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Autore: Andry Black    18/03/2010    6 recensioni
Chris Thorpe è da sempre la migliore amica di Paul McCartney ed è innamorata di John Lennon... dopo diversi anni dal giorno in cui lo vide per la prima volta, i suoi sogni d'amore insieme a lui sembrano sul punto di realizzarsi, quindi vedendo un vecchio album fotografico si lascia sprofondare nei ricordi di come tutto è iniziato....

(cap 19)
"Non pensando alle cose brutte e tristi si evita solo di soffrire nell’immediato, ma non le si supera del tutto; è come pretendere di far sparire un oggetto chiudendo gli occhi e fingendo che non esista: è impossibile, prima o poi gli occhi vanno aperti e va affrontata la realtà.
Ciò di cui avevo bisogno era un rimedio al dolore, una cura portentosa che mi evitasse di pensare a John.
Mi voltai a guardare gli occhi profondi di Stu e senza accorgermene le mie labbra si piegarono in un sorriso: forse avevo trovato la mia cura al dolore."
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Stuart Sutcliffe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ive Just Seen A Face



http://www.beatlesebooks.com/files/1619622/uploaded/John%20Lennon%201957.jpg
[Non ricordo come ho ottenuto questa foto, ma risale sicuramente all’inverno del ‘57/’58…strano che qui John non fosse vestito in stile Teddy boy come al solito!]


Quindi, dato che Paul non voleva uscire, io e Mike andammo da soli…e fu la migliore idea che potesse venirci, dato che quel giorno incontrai John…

Fuori da casa McCartney, tirai un lungo, lunghissimo sospiro e ciò attirò su di me lo sguardo incuriosito di Mike.
«Non so più cosa fare con tuo fratello», spiegai scoraggiata e lui non rispose, ma si fece pensieroso.
Alla fine decidemmo di non andare in bici, ma di “scroccare” un passaggio attaccandoci al cornicione posteriore di un  tram.
«Dovremmo trovargli qualcosa da fare che lo interessi», disse Mike
«Ma cosa, se l’unica cosa che gli interessa fare è suonare quella dannata chitarra?», chiesi, sempre più scoraggiata.
Il vento fresco ci scompigliava i capelli e ci dava un po’ di sollievo dall’afa estiva, quindi per qualche istante mi dimenticai di Paul e mi godetti l’aria fresca.
Paul era uno stupido a voler restare chiuso in casa da solo in un giorno così!
«Sai che c’è?», dissi a Mike, «Adesso pensiamo a divertirci e se troviamo qualcosa di bello da fare andiamo a una cabina telefonica, chiamiamo casa tua e convinciamo quello stupido babbione di tuo fratello a venire»
«Non lo convincerai mai. Lo sai,vero?», replicò il giovane McCartney, «Per telefono, poi!»
Quanto mi stava antipatico quando era così negativo! Decisamente lo preferivo quando nei frequenti battibecchi tra me e Paul (prima della morte di Mary, ovviamente) dava sempre ragione a me.
Non gli risposi e alzai le spalle.
Scendemmo dal tram alla seconda fermata e iniziammo a passeggiare un po’ per le strade. Di martedì mattina non c’era molto da fare a Liverpool, quindi con espressioni molto annoiate, facemmo il giro dei soliti due o tre negozi di musica,di cui eravamo assidui frequentatori, per poi finire, sempre più annoiati, a sedere sull’unico muretto all’ombra.
«Ha fatto bene Paul a rimanere a casa!», esclamò Mike e io feci finta di niente, ma pensavo la stessa cosa: possibile che non ci fosse modo di divertirsi di martedì mattina a Liverpool?!
Io e Mike eravamo, quindi, proprio al culmine della noia quando un folto gruppetto di Teddy Boy si avvicinò a noi e ignorandoci, come se fossimo stati invisibili, si sedette sul nostro stesso muretto.
Allora io odiavo i Teddy Boy: ai miei occhi di “bambina provincialotta”, come mi avrebbe definita qualcuno
 senza fare nomi, John , mi parevano solo degli scemi impomatati che se ne andavano in giro a fare i galletti, con i loro giubbetti di pelle, i loro ciuffi “alla Elvis” e quell’espressione da duro che sembrava urlare “Guardatemi,guardatemi: io sono fico perché sono sempre incazzato nero con tutti”, quando magari quelli stessi che di giorno se ne andavano in giro conciati in quel modo, la sera tornavano a casa dalla loro mammina che faceva trovare loro la pappa pronta e li coccolava fino alla nausea e dal loro papino che gli dava la “paghetta” ed era sempre pronto a tirarli fuori dai guai, quando ce n’era bisogno.
Adesso lo so che è assurdo pensare una cosa del genere di John Lennon & Co., ma bisogna rendersi conto che in quegli anni di gente così ce n’era veramente tanta.
Io, comunque, iniziai a guardarli dall’alto in basso, considerandoli tutti dei cretini e giudicandoli come una brava zitella acida e sbuffando ogni volta che notavo qualcosa che non era di mio gradimento, il che avveniva molto, molto spesso.
Anche Mike era divenuto taciturno come me, da quando il gruppo dei Teddy scemi si era seduto vicino a noi, e ogni tanto mi lanciava occhiate mooolto significative.
«Betty come sta?», chiese quello che sembrava essere il Teddy capo a uno dei suoi Teddy sudditi
«Boh!», rispose l’interpellato con un’alzata di spalle, «Per me può andare a farsi fottere!»
Ma quanta finezza!
Tutti iniziarono a ridere e sghignazzare e con mia grande indignazione anche Mike sembrava divertito, quindi gli tirai una gomitata.
«Passami una sigaretta, Rod», disse qualcun altro
«Non ci penso neanche!», rispose quello chiamato Rod, «Questa è l’ultima!»
«Non fare lo stronzo!», replicò il primo, assalendo Rod.
Io sbuffai: sembravano un branco di lupi che si litigano una fetta di carne.
In quel momento due ragazze passarono e quasi tutti, ridendo e sghignazzando come idioti, fischiarono nella loro direzione.
Ah già, dimenticavo di dire che erano un branco di lupi scemi.
Una delle due ragazze si voltò per vedere chi avesse fischiato e quello che prima aveva chiesto una sigaretta a Rod la guardò intensamente, leccandosi il labbro superiore.
«Andiamo!», sussurrò l’altra ragazza, tirando per un braccio l’amica che era diventata tutta rossa.
Tutto il branco di Teddy iniziò allora a ridere e sghignazzare.
«Le hai spaventate, Pete!», esclamò ridendo qualcuno e il Teddy chiamato Pete per  tutta risposta fece una smorfia in direzione di chi aveva parlato.
A quel punto il fumo delle loro sigarette mi arrivò in faccia ed io iniziai a tossire attirando, senza volere, la loro attenzione.
«Tranquilli, ragazzi!», esclamò il capo branco, avvicinandosi a me, che gli stavo dando le spalle,« qui ne abbiamo una tutta per noi!»
A quelle parole mi sentii tanto a disagio che, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia, mi strinsi a un braccio di Mike e mormorai:
«Andiamo via, Miky…»
«Ma no, non andartene!», esclamò divertito il Teddy Boy capo, prendendomi per un polso.
Io rabbrividii e mi voltai a guardarlo per la prima volta.
Non so che cosa mi colpì di più di lui, se le sue labbra fine, curvate in un sorriso da sbruffone, se i suoi occhi ammiccanti, se quel ciuffo a banana, tenuto su dalla brillantina o se il fatto che niente di tutto ciò su di lui sembrava stonare, fatto sta che il mio cuore perse un battito e mi mancò il respiro.
«Sei arrossita!», commentò ridendo, «Sei solo una bambina. Faresti davvero meglio ad andare!»
Normalmente non me lo sarei fatto ripetere due volte, ma c’era qualcosa in lui che mi attraeva terribilmente.
«Non sono una bambina!», protestai, senza sapere che avrei ripetuto quella frase almeno un migliaio di volte negli anni seguenti.
Insomma, essere definita “bambina” da un galletto impomatato che avrà avuto al massimo tre anni più di me era una cosa inconcepibile! Senza contare, poi, il fatto che mentalmente ero di certo più matura di tutto il gruppo di Teddy messi insieme.
Tuttavia, il galletto capobranco sembrava aver perso ormai ogni interesse in me, quindi non mi ascoltò neanche.
«John, se tu non la vuoi la prendo io!», esclamò quello chiamato Len.
Quindi il capo galletto aveva un nome: John. Era addirittura un nome normale, rispettabile e molto comune!
«E’ tutta tua», rispose John annoiato, «Tu dammi la fisarmonica!»
Ricordo che in quel periodo Len Garry e John “si divertivano” a scambiarsi le ragazze, quindi una frase del genere era del tutto normale, ma sul momento mi indignò parecchio: mi stavano utilizzando come merce di scambio?!?
«Mi spiace, ma io non sono di nessuno!», esclamai irritata e Len, con un’alzata di spalle, perse ogni interesse a me.
«Ehi John, una femmina che ti tiene testa!», esclamò uno degli altri Teddy.
Len lanciò lo strumento musicale a John e lui suonò una melodia che si doveva essere inventato sul momento, nella mia direzione.
Una melodia alquanto stupida, ad essere sincera, ma carina.
« Sei un musicista?», chiesi a John e quello mi guardò con aria di superiorità.
«Ti piacciono i musicisti, tesoro?», disse Pete, mettendomi un braccio intorno al collo, braccio che non esitai a levarmi di dosso immediatamente.
Anche Peter Shotton era un ragazzo molto carino, eppure non mi faceva lo stesso effetto di John.
Ormai io non avevo occhi che per il leader del gruppo.
Pete mi lanciò un’occhiataccia per aver osato rifiutare il suo braccio e per ripicca espirò il fumo della sigaretta dritto in faccia a me, intossicandomi, e quando iniziai a tossire, tutti scoppiarono a ridere.
«Dai, lasciatela stare!», mi difese Len, poi rivolgendosi a me aggiunse: «Sì, siamo tutti musicisti. Sabato suoniamo in Rosebery Street per la festa della municipalizzazione, vieni a vederci?»
L’idea mi tentava, ma non certo per vedere Len, come sperava lui.
«Cosa suonate?»
«Facciamo musica Skiffle. Io suono il tea chest bass, John, lo scemo con la fisarmonica – John per l’occasione suonò una canzoncina ancora più stupida di quella di prima, simile alle jingle delle pubblicità – è il cantante e chitarrista,nonché leader e fondatore del gruppo; Pete(Shotton) suona lo washboard ; Rod (Davis) il banjo; Eric (Griffiths) la chitarra e Colin (Hanton) la batteria», mentre parlava, mi indicava tutti i vari componenti del gruppo ma, eccetto quello di John, gli altri nomi li dimenticai quasi istantaneamente.
«La batteria in una band skiffle?!», chiesi alzando un sopracciglio.
Colin fece per ribattere, ma John lo fermò e parlò al posto suo.
«Sì, perché?problemi?!», disse, in tono di sfida.
«No, no!», risposi, fingendo disinteresse.
«E tu come ti chiami?», mi chiese Len
«Christine Thorpe», risposi sorridendogli. Quel Len era sicuramente quello che mi stava più simpatico del gruppo.
«Molto piacere!», esclamò Len, fingendo di essere un galantuomo e baciandomi la mano; io sorrisi.
«Chris, andiamo?», mi chiese in tono leggermente supplicante Mike, che fino ad allora se ne era rimasto in disparte; io mi girai verso di lui e annuii, poi salutai il gruppo con una mano e lo seguii.
«Allora ci vediamo sabato, mi raccomando!», mi urlò dietro Len, a mo’ di saluto.
«Certo, a sabato!»

«Ma che ti è saltato in mente?», disse leggermente irritato Mike, mentre eravamo sul tram che ci riportava verso casa.
«Non lo so…», risposi sospirando, «Erano simpatici!»
«Erano i soliti scemi impomatati», replicò Mike, «Noi i tipi così li prendiamo in giro, ricordi?!»
Era vero, in genere io e Mike ci divertivamo molto a prendere in giro la gente che si atteggiava in quel modo e a fargli l’imitazione.
Quello a cui lo stile da Teddy Boy piaceva era Paul, non io. Eppure…

«Salve, giovane recluso!»,esclamai entrando in casa McCartney.
Mi colpì subito il fatto che il disco di Chuck Berry che avevo messo prima di partire adesso suonava a tutto volume e che Paul si era deciso a posare la chitarra e lasciare la sua stanza.
Lo trovai sul tavolo di cucina a scrivere qualcosa, davanti ad una bella fetta di torta.
«Ti sei messo all’ingrasso?», ironizzai, correndo ad abbracciarlo, felice di vederlo così.
«Che scrivi?», chiesi incuriosita, cercando di entrare in possesso del foglio di carta che aveva davanti
«Niente.», rispose sbrigativo.
«No, dai, fammi leggere!!!»
« Chris, sarà senz’altro una delle sue poesie…», esclamò Mike, con disprezzo evidente.
«Scrivi poesie?», chiesi sorpresa a Paul, guardandolo negli occhi; lui li abbassò e questo generalmente valeva come un “sì”.
«Paul, lo sai da chi è stata invitata Chris sabato?», disse Mike, come una giovane comare pettegola
«Sei stata invitata da qualcuno sabato?», chiese Paul, guardandomi con un’espressione strana, ed io abbassai gli occhi.
«Sì, ma il punto è “da chi”!!!»
«Oh Mike, smettila!», protestai
«Da chi?», lo spronò a raccontare Paul, desideroso di informazioni.
«Da un gruppo Skiffle di teddy boy!!!», esclamò Mike con il tono di uno che sta rivelando il “colmo dei colmi”.
Per qualche istante Paul mi guardò sorpreso, poi scoppiò a ridere e io lo colpii con una sberla sul braccio, gridando:
«Ti preferivo di più quando eri apatico!»
«Ma dai, dei Teddy che invitano te è il colmo!!!», si giustificò Paul, « E tu con quale colpo di Karate li hai cacciati?»
«No, Paul!», esclamò Mike a quel punto, «E’ questo il punto: lei ha accettato!!!!!»
Paul sgranò gli occhi che divennero a palla, cioè più a palla del solito: avevo due palle da baseball puntate addosso.
«E dove dovresti andare?», chiese Paul, che aveva appena assunto la modalità “fratello preoccupato per la sorellina minore”
«Non fare il noioso, Paul, suoneranno alla festa di sabato. Ci saranno miliardi di persone!»
Paul assunse un’espressione scocciata.
«Puoi venire anche tu se vuoi!», aggiunsi vedendolo così imbronciato.
«Non ci penso neanche», rispose andando a spegnere lo stereo, «Non mi va di andare a sentire un schifoso gruppetto improvvisato, che come minimo rovinerà tutte le mie canzoni preferite.»
«Come ti pare», buttai lì, imbronciandomi anche io.
Paul non mi badò e andò a prendere la sua chitarra, quindi io, facendo un verso esasperato, salutai Mike e tornai a casa.

Nel pomeriggio non tornai dai McCartney, ma passai il tempo cercando di evitare mia madre che mi chiedeva perché non fossi con Paul e Mike e se fosse successo qualcosa.
Il modo in cui avevo salutato Paul mi faceva star male, quindi quella sera uscii di nascosto dalla finestra di camera mia (che fortunatamente era al piano terra), andai sotto la finestra della camera di Paul e iniziai a tirare sassolini contro il vetro.
Quando finalmente Paul aprì la finestra, io mi arrampicai ed entrai in camera sua, come avevo fatto almeno un miliardo di altre volte.
Nessuno di noi parlò, ma Paul si mise a sedere per terra, con la schiena poggiata alla parete ed io mi accomodai accanto a lui e appoggiai la testa sulla sua spalla; rimanemmo così per un bel po’ di tempo, fino a quando non mi ritrovai a chiedere, fissando il soffitto:
«Ne senti ancora molto la mancanza?»
Paul non rispose, ma dalla posizione in cui mi trovavo lo sentii deglutire, quindi mi strinsi un po’ di più a lui.
«Anche a me manca tanto…», Paul non rispose, quindi continuai, «Vorrei poter fare qualcosa per aiutarti…»
Cercai il suo sguardo, ma lui ancora non rispondeva.
«Che ne dici se iniziassimo a suonare insieme, io, te e Mike?», proposi, «sicuramente suonare con qualcuno è più divertente che farlo da soli…»
«E tu cosa faresti?», mi chiese infine, «Non sai suonare!»
«Posso cantare!», risposi, «Oppure puoi insegnarmi!»
Paul sembrò rifletterci un po’ prima di rispondere.
«No, cantare per te va bene», disse, «Sei decente.»
«Ah, grazie!», risposi ironica.
Giuro che quando proposi a Paul di cantare per lui, non lo feci con secondi fini: fu solo in un secondo momento che mi resi conto che in quel modo sarebbe stato più facile per me conoscere e arrivare a conquistare John, il bel Teddy boy di cui a prima vista mi ero presa una cotta.
«Allora suoniamo anche noi alla festa di sabato?»
«Ma tu sei matta!», esclamò Paul, guardandomi male, «Come hai intenzione di prepararti in tre giorni?!»
Io alzai le spalle.
«E poi ormai è troppo tardi, non ci prenderanno», spiegò lui, «Ci saranno però sicuramente altre occasioni, più avanti»
Io annuii entusiasta. Adesso bastava convincere Mike.


Piece of my Heart

 

Io non so voi, ma io tutte le volte che vedo questa foto di John mi sento male( nel senso buono)…*___* pucciolo lui, che qui aveva solo 17 o 18 anni *o*…che sorriso stupendo (e anche stupendamente stupido) ha qui… sembra dire qualcosa tipo “ti preeeeeeego”!!!(proprio come faccio io quando voglio convincere qualcuno a fare qualcosa xD)...il mio Johnnino!!! :D

Va beh, foto apparte (“basta, Vale, fissarti sulla foto,sennò la levo!!!”n.d.vocina nel mio cervello; “noooooooo!ti prego non levarla:è la cosa più bella del capitoloooo!!!” n.d.me) passiamo alle recensioni:

Zazar:Viaregginssss!!!...però se mi dici così mi fai paura T___T (infatti per i miei standard mi sono sbrigata a scrivere questo secondo capitolo xD)…va beh…comunque sono felice che ti sia piaciuto e di averti incuriosita,hihihi ….e sono iperfelice che Chris ti piaccia :D grazie della recensione!!:)

Lullaby: Ciaooo!!!Grazie, sono felice che ti piaccia:D! grazie della recensione!:)

Clafi: Ahahah, a me lo stesso effetto lo fa la foto di John che ho messo in questo cap *___* (xD), sono felice che la fic ti piaccia…e che ti piaccia Chris :D!!...la definizione di Mick come “il povero fratellino del bellissimo Paulie” mi ha fatto morire xD…..in effetti è così,comunque( poverino xD)!!!!

Thief:sì,Janis Joplin è bravissima e io la stimo tantissimo!*__* Anche io Roll Over Beethoven l’ho conosciuta grazie ai fab4 xD…sono felice di averti incuriosita!!…grazie della recensione!:)

 

Grazie anche a chi ha solo letto (però sappiate che se recensite mi fate più felice :P)

 

Ciao a tutti!

Baci,Andry :)


   
 
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