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Autore: Bloodred Ridin Hood    13/05/2010    5 recensioni
Tutto quello che successe dall'arrivo di Xiaoyu in Giappone, sino al Terzo Torneo di Tekken.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heihachi Mishima, Hwoarang, Jin Kazama, Ling Xiaoyu
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Il vento soffiava forte quella mattina, sollevando spuma marina che andava ad infrangersi contro le pareti del traghetto.

Il cielo era scuro e minaccioso. Sul ponte dell’imbarcazione c’era solo un ragazzo sui vent’anni, che incurante del tempaccio se ne restava immobile con le mani salde alla ringhiera ad osservare l’isola all’orizzonte che diventava sempre più visibile.

Yakushima è un’isola circolare situata a sud del Giappone. I suoi abitanti non raggiungono i 15.000. È un posto ideale per vivere se ti piace la natura e la tranquillità… o semplicemente se hai bisogno di nasconderti per qualche motivo.

Quando il traghetto attraccò al porto cominciò a scendere una pioggerellina fitta e fastidiosa.

Il ragazzo portò la chiusura del cappotto fin sopra le labbra e cominciò a farsi strada nella strada semi deserta che conduceva al centro del paese.

Non era cambiato molto in quegli anni, se non per il fatto che vedesse tutto da una prospettiva più alta. Tutto sembrava essersi rimpicciolito.

La pioggia si fece più forte, il ragazzo accelerò il suo passo ed entrò in un locale all’angolo della strada che portava alla piazza principale.

Trovò piacevole l’odore di caffè e il dolce tepore di quel locale e si sistemò in un tavolino silenzioso, lontano dal brio e i discorsi allegri di prima mattina degli altri clienti che facevano colazione.

Trovò sul tavolino accanto un quotidiano del giorno prima.

Lesse in prima pagina a grossi caratteri l’annuncio del terzo torneo del Pugno d’Acciaio. Allungò la mano e trasferì il giornale sul proprio tavolo, lo spiegò e cominciò a sfogliare le pagine per andare a cercare l’articolo intero.

- Buongiorno, cosa desidera? –

Il ragazzo sollevò lo sguardo e incontro quello di una giovane barista, che lo guardava dall’alto.

- Oh mio Dio! – disse lei sgranando gli occhi – Jin! –

Lui, per tutta risposta, mostrò un timido sorriso.

La ragazza prese posto sulla sedia di fronte a lui.

- Prendo solo un caffè. – disse piano Jin schiarendosi la voce – Possibilmente molto forte. –

La ragazza continuava a guardarlo come se fosse un fantasma.

- Che fine avevi fatto Jin? – volle sapere serissima – Insomma, quel tremendo incidente, tu che sei sparito, mai una notizia… ci avevano detto che eri partito a Tokyo, ma… molti di noi pensavano che fossi morto! Perché sei sparito in questo modo? –

Lui emise un lungo respiro.

- Faccende personali. – rispose sintetico – Ho avuto i miei motivi. -

La ragazza fece per parlare, aprì la bocca, ma poi sembrò ripensarci e la chiuse.

- Capisco la vostra confusione, comunque. – riprese poi Jin – E mi dispiace, sul serio. –

La ragazza si rialzò e annuì guardandolo un po’ confusa e un po’ delusa, forse.

- Faccende personali, certo. Ti porto il caffè. – disse prima di voltare le spalle e tornare dietro il bancone.

Jin la seguì con gli occhi per qualche secondo, prima di rimedicarsi alla lettura del giornale.

La seccatura di vivere in un posto piccolo è che tutti sanno tutto di tutti, e Jin questo l’aveva sempre detestato. Soprattutto quelli del tuo anno, essendo tuoi eterni compagni di classe.

L’articolo non diceva molto, almeno niente che lui non sapesse già. Le iscrizioni erano già aperte, il torneo si sarebbe svolto a partire dal mese di marzo e veniva ricordato a fine articolo che il campione in carica era niente meno che Heaichi Mishima in persona.

- Quand’è che sei tornato, comunque? –

Jin alzò la testa, piegando il giornale e spostandolo al bordo del tavolo.

La barista gli aveva portato il caffè come richiesto.

- Sono appena arrivato, un quarto d’ora fa. – spiegò.

La ragazza lo guardò e notò che con se non aveva alcuna traccia di borse o bagagli.

- E quanto hai intenzione di rimanere? –

- Il giusto necessario. – rispose schietto cominciando a sorseggiare la bevanda calda – Sono qui perché ho bisogno di ritirare una cosa che mi appartiene. –

La ragazza rimase in silenzio. Non riusciva a credere che quello che aveva davanti fosse lo stesso ragazzo felice e sorridente che conosceva fino a qualche anno prima.

Ora notava una freddezza insolita e uno sguardo fin troppo spento nei suoi occhi.

Lei si sforzò di sorridere.

- Jin, qui sarai sempre il benvenuto, se mai un giorno volessi tornare. –

Jin sorrise a sua volta, un sorriso un po’ forzato, certo… ma pur sempre un sorriso.

Lasciò il locale venti minuti più tardi. A quell’ora la banca doveva già essere aperta, ed era quello che gli interessava. Non gli andava di rimanere un minuto di più in quel posto.

Era troppo intriso di vecchi ricordi. Dolorosi.

Entrò nella piccola banca del paese. Fortunatamente non c’era ancora nessuno o quasi.

Si diresse verso uno sportello.

L’impiegato si voltò verso di lui.

- Buongiorno, mi dica. –

Jin estrasse alcuni documenti dalla tasca e li presentò all’uomo al di là del vetro.

- Devo ritirare una cosa. –

L’uomo prese i documenti e cominciò a leggere. Digitò qualcosa nel computer, poi tornò a spostare lo sguardo su di Jin.

- Due minuti. –

Jin restò ad aspettare.

Tra poco avrebbe conosciuto finalmente la verità.

Un pensiero continuava a tormentarlo, da quando Hwoarang ne aveva parlato.

I due si scontrarono di nuovo. Il figlio era diventato molto più forte, possedeva una forza sovraumana, qualcosa di mai visto.

Da quando l’aveva sentita, non era più riuscito a togliersi quella frase dalla mente. Doveva scoprire, doveva sapere.

Qual era quella verità riguardo a suo padre che nessuno gli aveva mai voluto rivelare?

 

 

- Jin, ho bisogno di parlarti. –

Jin era sdraiato sul letto, aveva un libro che gli copriva il volto. Lo sollevò un pochino per osservare la madre.

Non si parlavano dal giorno prima, quando avevano avuto una brutta discussione. L’ennesima di quel periodo, e l’argomento era sempre lo stesso.

Lui non disse niente, fece soltanto un piccolo movimento con la mano per incitarla a cominciare a parlare.

Jun entrò nella stanza e si sedette con grazia nella sedia davanti alla scrivania.

- Ho pensato a quello che mi hai detto ieri. – cominciò.

Jin si mise a sedere, chiudendo il libro e riponendolo a fianco a sé.

- E… come ti ho già detto ieri, io ti capisco. È normale che tu voglia sapere di tuo padre e tutto quanto, ma… – continuò.

Jin sollevò gli occhi al soffitto, per un attimo aveva creduto che avesse finalmente cambiato idea.

- Sì, mamma lo so. Ma a te non piace parlarne. – tagliò corto il ragazzo – L’ho capito, ma non sono un bambino! Voglio sapere con precisione cosa è che è successo, che fine ha fatto e anche… sì, perché no? Il maledettissimo motivo per cui non ti piace doverne parlare. Torniamo sempre allo stesso discorso, se hai solo intenzione di dare l’ennesima giustificazione, sappi che è inutile. – terminò freddamente.

Jun incrociò le braccia sul petto.

- Fammi finire, per favore. – disse infastidita.

Jin sollevò le spalle con sguardo diffidente.

- Ho deciso che è un tuo diritto sapere. – confessò Jun.

Il figlio rimase letteralmente a bocca aperta.

- Ma finché sarai sotto la mia custodia sono io a doverti indirizzare verso ciò che è più giusto per te. – spiegò – Adesso sei troppo piccolo, anche se tu non la pensi allo stesso modo. Hai bisogno ancora di crescere, di maturare, di diventare forte abbastanza per accettare la cosa. –

Jin non riusciva a credere alle sue orecchie. Che mai poteva essere di così “spaventoso”?

Si sentiva arrabbiato, deluso e preso in giro.

- Quindi ho deciso di fare così… - riprese la madre – Per ora continuerai a non sapere niente di più. Quando sarai maggiorenne, se tu vorrai, e sottolineo Jin, solo se ritieni che sia necessario sapere, allora ci sarà una lettera per te custodita in banca. –

Tolse fuori dalla tasca un foglio bianco ripiegato e lo appoggiò sulla scrivania.

- In questo foglio ci sono spiegate le istruzioni. Ho fatto tutto stamattina. –

Al ragazzo la situazione sembrava sempre più incredibile.

- Ricordati Jin, io preferirei che tu non leggessi mai il contenuto di quella lettera e credimi se ti dico che potresti avere una vita molto più felice e tranquilla senza aver bisogno di conoscere tutto. –

Jin si portò le mani davanti alla bocca e se le passò sul viso, cercando di fare chiarezza nella mente.

- Ma perché questa farsa della lettera? – chiese – Non puoi direttamente dirmelo tu quando sarà il momento? –

Jun distolse lo sguardo.

- Questo è un metodo molto più sicuro. – disse solamente.

Poi riprese il foglio e lo agitò qualche istante in aria, prima di riappoggiarlo sulla scrivania.

- Spero che almeno questo riuscirai a non perderlo in mezzo a questo disordine. – ironizzò guardandosi attorno – Niente foglio, niente lettera. Queste sono le regole. – disse prima di uscire dalla stanza.

Certo non potevano sapere che quella sarebbe stata l’ultima loro conversazione.

 

 

Da quel giorno custodiva quel piccolo apparentemente insignificante foglio come se fosse il tesoro più grande che avesse.

Per fortuna aveva avuto il tempo di prelevarlo prima di fuggire da casa di Heiachi e adesso, di lì a poco avrebbe saputo finalmente la verità.

L’uomo della banca si riavvicinò con una busta sigillata in mano.

Diede alcune carte da firmare a Jin e finalmente gli consegnò la tanto bramata busta. Se la mise dentro la tasca del cappotto e lasciò la banca.

Continuava a piovere e lui aveva urgente bisogno di leggere quella lettera in un luogo discreto e lontano dalla gente.

Senza pensarci si ritrovò ad entrare nella piccola chiesa cristiana della città.

Si accomodò in una panca e con le dita che traboccavano di emozione prese la fatidica busta, la aprì e ne estrasse la lettera. Cominciò quindi a leggere.

 

 

***

 

 

Credo che fossero da poco passate le due di notte quando decisi di alzarmi.

Riuscivo ad individuare le sagome di Julia e Hwoarang nei loro sacchi a pelo a pochi metri di distanza, immersi nel buio.

Non li vedevo muoversi da un pezzo, probabilmente erano già addormentati.

Avevamo deciso di mangiare qualcosa nel vecchio soggiorno, seduti attorno ad una lampada da campeggio che fungeva da unica fonte luminosa.

La corrente nella casa era stata scollegata da qualche mese.

Alla fine, dopo l’esigua e tesa cena, ci eravamo sistemati nei sacchi a pelo per passare la notte.

Non avevamo parlato di cosa avremo fatto la mattina seguente, avevamo continuato ad evitare l’argomento.

Io non ero riuscita a dormire, come avevo previsto. La mia mente continuava a correre a perdifiato fra milioni di pensieri, ricordi e preoccupazioni.

Non riuscivo a liberarmene.

Dove poteva aver messo quel maledetto diario?

Che se ne fosse sbarazzato? Pensando che fossero niente più di incomprensibili appunti di archeologia?

O forse era tra le cose che erano state portate via dai vari parenti dopo la sua morte.

Scossi la testa per allontanare quel pensiero.

Wang non l’avrebbe mai permesso.

Ed ero certa che sapeva che quegli appunti erano qualcosa di importante e speciale.

Era normale che non riuscissimo a trovarlo, sicuramente non era stato lasciato in un posto facile da trovare.

Sì, ma forse lui non si aspettava di morire.

Questo pensiero mi fece rabbrividire.

Strinsi le palpebre e cercai di interrompere quei pensieri, mi facevano solo stare peggio e non portavano a niente di buono.

Decisi che fare due passi avrebbe potuto aiutarmi, o comunque sarebbe stato sempre meglio che stare immobile sdraiata su un pavimento a tormentarsi, per come la vedevo in quel momento.

Mi sollevai molto lentamente e riuscii ad uscire dal sacco a pelo senza fare troppo rumore.

All’interno della casa c’era freddo e umidità, fortunatamente avevo con me una felpa che mi impediva di congelarmi.

Dalle finestre filtrava un debolissimo fascio luminoso proveniente dalla luna piena, che mi permetteva di scorgere al minimo le cose attorno a me.

Mi avvicinai in punta di piedi agli zaini, dove avevamo lasciato un paio di torce.

Ne presi una e mi diressi verso la porta, tornando nel corridoio.

La accesi, lasciando che il cerchio di luce toccasse il pavimento.

Sollevai lo sguardo e mi accorsi di essere davanti alla stanza degli ospiti, quella in cui spesso restavo a dormire, quando gli allenamenti finivano troppo tardi.

Sorrisi teneramente ed entrai.

Era rimasto davvero poco, ma c’era una libreria in fondo alla camera. Mi avvicinai e feci scorrere la luce sui libri.

Trovai quello che stavo cercando.

Il mio vecchio album di fotografie.

Lo presi fra le mani e lo soffiai per togliere la sporcizia.

Una nuvola di polvere si sollevò e dovetti davvero fare uno sforzo immane per non tossire.

Mi sedetti a terra e cominciai a sfogliarlo.

Quell’album racchiudeva praticamente istanti sparsi di tutta la mia vita. Dai primissimi mesi, fino alle foto con i compagni di liceo fino a quell’anno.

Rappresentava una pagina della mia esistenza che era finita per sempre.

Mentre osservavo nostalgicamente le immagini, la mia attenzione venne catturata da una foto in particolare.

Era il mio settimo compleanno, sorridevo felice all’obiettivo della macchina fotografica e avevo fra le mie mani il regalo di mio nonno.

Un piccolo carillon argentato.

Quante volte avevo ascoltato quella melodia, quanto mi piaceva!

Poi mi ricordai.

Quel carillon doveva essere in quella stessa stanza, se ricordavo bene.

Alzai la torcia illuminando anche i piani alti dello scaffale della libreria, e lo vidi.

Mi misi in piedi e sollevandomi sulle punte fui in grado di raggiungerlo con le dita e prenderlo.

Passai un dito sul cofanetto riconoscendone i decori e ricordandomi quanto mi piacesse da piccola.

Avevo sempre pensato che assomigliasse ad uno di quegli oggetti delle principesse.

Provai ad aprirlo un secondo, per accertarmi che fosse scarico e che non partisse la musichetta, che avrebbe potuto svegliare gli altri.

Fortunatamente era scarico e rimase silenzioso, così potei aprirlo del tutto.

Come lo aprii però qualcosa cadde a terra producendo un rumore metallico.

Mi feci luce sul pavimento con la torcia per capire cosa fosse caduto e notai una piccola chiave di ottone.

La presi fra le mani e la studiai.

Era una chiave che conoscevo, questo era certo. Cercai di fare memoria e provai a ricordarmi perchè mai fosse dentro al carrilon.

 

 

- Nonno, l’altro giorno mi hai detto che a volte bisogna avere il coraggio di buttarsi anche in una situazione che sembra disperata… seguendo un’idea disperata… ma poi come fai se poi non vedi nessuna via d’uscita davanti a te? – chiese Xiaoyu guardando disperata il foglio del quaderno di matematica sotto il suo naso.

Il nonno, intento a seguire con interesse il documentario sulle balene azzurre, fece trasparire un piccolo sorriso.

- Sapevo che me l’avresti chiesto. –

- Beh, sai… - cominciò Xiaoyu – In questi giorni mi è capitato di pensarci un po’. –

- La vita è come… mm un labirinto. – pensò Wang.

Xiaoyu annuì sbuffando.

- Terribilmente difficile. –

Wang rise.

- Non vederla da quel punto di vista. – le consigliò – La vita è come un labirinto non perché sia difficile come uscire da un labirinto… ma perché spesso arrivi in certe situazioni che ti mettono come un muro davanti. –

Xiaoyu ascoltava interessata.

- Tu che sei appassionata di parchi dei divertimenti… cosa faresti se ti trovassi davanti ad un vicolo cieco in un labirinto? –

La ragazzina si lasciò sfuggire una smorfia.

- Nonno, i labirinti sono giochi antichi e superati! Nonché troppo inquietanti! Nel mio Dreamland non ce ne saranno, questo è certo! – rise – Comunque… se mi trovassi davanti ad un vicolo cieco… credo che tornerei indietro. –

- Esatto. – rispose Wang adesso voltandosi verso la nipote – È molto importante a volte tornare sui propri passi e capire dove abbiamo sbagliato. Cosa abbiamo dimenticato. E riprovare, prendere una strada diversa e vedere cosa sarebbe successo. –

Xiaoyu riabbassò lo sguardo sui compiti.

- Sì, ma non mi è molto utile in questa situazione. – borbottò.

- Forse adesso ti sembreranno cose troppo astratte, ma un giorno capirai. – disse Wang alzandosi e andando a colpire il televisore con una mano. – Questo coso dev’essersi impallato di nuovo. –

Xiaoyu prese il telecomando, lo provò e sospirò.

- No, nonno. È solo che si sono scaricate di nuovo le batterie del telecomando. – spiegò – E comunque, quando è che ti deciderai a prenderti una tv nuova? Sai, le fanno a colori adesso… -

Xiaoyu rise con ironia.

- Perché spendere tanto per una televisione che ti toglie anche il gusto dell’immaginazione? – rispose con una domanda il vecchio, che per spegnere la televisione staccò la presa dalla corrente elettrica.

- Quando hai finito i compiti vieni, voglio mostrarti una cosa. – disse Wang prima di lasciare la stanza.

Xiaoyu fece scivolare la matita appuntita sul foglio, come cadde disegnò un grosso punto nel centro della pagina. Xiaoyu lo completò trasformandolo in un enorme punto interrogativo, poi sconfitta lasciò cadere la fronte sul quaderno.

- Facciamo finta che li ho finiti, oggi ho da fare e non voglio tornare tardi a casa. – disse prima di alzarsi e andare a cercare il nonno – Cosa devi farmi vedere? –

Wang era tornato con un bauletto di legno fra le mani.

- Cosa è? – chiese la nipotina curiosa.

Il vecchio non rispose subito. Lo aprì e tolse fuori una pergamena, che porse a Xiaoyu.

La ragazza la prese fra le mani e la srotolò. Era vuota, non c’era scritto niente.

- Ora voglio farti un esempio di quello di cui parlavo prima. – spiegò il vecchio – Potresti scrivere su quel foglio qualcosa che ti rende felice, un desiderio… –

Xiaoyu lo guardò confusa.

- Avanti. – la incitò il nonno. – O anche qualcosa che ti rappresenta in questo momento, ma che sei pronta a lasciare in un bauletto, come un segnalibro di questo momento. –

Quello era uno dei tanti momenti in cui la ragazzina si ritrovava a pensare che suo nonno fosse un po’ matto.

- Un giorno potresti aver bisogno di riguardare indietro, affacciarti nel passato… - continuò Wang con uno sguardo più serio – Non prometto niente, ma come dicevo prima… potrebbe essere utile tornare sui propri passi. –

Xiaoyu prese la matita e scrisse a caratteri occidentali il suo pensiero ricorrente in quel periodo: Dreamland.

- Ok. Ecco fatto. – disse per accontentare l’ennesima stravaganza di Wang – Adesso? –

Wang sorrise, prese la pergamena e la richiuse dentro il bauletto.

- Anche io ho messo dentro qualcosa. – spiegò Wang – Qualcosa che per ora non mi serve più, ma un giorno potrei cambiare idea. -

Xiaoyu non era riuscita a vedere il contenuto del bauletto.

- Un giorno riaprire questo bauletto e rivedere cosa abbiamo lasciato in questo periodo potrebbe aiutarci nel presente… - poi Wang sorrise – Magari solo per ricordarci quanto siamo diventati più saggi nel mentre. Potrebbe aiutarci a riflettere. –

Xiaoyu continuava ad essere dubbiosa, ma come sempre continuava ad assecondarlo in quelle stranezze.

- D’accordo. – fece distrattamente – E quindi? –

Il vecchio sorrise di nuovo.

- Perché non fai un buco in giardino? Sarebbe un buon riscaldamento, prima di cominciare la lezione di oggi. – propose prima di dirigersi verso la sedia a dondolo della veranda.

 

 

Uscii dalla casa colta da un’agitazione improvvisa.

Certo, come potevo non averci pensato prima?

Fra tutte le stranezze di mio nonno avevo dimenticato proprio quella che poteva salvare la situazione.

Che fosse davvero il diario la cosa che aveva deciso di farmi seppellire in giardino?

Andai nel retro, dove c’era il capanno degli attrezzi da giardino.

Sempre con la mia fedele torcia mi feci luce al suo interno e trovai la pala che cercavo.

Non mi andava di aspettare fino al giorno dopo. Dovevo sapere subito la verità.

Tornai di fronte alla casa. Ricordavo perfettamente dove avevo nascosto il bauletto.

Raggiunsi l’albero più alto, feci dieci passi in direzione opposta alla casa e lo trovai. Il sasso che avevo lasciato in corrispondenza del “tesoro”.

Cominciai a scavare.

 

 

 

 

 

Julia e Hwoarang si svegliarono la mattina presto.

Io ero davanti a loro che aspettavo quel momento da ore con trepidazione.

Gli sorrisi appena mi guardarono e agitai il diario davanti a loro.

- L’ho trovato. – squittii piena di gioia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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