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Autore: Feel Good Inc    19/03/2010    11 recensioni
« Mi vuoi bene, Cappellaio? »
« Pazzamente, Alice. »
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Liddell, Cappellaio Matto
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Piccola nonsense scritta in occasione del mio quinto anniversario su EFP [che per la cronaca è domani, ma cause di forza maggiore mi impongono di postare ora]. Della serie: come passa il tempo *-*

752 parole incentrate in particolare sull’adorabile Mad Hatter / Cappellaio Matto di Alice in Wonderland, una storia che non ho amato particolarmente durante l’infanzia ma che negli ultimi tempi mi coinvolge ed appassiona moltissimo. Immagino che il contesto di questa shot sia perlopiù una mescolanza tra la versione animata della Disney e il recente film di Tim Burton [che sempre per la cronaca no, non ha soddisfatto appieno neanche me u.u]. Per quanto riguarda la struttura semplicemente assurda – lo ammetto io per prima – posso dire che si tratta di una scelta stilistica [e dire che non ho mai amato né le allitterazioni né le ripetizioni xD]. Perché in fondo, ammettiamolo, fa sempre bene cimentarsi in metodi di scrittura nuovi e pazzi.

Hope you like it <3

 

 

 

Sempremila anni ~

 

 

 

 

 

Il bosco è silenzioso e vuoto, tranne che per una lunga tavola apparecchiata per il tè.

È una tavola pazza, quella. Non meno di tre tavoli accostati, di forme e dimensioni diverse, sui quali ogni cosa sembra pazza, confusa e in disordine. Soltanto un pazzo potrebbe averla preparata e soltanto dei pazzi potrebbero sedersi lì a festeggiare.

 

« Un buon non-compleanno, un buon non-compleanno… »

 

A cantare è un uomo pazzo, ma proprio pazzo, pazzo per davvero, che impazza e gironzola attorno alla tavola ridacchiando e versando tè nei piattini e bignè nelle tazze. L’uomo pazzo è pazzo di gioia, mentre canta e versa e ride e saltella tutt’intorno su un piede solo senza mai perdere l’equilibrio, come solo i pazzi sanno fare. È pazzo e felice perché solo i pazzi sanno essere davvero felici.

L’uomo pazzo si ferma all’improvviso, alla metà di un saltello. Tira fuori un orologio a cipolla dalla tasca della giacca e lo guarda con aria grave. È un orologio pazzo, quello, ma proprio pazzo, pazzo per davvero, perché la sua vocina meccanica non fa che sussurrare fastidiosamente che l’ospite è in ritardo.

« Pazzo d’un orologio » gli risponde l’uomo pazzo, lanciandoselo alle spalle e ricominciando ad impazzare.

 

Quand’ecco che dagli alberi spunta una ragazza, una ragazza che sembra pazza, pazza quasi quanto la tavola e l’uomo e l’orologio messi insieme.

 

L’uomo pazzo si blocca di nuovo, la guarda sognante e le rivolge un pazzo sorriso a sessantaquattro denti. La ragazza che sembra pazza però non se ne accorge, corre verso la tavola e comincia a cercare qualcosa tra le tazze.

« Ti aspettavo da sempremila anni, mia cara! » L’uomo pazzo impazza di delizia mentre lascia cadere una grossa tazza che si rompe in mille pezzi. « Ho un indovinello per te. Perché un corvo assomiglia a una scrivania? »

La ragazza non lo sente neppure. Continua ad impazzare anche lei intorno alla tavola, alla pazza ricerca di chissà quale pazzia.

 

« L’ho persa… L’ho persa… »

 

L’uomo pazzo le si avvicina e di nuovo si ferma. Sul visetto della ragazza luccica qualcosa di bagnato, che la fa sembrare ancora più pazza. L’uomo pazzo è confuso, non ha mai visto nulla di simile. Sente che il pazzo sorriso gli scivola via dalla faccia, sente il labbro tremare e i saltelli morire, e non sa il perché.

La ragazza si ferma a guardarlo dal lato opposto di quella pazza tavola, e la strana acqua cade giù dai suoi occhi fino ai piedini.

« L’ho persa. »

L’uomo pazzo non capisce, non capisce proprio. Ma del resto lui è pazzo.

« Che cosa, mia cara? »

« La mia moltezza. »

La ragazza che sembra pazza tira su con il naso e l’uomo pazzo la guarda perplesso.

« E dove l’hai persa? »

« Quell’altro mondo me l’ha strappata. »

 

L’uomo pazzo è infastidito. Sa di quell’altro mondo, ma non gli piace che la ragazza ne parli. A lui e a lei sta bene questo mondo, il mondo pazzo che è giusto per i pazzi, il mondo pazzo in cui si festeggiano i non-compleanni e i corvi assomigliano alle scrivanie e nessuno sa il perché.

 

« Non posso stare qui senza la mia moltezza. »

« Perché no? »

La ragazza che sembra pazza abbassa la testa.

« Perché senza la mia moltezza, tu non mi vorrai più bene. »

 

L’acqua cade ancora, e l’uomo pazzo non capisce, non capisce proprio. Ma del resto lui è pazzo.

L’unica cosa che sa è che non la vuole vedere, quell’acqua, perché se la vede ancora se la sentirà bruciare negli occhi, nei suoi occhi di uomo pazzo che ora è pazzo di dolore.

 

E all’improvviso s’illumina, l’uomo pazzo, sorride e si toglie di testa il cappello. Lo mostra alla ragazza, soddisfatto per l’idea pazza appena avuta.

« Puoi cercarla qui. »

La ragazza che sembra pazza lo guarda fisso fisso, poi guarda il cappello, poi sorride. Alza gli occhi e posa le mani sulle sue.

 

« Mi vuoi bene, Cappellaio? »

« Pazzamente, Alice. »

La ragazza che sembra pazza gli rimette il cappello sulla pazza testa, senza guardarci dentro.

« Allora l’ho ritrovata. »

 

L’uomo pazzo la guarda e non capisce, non capisce proprio. Allora asciuga l’acqua con la mano, si allontana da lei saltellando e decreta la sua sentenza.

« Mia cara, tu sei decisamente pazza. »

Sente la risata della ragazza alle sue spalle. E anche se non capisce, è di nuovo pazzo di gioia. E saltellando passa sopra l’orologio pazzo e ride e versa ed impazza.

 

« Allora lo sai perché un corvo assomiglia a una scrivania? »

« Non saprei. Perché? »

« Perché?… Non ne ho la minima idea. »

 

Del resto, anche lui è pazzo.

   
 
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