Prima
di lasciarvi alla lettura di questa fiction,
volevo fare alcune precisazioni. Ho sempre scritto nella sezione “Harry
Potter”
di cui seguivo anche le varie fiction; solo recentemente ho riscoperto
l’amore
per questo Anime/Manga Kodocha e ho deciso di buttare giù quest’idea
che mi
ronzava in testa da qualche giorno ^____^ Spero che la storia vi
piaccia
ovviamente, che non vi annoi e che soprattutto vi trasmetta qualche
emozione!
Poiché non ho mai avuto la fortuna di leggere il Manga, la storia
riguarda la
fine dell’Anime, dopo che Akito dice a Sana che deve parlarle se
prenderà la
cintura nera. Ecco, diciamo che da quel momento sono trascorsi ben 4
anni, per
il resto non voglio anticiparvi niente ^_____^
Buona
lettura!
My Sorrow
Capitolo
1 : Piccolo folletto dai capelli rossi
And how can I
Stand here with you
And not be moved by you
Would you tell me
How could it be
Any better than this
Everything - Lifehouse
L’autunno
era appena cominciato, ma il tempo regalava
ancora giornate calde e soleggiate, anche se quella mattina il sole si
intravedeva a malapena tra le fitte nuvole grigie. Le foglie avevano
appena
cominciato ad ingiallire e un vento appena fresco agitava le chiome
degli
alberi facendone cadere qualcuna.
Akito
camminava tranquillamente per andare a scuola,
con la sua solita aria di indifferenza e stampata in faccia. Per
la
testa? Un unico pensiero: l’incontro di karatè per ottenere la cintura
nera.
Perché si, nonostante fossero passati ben quattro anni dal suo ultimo e
tutt’altro che glorioso tentativo, per una ragione o per l’altra quel
traguardo
non era mai riuscito a raggiungerlo. Una volta il pensiero di Shota (*) che
aveva cercato di diventare una mummia, la volta dopo il pensiero
dell’imminente
esame per passare alla classe successiva, l’altra ancora l’influenza…
Insomma,
iniziava a pensare che ci fosse una cospirazione ideata contro di lui.
In
ultimo, ma non meno importante, lei, la causa di tutte le sue
disgrazie. Se
solo all’ultimo anno delle elementari avesse saputo che l’impatto di
quel folletto
dai capelli rossi sulla sua vita sarebbe stato così devastante,
avrebbe
fatto di tutto per tenersela lontana. Sana. Un nome, un’apocalisse.
“Sii
onesto con te stesso, Akito, la colpa è anche
tua che ti fai distrarre così facilmente” pensò tra sé il ragazzo.
Perché
si, era capitato che Sana durante il suo ennesimo esame si fosse
presentata
armata di striscioni e trombettine stile tifoseria da stadio (e questo
lo aveva
mandato a dir poco su tutte le furie), ma al tentativo numero sei di
prendere
la suddetta cintura, Sana era stata zitta e muta durante tutto
l’incontro, ma aveva indossato il suo profumo. E si sa, Akito era
parecchio infastidito
dal profumo di Sana. Per non parlare del tentativo numero nove, dove
Sana aveva
pensato bene di indossare un vestito rosso che le lasciava scoperte le
gambe.
Quando era andata a salutarlo prima dell’incontro, lui non aveva potuto
fare a
meno di guardarla. E per tutto l’incontro, anzi… Per tutta la durata
dell’incontro (il che rende forse meglio l’idea) lui non aveva pensato
a
nient’altro.
Insomma…
-È
tutta colpa sua!- esclamò Akito, parlando da solo.
E
come se il destino non fosse già stato abbastanza
crudele con il povero giovane, si ritrovò davanti colei che era
entrata
nella sua vita per fare casino.
Diciamo
pure, che prima di vederla, notò la sua
presenza dallo squillante tono di voce con cui pensò bene di
annunciarsi.
Perché si, alle otto di un lunedì mattina, con un cielo che annunciava
pioggia
e tre verifiche programmate per la giornata, soltanto Sana poteva
essere
allegra.
-Buongiorno
Akito! Cosa fai adesso, parli anche da
solo?-
Inutile
dire che nemmeno si fermò per aspettarla.
-Ehi,
aspettami!- Sana fece una breve corsa per
raggiungerlo –Non si saluta più?-
-Ciao!-
disse lui, laconico.
-Hayama!
Si può sapere che diavolo hai questa mattina?
Hai dormito male?-
Akito
si decise finalmente a fermarsi per guardarla.
“La
gonna di quella divisa è decisamente troppo
lunga. Non si possono coprire così le gambe di Sana” si ritrovò a
pensare.
Fu
veramente una fortuna che lei non se ne fosse
accorta altrimenti, ne era certo, gli avrebbe tirato una dolorosissima
martellata in testa.
-La
tua divisa…- cominciò a dire. Lei parve confusa,
ma rimase in silenzio ad aspettare il resto della frase – …è troppo
corta! Ti
si vedono troppo le gambe, che per inciso non sono proprio uno
spettacolo-
Il
volto di Sana passò da un rosso fuoco, ad un viola
acceso per concludere con un nero. Si, nero di rabbia – Vai al diavolo,
questa
mattina sei proprio insopportabile!-
Detto
questo, girò sui tacchi e dopo avergli dato le
spalle si allontanò a grandi passi.
“Akito…
Sei proprio il più grande bugiardo che c’è
in circolazione” si disse tra sé. Ma finché poteva averla vicina e
vederla
arrabbiarsi tutti i giorni perché lui, e solo lui, la faceva
arrabbiare,
la situazione gli andava più che bene. Anzi, per parlare con il
linguaggio di
Akito, la situazione non gli dispiaceva affatto.
*
Nonostante
fossero già in terza superiore, la
situazione a scuola non era cambiata poi moltissimo. Come Sana aveva
acutamente
osservato il primo giorno di scuola media, gira che ti rigira gli
studenti
erano sempre quelli, e di conseguenza anche gli amici del cuore che,
fedeli negli
anni, erano rimasti l’uno accanto all’altro nonostante i diversi
momenti di
difficoltà.
Tsuyoshi
ed Aya stavano ancora insieme, simbolo
dell’eterno amore ed anche coppia molto affiatata. Non c’era giorno che
non
arrivassero a scuola con un regalino l’uno per l’altra il che, ad Akito
e Sana
dava spesso il mal di stomaco. Ma del resto, contenti loro e contenti
tutti. I
due avevano cercato spesso di far finalmente mettere insieme Sana e
Akito, con
scarsi risultati. L’insuccesso più clamoroso fu quando riuscirono, con
una
scusa, a far rimanere da soli Sana e Akito ad un ristorante, agghindato
con
candele profumate e fiori per l’occasione. Risultato? I due, dopo aver
mangiato, avevano cominciato a litigare furiosamente perché “quell’idiota
di
Sana, che mangia come un’affamata da mesi”, a detta di Akito, si
era
dimenticata di portare i soldi e poiché quelli di lui non bastavano a
pagare
l’intero conto, erano stati costretti a rimanere a lavare i piatti al
ristorante. Qualunque altro tentativo, successivamente, venne stroncato
da
quell’anima pia di Hisae. Quest’ultima adesso usciva con un ragazzo che
già
andava all’università e che al suo gruppo di amici proprio non piaceva.
O
meglio, non piaceva per niente a Gomi, che spesso era stato trattenuto
da Akito
da andare li e “farlo diventare bello”, dicesi anche “spaccargli
il
naso”. Geloso forse? No, solo la profonda amicizia
che lui
nutriva verso Hisae.
Infine,
Fuka aveva finalmente deciso di troncare la
sua relazione a distanza con il suo Takaishi; si era infatti resa conto
che
incontrare il proprio fidanzato una volta al mese, non era il miglior
metodo
per garantirsi la sua totale fedeltà. Chi ha orecchie per intendere
intenda.
Insomma, la ragazza dopo il notevole palco di corna che si era
ritrovata, aveva
capito che, forse, era meglio crearsi una nuova vita nella propria
città, con
un ragazzo che potesse quanto meno incontrare tutti i giorni. Fu così,
che
tentò un approccio con Akito (di nuovo), il quale le diede picche
perché, a suo
dire, “aveva imparato la lezione”. Aveva quindi cominciato ad
uscire con
tutti i ragazzi presenti nell’immensa metropoli di Tokyo, spesso
dimenticando
addirittura il nome dell’ultimo ragazzo con cui era stata.
Infine,
c’erano Sana e Akito. Akito e Sana. Quella che
i loro amici definivano spesso come “la storia infinita e mai
iniziata”.
Nonostante gli anni fossero passati, nonostante stessero praticamente
insieme,
nonostante fossero innamorati l’uno dell’altra perdutamente, vivevano
la loro
vita bellamente inconsci di tutto questo. C’è da dire che Sana era
rimasta
molto più indietro di lui che, come sempre, capiva le cose molto prima
di lei.
Infatti, mentre per la ragazza la situazione in cui vivevano era
perfettamente
normale (litigare al mattino, incontrarsi e stare insieme di pomeriggio
con gli
amici e alla sera, quando lui l’accompagnava a casa, qualche bacio
rubato e lei
che si arrabbiava, come sempre), lui si era reso conto che quello che
provava
per lei non era più catalogabile come “amicizia”, ma piuttosto
che
ammetterlo si sarebbe fatto scuoiare vivo seduta stante.
E
intanto le litigate continuavano, Sana aveva un
posto fisso in una trasmissione di successo e Akito continuava i suoi
allenamenti tutti i giorni. A scuola entrambi avevano trovato un loro
equilibrio: dopo i noti insuccessi di Sana in matematica, la ragazza si
era
notevolmente ripresa grazie anche all’aiuto di Fuka che l’aveva aiutata
a
rimettersi in pari con il programma (ergo, aveva ripreso in mano
addizioni,
sottrazioni e tabelline). Akito, dal diavolo che era alle elementari,
era
diventato più disciplinato e a scuola collezionava sempre una serie di
ottimi
voti.
Quel
giorno a scuola c’era un chiacchiericcio più
diffuso del solito. I ragazzi si affollavano lungo il sentiero che
portava
all’ingresso, tutti intenti a discutere della festa che si sarebbe
tenuta a
fine ottobre in occasione di Halloween.
-Ciao
Akito!-urlò Tsuyoshi con un entusiasmo che il
ragazzo giudicò quanto meno inappropriato –Hai sentito che la festa di
Halloween si terrà nella palestra della scuola? Tutti i ragazzi
dovranno
mascherarsi da qualcosa di orribile – ridacchiò.
“Cosa
diavolo ha da ridere?”
-Hai
intenzione di partecipare?-domandò l’amico
infine. Ma l’occhiata raggelante di Akito bastò come risposta.
-Ti
pare che abbia il tempo per queste cose?- domandò
lui indignato –A fine novembre avrò la gara di karatè e stavolta devo
assolutamente superarla, altrimenti diventerò un fenomeno da baraccone-
spiegò
infine.
-Davvero?
Ma questa è una notizia bomba, allora hai
deciso di riprovarci?- esclamò tutto contento Tsuyoshi –Devo subito
avvertire
Sana e gli altri!-
A
questo nome, Akito avvertì un forte senso di nausea,
un forte capogiro, dolori gastrointestinali di vario tipo per non
parlare di un
leggero (ma neanche poi tanto) pizzicorio all’altezza della tempia –Eh
no!
Adesso tu stai qui e non dici niente a nessuno!- sbottò, afferrando il
compagno
per il colletto della camicia.
Poco
più avanti di loro, stavano Sana e Aya, tutte
prese a ripassare le nozioni di matematica per la verifica. Alla
reazione di Akito,
si girarono di scatto, e Sana corse subito verso di loro.
-Ehi,
Hayama! Lascia stare Tsuyoshi, altrimenti ti
prendo a martellate!-
-Veramente
è stato lui ad infastidire me-
-Ah,
davvero? E allora perché lo hai strattonato in
quel modo?-
-Perché
deve imparare a stare zitto una buona volta!-
-Che
razza di motivazione è mai questa?-
Il
suono della campanella interruppe la loro animata
discussione. Akito e Sana si guardarono in cagnesco per alcuni secondi.
Il
ragazzo non poté fare a meno di notare quanto lei
fosse bella, con quelle gote arrossate dall’entusiasmo per la
conversazione,
con i capelli leggermente scompigliati, con quei pugni stretti in segno
di
difesa e con il respiro faticoso, che faceva sussultare il suo petto,
lasciato
leggermente scoperto dai primi bottoni della camicia slacciati.
“Se
solo gliela potessi togliere quella camicia”
si ritrovò a pensare di colpo.
Ma
cosa stava dicendo? Sana era il motivo di tutte le
sue sventure, come poteva pensare a lei in quel modo? Ancora una volta,
lei
parve non accorgersi di nulla, si limitò a fargli una linguaccia e a
correre in
classe.
Lui
rimase a guardarla mentre si allontanava,
desiderando fortemente poter immergere una mano in quei capelli
lasciati
sciolti, che ora si agitavano da una parte e dall’altra, catturando
quei pochi
raggi di sole che quella mattina poteva regalare.
-Akito,
tutto bene?- domando Tsuyoshi, che era rimasto
dietro di lui ad aspettare che l’amico si decidesse ad entrare a scuola.
-Si
si, tutto bene, perché me lo chiedi?-
-Non
so… Stavi guardando Sana in un modo strano?-
Akito
sobbalzò – Strano, in che senso strano? –
-Sembrava
quasi che volessi…- cominciò Tsuyoshi,
cercando le parole adatte. Sapeva perfettamente che una parola fuori
posto,
poteva facilmente far saltare la mosca al naso ad Akito -… saltarle
addosso!-
Il
ragazzo rimase stizzito –A me invece sembra che la
quantità di cavolate che riesce ad uscirti da quella bocca sia
infinita.
Entriamo in classe, che è meglio!-
Tsuyoshi
non mangiò la foglia, e rimase ad osservare
l’amico con un sorriso sornione di chi la sapeva molto lunga.
*
Sana
scarabocchiò qualcosa sul suo quaderno di
inglese.
“Se
penso al comportamento di Hayama di questa
mattina, mi sale un nervoso!- pensò tra sé. Subito sulla pagina del
quaderno
apparve disegnato un cuoricino.
“Chissà
che cavolo gli è preso? Prima non mi
saluta, poi mi insulta dicendomi che ho delle brutte gambe. Che poi, si
guardasse lui allo specchio, invece di giudicare sempre gli altri, con
quei
capelli sempre per aria…”
Quella
sera però, le era piaciuto un sacco tuffare la
sua mano nei capelli biondi di Akito, mentre lui la baciava con una
passione
che lei non credeva nemmeno possibile.
Il
caldo di agosto la faceva avvampare e prima ancora
di rendersene conto si era ritrovata a rispondere a quel bacio, mentre
lui la
spingeva contro il muro della sua casa e appoggiava il proprio corpo
contro il
suo. Caldo.
“Sana,
smettila di pensare a quel bacio. Primo, è
successo più di un mese fa. Secondo, se hai risposto è solo perché quel
giorno
faceva davvero tanto caldo e ti ha dato alla testa!” si rimproverò.
Il
caldo, doveva per forza essere stato il caldo.
Certo,
perché lei non si sarebbe mai sognata nemmeno
da ubriaca di baciare Akito. Innanzi tutto era talmente borioso che lo
avrebbe
voluto prendere a schiaffi ogni qualvolta apriva la bocca. Poi aveva
uno
sguardo sempre così freddo che avrebbe congelato anche l’Africa.
“E
allora perché quando ti accorgi che ti sta
guardando, inizi a ribollire?” le chiese la voce della sua
coscienza. “Semplicemente
perché mi mette in soggezione, esattamente come mi mette in soggezione
il
professore di chimica quando mi chiede qualcosa che non so” rispose
prontamente Sana.
Certo,
ma aveva mai desiderato di baciare il
professore di chimica? No, sicuramente. Intendiamoci, non che lei
avesse mai
desiderato seriamente baciare Akito, era solo capitato un
giorno che
fossero andati con tutti i loro amici a mangiare un gelato; il ragazzo
si era
sporcato e gli era rimasto un po’ di cioccolato all’angolo delle labbra
e per
tutto il tempo lei non aveva desiderato altro che andare li, leccargli
le
labbra e pulirgliele.
“Quello
non vuol dire che volevo baciarlo, ma solo
che avevo voglia di gelato al cioccolato” cercò di
auto-convincersi.
“Certo,
allora perché non lecchi anche Gomi, che si
sporca regolarmente la bocca con qualunque cosa mangi?” chiese
ancora la
sua coscienza, insistente.
Sana
non ne poté più –Ma insomma, adesso basta!- urlò.
Si
rese conto, troppo tardi che si trovava in classe e
che tutti i suoi compagni, insegnante compresa, la stavano fissando.
-Kurata,
c’è qualche problema?- domandò la
professoressa, abbastanza irritata per l’interruzione.
Caldo.
Cominciò ad avvampare per la vergogna. “Hai
visto che senti caldo anche quando non c’è Akito, basta solo fare
figuracce e
si ottiene lo stesso risultato” non poté fare a meno di pensare.
-No
professoressa, mi scusi. Ho solo un fortissimo mal
di pancia che mi rende insopportabile stare seduta e ho dato voce ai
miei
pensieri- inventò sul momento. “Però, niente male come scusa”.
Il
volto dell’insegnante parve addolcirsi un po’ :
complicità tra donne –Capisco Kurata, forse allora è meglio che tu vada
in
infermeria-
A
Sana parve un’ottima idea –Forse ha ragione lei, ci
vado subito – disse, alzandosi in piedi e dirigendosi verso la porta
–Scusi
ancora il disturbo-
Si
chiuse la porta alle spalle.
“L’idea
di andare in infermeria proprio non mi
piace. Vado a fare un giro in cortile” pensò e mentre si
allontanava
dall’aula, non poté fare a meno di maledire Akito, che ancora una
volta, le
aveva fatto collezionare una figuraccia.
*
-Finalmente
si mangia!-
Gomi.
-Ma
sai pensare solo al cibo tu?-
Hisae.
-Cosa
ti importa? Non hai il tuo matusa a cui
pensare?-
Niente,
Gomi proprio non ci riusciva a non sparare cavolate.
-Ma
mi spieghi cosa c’entra?-
La
mensa all’ora di pranzo era un po’ come la piscina
comunale nei mesi estivi, ossia non ci si muoveva.
-Hayama,
levati di mezzo, devo sedermi!- sbottò Sana,
guardandolo malissimo.
Lui
fece spallucce –Per quello che mi riguarda, puoi
anche metterti per terra a mangiare!-
Lei
non si arrabbiò nemmeno (e lui ne rimase
leggermente deluso), anzi decise di fare il giro del tavolo e di
sedersi
accanto a Tsuyoshi.
-Che
altro è successo oggi? Possibile che voi dobbiate
litigare tutti i giorni?- domando Aya, sorridendo. Tutta la sua ilarità
si spense quando Akito la guardò –Okay, Hayama. Mi faccio gli affari
miei!-
disse la ragazza,leggermente indispettita.
-Ecco,
brava!-
-Akito!
Ti sembra questo il modo di rivolgerti ad una
ragazza?- lo rimproverò Tsuyoshi. Sana al suo fianco era semplicemente
furiosa.
Akito ignorò entrambi.
Tsuyoshi
continuò –Anzi, mi spieghi perché questa
mattina non volevi che dicessi a nessuno del tuo imminente incontro di
karatè?-
Successe.
-CHE
COSA?- urlò Sana, euforica.
-Tsuyoshi
io un giorno ti ucciderò!- ringhiò Akito tra
i denti.
L’amico
ed Aya, insieme ad Hisae e Gomi, scoppiarono a
ridere.
-Dobbiamo
assolutamente festeggiare! Anzi no,
festeggeremo dopo il tuo successo! Ho già in mente una coreografia da
improvvisare per fare il tifo per te, Akito, vedrai quant’è bella! –
esclamò
Sana, fuori di sé dalla gioia.
-NO!-
urlò Akito, con la voce molto più stridula di
quanto potesse immaginare –Non ti voglio al mio incontro!-
Sana
rimase ammutolita. Akito la guardò truce, prima
di andarsene, in silenzio.
“Se ci
fosse lei nella palestra, coreografia o no, non
potrei pensare a nient’altro. Quindi non posso permettermi il rischio
di
fallire un’altra volta” si
disse, cercando di
auto-convincersi che si, aveva fatto bene a risponderle in quel modo.
Ma non si
accorse di due occhi tristi che si fermavano a fissargli la schiena.
*
La
campanella dell’ultima ora era da sempre la più
bella musica che qualunque studente sulla terra potesse udire. Il
cielo, che
quella mattina era appena nuvoloso, adesso era diventato decisamente
più scuro,
segno di un imminente temporale e anche l’aria adesso era decisamente
più
fredda.
-Cavolo,
che freddo!- disse Sana ad Hisae, che annuì
prima di tirare fuori dallo zaino una felpa per coprirsi.
Poco
più avanti di loro, c’erano Fuka e Akito che si
stavano confrontando sulle risposte del test di scienze.
-Adesso
devo proprio scappare, devo incontrarmi con…-
iniziò lei, ma poi si interruppe per pensare alla parola migliore da
utilizzare
-… un amico!- decise.
Akito
ghignò –Un amico! Come tutti gli ultimi duecento
amici con cui sei uscita –
Fuka
sbuffò –Sono affari miei. Piuttosto tu! – disse,
puntandogli un dito contro –Ho saputo da Aya che oggi a pranzo hai
risposto
malissimo a Sana. Cerca di scusarti o domattina ti prenderò a schiaffi!-
La
ragazza sorrise e si girò di scatto –Ciao Sana!
Devo scappare ci vediamo domattina!-
Una
voce squillante ed allegra rispose –Ciao Fuka! A
domani…-
Ad
Akito si rizzarono i capelli in testa: Sana era
dietro di lui. Rimase immobile in attesa. Perché sapeva fin troppo bene
che
Sana, con tutta la sua indifferenza, come se non fosse successo nulla,
sarebbe
andata da lui per parlare. Era questo che lui non sopportava
della gente
che lo circondava: cos’era tutto questo bisogno di parlare?
-Ehi,
Hayama! – esclamò la ragazza. Appunto.
Eppure
gli parve di cogliere una punta di freddezza
nella sua voce ed una fitta allo stomaco lo sorprese.
“Forse è
arrabbiata”.
-Dimmi
Kurata- la chiamò per cognome, ma il tono di
voce tradiva una certa dolcezza. Eh si, aveva proprio qualcosa di cui
farsi
perdonare. Evidentemente lei se ne accorse, perché non esitò a
corrergli
incontro, a pararsi davanti a lui e a sbottare –Si può sapere perché
oggi in
mensa mi hai detto quelle cose?-
Akito
vagliò le diverse possibilità che aveva, ossia
dirle la verità, oppure mentirle. Avrebbe potuto esordire con un bel “Hai
presente l’ultima volta che sei venuta a vedermi e avevi indossato
quell’abito
così corto? Ecco, per tutta la gara io non ho fatto altro che
pensare a
te e alle tue gambe così dannatamente perfette e non vorrei che la cosa
si
ripetesse”. Certo avrebbe potuto, ma preferì dirle altro.
-Ecco
vedi… Se durante l’incontro ci fossi tu
presente… Ecco… Tu… - era indeciso su come concludere la frase.
“Tu
mi dai fastidio” oppure “Tu rompi” o
ancora “Tu alla fine non sarai capace di stare zitta”; invece…
-Tu
mi distrai- disse e senza attendere la sua
reazione se ne andò. Alla fine aveva optato per una mezza verità, il
che è
sempre meglio di niente.
Ma
intanto Sana era rimasta a fissarlo a bocca aperta,
lambiccandosi sul significato di quelle tre semplici parole.
*
-Akito,
ha cominciato a piovere, dannazione!-
Sua
sorella. Possibile che per qualunque accadimento
lei ritenesse necessario metterlo all’occorrenza di ogni minimo
dettaglio?
-Mi
dispiace- disse semplicemente, anche se in realtà
che piovesse o che ci fosse il sole per lui non cambiava poi moltissimo.
-Devo
andare da una mia compagna di classe a studiare
– disse Natsumi, mentre tutta trafelata correva da una parte all’altra
della
casa in cerca di un ombrello.
-Va
bene!-
Akito
sentì il suono del campanello e a quel punto non
ne poté più. Salì in camera sua e si chiuse dentro. Cominciò a
togliersi la
divisa scolastica per infilarsi una più comoda tuta.
-Akito
sei proprio un idiota. Potevi aprire la porta!-
urlò sua sorella, ma lui decise di ignorarla.
Natsumi
aprì la porta e ciò che vide la lasciò
abbastanza sorpresa.
-Sana!-
esclamò sorridendo genuinamente –Cosa ci fai
qui? E come mai sei tutta bagnata? Entra o ti prenderai un raffreddore!-
Sana
era letteralmente fradicia. Aveva i capelli e gli
abiti che grondavano e stava tremando dal freddo.
-Ciao
Natsumi. Cercavo quell’idiota di tuo fratello, è
in casa? – domando. L’amica parve accennare ad un segno di approvazione
quando
sentì definire Akito un “idiota”.
-Si,
è appena andato in camera sua – spiegò e poi
diede una veloce occhiata al suo orologio –Accipicchia! Sono in
ritardissimo!
Sana, mi dispiace, vorrei fermarmi a chiacchierare con te, ma devo
veramente
scappare. Ci vediamo!- disse velocissima, prima di correre fuori di
casa come
una furia.
Sana
si diede un’occhiata intorno: la casa di Akito
era un po’ come casa sua, ci si sentiva a proprio agio. Cominciò a
salire le
scale, ma si bloccò a metà.
“No
Sana, devi fare una faccia offesa, così si
sentirà in colpa!” e subito mise su un broncio invidiabile. Quando
fu
arrivata alla stanza di Akito, aprì la porta senza nemmeno bussare e si
ritrovò
davanti il ragazzo a petto nudo, intento a cambiarsi.
Caldo.
“Sana,
calma. Fa niente che sei bagnata fradicia e
che fino a tre secondi fa stavi tremando come una foglia. In questa
casa fa
veramente caldissimo…”
-Kurata!-
esclamò Akito –Che diavolo ci fai qui in
casa mia?-
Sana
parve dimenticarsi di avere di fronte a sé un
ragazzo mezzo nudo, subito la rabbia affiorò –Ah, cosa ci faccio qui?
No, dico…
Oggi ti sei reso conto di come mi hai trattata? E poi quella frase
fuori da
scuola, mi spieghi che diavolo vuol dire che io ti distraggo?- urlò
tutto d’un
fiato Sana.
Akito
incrociò le braccia –Vuol dire che non mi
permetti di concentrarmi- disse, ghignando e anche un po’ prendendola
in giro.
Sana
divenne livida –Guarda che lo so cosa significa
distrarre! Intendo dire… - si bloccò.
All’improvviso
le si accese una lampadina nella testa;
certo, perché una volta focalizzata la domanda che gli doveva fare, le
fu
chiara anche la risposta. Solo che ora tutto quel coraggio che aveva
manifestato, non riusciva a trovarlo per concludere la frase.
-Cosa?
Cosa intendi dire, Kurata? – le chiese lui,
leggermente sorpreso, con un sopracciglio inarcato. Lei sembrava in
trance,
così lui le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle.
Fu
una mossa sbagliata, perché Sana parve andare
completamente in tilt e anche quando parlò, cominciò a balbettare
–Intendo
dire… P… Perché io ti d… distraggo?-
Akito
schiuse leggermente le labbra, al metà tra
l’intento a darle una risposta e lo spiazzato. Alla fine decise di non
risponderle.
Sana
non riusciva a scostare lo sguardo dai suoi
occhi. “Ecco, fa decisamente troppo caldo in questa casa” urlò
la voce
nella sua testa.
Rimasero
a fissarsi per un minuto interminabile e poi
tutto accadde velocemente: Sana si mordicchiò il labbro per la
tensione, Akito
non riuscì a resistere e fece scivolare le sue mani sui suoi fianchi e
la
spinse con grazia contro il muro.
Cominciarono
a baciarsi prima ancora di rendersi conto
di quello che stava succedendo. Non seppero nemmeno chi dei due fosse
saltato
addosso all’altro ma, forse, si poteva dire che entrambi lo avevano
desiderato.
Quello
che Sana riuscì a percepire distintamente, fu
la trama dei capelli di Akito sotto le sue dita e la vocina nella sua
testa che
le diceva “Non siamo più ad agosto, come mai lo stai baciando allora?”.
Eh
no, la colpa non era proprio del caldo.
(...) You still my heart
And you take my breath away
Would you take me in
Would you take me deeper now
Everything
- Lifehouse
**************************************************************
(*) Cercando su internet ho trovato
che il nome
giapponese di Nakao è appunto Shota e visto che ho voluto rimanere
fedele al
nome giapponese dei personaggi, ho usato quello.
Allora,
come primo capitolo che ve ne pare? È un sacco
di tempo che non scrivo più nulla su questo sito, è la mia prima
fiction su
Sana e Akito e anche la prima con un rating Arancione, quindi spero di
non aver
fatto figuracce. Vorrei mettere le mani avanti questa volta: nel remoto
caso in
cui la fiction dovesse interessarvi, stiate tranquilli che verrà
completata.
Infatti per non rifare lo stesso colossale errore che ho fatto in
passato,
prima di postare il primo capitolo ho voluto avere una bozza
sostanziosa
dell’intera storia. Quindi è solo questione di riguardare e pubblicare.
Concludo
dicendo che qualunque commento, critica
(purché costruttiva) o parere di altro genere saranno sempre graditi,
quindi
prego cliccare sulla scritta blu “Inserisci una recensione” e
recensire,
grazie! ^____^
Bacioni
a tutti quanti
Ale69