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Autore: Ninfea Blu    16/03/2010    8 recensioni
Il primo incontro fatale tra Edward e Bella, visto in modo un po' diverso.
"Concedo qualche minuto ancora alla sua vita... e a me.
E lei non avrà scampo questa volta.
Non è colpa mia; lei non doveva venire qui, a sedurre col suo sangue provocante un vampiro in astinenza."
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Notti insonni

 

 

La notte.

 

Finalmente.

 

Un’attesa spasmodica mi ha logorato i nervi per tutto il giorno: le ore non mi sono mai parse così lunghe e monotone, eppure un fremito eccitante mi attraversava, quando il mio pensiero metteva a fuoco questo istante.

Per tutta la giornata ho lasciato che i miei propositi ossessivi invadessero la mia mente malata; ho fantasticato, immaginato ogni dettaglio di questa notte fatale.

Nessuno sa niente o sospetta quello che sto per fare, neppure i miei fratelli che pure hanno visto la mia strana agitazione di quest’oggi, camuffata abbastanza bene per la verità; sono bravo a mentire.

Alice non sembra aver visto niente; strano davvero.

Però questo pomeriggio, nel parcheggio, mi ha rivolto uno sguardo indecifrabile; che sappia e comunque non voglia fermarmi? Volevo scoprirlo e, chissà perché, mi ha impedito di sondarle la mente come avrei voluto.

Non importa ormai.

Nessuno potrebbe fermarmi.

Io ho deciso tutto, dal momento esatto in cui sono uscito da quell’aula di biologia; ho calcolato ogni cosa e ho scelto la soluzione più semplice. Ho sofferto per un’ora interminabile lì dentro quest’oggi, sforzandomi di trattenere il demone che mi possedeva, ma stasera smetterò di soffrire.

E ora sono qui che pregusto la mia vittoria.

Senza fretta. Senza testimoni.

E una sola vittima: lei.

Dovrebbero ringraziarmi; questa mattina, per averla, meditavo di sterminare un’ intera classe.

Niente sensi di colpa: è la mia natura, è ciò che sono.

Ci sono già passato, in fondo. Devo pensare che sia normale.

 

Sono nascosto nel buio tra gli alberi che circondano il lato est della sua casa, osservo la sua finestra; c’era la luce accesa fino a una decina di minuti fa.

Concedo qualche minuto ancora alla sua vita… e a me.

E lei non avrà scampo questa volta.

Non è colpa mia; lei non doveva venire qui, a sedurre col suo sangue provocante un vampiro in astinenza.

Lo dico per giustificarmi.

Non posso farci niente se lei è così… così… ci penso e tremo ancora, mentre un fiotto di veleno mi scende in gola.

Tutto gioca a mio favore con questa luna nera: è vero che porta male.

Ha portato me, qui.

Ha portato lei nell’unico posto dove non sarebbe mai dovuta venire.

Protetto dall’oscurità mi sono avvicinato; sono qui sotto la sua finestra, come un innamorato che viene a farle una serenata… e sulla mia faccia si dipinge stirandosi un ghigno sadico, perché non sono qui per un motivo così romantico.

Ho intenzioni molto meno nobili.

Sono un predatore che dà la caccia alla sua preda.

Ancora un minuto, prendo un respiro profondo; il suo odore è stampato a fuoco nella mia mente.

Mi basta un balzo per raggiungere facilmente la sua finestra. Guardingo, sbircio all’interno per assicurarmi che dorma; non voglio spaventarla, almeno questo; morirà nel sonno e non si accorgerà di niente.

Se voglio posso essere magnanimo: non la farò soffrire.

La stanza è avvolta dall’oscurità e regna il silenzio; in casa tutti dormono.

Mi prendo il tempo per osservare ogni dettaglio, vedo chiaramente anche se non c’è luce: la porta chiusa sul lato opposto, la scrivania colma di libri e il computer, riconosco i suoi vestiti gettati su una sedia, quadretti alle pareti, il suo letto; la sagoma di un corpo minuto sotto le coperte.

 

Entro.

 

L’impatto con l’ambiente saturo del suo odore mi stordisce qualche minuto, e non so come, riesco a non avventarmi immediatamente su di lei, che ignara dorme tranquilla nel suo letto.

Quel profumo dolcissimo e sensuale mi rapisce e barcollo come un drogato in overdose, mentre lo aspiro e godo di quell’ aroma che mi inonda sensi, cuore e cervello. È davvero magnifico.

Lo assaporo, ancora e ancora, senza fretta perché non voglio farlo finire; se la mordo, la dissanguerò velocemente e quel profumo, il suo sapore sicuramente fantastico svaniranno per sempre. Io voglio che duri il più possibile.

Tutta la notte magari; mi sfamerò di lei tutta la notte.

Sarà la mia orgia di sangue.

Sono accasciato sul pavimento in preda al tormento della sete che mi artiglia ferocemente la gola: emetto dei ringhi bassi e gutturali che lei per fortuna non può sentire.

La mia fantasia perversa e depravata vola a briglia sciolta; ho solo voglia di affondare i denti nella sua carne tenera e sentire finalmente il sapore di quel liquido, il suo sangue caldo e vitale che finora ho solo immaginato.

Cerco disperatamente di riprendere un minimo di autocontrollo e non è per niente facile; la situazione è decisamente peggiore di stamattina e per una frazione di secondo, penso con subitaneo terrore che potrei fare scempio del suo corpo e straziarlo.

Vorrei morderla ovunque da quell’essere immondo che sono: il collo di cigno, le spalle, scendere sul pendio del seno candido e poi i polsi, i fianchi, le cosce tornite e morbide.

Domani suo padre troverebbe il corpo della figlia martoriato, irriconoscibile e devastato dalla mia furia selvaggia, lasciva e assassina: Jack lo Squartatore non sarebbe nulla in confronto.

Ma forse dopo il primo morso non riuscirei più a staccarmi.

La finirei in fretta, troppo in fretta, anche se una morte rapida sarebbe il solo atto di pietà che potrei fare per lei.

Sì, almeno questo devo concederglielo.

 

Ritrovo un briciolo di volontà, aiutato dall’aria fresca che entra dalla finestra lasciata aperta; scivolo leggero e silenzioso sul pavimento come un serpente, mi avvicino a lei per osservarla. È la prima volta che lo faccio davvero e mi perdo a contemplarla, mentre il suo profumo mi cattura avvolgendomi completamente; la sua carnagione è di un colore deliziosamente delicato, la pelle fine e serica profuma di un lieve odore di sapone che si confonde con quello del sangue: è sublime. I capelli scuri dai riflessi ramati, sparsi sul cuscino, le incorniciano il viso fresco e pulito; penso con stupore che è veramente bella, non solo di nome.

Le sue braccia nude sono abbandonate sopra la testa e lei si agita un po’ nel sonno; forse sente freddo?

Neppure mi rendo conto da quanti minuti sono qui fermo e immobile, che la guardo rapito, in ginocchio al suo fianco; realizzo improvvisamente che mi sento affascinato e che resterei qui ancora a lungo a guardarla.

Una notte dopo l’altra. Che pensiero strano…

Potrei passare così tutte le mie notti insonni e sento che non mi stancherei.

Assurdo…

Ho quasi dimenticato che volevo ucciderla.

Non pensavo neppure al suo sangue invitante.

Poi improvvisamente accade l’imprevisto; lei si agita ancora prima di emettere uno stano mugolio sofferto, poi parla nel sonno e le deboli parole che pronuncia mi frantumano qualcosa dentro.

“Mamma… mi manchi… non mi piace stare qui…”

Ed ecco che una piccola lacrima s’ impiglia tra le sue ciglia.

Una sensazione ignota, come un nodo che stringe all’altezza del cuore che non ho più, mi coglie impreparato.

Lei non è tranquilla… e non è felice.

Soffre.

I suoi sogni sono inquieti.

Perché?

Vorrei leggerle i pensieri e non ci riesco.

Il mio stupore è così grande che arretro di colpo verso la parete; improvvisamente provo una strana pena per lei.

Ma non ero venuto per ucciderla?

Alla luce di quella lacrima i miei propositi mi sembrano così abominevoli, che ne ho orrore.

Io volevo uccidere una creatura innocente, che non ha fatto niente tranne trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato: sulla mia strada già segnata da delitti orrendi e rimorsi pesanti come macigni.

Penso subito a Carlisle; lui che mi ha sempre perdonato, non potrebbe questa volta.

E forse neppure io riuscirei a convivere con un peso simile a schiacciarmi il cuore.

Come potrei?

Fisso di nuovo la piccola, delicata umana; il suo viso venato di leggero tormento mi meraviglia.

Un'altra lacrima le riga una guancia e una nuova ondata di dolore, più forte della precedente, mi squassa il petto.

Può una sola piccola goccia avere tanto potere su di me?

Di nuovo, parla nel sonno.

“Piove… non voglio… mi odia…”

Le sue parole hanno un che di oscuro eppure mi fanno tremare: di cosa o di chi parla?

Di me, forse?

Allora stamattina aveva capito?

Aveva accolto smarrita l’odio che tingeva di nero i miei occhi.

Dov’è finito ora?

Sono allibito.

Disarmato, la vedo piangere nel sonno; non capisco cosa sia questo strano sentimento che mi germoglia dentro, tanto potente da aver spaventato il demone che è fuggito via.  

Ora vorrei solo proteggerla.

E devo farlo innanzitutto da me stesso. Perché stanotte ero il suo peggior nemico e adesso non so più che cosa sono.

So solo che non posso farle del male.

Non voglio, non devo.

Ora la guardo con tenerezza confusa.

Come ho fatto a pensarlo? Come ho potuto rischiare di cedere a un’idea così turpe?

Adesso capisco perché mia sorella non ha cercato di trattenermi: lei sapeva!

L’aria fredda della notte continua a entrare nella stanza; forse è la mia e la sua salvezza, perché ha placato la mia smania furiosa di averla.

Un istante di lucidità mi rischiara la mente e capisco che devo andarmene in fretta prima che il mostro torni ad assalirmi. Mi avvicino ancora a lei solo per prendere delicatamente le sue braccia e portarle al caldo sotto le coperte: il contatto con la sua pelle mi brucia, ma resisto e mando giù il mio veleno.

Ondate di tenerezza sbriciolano la roccia di cui sono fatto.

Mi sento vinto e non so bene da cosa: è qualcosa di molle che si scioglie nello stomaco e apre una voragine.

Non so dove trovo la forza ridotta a una debole scintilla: come un fulmine, mi getto dalla finestra e fuggo nella notte attraverso la foresta, il più lontano possibile da Forks, il più lontano possibile da lei.

 

 

******

 

 

Finalmente.

Sono qui anche stanotte.

Come tutte le notti da oltre un mese a questa parte.

Sono stregato completamente e non lo credevo possibile.

Perché ci ho provato, ci provo ancora, ma non riesco a ignorarti.

Non riesco a far finta che tu non sia entrata con prepotenza nella mia vita.

Eppure mi ostino, da giorni, a non rivolgerti nemmeno la parola, anche quando mi sei seduta accanto in aula e avido, respiro il tuo odore che mi brucia di piacere, e se mi saluti, ti rispondo a malapena con un cenno del capo.

Non sai che fatica sia per me.

Fingo e intanto ti spio.

Non mi sfugge neppure il più piccolo movimento che fai, nessuna delle tue espressioni contrariate.

Conto i tuoi sospiri. Mi nutro dei tuoi gesti perché non potrei più farne a meno.

Invidio ogni sguardo che non è per me.

Trattengo tutte le parole con cui vorrei sedurti.

Invece sono io che resto sedotto dal tuo mistero.

Come vorrei poter leggere la tua mente.

Oh, magari ci fosse un genio benevolo ad aprire uno spiraglio per lasciarmi entrare.

Cosa pensi di me? Di quello che è successo fra noi?

Ti ho salvato la vita e non solo una volta, come tu credi.

Che cosa hai capito davvero?

Non puoi aver intuito la verità.

Non dovrai scoprirla mai; equivale a troppo orrore, quello della realtà che ci divide.

Una realtà spaventosa. Come potresti accettarla?

Se fossi furba mi eviteresti; non sai, ma è tremendamente vero che non possiamo essere amici.

Eppure vorrei essere qualcosa per te… No. In verità voglio essere tutto.

Se non fossi così paurosamente pazzo ti starei lontano.

 

Ti voglio troppo; voglio il tuo odore che ha invaso i miei sensi e mi fa tremare di un desiderio sconosciuto, che si è acceso in me dopo tanto tempo, che mi attanaglia le viscere in una morsa di tormento ed estasi.

Voglio toccarti la pelle con queste mie mani fameliche e sentire la scossa che mi darà il tuo calore e cogliere i brividi che ti correranno addosso appena ti sfiorerò le guance delicate.

Non mi importa del male che potrei farti, perché non te ne farò.

Faccio male solo a me stesso, da quel masochista che sono, mentre cerco di soffocare questa brama che ho di prendere quello che, lo so, mi daresti senza riserve.

Ci sforziamo di evitarci eppure ci cerchiamo, in un duello che ci logora reciprocamente le menti e la volontà.

Perché tu sei solo una fragile, piccola umana e non potresti resistere al richiamo che getterei fra noi per trascinarti con me. Sarebbe così facile.

Invece vengo qui di notte come un ladro a spiare i tuoi sogni, a rubarti pensieri che non posso sentire. Spero che tu mi stia sognando; spero di essere la tua ossessione come tu sei la mia, il chiodo fisso delle mie notti insonni.

E non rinuncerei a nessuna di queste ore buie per nulla al mondo; attendo impaziente che il giorno finisca solo per raggiungerti qui, nella tua stanza, come un amante segreto verrebbe a prendere il suo piacere. Perché io sono proprio come un amante clandestino, godo del tuo corpo mentre ti osservo dormire e seguo ogni curva che si solleva mentre respiri.

Mi avvicino nel buio e trattengo il respiro sulla tua bocca schiusa che pronuncia il mio nome e il suono esplode potente nel silenzio della notte e scuote con forza il mio animo spento.

È il richiamo della sirena, il laccio con cui mi hai fatto prigioniero.

Perché ormai ho capito cosa sono diventato: un vampiro stupido, innamorato dell’unica ragazza a cui non dovrebbe neanche avvicinarsi, la più sbagliata.

E tremo ancora mentre cerco di resistere al desiderio di sfiorare quelle labbra calde e profumate.

E mille volte ho pensato di rubarti quel bacio che ho atteso da sempre e vorrei solo da te.

Eppure ho paura di posare le mie labbra fredde sulla pelle bollente delle tue, e solo il timore di sporcarti col mio veleno, frena ma non placa il mio ardore che cresce come la luna.

E pensare che la prima notte che sono venuto qui, volevo ucciderti, dissetarmi di te.

Non ricordo neppure come ho fatto a immaginarlo; ricordo solo una specie di pugno violentissimo che ho sentito quella maledetta prima volta che un galeotto colpo d’aria portò il tuo profumo verso di me. È l’unico istante che è rimasto indelebile, scolpito nella mia carne morta come un’incisione perenne che tu hai lasciato sulla tela della mia anima, graffiandola per sempre.

Tutto il resto è stato cancellato, dimenticato, portato via dall’alta marea di questo assurdo, inquietante, impossibile e folle sentimento d’amore che ha investito e sommerso il cuore estinto che mi porto in petto.

E la risacca che torna indietro ha lasciato sulla sabbia detriti e polvere dell’odio che ho provato.

 

 

 

Fine

 

 

Non ho ancora finito la storia su Carlisle, lo so, ma nell’attesa, ho pensato di proporvi questa ff. L’ho scritta tempo fa.

Non pensavo che avrei mai scritto qualcosa su Edward o Bella, perché lo hanno già fatto in tante e temevo di ripetermi, poi mi è venuta quest’idea, pensando al loro primo incontro e alle possibili cattive intenzioni di Edward che però alla fine non si concretizzano. Probabilmente non è nulla di originale, ma spero che vi sia piaciuta almeno un po’.

Se per qualche motivo vi avesse colpito nel bene o nel male, magari fatemi sapere che ne pensate. Ringrazio JeanGenie di Anonima Autori per l'immagine che ha realizzato per la mia storia. Un saluto.

 

 

   
 
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