Questa
storia si
è classificata prima,
inaspettatamente e incredibilmente, al "A
Contest for Faber" , indetto da
Roy Mustang sei
uno gnocco sul Forum di EFP.
Non so davvero come esprimere la mia
gioia, era la prima volta che partecipavo ad un concorso con una
storia su KuroShitsuji, e di certo non speravo in un simile
risultato.
Tengo a questa storia in
modo
particolare, e adesso posso dire che mi è venuta in mente,
in
extremis, mentre ero al lavoro con mio padre. Ce l'ho messa tutta pur
di terminarla in tempo e devo dire che ne sono abbastanza
soddisfatta.
E' una fanfiction strana,
una delle mie
insomma. Spero solo di aver caratterizzato decentemente i personaggi,
e che vi piaccia almeno un po'.
Anche se non è degna di te, cara. Un bacione. <3
" E
come tutte le più
belle cose, vivesti solo un giorno come le rose "
La
Canzone di Marinella,
Fabrizio de André
Like a Red Rose ~
Grell
amava il colore
rosso.
Lo
amava
incondizionatamente, tanto d'aver deciso di ornare il proprio studio,
nient'altro che un vecchio negozio abbandonato, di fragili rose
rosse. Ogni mattina si recava dal fioraio all'angolo perché,
quando
arrivava la sera, i petali cremisi iniziavano già ad
appassirsi,
come rattristati, confinati in quell'ambiente umido e buio.
Nessuno
sapeva chi fosse,
né da dove venisse, e né soprattutto come facesse
ad andare avanti,
visto che se ne stava sempre lì, nel suo personale angolo di
Paradiso. Usciva solo per comprare i fiori e il cibo, quelli erano
gli unici momenti in cui si permetteva di regalare ai passanti e al
cielo terso di primavera la visione dei suoi capelli color rosso
fuoco, lunghi e fluenti, e dei suoi occhi di smeraldo che brillavano
dietro le lenti degli occhiali dalla montatura rossa.
Nella
vetrata che
separava gli estranei dal suo piccolo mondo v'era incisa, a caratteri
cubitali, una scritta oramai erosa dalle intemperie e dagli anni
ch'erano trascorsi impietosi; si poteva leggere, però, se ci
si
impegnava, qualcosa di simile ad "Art Gallery". Chissà
cosa vendevano lì, un tempo; forse si trattava solo di
un'esposizione, ma Grell non lo aveva mai chiesto a nessuno. L'unica
cosa che gli interessava era poter stare lì senza esser
disturbato;
giacere nel suo comodo divano mentre disegnava, nei fogli bianchi che
spesso e volentieri finivano sul pavimento, imbrattati di emozioni
fin troppo comuni per risultare affascinanti, figure astratte, petali
e steli, o volti dai tratti austeri e fieri. E naturalmente v'era un
solo colore ad animare le sue creazioni, rosso come il sangue, come
le rose che tanto adorava, o come gli occhi di una persona che un
giorno andò a fargli visita, inaspettatamente, portando con
sé le
fiamme dell'Inferno, pronte a cingere in un abbraccio bollente
l'esile corpo dell'artista incompreso.
Voglio che tu faccia una cosa per me, Grell Sutcliffe.
Quando entrò, varcando
la soglia e violando il suo intimo,
l'uomo
dai capelli corvini e la pelle diafana gli rivolse un inchino e poi
un sorriso sornione, senza nemmeno prendersi la briga di presentarsi.
Il ragazzo dalla rossa chioma l'osservò, squadrandolo,
constatando
la sua indubbia avvenenza; in verità, il suo comportamento
ben poco
cortese, quasi canzonatorio, lo infastidì, tuttavia si
sentì come
calamitato da quello sguardo vermiglio. Si alzò e gli si
avvicinò,
passandosi una mano fra le ciocche che morbide gli ricadevano sulla
schiena.
" Cosa posso fare per lei, signor... " si bloccò, portando
il dito indice alle labbra in un gesto spontaneo.
" Michaelis. Mi chiamo Sebastian Michaelis " asserì,
guardandosi attorno; certo non viveva in un ambiente elegante come
invece solitamente si confaceva a coloro ch'egli sceglieva ma,
nonostante il degrado del luogo ove dimorava, lui aveva un non so che
d'attraente, soprattutto quando se ne stava chino e assorto sui suoi
disegni. Sebastian lo aveva studiato per lungo tempo prima di
prendere la sua decisione definitiva. Di sicuro non sarebbe mai stato
meglio di colui che aveva seguito per giorni e giorni e di cui si era
cibato lentamente, gustando con voluttà ogni fibra del suo
essere
fino a svuotarlo completamente, stringendo poi fra le braccia forti
il suo acerbo corpo di bambino oramai immobile e freddo. Di certo non
lo avrebbe mai superato, ma possedeva comunque una
personalità
interessante.
" Bene, signor Michaelis. Mi dica, cosa vi ha portato a venire a
disturbarmi a quest'ora? E poi, come fate voi a conoscere il mio
nome? " gli domandò sospettoso, e nello stesso momento
accorciò
la distanza fra loro, stranamente attratto da quel corpo perfetto che
pareva chiamarlo incessantemente.
" Voglio che tu faccia una cosa per me, Grell Sutcliffe "
disse serafico, ignorando la seconda domanda; non che non avesse una
risposta pronta, beninteso, semplicemente non aveva voglia di
perdersi in chiacchiere, anche perché era certo che il tipo
che
aveva di fronte fosse decisamente loquace, forse troppo. Dunque
andò
dritto al punto, ma l'altro gli rispose con una sonora risata,
facendo spallucce.
" E cosa vi fa credere che farò quel che volete, se nemmeno
vi
degnate di darmi una spiegazione? " insistette, voltandogli poi
le spalle in un gesto di stizza.
Si sedette nuovamente sul divano, Grell, accavallando le gambe e
prendendo un foglio tra le mani, ignorando deliberatamente l'uomo che
se ne stava in piedi davanti a lui. Ok, era certo un tipo attraente,
ma non poteva comunque permettersi di rivolgersi a lui in una maniera
così scortese.
" Perché vuoi sapere come sono venuto a conoscenza del tuo
nome? In fondo, a che cosa dovrebbe servirti? Ho bisogno di te, punto
e basta " affermò l'uomo, sedendoglisi accanto con
disinvoltura, " Mi piace come disegni. Vorrei che mi ritraessi "
disse poi, regalando a colui che ora lo stava osservando con gli
occhi sgranati un sorriso che definire sublime sarebbe stato un
eufemismo.
" Ritrarvi? E per quale motivo? " indagò sospettoso, ma al
contempo voglioso di vedere per mille volte ancora quell'espressione
sul suo volto.
" Non vi sono molte persone a questo mondo, forse milioni, che
si fanno ritrarre solo per il gusto personale d'avere appeso ad un
muro della propria dimora un disegno che riproduce fedelmente le loro
fattezze? " domandò, facendo vagare lo sguardo su alcuni
lavori
attaccati alle pareti, che se non altro donavano loro un po' di
colore. Sempre rosso, ovviamente.
" Questo è vero. Ma ci sono molti pittori, a questo mondo,
specializzati in quel tipo di opere; vi sembro uno di questi? "
ribatté testardo, tracciando alcune linee irregolari col
piccolo
pennello che stringeva fra le dita affusolate della mano destra; in
pochi secondi, quella sorta di scarabocchio mutò in un vaso
molto
simile a quello che teneva sulla scrivania, colmo di rose ancora in
boccio. L'unico colore, quello che contraddistingueva la sua arte, i
suoi capelli, gli occhiali e il golf a collo alto che indossava,
sapeva rendere stranamente vive le immagini che dalla sua mente
trasferiva sui fogli e sulle tele come fosse un processo naturale,
qualcosa di estremamente semplice e scontato. Era magia o talento?
Forse nessuna delle due supposizioni era quella giusta, forse erano
solo disegni, nient'altro che creazioni incomplete d'una psiche
contorta e di una mano delicata quanto decisa. Forse Grell Sutcliffe
non era affatto l'artista che sosteneva di essere, eppure era come se
ciò che dipingeva fosse intriso d'emozioni, come se
imprimesse le
proprie sensazioni su un anonimo sfondo bianco. In altre parole, era
come se riuscisse in qualche modo a trasmettere parti della propria
anima nelle sue creazioni.
Per questo Sebastian era rimasto affascinato da quella creatura che
ora, sfacciata, lo stava sfidando.
" Assolutamente no " rispose, " Ed è proprio per
questo che ho scelto te. Ti basta come motivazione? "
A quelle parole, scrutando nei suoi occhi cremisi, Grell
sussultò ed
arrossì un poco; reagì con fare ammiccante alla
sensazione di
calore che si era improvvisamente impadronita delle sue guance, e si
mosse appena in modo da entrare in contatto diretto con il corpo del
suo interlocutore. Da una parte lo voleva, dall'altra ne era quasi
spaventato.
Beh, pensò, potrebbe essere
stimolante realizzare un vero
e proprio ritratto... e poi, se chi lo richiede è
così bello,
perché rifiutare?
Ci pensò ancora qualche minuto e poi annuì con un
cenno del capo,
abbozzando un sorriso.
" Va bene, lo farò. Spero che verrò pagato bene,
per questo
fuori programma "
Oh, ci puoi giurare, Grell Sutcliffe.
" Come mai le rose ti piacciono tanto? " domandò
Sebastian, seduto comodamente sul divano coperto di stoffa rossa.
L'artista era in piedi di fronte a lui, lo sguardo che prima si
posava sulla sua elegante figura, poi sulla tela, che si stava via
via riempiendo di linee che non somigliavano affatto all'uomo che
già
dopo poco tempo – una mezz'oretta circa – aveva
cominciato a
chiamare affettuosamente Sebas-chan, o
Sebastianuccio.
Naturalmente al diretto interessato la cosa non faceva
granché
piacere, ma finse di abituarsi; non aveva nessuna intenzione di stare
a sentire le sue tediose chiacchiere.
" Non trovi che la loro bellezza sia ineguagliabile? Mi dispiace
solo che durino così poco, qui dentro "
" Non potresti metterle fuori? Di certo ti ringrazierebbero, se
potessero parlare " ironizzò pungente il modello
improvvisato,
ricevendo in risposta una smorfia scocciata.
" Quando fai così mi verrebbe voglia di prenderti a pugni,
Sebas-chan! " esclamò, come se lo conoscesse da una vita; si
sentiva come se avesse perso la concezione del tempo, come se quella
strana ed affascinante creatura fosse lì da anni ma che lui
se ne
fosse accorto solo da pochi minuti.
C'era qualcosa di strano, di ultraterreno in quello sguardo che lo
scrutava famelico e che gli dava i brividi; immaginò che
Sebastian
appartenesse in realtà ad un altro pianeta, ma
scartò subito
l'ipotesi ridendo sotto i baffi. Che cose assurde partoriva la sua
mente, ogni tanto!
Continuò col suo ritratto, iniziando a dar forma al contorno
del
viso, leccandosi le labbra pregustando il momento in cui sarebbe
passato a disegnare gli occhi, quelli che non si staccavano da lui
neanche per un momento ora, quelli che aveva visto per la prima volta
neanche un'ora prima ma che inevitabilmente lo attraevano
più di
qualsiasi altra cosa; forse era per il loro intenso colore, o forse
perché semplicemente Grell sentiva il bisogno di farsi
cullare in un
abbraccio romantico e sensuale al tempo stesso, dopo anni di
solitudine. Sì, perché da tanto non aveva
contatti col mondo
esterno che andassero oltre ad un semplice saluto, da quando l'uomo
di cui si era innamorato se n'era andato senza alcun preavviso,
lasciandolo solo e abbandonato in un trasandato monolocale di
periferia. Abitazione che si era lasciato alle spalle per recarsi
lì,
in quel luogo che non era degno di chiamarsi casa, ma che per lui era
il più accogliente del mondo. E, ora che sul suo divano
v'era seduta
una persona di gran lunga più interessante di colui che lo
aveva
sedotto per poi fuggire, quel posto era divenuto ancor più
bello.
Disseminati negli angoli c'erano petali oramai avvizziti, uniti ad
alcuni ancora abbastanza freschi; decoravano la grande stanza e
conferivano ad essa un aspetto ancor più tetro, come un
loculo
pronto ad accogliere il corpo senza vita di un angelo caduto o di un
demone privato dei suoi poteri. Come se qualcuno si fosse
già preso
la premura d'adornare una tomba ancor prima che in essa fosse stato
sepolto il cadavere.
Sulla scrivania c'erano diversi fogli, alcuni macchiati ed altri
ancora bianchi, una scorta di pennarelli ed acquerelli rossi,
qualcosa che assomigliava ad un diario e un portafoto vuoto, pronto
ad accogliere chissà quale immagine sul suo cuore di legno
consumato
dagli anni.
Una persona normale avrebbe trovato inquietante quella vecchia
stanza, ma lui l'adorava e solo lì dentro si sentiva a casa;
lì
poteva dar sfogo alla sua arte senza che nessuno andasse a dargli
fastidio, lì poteva contemplare il proprio volto nello
specchio
appeso ad una delle pareti e sorridere alla sua stessa immagine
riflessa senza esser preso in giro. Amava guardarsi allo specchio e
pettinare i lunghi capelli mentre lo faceva, in fondo una lady deve
avere cura del proprio aspetto. Sempre e comunque.
" Come ti senti? Che cosa provi in questo momento? " chiese
a bruciapelo Sebastian, distraendolo dai pensieri che
involontariamente – forse –, in quel momento,
vertevano sui tre
bottoni della camicia bianca tolti delle asole per far sfoggio della
pelle chiara del collo invitante.
Dio, lo stava uccidendo senza neppure toccarlo.
" Provo una grande soddisfazione. Ritrarre una bellezza come la
tua non capita certo tutti giorni, Sebas-chan! " rispose lui con
enfasi, facendogli l'occhiolino.
In tutta risposta l'altro mostrò un'espressione contrariata,
addirittura quasi schifata; nonostante lo desiderasse ardentemente,
non poteva far altro che considerarlo una creatura insulsa, priva
d'eleganza alcuna, sebbene cercasse in tutti i modi di apparire
diversamente. Grell non era altro che un pasto, più
succulento degli
altri ma meno inebriante di Ciel Phantomhive.
Il disegnatore cercò di non far caso alla reazione del
modello e
cambiò repentinamente discorso, mentre con tratti morbidi
ricreava
la chioma corvina.
" Da dove vieni, Sebastianuccio? Sono curioso di saperlo... "
" Da dove vengo? Credimi, non saresti felice di venire a
conoscenza di tale realtà " tagliò corto lui,
cambiando le
carte in tavola a sua volta, " Piuttosto, dimmi... perché
usi
sempre e solo il rosso? Per le tue opere, per i vestiti, per le
rose... " chiese, anche se in verità la risposta la
conosceva
già da tempo. Uno come lui non sceglieva le vittime a caso,
ma le
sondava con minuziosità prima di agire. Semplicemente,
voleva
constatare fino a che punto il prescelto potesse spingersi con quella
sfacciataggine e quel fascino ambiguo che lo contraddistinguevano
rendendolo diverso da qualsiasi altro comune mortale.
" Il rosso è il colore della passione, mio caro Sebastian!
La
risposta è scontata, e penso che tu lo sapessi
già prima di pormi
quest'inutile domanda... o mi sbaglio? " disse ghignando,
lasciando per un attimo perdere il suo lavoro e avvicinandosi audace
al proprio ospite, " Il rosso è il colore del sangue, della
linfa vitale, di labbra imbellettate e di lenzuola di seta che
ricoprono un grazioso letto a baldacchino... " soffiò al suo
orecchio con fare sensuale.
L'altro fece per scansarlo ma Grell lo pregò
silenziosamente, con
gli occhi lucidi di lussuria e speranza, di non sfuggire al suo
abbraccio. Quando mai gli sarebbe capitata un'altra occasione del
genere? Non solo era bello, maledettamente bello, oltre a questo
sentiva che in lui c'era qualcosa di più, qualcosa che non
riusciva
a definire ma che lo rendeva l'uomo più desiderabile che
avesse mai
incontrato prima d'allora. Avvertì un pericolo ma non se ne
curò,
affondando le dita fra i capelli lucidi e morbidi.
Sebastian gli cinse la vita con le braccia e lo avvicino a
sé,
catturando le sue labbra in un avido bacio; in fondo, se era quello
il prezzo da pagare affinché lui crescesse
come desiderava,
poteva fare uno strappo alla regola. Forse non sarebbe stato neanche
troppo spiacevole, dal momento che le mani vaganti sul suo corpo
rilassato sul divano non sembravano conoscere inibizioni; niente
limiti, niente vergogna. Solo pura, semplice, lussureggiante
passione.
" Ho voglia di te, Sebastianuccio. E dire che ci conosciamo da
quanto... un'ora? " sussurrò sorridendo quando le loro
lingue
si concessero un attimo di pausa; giusto un solo attimo, una frazione
di secondo, e senza nemmeno attendere una risposta la bocca di Grell
si spostò sul collo candido, mentre lo liberava
dall'ingombro della
giacca nera che indossava.
L'uomo non disse nulla, si limitò a bearsi delle labbra
morbide
sulla propria pelle, immaginandolo come un amante capace di
soddisfare qualsiasi desiderio, anche il più osceno. Pensava
a
questo mentre egli con lascivia gli sfilava la camicia e disegnava
figure astratte sul suo petto glabro con i polpastrelli, dedicandosi
subito dopo ai pantaloni.
Lo voleva, lo bramava, troppo. Non poteva aspettare, non poteva
resistere.
Sussultò sorpreso quando Sebastian si sottrasse alle sue
carezze e
si alzò, afferrando con forza i polsi sottili. Lo travolse
col suo
impeto e lo spogliò degli abiti superflui senza incontrare
difficoltà alcuna, neanche nel togliergli gli aderenti
calzoni di
pelle nera – unico indumento di colore differente –
. Dopodiché
lo costrinse spalle alla vetrata che dava sul piccolo parcheggio e
sul lato di una casa disabitata e, nonostante le proteste di Grell
che temeva d'esser visto magari da qualche curioso, lo possedette
senza chiedere e dire nulla, perdendosi nel suo calore.
L'amante gridò più e più volte il suo
piacere, nella sua bocca e
nella quiete rotta dai sospiri. Amò intensamente come mai
aveva
amato prima e desiderò che quell'idillio non svanisse mai,
alzando
gli occhi al soffitto ornato di intricate ragnatele – cielo,
possibile che non si fosse mai accorto di una cosa del genere? Oh, ma
che cosa importava, in fondo? Ora c'era Sebastian, solo Sebastian,
niente e nessun altro –.
Bacerò le tue labbra arrossate dai morsi ancora una volta, Grell Sutcliffe, ma poi dovrai terminare quel che ti ho chiesto, perché il tempo a tua disposizione sta per scadere.
" Oh, Sebastian, è stato meraviglioso! " esclamò
Grell
soddisfatto, sistemandosi i capelli, " Non ricordo neppure da
quanto tempo non provavo un simile piace. Oh, ti prego, dimmi che lo
faremo ancora! " lo supplicò, guardandosi allo specchio e
aggiustandosi gli occhiali sul naso.
L'altro, che velocemente e con precisione si stava rivestendo,
scrollò il capo con aria severa.
" Potrebbe anche accadere, " ipotizzò, " ma prima ti
chiedo di finire quel che hai cominciato. E' molto importante per me
"
" E così scoprii che il mio caro Sebas-chan era un
narcisista... " commentò ironicamente, attendendo un
prevedibile segno di dissenso che non tardò ad arrivare.
Infatti
l'uomo scosse la testa ancora una volta, prima di insistere.
Infine Grell fu costretto a rimettersi al lavoro, se non voleva
rischiare di farlo arrabbiare sul serio; non sapeva perché,
ma aveva
la netta sensazione che da adirato potesse divenire addirittura
pericoloso. Inoltre era infinitamente più splendido, quando
sorrideva.
Dunque per un po' chiuse la bocca, riprendendo da dove si era
bloccato, seppur controvoglia. Era la prima volta che non si sentiva
realmente felice disegnando; il corpo di Sebastian era troppo vicino,
e ciò di certo non contribuiva ad incrementare la sua
concentrazione, anzi.
" Voglio che tu metta la tua anima in quel ritratto, Grell
Sutcliffe " ordinò.
Le linee si susseguirono, veloci e perfette, ed era incredibile
pensare che l'artista non potesse mai avere bisogno di cancellare;
perfezionò la chioma e poi si dedicò al volto,
alle labbra sottili
e agli occhi color cremisi. Quel viso ricreato senza un difetto e
privo di discrepanze rispetto a quello vero aveva
un'espressività
unica, e uno sguardo di sangue dal quale era praticamente impossibile
sfuggire; Grell si stava perdendo, ma non riusciva ad acquisirne la
consapevolezza. Ormai il tutto era divenuto come un processo
meccanico: bagnava il fine pennello di acquerello rosso, poi lo
posava sulla tela e lo usava finché il colore su di esso non
finiva,
guardando ogni tanto il proprio modello che ora l'osservava fisso,
con espressione seria, nell'attesa del momento fatidico. E poi
ricominciava, dando vita al suo capolavoro assoluto.
Ad un certo punto, però, si fermò.
" Ah! Che stupido, ho dimenticato una cosa fondamentale! "
disse con fare melodrammatico, e Sebastian aggrottò un
sopracciglio.
" Cioè? "
" Torno subito, tu resta qui e non ti muovere! " esclamò,
avviandosi verso la porta.
Seppur riluttante Sebastian lo lasciò andare, certo che non
avrebbe
cercato di scappare, tant'era preso da lui. Tuttavia si alzò
e andò
ad osservare il proprio ritratto, rivedendosi in quella tela; Grell
stava facendo proprio quel che lui desiderava. Si stava impegnando al
massimo per lui e solo per lui, ed era così che si sarebbe
reso
ancor più desiderabile ai suoi famelici occhi di demone.
Sì, perché
egli non era altri che una creatura infernale, un divoratore di anime
che oramai avevano smarrito la propria innocenza tra i veli del
tempo; quando Ciel Phantomhive aveva perso i suoi genitori ed era
stato umiliato e sporcato, Grell Sutcliffe aveva imparato quanto
piacevole fosse fondersi con un'altra persona, diventare una cosa
sola con qualcun altro. E, quando Ciel aveva cominciato a pensare
alla vendetta e da essa era rimasto accecato, per la prima volta
Grell aveva affondato la lama nel petto generoso di una donna
raccolta sul marciapiede.
Grell Sutcliffe era un efferato assassino, ma sapeva disegnare come
nessun altro al mondo. Usava solo il colore rosso perché era
il suo
preferito, e lo amava soprattutto sulle labbra delle creature cui
recideva la rosa, rendendo poi loro omaggio comprando un mazzo di
fiori vermigli per ognuna. Rose che appassivano dopo un solo giorno,
come le ragazze che imprigionava e lasciava morire tra atroci
sofferenze.
Grell era un pazzo, eppure sapeva amare con tutta l'anima, per questo
Sebastian lo aveva scelto.
E forse, per lo stesso motivo, l'altro uomo lo aveva abbandonato
senza dirgli nulla. Paura, disprezzo o amore incondizionato, chi lo
sa.
" Will... "
D'improvviso, il demone avvertì una sensazione che non aveva
mai
provato prima d'allora; che cosa stava succedendo lì fuori?
Perché i suoi occhi non riuscivano a vedere al di
là della parete
grigia e scrostata?
" Will... "
C'era qualcun altro con Grell, in quel momento. Lo sentiva
distintamente, ma non si trattava di una presenza umana.
Possibile che avesse perso? No, non era abituato a simili smacchi.
" William... " un sospiro, simile ad un singhiozzo, "
... che ci fai qui? "
Forse egli non era speciale come aveva pensato, o forse lo era ma non
abbastanza; probabilmente, una parte dell'anima che Sebastian
pretendeva non riusciva a dimenticare lo sguardo severo di colui che
in quel momento se ne stava immobile ad osservarlo con l'espressione
di chi si sente tradito e grida vendetta.
E fu allora che Sebastian capì, con certezza un poco
dolorosa, che
Grell non gli sarebbe mai appartenuto completamente.
Non udì urla, né gemiti, solo un inquietante
silenzio e il lento
decadere dell'entusiasmo che caratterizzava il prescelto ormai
morente; si avvicinò alla porta di vetro rigato e spesso e
lo vide,
inginocchiato davanti ad un uomo che lo guardava impietoso e
imbracciava una particolare arma che il demone riconobbe come una
falce della Morte.
Grondava sangue, l'umano, quando si voltò nella sua
direzione
rivolgendogli un ultimo sorriso; gli occhiali caddero a terra
sporcandosi col liquido cremisi che colava macchiandogli i vestiti.
Il suo cuore prese a battere più lentamente, mentre un
flebile
sospiro prendeva vita sulle labbra ancor perfette ed invitanti
imbrattate di rossetto.
" Sebas-chan... "
Solo in quel momento Sebastian si accorse che il suo corpo era ora
avvolto da un abito da donna color rosso carminio, con le maniche a
sbuffo e la gonna che arrivava quasi alle caviglie sottili; le scarpe
erano anch'esse femminili, del medesimo colore e decorate con un
fiocco di raso nero.
Povero, povero stolto, folle ed ingenuo. Solo lui poteva pensare di
onorare quel momento agghindandosi come una lady.
Il demone incontrò le iridi d'ambra dello Shinigami e questi
lo
guardò con aria di sfida, ma lui declinò
l'invito. Sarebbe stato
inutile combattere per qualcuno che non se lo meritava.
Mi hai deluso, Grell Sutcliffe; non pensavo che ti saresti lasciato abbracciare dalla Morte in persona, per quanto affascinante essa possa essere.
" Non sei nemmeno un po' pentito, William? " domandò un
uomo dai lunghi capelli, con gli occhi nascosti sotto una folta
frangia; ridacchiava sommessamente, carezzando con le dita il robusto
legno della bara che aveva preparato per la vittima del proprio
collega. Fece stridere le unghie su di essa, cercando di attirare
l'attenzione del semidio silenzioso come al solito.
" No. Se l'è meritato " rispose lui.
" Ma hai fatto una cosa vietata, te ne rendi conto? Non è
quello che tu stesso vieti di fare ai tuoi sottoposti? " lo
punzecchiò, addentando un biscotto.
William T. Spears non proferì parola, si limitò
ad osservare la
staticità della stanza ove Grell aveva costruito il suo
mondo:
l'ultimo ritratto era ancora lì, Sebastian lo aveva
abbandonato sul
divano polveroso. Alcuni disegni che erano stati appesi al muro si
erano staccati, ed ora giacevano sul pavimento consumato.
Anche sulla scrivania v'era uno strato di polvere di qualche
millimetro, e il portafoto pareva ancora più vuoto.
Sulla sedia rattoppata riposava una figura priva di consistenza, che
cercava invano di accarezzare dolcemente i petali di rosa ormai
avvizziti, nel disperato tentativo di render loro l'antico splendore.
" Dove sei, Sebas-chan? " disse, " Il tuo ritratto è
pronto, dove te ne sei andato? "
Undertaker rise, conscio che l'anima inquieta non lo avrebbe udito.
" Non dovresti porre fine alle sue sofferenze? " chiese
all'uomo che gli stava accanto, e che soddisfatto ma apparentemente
un po' addolorato lo stava osservando.
Ancora un volta tacque, monitorando il suo dolore.
Non seppe spiegarselo, ma pensò che fosse diventato ancor
più
bello, anche se il sentir pronunciare quel nome lo infastidiva non
poco.
" Perché sei scomparso, Sebas-chan? "
L'anima si mosse, camminando senza far rumore. Neanche la stoffa
dell'elegante vestito frusciava più, ormai.
" Lo sapevo, dovevo immaginarlo che sarebbe finita così "
Si strinse nelle spalle, sebbene oramai il freddo non potesse
più
scalfirlo.
" Anche tu, Sebastianuccio... come tutte le più belle cose,
sei
vissuto solo un giorno, come le rose "
Addio, Grell Sutcliffe.
Un'anima in pena,
una tela di rosso macchiata e un mazzo di rose.
Ritratto eterno ed indelebile.
Fine ~