Due drabble, cento parole esatte.
A Fefe, che me ne aveva chiesta una.
«Chi è?»
«Io»
Erano giorni che bastano per tutta la vita, quelli. C’erano i suoi incubi tremendi, sì, ma c’era anche Arthur, svegliato ogni notte dal cigolio della porta. C’era la sua mano già pronta a prendere la spada e c’era il suo sorriso quando la riconosceva. Morgana si stringeva a lui e non aveva più paura degli incubi, sapeva che Arthur l’avrebbe protetta anche da quelli. Lui le faceva posto nel letto e non faceva domande.
Morgana sospira guardando le stelle sopra la cittadella e si chiede se riuscirà a dormire, senza il letto di Arthur nel quale fuggire.
Arthur ha il sonno leggero, un impercettibile cigolio appena fuori dalla sua porta ed è già sveglio, la mano allungata nel buio ad afferrare la spada.
«Chi è?» domanda, assottigliando gli occhi per vedere attraverso il buio. Trattiene il fiato, è solo una la risposta che vuole sentire.
«Io» risponde la voce ben nota del suo servitore. Arthur prepara mille insulti da rivolgergli per averlo svegliato nel cuore della notte -ma Merlin avrà senza dubbio una delle sue assurde spiegazioni, e intanto si sente un cretino perché continua a scrutare il buio sperando di scorgere il profilo aggraziato di Morgana.
xxXxx
No, non è una ArthurXMorgana. O magari sì, se preferite.
Da fiera sostenitrice della ArthurXMerlin, ho immaginato tutto questo come pura amicizia, come puro affetto. Ad ogni modo lascio le Conclusioni alla vostra immaginazione.