Il Figlio di Tom Kaulitz
“Hey,
come va? Posso entrare vero?” Domandai rimanendo sullo stipite
della porta.
“Certo amore, entra pure..” Sussurrò.
Entrai
a passi lenti e incerti e mi avvicinai chiedendogli come stesse, e
appena si portò una mano al cuore capì che la situazione non poteva
andare peggio.
I suoi respiri erano lenti e andavano a toccare la
mia pelle.
“Tom, ti ho portato qualcosa da mangiare..e il tuo
cellulare, come mi avevi chiesto” Dissi porgendoglielo.
“Oh
grazie amore..il mangiare qui fa schifo! Per questo ho sempre odiato
l'ospedale! E il personale è brutto!” Esortò ridendo. Feci la
finta offesa e rise ancora di più.
“Amore lo sai che per me
esisti solo tu!” Non potetti negare un sorriso e lo baciai.
“Qui
fuori è pieno di paparazzi!” Annunciai guardando fuori dalla
finestra, tutti quei fotografi sparsi tra le fan che piangevano.
“Oh!
Lasciamo stare!” Rispose.
“Bill e gli altri dove sono?”
Domandai distogliendo lo sguardo dalla finestra, per poi guardarlo
mentre probabilmente scriveva un messaggio.
“Emm..non so'”
Sentì poi delle forti urla al di fuori. “Eccolo..” Commentai
ridendo.
Pochi minuti dopo entrarono proprio loro, gli altri tre
membri dei Tokio Hotel. Bill e Georg portava sfoggianti occhiali neri
mentre Gustav un nuovo capello.
“Ciao! Gemellino!” Lo salutò
Bill.
“Bombolone..” L'iniziò a stuzzicare Georg. Tom odiava
essere chiamato dal piastrato così.
“Ciao Tom” Lo salutò
semplicemente Gustav.
I due andarono a porgere un nuovo regalo a
Tom, mentre Bill mi salutò.
“Ciao Sara..”
“Ciao Bill..”
Risposi.
“Puff..” Sbuffai chiedendo la porta. I tre se ne
andarono e rimanemmo solo io e Tom.
“Stanca?” Chiese Tom.
“Un
pochino”
“Sara, se vuoi puoi andare a casa..non ti
preoccupare per me”
“Tu pensi che me ne andrei lasciandoti
qui tutto solo? Con le infermiere che passano e spassano? Non credo
proprio mio caro” Mi andai a stendere affianco a lui e lo
abbracciai, ispirando il suo dolce profumo.
“Sara..” Sussurrò
al mio orecchio. Mugugnai e aspettai che parlasse. Quel tono di voce
significava che voleva qualcosa.
“Ho voglio di farlo” Sentì
subito dopo.
“Cosa? Tom qui?” Domandai aprendo gli occhi che
poco prima avevo socchiuso.
Annuì e mi accarezzò la
guancia.
“Mah..è scomodo!” Scoppiai a ridere io.
“Tu
non ti preoccupare! Ci penso io..” Mi baciò portandomi la mano
destra sotto la maglia. Mi slacciò il reggiseno, e infine portò la
mano sulla lampo dei pantaloni, facendola calare a tratti.
Io
intanto non avevo molti problemi a confiscargli il pigiama.
Portai
la mano sulle sue labbra e lo fermai, ricordandogli che la porta era
aperta e che le veneziane della finestra erano alzate. Così mi alzai
e chiusi porta e calai le veneziane della finestra, rimanendo così
totalmente allo scuro. Ritornai da lui e riprendemmo cioè che aveva
lasciato in sospeso.
Tom si posizionò meglio su di me e mi tolse,
cioè che ormai ci divideva, ovvero le mutande. Dopo di che entrò in
me lentamente, facendo molta attenzione a non farmi male.
Naturalmente io morsi il labbro inferiore e cercai di rilassarmi il
più possibile. Era solamente la mia terza volta, e Tom mi aveva
spiegato che era normale che facesse male.
Dopo i primi traumatici
minuti, iniziai a rilassarmi e lui aumentò la potenza della
spinta.
Portai le mie mani sulla sua schiena leggermente sudata, e
quando mi faceva male, lo graffiavo.
Spingeva sempre più forte,
interessandosi principalmente a soddisfare i suoi scopi.
“Tom..Tom,
piano mi fai troppo male..” Sussurrai.
Spinse, spinse sempre più
forte tanto che i graffi sulla sua schiena non servirono a farlo
smettere.
Ansimava dal piacere, mentre una lacrima percorse il mio
viso, finendo col andare a finire sul lenzuolo.
Il letto iniziò a
muoversi leggermente, creando uno strano scricchiolio che sembrava
quasi dare il tempo.
E con l'ennesima potente spinta, venne. Sentì
scendere lungo le mie cosce un liquido caldo. E finalmente si riandò
a sedersi affianco a me.
“Tutto... ok?” Domandò ansimante.
Non risposi e continuai ad asciugare le lacrime.
Mi girai
arrabbiata e mi tirai gran parte della coperta. Provò a chiamarmi
più volte, senza chi gli risposi.
“Scusami se ti ho fatto
male...” Commentò. Sentì il rumore delle coperte, e si
avvicinò.
“Sara...io...credo di amarti” Sussurrò subito
dopo. La cosa era così strana, che pensai che fosse solamente un
sogno. Un strano e stupidissimo sogno.
“Apra
sta porta! La prego!” Sentì urlare dall'altra parte della stanza,
accompagnato da forti pugni.
Non
capì bene cosa volessero alle otto di mattina, così mi girai verso
Tom e lo chiamai più volte.
I
pugni continuavano e così mi alzai e andai ad aprire:
“Ma
vi sembra il modo?” Uno schieramento di persone si gettò su di me
e spinsero con violenza, andando da Tom.
“Ma
che succede?” Domandai senza ricevere risposta. Guardai il dottore
alla sinistra di Tom, che negava con la testa.
“Scusi
mi può dire cosa succede? Che cos'ha Tom?” Dissi avvicinandomi.
“Siamo
arrivati troppo tardi...” Lo sentì sussurrare.
“Che
cazzo succede?! Che cos'ha Tom eh?!”
“Signorina...cosa
ha spinto lei e la sua stupidissima coscienza, a chiudere a chiave
quella maledetta porta?”
“Sia
più chiaro che cos'ha il mio ragazzo?” Il dottore si avvicinò a
passo felpato, mentre tutte le altre infermiere abbassarono la testa
e si misero in fila dietro l'uomo.
“Mi
dispiace...è morto. Disse freddo, guardandomi negli occhi.