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Autore: Mrs C    30/03/2010    3 recensioni
Anche se non sarò più con te non ti lascerò mai, Ran-neechan. Tornerò. Te lo prometto. Ran ricordava bene le parole di Conan prima di andare via. Le ricordava bene perché quel te lo prometto somigliava tanto a quello di Shinichi a cui, ormai, non aveva la minima intenzione di credere più.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shinichi Spazio autrice

E' da un po' che volevo scrivere una shot su Shinichi e Ran (che personalmente amo molto) ed era da altrettanto tempo che non ne scrivevo una così, questo pomeriggio, mi sono messa di buona lena ed ecco il risultato. Credo di essere stata anche un po' influenza da "la promessa" di Matteo Macchioni che ho ascoltato ininterrottamente mentre scrivevo, spero, comunque, che vi piaccia.

Disclaimer: i protagonisti e i luoghi citati non sono miei ma di Gosho-sensei, non scrivo per lucro ma solo per divertimento personale!

Ne approfitto per ringraziare tutte le persone che leggono le mie storie e che le commentano, sono davvero onorata di ricevere tanti commenti da parte vostra! Un grazie infinito anche a chi legge, chi aggiunge ai preferiti e alle seguite e a chi mi aggiunge come scrittrice preferita, ne sono lieta, veramente!
Ok, ora vi lascio alla lettura, fatemi sapere! *Inchino*

See you,

_Lily_


La promessa





Erano passati diversi mesi dall'inizio della scuola, il terzo anno delle superiori si stava rivelando già parecchio difficile ed erano solo all'inizio ma ancora più difficile era, per una ragazza in particolare, tornare ogni giorno nel luogo in cui lei e il suo migliore amico avevano passato tanti bei momento insieme... come quella volta che Ran, al corso di cucina, al primo anno, aveva cucinato per la prima volta una torta di mirtilli e, Shinichi, l'aveva aspettata per ore affinché lei fosse realmente soddisfatta del risultato ottenuto senza mai dire una sola parola di lamentela.
Ran sospirò, sedendosi anche quella mattina al suo banco, quello vicino alla finestra in fondo all'aula, come sempre. Era stata la prima ad arrivare, come quasi ogni mattina, e non aveva la minima traccia di sonno arretrato o perso anche se erano diverse settimane che non chiudeva occhio.
Conan era andato in America circa due settimane e mezzo prima, i suoi genitori gli avevano inviato un biglietto d'aereo e lui era stato costretto a partire. Ran non aveva il minimo ricordo di ciò che era accaduto prima della partenza di Conan, non ricordava nient'altro se non il viso del piccolo detective, contratto dal dolore come il suo, che la fissava carico di dolore e paura. Non si sarebbero più visti, questa era l'unica cosa sicura.
Ran poggiò la testa sulla mano destra, lanciando una flebile occhiata fuori dalla finestra.
Conan era andato via e di Shinichi nemmeno l'ombra. Si sentiva così sola...
Anche se non sarò più con te non ti lascerò mai, Ran-neechan. Tornerò. Te lo prometto.
Ran ricordava bene le parole di Conan prima di andare via. Le ricordava bene perché quel te lo prometto somigliava tanto a quello di Shinichi a cui, ormai, non aveva la minima intenzione di credere più.
Aveva aspettato tanto il ritorno del ragazzo e alla fine s'era rassegnata a sentire solo la sua voce tramite il cellulare che non spegneva mai nemmeno di notte, nel caso, seppur remoto, che lui la chiamasse.
Gli occhi le si inumidirono lievemente ma impose a sé stessa di non piangere. Era stanca di piangere.
Era di nuovo sola, sì, ma non avrebbe più pianto.
Non aveva più lacrime per farlo.
Il cellulare, improvvisamente vibrò, facendo sobbalzare la giovane ragazza, immersa nei ricordi e nei pensieri. Alzò il capo, recuperando l'oggetto dalla cartella, poggiata in precedenza a terra senza nemmeno curarsene troppo. Il numero era privato, non visibile, constatò la ragazza. Era molto curiosa di sapere chi fosse. Erano appena le otto di mattina, chi diavolo poteva essere? Schiacciò il verde, poggiando l'oggetto all'orecchio sinistro.
«Sì, pronto? Sono Ran.» Rispose, la voce lievemente roca per le lacrime cacciate malamente indietro.
Nessuno rispose, si sentiva solo il respiro leggero della persona all'altro capo del telefono. Chi poteva essere? Ran non riusciva a capirlo.
«Chi è?» domandò nuovamente la ragazza, un po' impaurita in verità da quel respiro leggero e quasi divertito.
«Come mai già a scuola a quest'ora della mattina, Ran? Non riesci a dormire?»
La ragazza sgranò gli occhi, mentre il respiro le si mozzava in gola quasi stesse per svenire lì, in quell'aula da un momento all'altro. Era la voce di Shinichi, l'avrebbe riconosciuta fra mille.
«Shinichi.» Sussurrò, le lacrime già sull'orlo di scendere lungo le guance pallide «Shinichi.»
Si coprì gli occhi con la manica della giacca, cercando in tutti i modi di non piangere al telefono o, meglio ancora, di non piangere proprio ma la voce del ragazzo, in quel momento, era troppo da sopportare. Voleva vederlo, abbracciarlo, magari dirgli ciò che in tutti quei mesi senza vederlo se non per cinque secondi ogni tanto aveva pensato così tante volte da farla stare male. Improvvisamente, però, alzò il capo verso il muro, scossa da un pensiero che, forse, non avrebbe dovuto nemmeno attraversarle il cervello.
Come mai già a scuola a quest'ora Ran? Non riesci a dormire?
Un brivido le percorse la schiena, ripensando alle parole che il ragazzo le aveva detto al telefono. Non era possibile. Non poteva crederci.
«Shinichi... come fai a sapere che sono a scuola?»
Lui rise piano, senza risponderle. Non ce n'era alcun bisogno: la risata non proveniva affatto dal telefono.
Ran si voltò lievemente verso l'ingresso dell'aula, pregando perché non fosse solo un'allucinazione uditivi e visiva. Non avrebbe sopportato di scoprire che in realtà era solo la sua immaginazione, non poteva permettersi altre batoste.
Shinichi sorrise apertamente, la schiena poggiata allo stipite della porta, una mano in tasca e una con il cellulare in mano. Gli occhi azzurri che lanciavano lampi di gioia e felicità.
La ragazza sciolse la presa ferrea sull'oggetto che teneva in mano, lasciandolo cadere a terra in un suono sordo. Avanzò di qualche passo mentre il ragazzo smise di sorridere, diventando improvvisamente serio e impaziente al tempo stesso.
Ran si mise una mano davanti alla bocca, cercando di frenare i singulti provocati dalla pioggia di lacrime che le bagnavano il volto. Questa volta non le avrebbe fermate: per la prima volta da mesi erano lacrime di gioia.
«Shinichi!»
Urlò il nome del ragazzo talmente tanto forte che rimbombò nell'aula diverse volte ma non importava a nessuno dei due, in quel momento. Ran si aggrappò alle spalle del ragazzo, come se fosse la sua ancora di salvezza, stringendolo prepotentemente a sé come non aveva mai fatto in tanti anni che si conoscevano.
Il ragazzo passò le mani sulla schiena della giovane, inspirando il suo profumo come se fosse l'elisir che gli avrebbe permesso di andare avanti da quel momento in poi. E, in effetti, era così.
«Shinichi... Shinichi, mi sei mancato così tanto.»
Glielo sussurrò in un orecchio, talmente a voce bassa che il ragazzo faticò a sentirla ma il brivido che gli percorse la schiena valeva più di mille parole.
«Anche tu, Ran. Anche tu.» Le rispose, a voce bassa e roca.
I due ragazzi non seppero bene quanto tempo rimasero in quella posizione ma anche in quel momento non importava assolutamente niente, entrambi si stavano godendo il calore dell'altro.
Ran si allontanò di qualche centimetro ma le braccia del ragazzo non le permisero di sciogliere l'abbraccio. Lei sorrise lievemente, incrociando i suoi occhi con quelli azzurri del ragazzo. Gli accarezzò il volto quasi in estasi, come se volesse accertarsi del fatto che lui fosse lì e non scomparisse come in tanti suoi sogni era successo. Shinichi socchiuse gli occhi, beandosi del contatto fra di loro senza dire una parola. Tutti i discorsi in quel momento erano futili. Ran sorrise come non aveva mai fatto in quei mesi, tirando un pizzicotto sulla guancia del ragazzo che aveva davanti.
«Ahi, ahi, ahi!» il lamento del giovane non fu nemmeno udito dalle orecchie della ragazza che continuò a strattonargli la guancia, come se fosse un modo di scaricare la tensione accumulata fino a quel momento.
«Me che chevolo fei, Ren? Mi fei mele!» si lamentò Shinichi, cercando di togliere le tenaglie della compagna dalle sue guance ma le sue lamentele non furono ascoltate nemmeno in quel caso. Ran sembrava seria mentre gli pizzicava le guance, come se stesse ponderando se lasciargliele andare o farlo patire ancora un po'.
«Non te ne andrai più, vero?» Domandò, infine, abbassando le mani fino al suo petto, incerta.
Shinichi non si preoccupò più del dolore al viso quanto all'espressione impaurita della ragazza. Sorrise lievemente, facendole una carezza gentile, come a rassicurarla.
«No, non me ne andrò più. Ma ci sono tante cose che devo spiegarti...e  dirti.» Replicò.
Ran annuì lievemente, più tranquilla. Non le importava cosa le doveva dire, avrebbe anche potuto dirle di essere stato in Alaska per salvare i pinguini, non gliene sarebbe importato nulla. Era tornato da lei, era tornato a casa. Le importava solo quello.
Non se ne sarebbe più andato.
«Dai vieni, Ran.»
Le prese una mano, tranquillamente, trascinandola fuori dall'aula senza troppa grazia. Ran non cercò neppure di obbiettare, avrebbe saltato la scuola per una settimana intera pur di stare con lui. Insieme attraversarono il corridoio correndo, incrociando diversi studenti che li guardarono allibiti, come se avessero appena visto un fantasma. Ma così non era.
Shinichi Kudo era tornato. E non era un'illusione ma la pura realtà.
«La pura e splendida realtà.» Sussurrò la ragazza, con un sorriso luminoso sulle labbra rosee.
«Come?» domandò lui, allegro, voltandosi verso Ran mentre uscivano fuori dai cancelli della scuola.
Lei strinse forte la presa sulla sua mano, scuotendo la testa, felice come non lo era da tempo o come non lo era mai stata.
«Niente, Shinichi, niente. Un giorno te lo dirò, te lo prometto

Forse, quel giorno non era poi tanto lontano, a pensarci bene e, anche se lei ancora non lo sapeva, lui la sua promessa l'aveva mantenuta, in qualche modo.
Ran-neechan. Tornerò. Te lo prometto.

   
 
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