Un sogno. Solo un sogno, che però ho sentito necessario riportare su carta. Nero su bianco, per non dimenticarlo. E per non dimenticare che il piccolo Naruto, nonostante la sua aria allegra e spensierata, è stato quello che ha sofferto più di tutti.
... Dopo questa piccola premessa filosofeggiante, vi auguro una buona lettura! Vi avverto: le descrizioni sembreranno infantili perchè il punto di vista è quello di una bambina. Ho provato farlo riuscire meglio che potevo, spero che il risultato sia soddisfacente. :D
»Rating:
Giallo.
»Personaggi: Nuovo personaggio, Naruto
Uzumaki, .
»Avvertimenti: Introspettiva, Drammatica.
»Note: What If, One Shot.
»Disclaimer: I
personaggi di Naruto (Masashi Kishimoto ©) non mi
appartengono - purtroppo. Il nuovo personaggio è una mia
invenzione.
Fuoco, fiamme,
grida,
dolore. Nient’altro, lì fuori.
Emergenza, a Konoha.
L’arrivo del Kyuubi,
decisamente non richiesto, ha
allarmato tutti. Uomini, donne, bambini. Chiunque non in grado di
combattere si
è rifugiato dietro i volti degli Hokage. I bambini piangono,
le donne pregano,
gli uomini… Gli uomini sbraitano. Vogliono andare a
combattere anche loro, per
difendere il proprio villaggio; ma è tutto inutile. E una
bambina, che poteva
avere cinque anni o poco più, si muove tra la folla con gli
occhi azzurri
arrossati dal pianto che non aveva voluto mostrare a nessuno. Nascosta
in un
angolino aveva dato sfogo a tutta la sua preoccupazione, alla sua paura
per
tutto quello che stava succedendo.
Abbassa di più lo sguardo,
nascondendo gli occhi dietro la
rossa frangetta irregolare e continuando a chiedere informazioni ai
grandi.
“Cosa succede?”, “Perché
quella volpona è qui?”… E soprattutto
chiede del
padre. Il padre, che per dovere si è buttato per primo in
battaglia, e che lei
non ha più rivisto dall’inizio
dell’Inferno. Tutti le rispondono “Va tutto
bene, tuo padre è fortissimo, è il nostro
Yondaime!”, ma lei inizia a non
crederci più. E’ fortissimo, ovvio, ma
perché allora non è ancora tornato?
Avrebbe dovuto fare a pezzettini quel mostro in un attimo! Invece lei,
tutti,
sono ancora nascosti lì. Vuol dire che non è
ancora finita, e sembrava che non
lo sarebbe mai stato.
Lentamente la bambina si dirige verso
un angolino del
rifugio, rivolto verso l’esterno, dove prima aveva trovato
una piccola fessura
nella roccia dalla quale osservava da un po’ come andavano le
cose. Ma non vede
niente, solo tanto fumo, confusione… La battaglia si svolge
più lontano, e non
riesce a vedere. Però sente, sente i ruggiti potenti della
volpe che scuotono
anche il suolo, e che fanno tremare di paura anche gli uomini
più grandi e
grossi, lì. Figuriamoci una bambina! Non più ha
la forza di piangere. Distoglie
lo sguardo, poggiando la schiena alla dura pietra e sedendosi: porta le
gambe
al petto, rannicchiandosi su se stessa e inizia a canticchiare una
canzoncina
che le aveva insegnato sua madre, e che aveva sempre avuto il potere di
farla
sorridere. In qualunque momento, anche quando tornava a casa triste
perché
aveva litigato con i suoi amici; la mamma la abbracciava, le
accarezzava i
capelli e le cantava quella canzone, che in un attimo la faceva
rasserenare.
In
quel momento non
funziona, però. Anzi, pensando a quella canzone pensa anche
a sua madre. Non sa
dov’è, ma sa perché non è
lì con loro: deve partorire, no? L’hanno
sicuramente
portata in qualche posto più sicuro. E’ contenta
che almeno la sua mamma sia
protetta, e non in quel campo di battaglia. Perché anche sua
mamma è forte,
fortissima, e sicuramente avrebbe combattuto se avesse potuto. Meglio
così.
Qualcosa di molto simile ad una coda, enorme e rossa, frusta l’aria, buttando giù un altro paio di case. … La volpe! Si è avvicinata! Non è l‘unica ad essersene accorta. I più grandi riescono a percepire l’immenso potere del Kyuubi, anche lei sente qualcosa: paura, terrore, il cuore attanagliato in una presa ferrea. Affonda le unghia nella pietra, artigliando senza riuscirci la superficie dura, mentre nuove lacrime rigano il suo volto. No, no… Se la volpe è più vicina, vuol dire che hanno perso? Che suo padre, tutti gli altri ninja… Chiude gli occhi con forza, non vuole vedere nient’altro. I singhiozzi la scuotono, piange senza ritegno, è una bambina debole e piagnucolona, lo sa. Non deve piangere, papà e mamma glielo dicevano sempre…
Si deve piangere solo di felicità.
Ma come può fare a non piangere, in quel momento? Non sa niente, non sa come sta suo padre! E sua madre, dove è finita? Perché non torna con il suo fratellino? Vuole vederlo, vuole vedere la sua famiglia!
I singhiozzi si attenuano, vede alcuni adulti ritrovare il sorriso. … Perché? Non capisce. Hanno vinto? La volpe è scomparsa…?
E papà? Dov’è papà?
Si alza, gli occhi tornano a guardare oltre la fessura: più niente. Le code sono sparite, nessun suono… Un pianto, lontano. Un pianto di bambino?
Ma non sente nessuno esultare. Il villaggio è salvo, c’è da festeggiare! Eppure perché non sente le urla di gioia dei ninja? Forse è troppo lontana, e i suoni non le arrivano…
E’ la prima a correre verso l’uscita del rifugio, senza badare alle persone che le dicono di rimanere al sicuro, di non fare pazzie. No, lei vuole soltanto uscire, vedere cos’è successo… Saltare addosso ai suoi genitori, coccolare per prima il suo fratellino. O sorellina, non lo sa. Ma che importa!
Corre, corre, senza neanche badare a dove mette i piedi. Conosce quelle strade, ha una buona memoria. Il tempo di scendere dalla montagna grazie al sentiero, e sarebbe arrivata al villaggio, e lì le cose si sarebbero semplificate. Non si è mai persa, non l’avrebbe fatto ora.
Non bada al paesaggio che la circonda: case distrutte, alcune di più e altre di meno, il suo chioschetto di ramen preferito completamente scomparso… Le sfugge un piccolo singhiozzo, spera di vederlo presto di nuovo in piedi. Ma non si ferma, per niente al mondo.
Il fumo è anche scomparso.
Avrebbe preferito non farlo.
Lo spettacolo è raccapricciante: corpi per terra, di persone che conosce anche se di vista, disseminati per tutto il campo. Terra bruciata, armi conficcate nel terreno. E, in mezzo, il gruppo dei sopravvissuti.
Cerca di attraversare la distanza che la separa dai ninja senza fare caso ai cadaveri, reprimendo la voglia che ha di vomitare. Un solo grido, il suo.
-Papà!- sorride, mentre lo chiama, e corre. Le persone che si girano subito dopo… Non capisce la loro espressione. Sono tristi? Ma… E’ tutto finito! Possono tornare a casa dai loro figli, dalle loro mogli, dalle loro fidanzate… Alcuni scoppiano a piangere. Non riescono a reggere una scena del genere: quella bambina così innocente, in un campo di battaglia che ha portato solo morte? No, stona. C’è qualcosa di sbagliato, di… Triste. Soprattutto per quello che avrebbe dovuto sopportare la piccola da quel momento…
La ragazzina si avvicina, più incerta, fino a raggiungere il più vicino degli uomini. Lui non piange, lui è forte. Certo, è il suo migliore amico! Tra gli adulti, almeno.
-Yoji!- esclama fermandosi davanti a lui, senza perdere il sorriso. Si dondola sulle gambe, con le mani dietro la schiena, sforzando al massimo il collo per guardarlo in viso. Anche lui è triste?
-Abbiamo vinto, vero? Sicuramente papà lo ha sconfitto in un attimo! Lo sapevo io!- continua, preferendo non dire di aver dubitato, anche se per un attimo. Ridacchia, prendendo la mano dell’uomo, che nel frattempo si sforza più che può per non iniziare a piangere davanti alla bambina. Si china, afferrandola per le spalle, guardandola negli occhi. La piccola non capisce. Ma inizia a preoccuparsi.
-Yoji… Papà? Dov’è?- ecco, la domanda cruciale. Yoji è uno dei migliori amici di suo padre, sicuramente le avrebbe detto tutto! Si fida. Ma le parole che le arrivano alle orecchie non sono quelle che si sarebbe aspettata.
No, no…
-Emi… Tuo padre… Sai piccola, Minato era uno… Stupido…- l’uomo inizia a singhiozzare, Emi perde il sorriso. Stupido? Che ha fatto?
-Che… Cosa…- mormora, mentre gli occhi si riempiono nuovamente di lacrime. E’ più forte di lei… Sente che gli è successo qualcosa. Yoji non risponde, anzi ha lasciato la presa sulle sue spalle e ha portato le mani al viso, cercando di nascondere le lacrime: Emi non perde tempo, e superandolo corre verso altre persone. Piange, e non sa perché. Chiede informazioni, e tutto quello che gli altri sanno fare è scuotere la testa, confondendola ancora di più. “No”? “No” cosa? Perché non le dicono niente?!
Supera tutti, uno alla volta, molti cercano di non farla passare: lei è piccola, è veloce, riesce a fregarli tutti. Si arresta solo quando Yoji, ripresosi, la raggiunge e la blocca per un braccio.
-Emi, ti prego…- il suo tono è disperato, e roco per il pianto. Lei lo guarda, le lacrime non accennano a smettere di cadere. No, deve capire… Vuole vedere suo padre. Già intravede una chioma bionda più avanti, proprio come i capelli di papà…
-E’ lì, è lì vero?- urla, è arrabbiata e continua a piangere. -Fammelo vedere!- è una supplica, ma che non ammette repliche. Uno strattone, la presa dell’uomo che si allenta, ed è libera. Libera di raggiungere il padre… Libera di scoprire l’Inferno.
-Pa…pà?- un sussurro, incredulo. Lo vede disteso per terra, pieno di ferite, con gli occhi chiusi. Il viso, però, è sorridente. Il sorriso di una persona soddisfatta. Soddisfatta di aver dato tutto, come dice la legge, per il proprio villaggio: la famiglia… Anche la vita.
-Papà!- grida, pianti, si dimena quando degli uomini la afferrano e la portano via. Scalcia, morde, qualsiasi cosa pur di liberarsi. Ma non ci riesce: in fondo non lo vuole neanche lei.
-Papà! S-Svegliati! Dobbiamo tornare… A casa! S-Stupido!- i singhiozzi non si arrestano, le spezzano le frasi. Viene trascinata, non smette di combattere per tutto il tragitto. Vuole vedere il suo papà… Non è possibile! Non può… Non può! Hanno vinto, suo padre ha sconfitto la volpe! E’ fortissimo, non può… Ma non respira, non si alza! Non risponde! E’…
-… Non puoi essere morto!- ultime parole, l’ultima sua preghiera. Un sogno, giusto? Solo un sogno… Si sarebbe svegliata, domani, e avrebbe trovato suo padre in cucina come al solito, a preparare la colazione insieme alla mamma. Per questo, quando la fanno distendere - non sa dove sia, ma il letto è morbido – si addormenta con il sorriso, un sorriso stanco ma speranzoso. Sì, un sogno… L’ultima cosa che avverte prima del buio è la figura di un neonato, e una voce…
~Ma il mattino
dopo si sveglierà,
ritrovandosi su un letto, nella sua stanza. In casa sua… Da
sola. Le diranno
della morte della madre, del motivo della morte del padre…
Le parleranno di
Naruto, il suo fratellino. Gli adulti cercheranno di dare
l’intera colpa al
piccolo, una giustificazione per l’azione estrema
dell’Hokage e per la morte di
Kushina, ma lei non ci crederà. Un bambino così
piccolo, innocente, colpevole
di tutto? No.
Passerà i giorni a piangere,
è piccola e non
può farci niente. Non vedrà il fratello per tanto
tempo, confinato in chissà
quale stanza e sottoposto a chissà quali analisi.
Vorrà vederlo, per confermare quelle
voci
che lo dipingono come un piccolo angelo, tale e quale al padre, ma con
un
demone di infinita potenza nella pancia.
Vorrà abbracciarlo, coccolarlo, provare
a
fargli da madre. La madre che ha perso sempre per colpa sua.
Vorrà dargli tutto l’affetto
che i suoi
genitori hanno dato a lei e avrebbero dato a lui.
Il suo piccolo sole…
Non
sarà solo.