Era una calda serata d’agosto.
Una di quelle serate tranquille, in cui la gente passeggia e
racconta ad un amico ciò che ha fatto in giornata o come ha trascorso le
vacanze.
Era una di quelle serate in cui le auto scorrono rare nelle
strade.
I marciapiedi erano illuminati dalla pallida luce della luna
piena e dagli alti lampioni.
Si udivano solo i passi lontani, lievi e le chiacchiere della
gente.
Ciò che regnava era la tranquillità.
In una casa del quartiere squillò il telefono:
- Pronto?
- Ciao Mary, sono Marco Lareti.- disse con voce forte.
- Salve signor Lareti, vuole che le passi mio padre?
- No Mary, avevo bisogno proprio di te. Mi chiedevo se domani
sera, verso le 20.30 eri libera per fare da baby-sitter a Robby e Laura. Ho
sentito dalla signora Preta che sei molto brava e, comunque, non dovrai
cucinare niente, solo mettere a letto i bambini.
- Va benissimo signor Lareti. Grazie e a domani sera.
La sera successiva Mary David, sedici anni, si recò con la sua
bicicletta a casa Lareti, distante solo un isolato da casa sua.
Aveva deciso di fare la baby-sitter durante l’estate per
mettere da parte un po’ di soldi per sé.
Il cielo quella sera era ricoperto di nubi: sarebbe venuto a
piovere presto.
Arrivata davanti alla porta guardò la casa: era a piano terra
con un giardino che le correva tutto in torno; finalmente suonò.
Venne ad aprire un uomo alto, calvo, vestito con calzoni neri,
una camicia bianca con le maniche corte dalle quali si poteva vedere la pelle abbronzata,
una cravatta nera e un sorriso stampato sulla faccia: il signor Lareti.
- Ciao Mary. Vieni pure dentro.
Mary entrò in un’ampia
sala accogliente nella quale vi erano un televisore a cristalli liquidi, un
video registratore con a fianco un DVD, un decoder SKY, due comodi divani, una
poltrona, un tavolino, una credenza, una libreria e un mobiletto con sopra una
quantità incredibile di foto incorniciate.
“ Però, si trattano bene!” pensò Mary.
- Spero che ti piaccia la nostra sala.
- E’ molto bella e accogliente. Ma dove sono i bambini?
- Adesso li vado a chiamare. Mi dispiace di averti fatto
venire fin qui, ma io e mia moglie dobbiamo andare fuori a cena. Sai, è il
nostro anniversario di matrimonio.
- Allora auguri!
Il signor Lareti andò a chiamare i bambini e quando tornò
presentò a loro la ragazza:
- Ecco bambini, questa è Mary. Dai salutate!
- Ciao Mary- dissero in coro, con voce dolce, i due bambini.
- Lui è Roberto ma noi lo chiamiamo sempre Robby…- disse
indicando un bel bambino con i capelli castani, gli occhi verdi e delle guance
rosse: tutto gli dava un aria da monello.
-…e lei è Laura…-, questa invece sembrava più tranquilla del
fratellino, aveva i capelli anche lei castani, gli occhi verdi e le guance
rosse: si assomigliavano come due gocce d’acqua.
-…sono gemelli e hanno quattro anni, mentre in camera c’è
Dylan, mio figlio più grande, che ne ha quattordici.
Avrei lasciato i bambini a lui, ma questa sera deve uscire;
tornerà verso le undici mentre noi a mezzanotte. Non è troppo tardi, vero?
- No, va benissimo. A che ora devo mettere a letto i bambini?-
domandò Mary.
- Verso le dieci; per addormentarli dovrai leggere loro il
libro che c’è sul comodino. Dopo potrai fare ciò che vuoi. Vorrei mostrarti il
resto della casa ma si è fatto tardi.
- Non fa niente, me la farò mostrare dai bambini, per tenerli
occupati.
- Marco, sei pronto?- domandò la signora Lareti.
- Si tesoro, arrivo. Grazie Mary, se hai bisogno chiama questo
numero.- disse porgendo un foglietto.
- Non si preoccupi, andrà tutto bene! Arrivederci!- esclamò
Mary.
La ragazza osservò il signor Lareti uscire dalla porta, per
poi chiuderla alle sue spalle.
Mary guardò i bambini ed esclamò:- Allora bambini, avete
voglia di farmi vedere la vostra casetta?- - Sììì- urlarono in coro i gemelli.
Così la presero per mano, Robby da una parte e Laura
dall’altra, iniziando a litigare:- Vieni a vedere la cucina!!- - No, prima la
nostra cameretta!!-
- Calma bambini, guarderemo tutte e due, va bene?
- Sì…- dissero annuendo, - ma cosa guardiamo prima?-
- Prima la cucina perché è più vicina alla sala, d’accordo?-
Acconsentirono tutti e due.
La cucina era grande, con una finestra che si affacciava sul
vialetto davanti alla casa, c’erano un tavolo, un frigo, un forno, i fornelli,
la lavastoviglie, un lavandino e vari mobili contenenti stoviglie e cibi.
I gemelli accompagnarono Mary a vedere il bagno e le camere.
- Questa è la nostra cameretta- disse Laura con vocina dolce.
– qui ci sono tutti i nostri giochi…- e corse a prendere un morbido
orsacchiotto; - lui si chiama Freddy.
- Piacere di conoscerti Freddy!- disse Mary stringendogli la
zampina.
- Lui invece è Daniel.- esclamò Robby indicando l’aria di
fianco a lui.
- E’ il loro amico invisibile- sussurrò un ragazzo a fianco di
Mary.
Si girò di scatto e si trovò davanti un ragazzo con i capelli
neri pieni di gel, gli occhi castani, vestito con jeans stappati qua e là, con
una maglietta senza maniche nera.
- Io sono Dylan e tu devi essere Mary, giusto?
- Si sono io- rispose.
- Bene io ora devo uscire, a più tardi!- così dicendo si
diresse verso la porta e uscì.
- Mary, vuoi vedere la cameretta di Dylan e quella di mamma e
papà?
- Sì, forza andiamo!
La camera di Dylan non era molto grande; vi erano un letto con
a fianco un comodino, una scrivania con il computer e alcune mensole con sopra
i libri di scuola, un guardaroba e un mobiletto con sopra la televisione. Vi
era inoltre una finestra che dava sul retro della casa.
- Vieni- gridarono tirando Mary per le maniche.
Attraversarono un corridoio e portarono la ragazza davanti ad
una porta: - Qui c’è la camera della mamma e del papà!-
Questa invece era ampia: un grosso guardaroba, un letto
matrimoniale con due comodini, un comò con sopra le foto del matrimonio e dei
figli e una finestra che si affacciava sul retro della casa.
Ritornarono nella sala.
- Complimenti ragazzi, avete proprio una bella casa!
Mary guardò l’orologio appeso alla parete che segnava le
21.15.
Così la ragazza passo quarantacinque minuti con i gemelli
giocando e guardando i cartoni.
- Ragazzi! Sono le dieci ed è ora di andare a letto!- esclamò
Mary, sollevando un coro di proteste.
- Va bene, ancora dieci minuti ma poi a letto!- ammonì la
ragazza.
Dopo dieci minuti i bambini furono portati in camera, dove
Mary li aiutò a mettersi il pigiama.
Quando finalmente furono sotto le coperte, Mary iniziò a
leggere loro la storia.
Dieci minuti dopo era già in sala, seduta sul divano.
Suonò il telefono.
- Pronto?
- Ciao Mary, sta andando tutto bene? I gemelli sono già a
letto?- domandò la signora Lareti.
- Sì, sono già a letto ed è tutto a posto; non si preoccupi.
- Grazie Mary, ciao!- e mise giù la cornetta.
“ Finalmente un po’ di tranquillità!” pensò Mary,
abbandonandosi sul morbido divano.
Stava guardando la televisione quando suonarono alla porta.
“ Deve essere Dylan” pensò la ragazza, alzandosi per aprire.
Infatti era lui.
- Ciao, i gemelli dormono?
- Sì, è tutto tranquillo- sussurrò Mary.
- Bene, io vado in camera mia perché devo finire alcune cose
al computer. Ciao!- mormorò Dylan, andando in camera sua.
La ragazza si sedette sul divano.
Fuori pioveva a dirotto e dalle finestre della cucina
semiaperte filtrava un forte odore di terra bagnata.
Erano da poco passate le undici e un quarto, quando Mary udì
un rumore provenire da una delle camere.
“ Speriamo che non siano i gemelli!” pensò mentre si dirigeva
verso la porta della loro camera. Aprì leggermente la porta e sbirciò dentro la
stanza: tutto era tranquillo.
Mentre chiudeva la porta, udì ancora quel rumore, una specie
di brontolio che proveniva dalla camera di Dylan.
Si avvicinò alla porta.
- E’ permesso?- sussurrò. Nessuna risposta.
Mary girò la maniglia e la porta si aprì cigolando.
La stanza era illuminata dalla fioca luce dei lampioni che
filtrava dalla finestra lasciata aperta.
Fuori regnava sempre un odore di terra bagnata.
Una debole luce proveniva dallo schermo del computer.
Quella stessa debole luce bastava a illuminare una chiazza di
un colore scuro sulla scrivania, vicino al computer.
- O mio Dio…- mormorò Mary con un filo di voce.
Si avvicinò lentamente alla scrivania e toccò leggermente
Dylan, che era seduto su una sedia, con la testa appoggiata sul banco.
Il ragazzo non si mosse.
Mary sollevò lo sguardo verso la finestra.
Che cosa era successo in quella stanza? Che cosa doveva fare?
Ad un tratto qualcosa attirò l’attenzione della ragazza: sul
vetro della finestra vi era il riflesso di un’ombra alle spalle di Mary.
La ragazza tentò di urlare, ma dalla sua gola non uscì alcun
suono.
Era come paralizzata, ogni muscolo del suo corpo era immobile,
non riusciva nemmeno a tremare, il suo sguardo era fisso sul vetro della
finestra.
L’ombra si mosse.
Mary continuava a restare immobile.
Un lampo squarciò il cielo e illuminò la stanza degli orrori:
solo un secondo bastò alla ragazza per vedere chiaramente il volto
dell’assassino: un viso lungo e spaventato dagli occhi neri e spenti, le labbra
serrate, un naso piccolo e un cappello grigio in testa: il volto di un ragazzo.
“ Questo è un sogno… anzi, un incubo… non può… essere…”
Un dolore lacerante alla testa la fece cadere in avanti, sul
corpo di Dylan che tremò senza però cadere.
“… realtà…”
Questo fu il suo ultimo pensiero prima che la vista e la mente
le si offuscassero,