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Autore: IsaBelle91    03/04/2010    3 recensioni
Salve a tutti, rieccomi con un'altra storia ... questa volta Bella è la ricca e intraprendente figlia maggiore di Aro Volturi, in procinto di sposarsi con Christian, l'uomo della sua vita ... quando ad un tratto ......... ci sarà un lieto fine? spero di avevrvi incuriosito ....
Genere: Romantico, Malinconico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Volturi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Saluto e buona lettura
Volterra … 2014 …
La mia vita potrebbe definirsi felice, per chi la guarda dall’esterno. Sono bella, nel fiore degli anni, con un fisico fantastico, ammirata e desiderata da tutti gli uomini; dirigo il reparto di marketing e comunicazione dell’azienda di famiglia, dopo aver conseguito le lauree in scienze della comunicazione e economia e commercio, ed un master in direzione d’azienda, il tutto alla bellezza di 30 anni. Ma sono soddisfatta? In realtà no.  Fin da quando ero bambina sono sempre stata trattata dai miei genitori come una piccola adulta, visto che ero la figlia maggiore. Dovevo sempre essere la prima della classe in ogni materia, essere un’ottima atleta e vincere ogni competizione a cui la mia cara mamma mi iscriveva per tenermi il più possibile lontana da casa in modo da poter incontrare tranquillamente tutti i suoi numerosi amanti.
Già era questa la vita della figlia primogenita di Aro e Sulpicia Volturi, una delle più importanti e facoltose famiglie  dell’Italia. Ma questo destino non toccava solo me, anche se io ero la più svantaggiata in quanto figlia primogenita del capofamiglia. Anche mio padre era il maggiore di tre fratelli che a loro volta avevano cresciuto i loro primogeniti nella severità più assoluta, non che ci facessero mancare nulla … di materiale, ma era il loro affetto non ci veniva mai manifestato.
“ l’affetto è per i deboli” mi ripeteva sempre mio padre “ e tu non puoi essere debole, sei la mia primogenita”; a loro non importava se il primo figlio era maschio o femmina, gli importava soltanto che seguisse ciecamente gli insegnamenti che gli venivano imposti, che fosse sempre perfetto e impeccabile  e che si occupasse degli affari di famiglia, in modo da poter subentrare ai genitori, dopo la loro morte. Era una tradizione vecchia di generazioni, e in parte gli davo ragione, visto che ora l’azienda di famiglia era diventata la colonna portante dell’economia italiana, ramificandosi in centinaia di diversi campi e ottenendo in ognuno il successo completo.
Era stato il mio bisnonno Draco a iniziare, con una piccola ditta di spedizioni, aveva rischiato, era un azzardo investire tutto il capitale che aveva, ben poco agli inizi della carriera, in un impresa senza garanzie, ma lui l’aveva fatto. Negli anni la sua ditta era diventata sempre più famosa e richiesta  e quando fu il turno  di mio nonno decise di comprare anche un piccolo traghetto e cominciarono così le spedizioni navali, che ebbero successo e dopo appena 5 anni dal suo ingresso in azienda, a mio nonno venne affidata la gestione completa, anche se non aveva ancora trent’anni, era un uomo con il fiuto per gli affari e per questo decise di comprare anche una nave passeggeri, piccola per cominciare, ma la nostra flotta si è sempre più allargata anche perché in quel periodo c’era il bum economico e tutti volevano viaggiare.
Quando fu il turno dei suoi figli di prendere il controllo dell’azienda, lui si rese subito conto che non potevano controllare tutti e tre lo stesso ramo, quindi come ultimo investimento della sua carriera decise di comprare una fabbrica di componenti automobilistici. E fu così che mio padre Aro e i suoi fratelli Caius e Marcus entrarono in azienda. Il nonno fece scegliere a mio padre, che era il maggiore, quale ramo dell’azienda voleva per se, e lui scelse quello centrale, dei trasporti, mentre a zio Marcus andò l’azienda che si occupava dei viaggi organizzati e a zio Caius, il più piccolo, quella delle macchine.
Nonostante mio nonno fosse stato molto duro con i suoi figli, con me era buonissimo e io lo adoravo. Un giorno quando stavamo facendo una passeggiata in campagna nella sua villa, mi disse che forse era stato un errore dividere la ditta, che aveva molti dubbi in proposito e mi fece promettere che io avrei rimediato ai suoi errori. Avevo 15 anni e fu allora che decisi che comunque fossero andate le cose con i miei genitori, con cui avevo un rapporto pessimo, io sarei entrata in azienda.
Comunque si nonno si sbagliava, grazie all’apporto di mio padre e degli zii, ora l’azienda possiede una flotta navale composta da 25 navi da crociera e 40 navi da turismo, 30 aerei di linea e 15 jet e possediamo svariati hotel di lusso in tutto il mondo, in poche parole dire turismo e dire Volterra company è la stessa cosa. Già, quella stessa Volterra company che ora è leader mondiale nella produzione di auto da corsa, e che in borsa non ha mai perso più di 3 punti percentuali nonostante la attuale crisi economica.
Come ho detto, la mia vita dall’esterno può sembrare meravigliosa, chi si lamenterebbe di una vita così, lusso fortuna e … niente felicità.
Già perchè io non sono felice, e sfido chiunque ad esserlo, se negli occhi dei proprio genitori, anche dopo anni di sacrifici per accontentarli, vedesse ancora che non basta, mentre invece alla mia cara sorellina Tanya, viene concesso tutto. Lei la piccola di casa alla quale sono perdonati i continui scandali, i vizi e le costosissime passioni, per non parlare delle continue e segrete disintossicazioni da alcol e droga nelle più esclusive cliniche estere, o dei continui fidanzati che cambiava con la stessa frequenza con cui si cambia l’acqua dei fiori nei vasi, ma che per lei erano sempre il vero amore. La mia cara, cara sorellina a cui è tutto concesso e perdonato … e la cosa bella è che a lei i nostri genitori dimostrano tutto il loro affetto, la chiamano, pranzano con lei, si interessano alla sua vita; le uniche volte che mio padre mi chiama è per parlare di lavoro e mia madre quando deve organizzare gli stupidi galà a cui devo assolutamente partecipare.
La mia unica consolazione è sempre stata il nonno,  che mi trattava come una persona vera e non come la futura direttrice do non so cosa, è stato lui a mettermi davanti alle responsabilità che la mia nascita aveva comportato, ma lo aveva fatto con dolcezza, facendomi capire che quello era il mio posto nel mondo, ma come occuparlo stava a me deciderlo, che, insomma, sarei andata a lavorare in una delle tante imprese di famiglia, ma che potevo seguire le mie naturali inclinazioni. Era sempre stato il mio preferito, tant’è che da lui che  sono andata quando a 14 anni sono scappata di casa. Quella è stata la prima volta in cui mi sono fatta valere con i miei genitori.
Ero tornata a casa da scuola un po’ prima perché il mio insegnante di scherma si era fatto male e la lezione era rinviata, ed avevo trovato mia madre che faceva allegramente sesso in camera mia con il giardiniere … e il bello è che la mia cara mammina, invece di vergognarsi si era arrabbiata con me perché ero rientrata prima senza avvisarla. Quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Avevo chiamato Charlie, il mio autista personale e mi ero fatta accompagnare a casa del nonno, che dopo la pensione era tornato nel suo paesino natale, Volterra. Il nonno mi aveva accolto a braccia aperte, e aveva telefonato a papà quando gli avevo raccontato quello che era successo. La cosa più divertente è che lui, da bravo marito qual’era aveva anche giustificato mia madre, dicendo che finché lei si dimostrava affettuosa e innamorata in pubblico, non gli importava con chi lo tradisse, perché tanto la tradiva anche lui. Mi ero categoricamente rifiutata di tornare a Roma, dove vivevamo, e mio nonno mi aveva appoggiata, quindi mi ero trasferita definitivamente da lui 2 giorni dopo, dopo aver firmato un accordo con i miei genitori dove mi impegnavo a partecipare comunque alle loro feste e ai galà o comunque in tutte le occasioni ufficiali, e in cambio loro mi lasciavano il mio autista personale, la mia cameriera preferita, Renèe, che mi conosceva da quando ero in fasce e mi davano un appannaggio mensile, per le spesucce. Tuttavia nonostante mi mancasse la presenza dei miei genitori, la mia vita non mi sembrava poi così brutta, almeno non fino a due anni fa. Fino a quel maledetto giorno mi potevo ancora definire felice.
La mia vita, mi sembrava perfetta, stavo per sposarmi e avere un figlio, il mio lavoro andava bene e non potevo chiedere alla vita niente più di quello che già avevo. L’ultima cosa che ricordo della mia vita perfetta è che stavo andando con il mio fidanzato a vedere una villa in campagna … poi il nulla …
Ed ora sono qui, sono tornata nella mia adorata Volterra, la città natale di mio nonno, dopo ben 6 anni durante i quali la mia unica ragione di vita è stata la vendetta, oltre allo splendido raggio di sole che cammina al mio fianco.
                                                                           ***
 
Due anni prima Volterra 2008 …
“Bella, tesoro, dobbiamo parlare. Questa sera a casa mia. Alle otto un punto, ti aspetto lì.” Questo era tutto quello che sapevo, un messaggio nella mia segreteria, un Suo messaggio, dell’uomo che amo, dell’uomo che mi ha ridato la vita, Christian, il mio fidanzato, ma ora cominciavo a temere che si fosse stancato di me, in fondo lui ha 10 anni più di me e per molto tempo ho temuto di essere solo una ragazzina ai suoi occhi. L’avevo conosciuto quando mi ero iscritta a Scuola guida, o meglio, mio nonno, stanco di vedermi “rubare” le sue macchine per dei piccoli giri illegali, aveva deciso che a 19 anni era tempo che imparassi a guidare.
Come per tutte le cose ero decisa a fare il meglio e ad essere la prima della classe, e tutto filava per il meglio finche, l’insegnante di Teoria, Clarissa, non ci disse che si sarebbe assentata per un po’, andava in viaggio di nozze e che al suo posto l’avrebbe sostituita il cugino Christian.
Fu amore a prima vista nel momento stesso in cui lo vidi entrare in classe. Da quel momento in poi per me fu difficilissimo rimanere concentrata a lezione … e chi poteva concentrarsi con davanti uno così? Occhi azzurri come il mare, capelli castano chiari e un sorriso che ti faceva sciogliere il cuore. E per non mi è venuto un infarto quando, poco dopo un mese  dal suo arrivo, un mese in cui non avevo fatto altro che morirgli dietro, un mese di occhiate furtive da parte mia ma sospetto anche da parte sua, mi chiese di rimanere dopo la lezione.
-          Ti ho chiesto di rimanere perché Clarissa mi ha detto che sei l’allieva migliore del corso, quindi volevo vedere che tipo eri, dice che potresti fare l’esame anche oggi, volendo-  in mano teneva una scheda esame.
Lo fissai intensamente negli occhi e gli presi la scheda dalle mani, andandomi a sedere al primo banco. Dopo dieci minuti avevo finito di riempire le trenta caselline, senza nemmeno un attimo di esitazione mi alzai e gliela riconsegnai.
Non usò le normali griglie per correggerla, si sedette alla scrivania con una penna rossa in mano e lesse a una a una le domande, controllando le mie risposte, mentre io ero li e l’ansia cominciava a salire lungo la schiena. Non  riuscivo a capire dalla sua espressione come fossi andata. Alla fine alzò lo sguardo dal foglio e mi sorrise.
-          Domani mattina alle sei e mezza qui davanti alla scuola guida, ti accompagnerò personalmente alla motorizzazione per fare l’esame. - mi disse e per poco il mio cuore non scoppiò per l’agitazione.
Come promesso la mattina dopo mi stava aspettando alle sei e mezza. Non dissi  molto all’andata, ero troppo nervosa, ma una domanda mi bruciava sulle labbra dalla sera prima.
-          Posso chiederti una cosa? -
Lui annuì.
-          Come mai?
-          Come mai cosa?
-          Come mai hai deciso di mandarmi all’esame ora, così all’improvviso … - non sapevo come spiegarmi, è che qualcosa non mi quadrava, e poi non volevo lasciare la scuolaguida.
-          Se te lo dicessi adesso dovrei ucciderti … - rispose serio.
Feci un balzo sul sedile e mi voltai a guardarlo, vedendo che anche lui fissava me, dritta negli occhi. ( erano a un semaforo  N.d.A. ).
-          Stavo solo scherzando.- mi sorrise.
-          Avanti, voglio saperlo …- piagnucolai come una bambina.
-          Te lo dorò se sarai promossa. Promesso. - sorrise nuovamente, e io cedetti.
Mentre facevo l’esame ero totalmente concentrata sulle domande, ma quando consegnai e tornai a sedere aspettando la correzione, i miei pensieri andavano tutti a lui, che sedeva fuori e mi aspettava.
-          Isabella Volturi …- chiamarono il mio nome e mi riconsegnarono i documenti che avevo consegnato all’entrata. Come speravo ero stata promossa, e quindi avrebbe dovuto rispondermi, ma volevo anche prendermi una piccola vendetta per il suo scherzo di prima.
Uscii dalla stanza esami con la faccia triste e feci apposta a non farmi guardare negli occhi altrimenti sarei scoppiata a ridere.
Ben interpretando il mio silenzio, mi venne incontro e mi cinse le spalle, era un po’ più alto di me, accompagnandomi fuori.
-          La prossima volta andrà meglio, vedrai.
Eravamo in macchina e aveva parlato per la prima volta da quando mi aveva visto.
-          È stata colpa mia, ti ho messo fretta, non eri ancora pronta …
-          Si, sono certa anche io che la prossima volta andrà meglio perché a prepararmi sarai tu - risi sommessamente, mentre lui si voltava verso di me.
-          Ma Clarissa rientrerà fra qualche giorno.
-          Ma Clarissa non insegna la pratica. - dissi scoppiando a ridere.
Lui si voltò verso di me comprendendo appieno quello che avevo detto. Era senza parole.
-          Che c’è non parli più? Mi sono solo vendicata per lo scherzo di prima. A proposito, ora mi devi rispondere.
Mi voltai verso di lui ed osservai la sua espressione, era contento, ma allo stesso tempo sembrava impaurito, anche se non sapevo da cosa. Rimase in silenzio per un po’, stringendo spasmodicamente il volante.
-          Christian, mi dici che ti è preso?- ormai avevo cominciato a comprendere le espressioni del suo viso, quando era arrabbiato o felice, quando era triste … ora era turbato, ne ero certa.
-          Vedi io … - iniziò, ma tacque subito dopo.
Stavo iniziando a spazientirmi.
-          Christian dimmi immediatamente che cosa succede o giuri che io …
-          Che tu cosa?- chiese con un sorriso, a lui non importava il mio cognonome, era l’unico che mi trattava come una persona qualunque. 
Mi guardai in giro in cerca di una possibile minaccia.
-          Bè, i pedali ci sono anche da questa parte. - eravamo andati con la macchina della scuolaguida che aveva i doppi comandi.
-          Non azzardarti nemmeno.
-          E allora tu rispondimi.
-          No.
-          Uno … - dissi avvicinando il piede alla frizione.
-          …
-          Due … - posai il piede sul pedale.
-          …
-          Tre … ti avevo avvertito. - schiacciai con forza il pedale e visto che lui non aveva mollato l’acceleratore i giri della macchina salirono alle stelle e il motore rombò fortissimo.
-          ISABELLA CHE CAZZO FAI!!!!!!!!!!!!!- urlò.
I miei occhi si riempirono di lacrime e mi voltai verso il finestrino per non farmi vedere da lui. Ad un tratto sentii che la macchina rallentava e mi accorsi che si stava fermando.
Accostò vicino a una spiaggia.
-          Come mai ci siamo fermati?
-          Mi dispiace per prima, ti va di fare quattro passi?
-          Certo.
Era giugno inoltrato e faceva un caldo terribile quindi entrambi ci sfilammo le scarpe e cominciammo a passeggiare per a spiaggia mentre un venticello leggero rinfrescava un po’. Parlavamo del più e del meno, e io di proposito non tornavo sul discorso, anche se ero certa che prima o poi l’avrei fatto crollare. Ad una tratto vedemmo un piccolo chiosco e ci avvicinammo per prendere delle bibite.
Arrivati alla fine della spiaggia cominciammo a tornare indietro, sempre bevendo le bibite, e quando entrambi le finimmo, lo sfidai in una corsa a chi arrivava prima al cestino, a volte ero proprio una bambina, ma lui accettò. Cominciammo a correre e sono certa che mi stava facendo vincere di proposito. Detestavo la corsa, ma insieme a lui era divertente anche quello. Sentivo che mi stava raggiungendo e mi distrassi quando una radice che sporgeva dalla sabbia mi fece cadere, e per poco non finii faccia a terra, Christian mi aveva acchiappato per la vita prima che cadessi davvero.
-          Tutto bene? - mi chiese mentre ancora le sue braccia mi cingevano la schiena. Ero rossa come un peperone, non avevo nemmeno il coraggio di voltarmi verso di lui.
Quando fu certo che fossi in grado di reggermi in piedi da sola, mi fece girare nella sua direzione, guardandomi dritto negli occhi.
-          Non sarai mica in imbarazzo? - mi chiese con un sorriso - non è certo la prima volta che ti acchiappo al volo … -
Aveva perfettamente ragione, nonostante in sport come la scherma, o il tennis fossi molto brava, in alcuni casi, specie quando ero con lui, la mia goffaggine tornava prepotentemente a farsi viva, e spesso, all’uscita dalle lezioni doveva acchiapparmi per evitare che facessi tutta una rampa di scale con il sedere.
-          No, è solo che …. - forse lui non se n’era accorto, mentre mi acchiappava, ma proprio dove stavo per cadere io, c’era una bottiglia rotta che mi avrebbe sicuramente sfregiato il volto, se non peggio; in pratica mi aveva salvato la vita. Indicai la bottiglia, scoppiando in lacrime senza veramente saperne il motivo, e lui mi strinse forte a se, senza fare domande, o commenti.
Quando mi fui calmata, mi prese per mano, forse temeva che non sarei riuscita ad arrivare alla macchina senza ammazzarmi, e tornammo verso il parcheggio.
-          Ti senti meglio?- mi chiese a un tratto.
-          No. Perché non mi hai ancora risposto. - risposi risoluta.
Indicò una panchina sulla quale andammo a sedere.
-          Quando mia cugina mi chiese di sostituirla, ero abbastanza scocciato, vedi la scuola la aprì nostra zia, e prima di morire ci fece promettere che sarebbe sempre stata di famiglia. Io ero il più grande e avevo già l’abilitazione per insegnare sia la teoria sia la pratica, quindi cominciai a lavorare con mia zia. Poi arrivarono anche Clarissa e Fabian, mio fratello, e di comune accordo decidemmo che da quel momento in poi lei si sarebbe occupata della teoria, perché ti confesso che mi annoia parecchio.
-          Ho capito, ma non vedo che cosa centri con me …
-          Due settimane fa, mi ha chiamato Clarissa, chiedendomi se mi scocciava restare al suo posto ancora per un po’, così potevano rimanere alle Hawaii ancora per un po’. Gli ho risposto che per me andava bene.
-          Ma se hai appena detto che non ti piace insegnare la teoria …- chiesi senza capire.
-          Diciamo che quando un mese fa sono entrato in classe ho capito che queste lezioni sarebbero state meno pesanti del previsto …- lasciò la frase in sospeso, guardandomi intensamente.
-          Io … - non riuscivo a capire dove volesse arrivare, o meglio, temevo di aver capito male.
Rimanemmo in silenzio per un po’, mentre lui mi osserva. Vidi i suoi occhi posarsi sulle mie labbra e osservarle attento, poi tornare verso la parte alta del viso, sorrise, quel suo sorriso magnifico, che mi faceva impazzire … era come se volesse dirmi qualcosa ma non riusciva o non poteva … ad un tratto mi accarezzò una guancia, un gesto lento e dolcissimo, che mi fece desiderare di baciarlo, in quello stesso momento … ma forse è solo la mia immaginazione. Ancora una volta maledissi la mia indecisione e i miei dubbi …
Ero stanca di aspettare, è da quando mio nonno si è ammalato sei mesi prima, che mi ero ripromessa che non avrei sprecato la mia vita dietro al lavoro, che avrei saputo rischiare … così come aveva fatto il mio bisnonno.
Volevo rischiare, perché non potevo più stare lì ad aspettare che le belle cose nella vita mi arrivino da sole.
-          Mi stai dicendo che hai accettato di rimanere ancora per ………. Me? - chiesi titubante.
Lui non rispose subito e continuò ad osservarmi, poi con molta lentezza, annuì piano con la testa.
-          Io so cosa pensi … - disse all’improvviso come se avesse preso la scossa, allontanandosi da me.
Non mi ero resa conto che eravamo così vicini, tanto che potevo sentire il suo respiro fresco che mi accarezzava il viso. Mi ero completamente assuefatta alla sua presenza, ed ora quell’improvviso vuoto che si era venuto a creare fra di noi, mi faceva male.
-          Shhhh.- sussurrai posando un dito sulle sue labbra - non puoi nemmeno immaginare che cosa sto pensando io in questo momento. - dico avvicinandomi a lui.
-          Allora dimmelo - bisbiglia, mentre mi cinge la schiena con un braccio.
-          Sto pensando alle tue labbra, a quanto ho voglia di baciarle … e ai tuoi occhi che mi dicono tutto di te … e al tuo sorriso, che mi fa morire ogni volta … - mi ero seduta sulle sue gambe, ormai eravamo vicinissimi. Lo sentii sorridere mentre annullava lentamente la distanza fra noi, appropriandosi delle mie labbra. Fu un bacio leggero, delicato, ma poco dopo si trasformò in un bacio carico di passione, tenevo una mano fra i suoi capelli e l’altra scorreva sui suoi pettorali mentre lui mi teneva stretta a se e percorreva la mia schiena con le mani.
 
Ero talmente immersa nei ricordi che non mi sono nemmeno accorta di essere arrivata. Suono il campanello e attendo che venga ad aprirmi, con il cuore in gola, proprio come quella volta in spiaggia, quando mi disse che era innamorato di me.
-          Finalmente sei arrivata … - mi fece entrare, dandomi un bacio sulla guancia … un momento, un bacio sulla guancia? Mi stavo seriamente preoccupando.
-          Come mai quel messaggio così criptico? - chiesi mentre andavo in cucina insieme a lui.
-          Il mio messaggio non era criptico … e poi devo avere per forza una ragione per voler cenare con la donna che amo?
-          No certo che no è solo che … - la verità è che da un po’ di tempo lo vedevo freddo, distaccato … come se si fosse stancato di me …
Sedetti su uno degli sgabelli che circondavano la penisola, mentre lui andava a controllare le varie pentole.
-          Che cosa prevede il menù di questa sera?
-          Cocktail di gamberetti in salsa rosa, Risotto alla pescatora, e per finire Pesce spada ai ferri con Patate al vino Banco. - si voltò verso di me, con due bicchieri di vino in mano.
-          Tutti i miei piatti preferiti … dissi meravigliata.
-          Infatti … - mi prese fra le braccia, posando il suo bicchiere dietro di me sul bancone.
-          Festeggiamo qualcosa di  importante?
-          No, perché? - mi chiese.
Appoggiò le mani sulle mie spalle e cominciò a massaggiarle.
-          Sei nervosa? Hai tutta la schiena rigida …
-          Sarà colpa del lavoro …
-          Hai avuto problemi?
Cominciai a raccontare quello che mi era successo, soprattutto i problemi con la mia cara sorellina che aveva deciso di venire a lavorare nel mio stesso reparto e chiaramente il mio caro paparino l’aveva accontentata, e lei si era rivelata un’incredibile spina nel fianco. Per me.
Parlammo per tutto il tempo della cena, lui mi raccontava di come si divertiva a vedere gli errori dei nuovi arrivati a scuola guida, chi faceva spegnere la macchina  più volte nei rettilinei, o chi ci metteva più tempo a spuntare in pianura,  mentre io lo sgridavo, lui li doveva incoraggiare i ragazzi, non ridere alle loro spalle, anche se confesso che mi piacerebbe conoscere la ragazza che è riuscita a far spegnere 15 volte la macchina in un rettilineo di 300 metri!!!
-          Già, non ci sono più le allieve di un tempo, quelle che sapevano già guidare anche prima di iscriversi …- dissi sorridendo, prendendogli una mano. Era incredibile, tutta la tensione che sentivo prima di entrare in casa era completamente sparita … era come se fossimo chiusi in una bolla di sapone tutta nostra che escludeva il mondo esterno.
-          O quelle che sapevano guidare ma fingevano per poter passare più tempo con l’istruttore … - mi fissa intensamente
-          Io non fingevo … avevo delle fragilità … - cerco di arrampicarmi sugli specchi.
-          Bella, ti ho vista guidare una Ferrari quando avevi ancora il foglio rosa e con me facevi finta di non saper ingranare la 5° …
-          E va bene, ma se io avessi preso la patente troppo in fretta, che scusa avrei avuto per stare con te? - chiedo maliziosa, mentre mi alzo e mi siedo sulle sue gambe, mentre gli accarezzo la guancia, esattamente come facevo quando ci “imboscavamo” da qualche parte durante le guide. Non facevamo nulla di male, stavamo semplicemente insieme senza pericolo di essere scoperti.
-          Che ne dici se il dolce lo prendiamo in salotto? - mi chiede baciandomi le labbra. Annuisco solamente.
Andiamo in sala insieme, mano nella mano e quando entro nella stanza vedo che è ricoperta da tantissime candele profumate, e due coppe di fragole con la panna ci aspettavano sul tavolino. Mi prende fra le braccia e ci sediamo insieme sul divano.
-          Ci volevano proprio le fragole … dopo questa meravigliosa cena … - sospiro soddisfatta . 
-          Già oggi quando ho telefonato al tuo ufficio mi anno detto che eri in riunione con il consiglio insieme a tua sorella, e ho pensato che ti sarebbe piaciuto un po’ di relax, stasera …
-          Come farei senza di te … - domando appoggiandomi completamente a lui.
-          In effetti … - ad un certo punto lo sento tendersi verso il mobile dietro al divano, per prendere lo spumante. - in effetti - riprende, - è di questo che volevo parlarti. Sai è da un po’ che ci penso, noi stiamo insieme da un po’, ed è come se convivessimo perché passiamo quasi tutto il tempo libero o a casa mia o da te … so che forse non è il momento adatto, ma …  vuoi dello spumante? - chiede serio. Avevo seguito con attenzione tutto il suo discorso, ma non capivo cosa centrasse lo spumante.
Mi passa il calice e mentre sto per bere mi accorgo che mi fissa attentamente, così mi blocco a metà strada.
-          Cosa c’è? - chiedo imbarazzata.
-          Niente, ti stavo solo guardando. - alza le spalle e beve un sorso dal bicchiere.
Stavo per fare lo stesso quando vedo uno strano sfavillio dal fondo del calice e lo alzo per controllare alla luce tenue delle candele.
Un anello brilla dal fondo del mio bicchiere … un bellissimo solitario di oro bianco … sono completamente senza parole … lo guardo spaesata e vedo che mi sorride …
-          Mi vuoi sposare, Bella … - mi dice, prendendomi la mano. E aspetta. Era li che attendeva una mia risposta, un gesto, una reazione da parte mia … e io in quel momento non ero in grado nemmeno di pensare e respirare allo stesso tempo … era come se il mondo si fosse fermato e lui aspettava solo me …
-          Come puoi chiedermi una cosa del genere … - dissi vedendolo boccheggiare - e temere che io rifiuti … - gli dissi con gli occhi che luccicavano.
Prende il mio e il suo bicchiere e li posa sul tavolino, per poi prendermi fra le braccia e cominciare a baciarmi appassionatamente. Non so dire dopo quanto tempo ci stacchiamo finalmente … quello che so è che le candele ormai si erano spente ed era notte fonda … i nostri vestiti erano sparsi per tutta la casa e non mi ricordo nemmeno come abbiamo fatto ad arrivare in camera da letto … tutto quello che so è che al mio anulare sinistro brilla un solitario bellissimo …
-          Hai davvero temuto che io potessi dirti di no … ? - gli chiedo, con la testa sul suo petto.
-          No, in cuor mio ero sicuro della tua risposta, ma una piccola parte razionale nel mio cervello mi diceva che le persone sono imprevedibili e che forse tu non avresti accettato di essere mia per sempre … - mi risponde senza smettere di accarezzarmi i capelli.
-          Quella parte razionale, ora gli faccio vedere io … - mi alzo su un gomito e comincio a baciargli tutto il petto, nuovamente, mentre lui sorride e attira il mio volto verso il suo … mi ritrovo con il materasso sotto la schiena e lui che mi riempie di baci … le labbra … il viso … il collo … poi soffia sensualmente dietro il mio orecchio …
-          Ti amo … - è un sussurro roco e passionale il suo, che nasconde una dolcezza infinita … quella stessa dolcezza che vedo nei suoi occhi.
-          Anche io ti amo … - saremmo rimasto così tutta la  notte quando ad un tratto il mio telefono comincia a squillare.  Controllo il numero sul display, è lo studio del mio  medico.
-          Isabella Volturi. - rispondo, mentre lui non smette di torturarmi il collo.
-          Buonasera, mi scusi per l’orario tardo - getto uno sguardo all’orologio sul comodino, era mezzanotte passata, - sono Angela, la segretaria del dottor Di Renzo, avrebbe bisogno di parlare con lei.
-          È una questione urgente? - domando scocciata, non mi sembra il momento, visto come Christian … mhhhh non sono affatto concentrata sulla conversazione …
-          Dice di si, si tratta delle sue analisi … glielo passo. - mi mette un momento in attesa, mentre convinco Chris a darmi un momento di tregua, allora lui comincia a disegnare figure immaginarie sul mio addome.
-          Signora Volturi, sono il dottor Di Renzo, mi dispiace disturbarla a quest’ora, ma le sue analisi mi sono appena state consegnate e ho finito da poco una lunga operazione. Lei è mia paziente da anni, così come suo nonno lo fu per mio padre ... e mi sembrava il caso di comunicarle personalmente la notizia. - cominciavo davvero a preoccuparmi.
Lui deve averlo capito dalla mia espressione, perché blocca la mano e mi fissa attentamente. Io facevo un cheek up competo ogni 3 mesi, con la vita stressata che facevo, era meglio esser prudenti, ma non era mai risultato nulla di particolare o comunque nulla di cui parlare a mezzanotte, al massimo una leggera carenza di ferro, un anno prima.
-          Dottore, mi dica che cosa succede, devo preoccuparmi …
-          No, non allo stato attuale delle cose, possiamo ancora intervenire … - un momento, intervenire? Allora è cancro … lo sapevo, ora che potevo essere felice, qualcosa andava storto …
-          Dottore …- la mia voce carica d’ansia fa spaventare anche Chris, che mi guarda preoccupato.
-          Non si agiti, le farebbe male. Non è nulla di particolarmente grave, ma se decide di intervenire non abbiamo molto tempo, è incinta signora Volturi … di quasi tre mesi. In qualsiasi caso voglia procedere dovrebbe venire nel mio studio domani mattina … mi sembrava di doverglielo dire immediatamente. È ancora li, signora?
Il mio cervello si rifiutava di connettere … incinta … io …  di tre mesi … ma allora è successo in crociera … tre mesi fa ci eravamo presi una piccola vacanza, una crociera nel mediterraneo … solo noi due per 15 giorni …
-          Si, verrò da lei domattina. Alle dieci può andar bene?
-          Certamente, le fisso un appuntamento. Le posso fare le mie congratulazioni, signora?
-          Si certo, la ringrazio infinitamente per la sua perizia, dottor Di Renzo.
-          Quindi, se posso chiedere, lei non vuole interrompere la gravidanza …- dice quasi intimidito.
-          Certo che no - gli rispondo inorridita - a domattina dottore.
Chiudo la comunicazione e guardo Christian che aspetta notizie, lo vedo che è preoccupato a morte.
-          Bella non farmi preoccupare …
-          Ecco io … - prendo un bel respiro.
-          Bella!
-          Io, sono incinta … di quasi tre mesi … - dico in un sussurro …. Anche se mi ha appena chiesto di sposarlo, temo che ancora non voglia dei figli …  osservo la sua espressione in cerca di indizi … ma niente … mi guarda e basta.
-          Tre mesi … la crociera … - dice a bassa voce - Bella tu sei giovane, se tu non vuoi … io posso capirti …
Gli sorrido, e scuoto la testa, accarezzandogli una guancia, poi prendo una sua mano e la poso sulla mia pancia, ancora piatta e perfetta e vedo i suoi occhi che si illuminano.
-          Non potrei mai fare del male a una parte di te … di me … di noi, lei o lui è quello che ci ricorderà sempre che il nostro amore ha portato al mondo qualcosa di buono … sarà noi per sempre …
Mi prende il viso fra le mani e mi bacia delicatamente, poi si china verso la mia pancia e appoggia il capo, come se potesse sentire i suoi pensieri
-          Ti vuole già bene … ciao piccolino o piccolina … sono il tuo papà … e non vedo l’ora di conoscerti …
Gli accarezzo la testa, ancora posata sulla mia pancia, e sorrido, a volte è così tenero.
-          Che cosa farai con i tuoi? Cosa gli dirai, nella stessa sera ti sei fidanzata e hai scoperto di essere incinta.
-          Per loro sarà un brutto colpo, magari alla mia cara mammina prenderà un infarto.
-          Bella!- mi riprendeva sempre quando parlavo male dei miei.
-          Non mi importa del loro giudizio. Io diventerò tua moglie e darò alla luce questo bambino. Non interferiranno più nella mia vita.
Mi stringe fra le braccia e ci stendiamo nuovamente a letto, continuiamo a parlare per un po’. Non resisto e gli chiedo se vorrebbe un maschietto o una femminuccia. Come me, anche lui vorrebbe una bimba, allora gli chiedo che nome gli piacerebbe.
-          Aurora, mi piace tantissimo, e poi è il nome della nave da crociera su cui eravamo … dice malizioso.
-          Elisabeth. Il nome di mia nonna.
-          Aurora Elisabeth … Elisabeth Aurora … stanno molto bene insieme, che dici?
-          Sono d’accordo … - dico con uno sbadiglio. Siamo entrambi stanchissimi e non tardiamo molto ad addormentarci. Sono sicura di essere stata la prima a cedere, perché quando mi sono svegliata eravamo nella stessa posizione della sera prima, io con la testa sul suo petto, lui che mi stringeva fra le braccia, con una mano posata sulla mia pancia  e un sorriso beato stampato in volto.
   
 
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