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Autore: The_Cow    28/02/2010    2 recensioni
Questa è una song-fiction, "Spread your wings" è una canzone di Robbie Williams. In teoria lui è il protagonista maschile, la storia è narrata dal suo POV. Ovviamente tutto quello che è scritto qui, è di mia invenzione, a parte i luoghi che esistono davvero e i nomi delle canzoni.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi ricordo ancora quando eravamo due ragazzini, e vivevamo nello stesso quartiere.
A Stoke la temperatura è sempre stata tra le peggiori della contea di Staffordshire, e io andavo in giro sempre con i miei soliti vestiti pacchiani e provinciali, che tu odiavi tanto.
Con i miei amici andavo in giro per il quartiere a fare lo scemo e quando passavi tu, con il tuo sguardo acido e la camminata che ci provocava strane sensazioni, arrivava il momento migliore.
Mi ricordo ancora quanto eri bella, ma nella stupidità dei miei 15 anni non potevo dirtelo.
Sapevo tutto di te, della tua passione per l’arte e ogni tanto ti seguivo quando andavi al Gladstone Pottery Museum.
Ricordo ancora quel giorno, come fosse ieri, quando per l’ennesima volta ti ho seguita.
Ti sei incamminata verso quel vicolo cieco e io più curioso che mai, ti ho pedinata senza nemmeno chiedermi che cosa ci andassi a fare laggiù, finchè non ti ho persa di vista e ad un tratto mi sei piombata alle spalle.
Mi hai sbattuto contro il muro con tanta violenza, che qualche calcinaccio è venuto giù, ti sei avvicinata a me senza mollare la presa dalla mia giacca, nemmeno per un attimo.
Eri così vicina che ad ogni tuo respiro, il tuo alito entrava direttamente dentro la mia bocca, che faceva fatica ad emettere qualsiasi tipo di rumore, il tuo profumo mi entrava prepotentemente nelle narici, sembrava volesse vendicarsi di me riempiendomi la testa completamente.
I tuoi occhi erano di un verde micidiale, non li avevo mai visti così accesi, ma non era rabbia, forse un po’, ma mischiata a sorpresa, paura e irrazionalità.
Erano così grandi, che se li avessi fissati ancora un po’ avrei potuto perdermici dentro, senza trovare più la via d’uscita.
Ma forse così è accaduto e io non me ne sono mai accorto.
-Che cosa diavolo vuoi da me?- mi hai urlato senza timore
-Ma sei impazzita?- ti ho risposto come se mi avessi trascinato tu fin là
-Tu sei quello pazzo! Cosa credi che non mi ero accorta che mi seguivi?- e poi senza aspettare nessuna risposta -Allora, che cosa vuoi? Hai intenzione di farmi qualcosa?-
-No!- esclamai stupefatto da quella domanda, anche se in effetti ti stavo pedinando e non era nemmeno la prima volta
-Che cosa vuoi? Dove si sono nascosti i tuoi amici?- ti guardavi intorno veloce
-Non ci sono i miei amici- finalmente un po’ di coraggio mi era tornato e non soltanto nella voce -Mollami subito- staccai le tue mani dalla mia giacca, che tenevi in una morsa strettissima.
I tuoi occhi si riposarono di nuovo su di me, stavolta la rabbia si era affievolita e la tensione stava aumentando, con un passo indietro cominciasti ad allontanarti da me
-Ok, allora…io…adesso devo andare- la tua determinazione era scomparsa completamente e ti girasti per andare via, ma fui più svelto di te e ti fermai per il polso
-Aspetta, non andartene!- non sapevo nemmeno io quello che stavo facendo o dicendo -Non volevo spaventarti- almeno di quello ero sicuro
-Non mi hai spaventata, ma ora devo andare davvero- però non davi segni di volerti staccare sicuramente dalla mia mano
-Voglio solo rispondere alla tua domanda- azzardai
-Quale domanda?- i tuoi occhi erano tornati grandi come qualche attimo prima, ma pieni di curiosità
-Mi hai chiesto cosa voglio da te, giusto?- nonostante passassi tutto il tempo della mia adolescenza a fare il pirla della situazione, non sono mai stato un tipo coraggioso e non lo ero nemmeno in quel momento
-Non c’è bisogno che tu me lo dica Robert Peter Williams, l’ho capito benissimo cosa vuoi…- il tuo discorso cadde così, le parole ti morirono in bocca, anzi morirono nella mia bocca, perché senza nemmeno il tempo di accorgermene, ci ritrovammo attaccati l’uno all’altra, le nostre bocche unite come non lo erano mai state e come non avrei mai immaginato potessero stare, persi in un bacio tutto nostro in un luogo dove mai nessuno sarebbe potuto essere nostro testimone.


-Devo partire lo sai!- era l’ennesima volta che me lo ripetevi
-No! Non è vero che devi, parti perché lo vuoi tu!- ti rispondevo io egoisticamente solo perché non volevo che te ne andassi a Londra, ma che restassi con me come avevi fatto negli ultimi due anni
-Robbie, l’università ha detto che se voglio la borsa di studio, devo trasferirmi là, come puoi pretendere che io rinunci a questo, alle mie passioni, a tutto quello che ho sempre sognato- tra le lacrime continuavi a ripetermi le stesse cose
-Però rinunci facilmente a me, a noi- volevo ferirti, solo ferirti
-Non è vero, perché lo dici? Ti ho chiesto di venire con me, e poi non sono nemmeno 3 ore di macchina!-
-Dovrei rinunciare alla mia vita io, per poter seguire te?-
-Alla tua vita! Quale vita? Continui a perdere tempo a cantare nella tua stanza e a fare provini che vanno male!- mi sputasti in faccia quelle parole, che mi colpirono più forte di uno schiaffo in pieno viso, è vero è quello che pensavo io stesso di me, ma dette da te quelle cose mi ferirono di più di un’arma, fino a quel momento tu eri l’unica che continuava a ripetermi di non mollare e, mi stavi ad ascoltare canticchiare stupide canzoncine swing, quando riuscivo a farti staccare per qualche momento la testa dai tuoi libri di arte -Scusami Robbie…non volevo…- la tua mano si allungò per toccarmi, ma feci un passo indietro per non permettertelo, avevo paura che la tua pelle bruciasse più delle tue parole in quel momento.
-Hai ragione! Ho sbagliato io a chiederti di rinunciare a tutto!- presi la mia roba senza degnarti di un sguardo per un solo attimo, ma non lo facevo per ferirti, avevo paura di non resistere e di mettermi a piangere io davanti a te e sarebbe stato imbarazzante
-Robbie aspetta non te ne andare…- il tuo pianto aveva preso ormai via libera, parlavi e piangevi le tue lacrime si mischiavano alle tue parole, e tutto appariva più appannato -…non volevo dirti quelle brutte parole, non te ne andare-
Mi fermai davanti alla porta, ma non per mia spontanea volontà, mi avevi bloccato per un polso come feci io due anni prima in quel vicolo cieco, dove tutto ebbe inizio tra di noi.
Mi voltai per guardarti un’ultima volta, e con tutta la forza che potei accumulare in quel momento cercai di risponderti senza ferirti, forse tu ti aspettavi parole che ci eravamo detti fino a qualche tempo fa, oppure ti aspettavi uno schiaffo, una ferita, una cicatrice indelebile da parte mia come tu l’avevi lasciata a me in quel momento, ma mi uscirono soltanto delle stupidissime parole -Grace, non permettere mai ai tuoi sogni di uscire dalla tua testa- e così mi voltai per uscire dalla tua stanza, dalla tua casa, dalla tua vita.
(*Don't let your dreams out of your head)


Bè, non potevi scegliere giorno migliore per sposarti.
Oggi mi sembra di essere tornato indietro di vent’anni, sono qui davanti alla cattedrale di St Paul, ad aspettare di vederti uscire vestita da sposa, con il tuo bellissimo abito bianco, il tuo bouquet sicuramente fatto di Rododendri, anche se non è il periodo, ma è sempre stato il tuo fiore preferito, simbolo di fragilità, quella che hai sempre detto di nascondere tu sotto tutta la tua tenacia.
Nonostante la popolarità acquisita in questi anni, i miei dischi, i miei successi, le mie molteplici storie e il mio trasferimento a Los Angeles, in California, lontano mille miglia da qui, io non mi sono dimenticato un solo istante di te, di noi, del nostro passato, di tutto quello che abbiamo vissuto insieme, delle parole che ci siamo detti e di tutte le promesse che ci siamo fatti, e che non abbiamo mai mantenuto.
Chissà se tu hai seguito la mia vita da quando te ne sei andata, per provare a cambiare la tua.
Le tue ultime parole mi hanno dato la forza per cambiare la mia, è dopo quelle che ho trovato il mio posto nei Take That.
Le scelte che ho fatto in questi anni, sono sempre state un po’ troppo strampalate forse, ma ogni volta ho sempre pensato a cosa mi avresti consigliato tu.
Ovviamente io ho sempre fatto l’opposto.
Una settimana fa sono tornato a Stoke, era da molto che non tornavo soprattutto per problemi di lavoro, dovevo assolutamente finire tutte le registrazioni “Reality Killed the Video Star”, l’uscita del singolo, le promozioni e tutto il resto.
Comunque non mi piace tornare molto qui, non per la mia famiglia, lo faccio solo per loro in fondo, ma per il resto della gente, almeno negli Stati Uniti cammino per strada senza nemmeno essere riconosciuto a volte, ma soprattutto non mi piace tornare qui per i ricordi, che ancora fanno un po’ male.
Sally, mia sorella, non ha perso tempo per avvisarmi dell’evento, il tuo matrimonio.
Le ho riso in faccia come un cretino quando me lo ha detto, in fondo ci siamo lasciati più di vent’anni fa, come poteva credere che una cosa così mi sarebbe potuta interessare anche solo minimamente?
In realtà mi interessava e anche parecchio, altrimenti non starei qui adesso, ad aspettarti/spiarti di nascosto, davanti alla chiesa in cui ti stai sposando, con un altro uomo che non sono io, qualcuno che tu ami adesso, qualcuno che magari non ha mai indossato i miei vestiti pacchiani, che tu tanto odiavi.
Ed eccoti finalmente spuntare fuori dal portone di St Paul, bellissima come ti ricordavo, hai un sorriso splendente, gli occhi grandi e pieni d’amore, sembrano non abbiano sofferto mai.
Al tuo fianco un uomo che non si nota nemmeno con tutto il tuo splendore.
Non avevo sbagliato, il tuo bouquet è fatto proprio di rododendri rosa, nonostante tutto posso ammettere di conoscerti ancora abbastanza bene.
Non so nemmeno io perché sono venuto qui oggi, per vedere se eri felice forse, per vedere la persona con cui dividerai la tua vita da oggi in poi?
Non lo so, spero solo tu non ti accorga della mia presenza, nonostante vedo i tuoi occhi correre per tutta la piazza, forse anche a te è giunta voce del mio rientro.
L’unica cosa di cui sono sicuro, è che sicuramente non potevi scegliere giorno migliore per sposarti, il 13 febbraio.

 

*è una frase esatta di questa canzone!

Stoke on Trent è la città in cui è nato Robbie.
Grace, il nome della protagonista, è il nome di una canzone di Robbie.
Sally è il nome della vera sorella di Robbie Williams.
Il 13 febbraio è il giorno del compleanno di Robbie

  
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