo a pensare che Carlisle
avesse
sbagliato a trasformarla. Quindi, vagavo di città in
città, alla ricerca di
pace.
Mentre lanciavo un’ultima occhiata a La Push, sentii
distintamente l’odore di
Bella. Non scorderò mai quel momento: se il mio cuore avesse
battuto ancora, mi
sarebbe esploso nel petto. Bella, sto per rivederti.
Era valsa la pena,
abbrutire me stesso in questo patetico spionaggio, per risentire ancora
una
volta, solo una, quest’odore meraviglioso. Dopo qualche
secondo di piacere
intenso, mentre aspettavo di vederla comparire, il mio sensibilissimo
naso
captò qualcosa d’altro. Era l’odore di
Bella, questo era certo: ma era
leggermente, infinitesimamente diverso. C’era qualcosa. Forse
con il passare
degli anni l’odore degli umani cambia? Quanti anni aveva
Bella? 25? Nonostante
la mia attenzione al tempo, potevo essermi sbagliato. Quando la vidi
comparire
da dietro la casetta rossa, bella come una Madonna rinascimentale,
luminosa
come non l’avevo mai vista, capii all’istante
tutto: Bella era incinta.
Indossava un vestito chiaro, mi sembrava cotone, lungo fino alle
ginocchia. Il
ventre prominente la sbilanciava un po’ in avanti, sembrava
sul punto di cadere
ad ogni passo. Ma non cadeva, anzi, camminava tranquilla: qualcosa nel
suo
passo mi trasmetteva l’evidenza del suo cambiamento. Non
avevo più davanti agli
occhi la timida Bella, che aveva paura di inciampare nei suoi piedi:
guardavo
una giovane donna sicura del suo posto nel mondo. I capelli erano
ancora più
lunghi di come li ricordavo, le circondavano il viso come
un’aura luminosa, e
le scendevano dolcemente sul petto. I suoi occhi erano languidi,
tranquilli.
Bella era felice, questo era certo. E aspettava un figlio da Jacob.
Felicità,
odio, rabbia, disperazione, nostalgia: non avrei saputo spiegare quello
che mi
si agitava nel petto in quel momento. L’immagine che vedevo
era la quintessenza
della normalità umana che avevo tanto voluto per Bella.
Perché mi faceva stare
così male?
Cos’era questo punteruolo infuocato nel petto? In quel
momento arrivò Jacob, a
la bocca mi si riempì di veleno. Perché insieme a
lui arrivò il torrente
infinito dei suoi pensieri, pieni di amore, di luce, di
felicità. E di immagini
di Bella, immagini terribili e dolcissime, scorci di
un’intimità che non avrei
mai potuto neanche sognare. Quanto detestai me stesso e la mia orribile
natura,
in quel momento. E quanto avrei desiderato uccidere Jacob Black.
Ma quella fu solo la prima volta. Nonostante la mia sofferenza, i miei
giuramenti, la mia dignità, tornai spesso alla Riserva in
quegli anni. Mancai
il matrimonio di Bella e Jacob, grazie al cielo, ma lo vidi mille volte
nei
ricordi degli altri. Sapevo che Bella aveva lasciato
l’università, e che la
madre era furiosa. Seppi quando trovò lavoro alla biblioteca
di Forks e quando
rimase incinta per la seconda volta. La vidi portare a scuola i suoi
bambini,
di cui conoscevo i nomi: il più grande si chiamava Ephraim,
ma per brevità lo
chiamavano tutti EJ. La seconda, una bambina, era Annie. EJ era un
piccolo
Jacob, e percepivo già il gene mutevole della sua
tribù. Ma Annie, pur avendo
la carnagione scura e le labbra piene del padre, aveva gli occhi di
Bella. E
qualcosa, tutto di lei, negli atteggiamenti. Nel modo di sorridere, di
schermare il sole con la mano, di guardare le persone dal sotto in su.
Vederla
mi faceva sanguinare il cuore.
Un giorno stava giocando troppo vicino al canneto che circondava
l’officina del
padre. Quando le cadde la palla nel fossato, ci misi solo un attimo a
recuperarla per lei e a porgergliela, così veloce che
contavo che non mi
avrebbe percepito.
Ma furono i suoi occhi cioccolato a bloccarmi. Gli occhi di Bella, dal
visetto
innocente di quella bambina, mi fissavano interdetti. E stupiti.
Rimanemmo a
fissarci forse un secondo, prima che lei si mettesse a piangere. Mi
ritrassi,
inorridito dalla mia stessa audacia, e restai ad osservare Jacob Black
correre
incontro alla figlia. Gli anni avevano reso l’enorme mole di
Jacob più
aggraziata, meno mastodontica. Anche il volto era diverso e
più maturo, e aveva
un ombra di barba sulla guance. Lo vidi inginocchiarsi e prendere in
braccio la
piccola Annie, con l’espressione di amore più
incondizionato che avessi mai
visto. Gli sussurrò qualche parola nella lingua dei
Quileute, e poi sentii la
bimba dire, con la sua vocetta cristallina: “Papà,
c’era un signore pallido che
mi ha ridato la palla. E’ stato gentile, ma aveva gli occhi
gialli come i gatti
e ho avuto paura”. Anche lontano com’ero, potei
sentire lo scatto della
mascella di Jacob, e vedere i suoi occhi puntarsi aguzzi verso il
fossato.
Stringeva la bambina a sé, e si diresse velocemente verso
casa.
Si, la casa di Bella e Jacob, costruita in mattoni rossi e tetto di
legno.
L’avevo vista nei loro pensieri. Quella volta fuggii come un
ladro, conscio di
aver oltrepassato un limite. Mi ero mostrato a una piccola umana, e
Jacob mi
aveva scoperto. Mentre correvo non potevo fare a meno di pensare alla
piccola
Annie. Avrei dato la vita per lei, esattamente come per la
madre.
Per quanto tempo continuai a tornare alla Riserva, per spiare Bella?
Non saprei
quantificarlo, so solo che gli anni passarono e lei divenne ancora
più bella. A
un certo punto, Charlie morì. Poi fu la volta di Billy
Black. Il dolore aveva
reso Bella più languida, più tranquilla. Non la
sentii mai alzare la voce con
uno dei suoi figli, o litigare con Jacob. Vidi i suoi bambini diventare
grandi,
vidi Jacob invecchiare di colpo, come se gli anni gli fossero scivolati
addosso
tutti insieme.
Un giorno tornai a La Push e mi scoprii a spiare una signora dai
capelli grigi
che stendeva il bucato. Ma certo, era la mia Bella. Piccola,
sciocca
ragazza, mi sembra ieri quando mi dicesti: non mi vorrai più
quando sembrerò
mia nonna. Quanto ti vorrei adesso, non potrai mai saperlo. I miei
occhi ti
vedono sempre come la ragazza con il viso a cuore e gli occhi
cioccolato che
arrossisce sotto il mio sguardo. Vedono sempre il tuo corpo snello
infagottato
nei maglioni che ti piacevano tanto. Ti rivedo dormire, ti rivedo
ridere. Il
tuo viso per me è sempre uguale a quel giorno nella radura,
quando hai
accettato incondizionatamente la mia terribile natura, amando me,
Edward, come
nessuno mai ha fatto o farà. Non passa un attimo della mia
esistenza durante il
quale il pensiero di te non sia un dolore insopportabile. Ma nello
stesso
tempo, la mia esistenza è questo. Ho tirato avanti durante
questi lunghi anni
senza nome solo per vederti di tanto in tanto, e tu hai continuato ad
insegnarmi qualcosa. Ero convinto che l’amore dei vampiri
fosse un amore
differente, più profondo e più duraturo di quelli
tra esseri umani, che conosco
come volubili e limitati. Ma la tua vita, Bella, mi ha insegnato che
gli esseri
umani possono amare al di là di tutto, mentre il corpo
invecchia e cambia,
mentre la vita si assottiglia e si avvicina la fine. L’amore
è giovane, l’amore
è immortale.
Qualche volta, da quando Bella è rimasta sola, torno a
guardarla dormire, come
tanti anni fa, nella casa di Charlie a Forks. Sono stato sulla tomba di
Jacob,
e spero che se ci incontreremo da qualche parte, di là,
potremmo essere amici.
Gli ho chiesto scusa se vado ancora a trovare Bella, ma entrambe
abbiamo
vissuto una vita amando la stessa donna e penso che mi capisca. E che
mi
vorrebbe azzannare, ma capisco anche questo.
Bella dorme poco, e si agita, come quando era ragazza. Le rughe hanno
fatto
pochi danni sulla sua pelle di porcellana, che sembra diventata
finissima, ma
porta ancora i capelli lunghi, anche se sono bianchi come la neve.
Annie sta
con lei tutte le sere, finchè si addormenta. E’
diventata una ragazza
splendida, e tutti i ragazzi della Riserva le stanno dietro. Suo
fratello fa
buona guardia, ma spero che smetta di fare a botte quando gli capita,
ormai è
un uomo. Gli auguro con tutto il cuore di non conoscere mai le
avversità che
hanno funestato la vita del padre, e di non ridursi mai a correre a
quattro
zampe in cerca di vampiri. Auguro a entrambe di vivere appieno la loro
splendida umanità.
Come sono passati in fretta questi anni, amore mio. Ti guardo
dormire e so
che un giorno non ti risveglierai. Aspettami un poco, non andare via
subito.
Vorrei averti vicino quando ti raggiungerò. Forse esiste un
posto dove potremmo
stare insieme.