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Autore: SakiJune    10/03/2010    1 recensioni
Quando anche il più giovane - e il più amato - dei suoi fratelli parte per Camelot, la piccola Clarissant di Orkney rimane sola con la madre Morgause e la cugina Morvydd. Nemmeno la sua fervida fantasia di bimba può però immaginare quali compromessi, inganni e dolori dovrà affrontare... Quale ruolo avrà nella sua vita colui che chiama nemico, il malinconico Sir Bedivere? E da chi deve guardarsi in realtà?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bedivere, Gawain
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Itonje reloaded'
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Piano. Mi fa male parlare. Mi fa male scrivere, ma è un male necessario.
Questo è l'ultimo capitolo "numerato" della storia, a breve pubblicherò il prologo (che precederà il capitolo 1) e l'epilogo (che... indovinate dove sarà XD).
L'ultima frase è venuta fuori ora, senza che avessi mai pensato prima alla sorte di Morvydd e Morgana, giuro. Comincio a credere alla teoria di King sulle storie che non vanno inventate, solo trascritte :)
Ho inserito qualche nome antico di località, tanto per creare l'atmosfera: Hrossey = Mainland, Gareksey = Gairsay, Gallaibh = Caithness. E sì, credo VERAMENTE che Gareksey prenda il nome da LUI, anche se le fonti non lo confermano :)

@Ila: Sì, ho altro in cantiere, ma per ora nessuna storia così lunga.
Conosci questo sito? C'è tutto e di più per scatenare l'immaginazione. Mi aiuta moltissimo.
Lieto fine? Sì, suppongo che lo sia, per ora *ghigno*
Io in una storia non mi pongo la questione slash-non slash, i "miei" personaggi non hanno sesso ma pura-carica-emotiva. Per me la threesome che scrissi tempo fa è altrettanto verosimile di questa lunga fiaba het. E il Bedivere che ama Branwen è lo stesso che ama Arthur, anzi: dentro di me riesco a far rientrare entrambe le storie nella stessa catena di eventi.





CAPITOLO SETTE.

Dove uno spettro cambia il destino dei nostri amici, e ogni rancore viene spento, nell'amore o nel sangue.




- Che cosa sono quelle luci?
Le guardie del castello avevano avuto l'ordine di scortarlo per gentilezza, e anche a causa della vecchia superstizione secondo cui il fantasma di un cane infernale si aggirasse nottetempo nelle campagne di Hrossey. Ma per Bedivere, già spezzato dal contegno della regina, si sentiva un prigioniero condotto verso l'esilio.
- Laggiù a Gareksey, volete dire? Sono i falò dei pastori, che trascorrono la notte riparati, si fa per dire, nelle grotte naturali dell'isoletta, insieme alle greggi. Non li invidio, a volte finisce con il piovere anche dentro. Di stravento, sapete. Ma guardate, ha già smesso!
- Gareksey. - Assaporò quella parola con curiosità, ma ben poco stupore.
- Aye, signore, la nostra buona regina l'ha chiamata così: l'isola di Gareth. Prima non aveva un nome. Ma se mi è concesso chiederlo, perché andate via così presto? Non siete stato invitato a rimanere a corte?
- Non sono una persona gradita, temo. E ho compiuto la missione che mi era stata affidata, posso tornare al mio rifugio e attendere la pace.
Ma già sapeva che non gli sarebbe più bastata la pace, né la morte, né il Paradiso: da quando, ancora convalescente, era partito dal suo eremo per compiere quell'ultima missione, aveva inconsciamente compiuto un passo per riunirsi alla vita.

Aveva continuato a voltarsi indietro, per il breve tragitto che lo riconduceva al porto, come se sperasse che Clarissant potesse cambiare idea e richiamarlo al castello. Non voleva... non voleva partire.
Ricordava il sentimento fresco, dolce, che l'aveva accompagnato e a volte spinto, trascinato, attraverso quei mesi bui. Ma era un amore disinteressato, e mai avrebbe rivelato alla piccola Branwen che il suo cuore le apparteneva. Si sentiva troppo vecchio, se non per amare, per essere amato; e gli incubi che ancora lo scuotevano nel sonno erano un tormento da non condividere con alcuno.

Fermò il cavallo. Sentì
su di sé gli sguardi dei suoi accompagnatori, ma non li ricambiò. Lentamente smontò, con i gesti cauti di chi ha le ossa fragili, ma la sua voce suonò brusca:
- Se non vi reco incomodo, preferirei proseguire solo. Non ho paura dei cani del diavolo.
Lo stupore attorno a lui fu grande, e altrettanta la preoccupazione, ma nessuno osò negargli il diritto alla solitudine. Erano al limitare di un bosco di sempreverdi, nero e umido, e le guardie erano uomini semplici che forse non temevano archi e spade, ma in quanto ai fantasmi...

In quanto a me,
i miei occhi di brace si spengono al tuo passaggio.
Le mie impronte insanguinate svaniranno dal sentiero -
Non mi vedrai mentre ti fai strada tra gli alberi,
non ti spaventerò, poiché non desidero vederti alzare le vele:
sarò il vento contrario che soffierà domattina
per sussurrarti di non andare.


L'aria umida della notte non aveva certo giovato alle sue cicatrici, e fu con fatica che Bedivere si alzò dal giaciglio per guardare fuori. Un sole opaco, a cui il forte vento aveva aperto una breccia tra le nuvole spossate, depositava ombre chiare e una fioca luce di inizio autunno.
- Non andremo da nessuna parte, stamane - borbottava l'equipaggio.
- Potrebbe cambiare dopo mezzogiorno...
- Oppure è un segno. Dio lo voglia - mormorò lui.
Gli uomini, che avevano famiglia a Gallaibh, fecero gli scongiuri ma non osarono contraddire il cavaliere stanco.

Respirò a fondo quell'aria salmastra e ascoltò i richiami degli uccelli sulla spiaggia farsi sempre più acuti e insistenti.
Aveva sognato il letto insanguinato di Morgause, vuoto. Ai piedi del letto c'era un cane dagli occhi rossi, che pareva malato di rabbia. Ma d'improvviso aveva agitato la coda e si era accucciato, addormentandosi e svanendo ai suoi occhi. Non poteva considerarlo un incubo, perché non si era svegliato di soprassalto né provava paura ora, nel ricordare.

Scese al porto, dove già alcune barche erano tornate dalla pesca, e sperimentò il sapore di un'attesa quasi infantile. Ma non era nell'orizzonte, che pure fissava intensamente, che sperava; l'unica vita ancora possibile era dietro le sue spalle. Tese l'orecchio più volte, mentre la decisione di trascorrere i suoi ultimi anni da eremita gli sembrava sempre più stridente e folle. Non voleva davvero rinunciare a ciò che di giusto e bello era rimasto al mondo.

"Basta non fermarsi alle apparenze, perché questo non è fuoco da cui fuggire, o maschera così incollata ad un volto da non poter essere tolta. Questa terra mi accarezza, non mi respinge. Ci vorrà solo un po' di tempo."
Lo capì ancor prima di sentire i cavalli in arrivo. Erano le guardie che tornavano con un messaggio.

"Non lascerò morire di dolore la persona che amo di più, solo per alimentare il mio sciocco risentimento. Perdonatemi se potete, e tornate... fatelo per lei."

Era valsa la pena aspettare. Era valsa la pena che il vento avesse cambiato direzione quella notte...



Branwen tremò quando lo vide, e né l'etichetta né la presenza della zia poterono frenarla dall'esprimere appieno la propria gioia.
Non servì nemmeno ricordarle, come ultima titubanza, l'abisso della differenza di età che si ergeva tra loro; e quando si furono scambiati per la prima volta le caste carezze riservate agli innamorati, fu semplice fingere che tale divario non esistesse. Era decisa a intrecciare la propria vita con la sua, donargli giorni di pace e baci delicati, calore e figli e il suo amore ingenuo, cinguettante, senza compromessi.

Bedivere parlò della straordinaria coincidenza di eventi che l'avevano condotto lassù: come aveva potuto Gawain sapere per certo che lui si sarebbe salvato?
Lo sperava, forse; quando non esistono più certezze, la speranza è l'unica certezza che rimane. Ma c'era di più. Lui sapeva dei sentimenti dell'amico per la figlia. È probabile che Sir Lucan non avesse trattenuto la sua lingua, non c'era da meravigliarsi.
No, non era stata una coincidenza, avrebbe convenuto con Clarissant quando tutto il disprezzo riservatogli fino ad allora si fosse mostrato per ciò che era: il rifiuto di guardarsi allo specchio, di riconoscere un proprio simile. Lui l'aveva salvata due volte, la prima con una menzogna e la seconda con la verità, dall'ira colpevole di Gaheris. Ma poiché ammettere che il Male si annidasse in famiglia non era nello stile dei figli di Lot, era stato ben più facile per lei portare rancore ad un estraneo per una colpa inesistente. Ugualmente cieco, Gawain era corso in Francia a sfidare Lancelot, piuttosto che cercare di capire perché Mordred avesse messo tanto zelo a svelare lo scandalo di corte.

È stato un suicidio, ora me ne rendo conto, e prego Iddio di perdonarmi. Spero di combattere, domani, ed espiare la mia presunzione con il sangue e l'estrema fedeltà al mio re, Arthur Pendragon.

Branwen sfiorò ancora una volta quelle parole sulla carta e le fece scivolare dentro di sé, dove risiedeva ormai la sicurezza che suo padre l'aveva sempre amata.


- Voi non c'entravate nulla. Eravate uno spettatore impotente delle mie disgrazie, e vi ho scambiato per un nemico... la fantasia e la realtà si sono confuse in me, e non posso rimediare altrimenti che chiedendo il vostro perdono.
- Vi sono devoto, signora, e peccherei di presunzione concedendo un giudizio che non mi appartiene. Iddio perdona, io amo. - Pronunciò queste parole con gli occhi negli occhi di Branwen, mentre attendevano il chierico che avrebbe celebrato il loro matrimonio.
Clarissant era serena per essersi rappacificata con lui, ma ancora sentiva lo stomaco chiudersi pensando che mai più avrebbe vissuto quella felicità.
Era invidia? Sì, un poco, non quell'invidia cattiva e sterile che distrugge i rapporti e congela l'anima, semplicemente si rendeva conto che la nipote era più fortunata di quanto lo fosse stata lei, null'altro. Ma a ben guardare, ora erano entrambe fortunate ad averlo accanto; poiché lei e Branwen erano davvero le due facce di una moneta, i due volti della luna. Benedisse la loro unione, ed infine pianse di gioia.



Alla fine dell'anno seguente, prima che nascesse Amren - futuro sovrano di Orkney e di Norvegia - appresero della morte di Melehan e di suo fratello Melou per mano di re Constantine.
La spada di Sir Colgrevance andò perduta per sempre. Si narra che Lancelot, giunto in Britannia dopo la grande battaglia, aveva provato vergogna del sangue che tale strumento aveva versato per sua mano e l'aveva distrutta. E in quello stesso istante, in un castello di Gore una donna era scoppiata a ridere - e quando la vecchia madre le aveva chiesto perché, ella l'aveva uccisa.

   
 
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