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Autore: xXxBlackRosexXx    11/05/2010    2 recensioni
Cosa accadde a Sherry Birkin dopo l'incidente di Raccoon City?
Genere: Romantico, Triste, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albert Wesker, Altro Personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il mio nome è Sherry Birkin, ho dieci anni e sono una degli orfani sopravvissuti all'inferno di Raccoon City; nel quale, i miei genitori persero la vita. A salvarmi furono Leon e Claire, ma dopo che riuscimmo a scappare la polizia mi prese con se, perché non ero legalmente la loro figlia adottiva. Così i poliziotti mi portarono assieme ad altri bambini orfani di Raccoon City in un orfanotrofio di una città lì vicino. Dopo un anno passato lì con loro, tutti i bambini riuscirono (bene o male) a superare le varie paure che gli avevano provocato i mostri e diventare così “adottabili”. Io ero l'unica eccezione. Provarono comunque a farmi adottare, tre volte perfino! Ma niente, gli incubi mi perseguitavano e diventavo incontrollabile. Avevo perfino delle crisi di pianto per cui potevo piangere anche due giorni di fila. Per non parlare delle grida in piena notte. Le mie nuove famiglie duravano veramente poco e in meno di un mese ero di nuovo tra le fredde mura del mio dormitorio. Non socializzavo con gli altri, ne gli altri volevano socializzare con me. Molti bambini inventarono strane storie per cui anche io ero un mostro e che ben presto gli avrei divorati tutti. Ormai non avevo più niente a cui aggrapparmi nei momenti difficili, perfino aprire il ciondolo con la foto dei miei genitori mi faceva paura. Quelle poche volte che lo facevo, guardavo prima il viso sereno e dolce della mamma, mi ricordavo tutto di lei in quel momento: la sua voce, il suo profumo... Poi guardavo papà, ma non lo vedevo, tutto quello che vedevo era solo il mostro abominevole che era diventato, quel mostro assetato del mio sangue che ho sempre detestato e lo richiudevo con un misto di odio e paura. In pratica le mie giornate le trascorrevo in disparte a leggere le lettere che Claire mi scriveva e che ogni volta si scusava di non potermi venire a trovare o a prendere a causa del suo nuovo “hobby” di distruggere l'Umbrella prima che si crei un nuovo disastro come quello di Raccoon City. Oppure guardavo fuori dalla finestra come se sperassi che qualcuno mi salvasse da questa topaia. Poi un giorno, ebbi un altro incubo, sta volta ero nel dormitorio dell'orfanotrofio e mi ero appena svegliata dopo aver sentito le grida delle mie compagne. Guardai istintivamente ai piedi del letto e lì vidi mio padre che mi fissava, aveva i camice da laboratorio sporco del sangue delle mie compagnie e non distoglieva lo sguardo rosso fuoco dai miei occhi. Mi svegliai di soprassalto ansimante e guardai subito ai piedi del letto dove non avrei dovuto trovare nessuno, invece... Con la poca luce lunare che filtrava dalla finestra riuscì a distinguere la sagoma di un uomo alto, biondo, vestito di nero, con un paio di occhiali scuri. Quando gli abbassò lentamente per potermi vedere meglio, rivelò un paio di occhi scarlatti come quelli di mio padre. Senza pensarci gridai con tutta la voce che avevo in corpo, ma neanche il tempo che l'infermiera entrasse e accendesse la luce, che la strana figura era già scomparsa. Dopo che raccontai tutto quello che avevo visto sulla figura nera, iniziarono a circolare nuove voci su di me. Cose tipo che la morte era venuta a prendermi e cose così... Le nuove dicerie, le prese in giro, gli scherzi, mi fecero stare peggio di come già stavo. Tanto che mi ammalai. Avevo la febbre altissima e perciò mi misero a dormire in infermeria. Era una notte buia e tempestosa quando mi svegliai per una corrente d'aria che mi gelava fin dentro le ossa. Notai subito che la finestra era aperta, ma non c'era nessuno lì con me. Controllando sul comodino nel tentativo di accendere la luce trovai un biglietto con scritto “VIENI”. Un tuono squarciò il silenzio e io guardai immediatamente alla finestra dove trovai di nuovo la sagoma scura in mezzo al giardino, illuminata dalla luce dei fulmini, che attendeva qualcuno. Si trattava davvero di me? Non me ne importava più niente, avrei seguito anche il diavolo pur di scappare da qui. Controllai di avere con me il ciondolo, l'unica cosa di valore che avevo e raggiunsi in fretta quell'uomo misterioso. Mi fermai a tre metri da lui, mi guardava dall'alto, aveva un che di angelico e sinistro allo stesso tempo. La febbre si faceva sentire, in iniziai ad avere i brividi e la testa mi girava riuscì a dire -Ti prego portami via, ti pre...-. Persi l'equilibrio ma lui con un gesto rapidissimo mi afferrò tra le sue braccia. Gli occhiali gli erano caduti in avanti liberando di nuovo i suoi occhi. E lì fra il tepore del suo abbraccio e la luce dei suoi occhi, mi addormentai sperando di essere finalmente al sicuro dal mio dolore.
  
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