Il giardino di
ghiaccio.
hana
wa sakuragi, hito wa bushi
(tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il
guerriero)
Vesti fruscianti e pregiate scivolavano morbide ed
eleganti, come acqua fra le rocce. Levitando, con passo furtivo e vellutato,
figure longilinee ed eteree si aggiravano come spettri in pieno giorno.
Morbide, danzando nel loro avanzare senza meta, un
corteo di ninfe si aggirava fra i
ciliegi in fiore, calpestando l’erba verde accanto al laghetto, ricoperto di
ninfee non ancora schiuse e circondato da azalee colorate. Sotto le larghe
foglie galleggianti, i koi si
nascondevano spauriti, quasi percependo l’aura ancestrale di quelle figure. Non
un suono né ticchettio di alcun passo quando calpestarono il ponticello in
smalto rosso per giungere dall’altra parte, dove i pruni attendevano mostrando
gli ume sbocciati. In quel silenzio innaturale una delle dame del seguito schiuse le labbra dipinte.
“Il vostro giardino è meraviglioso, Hime-sama.” Una
voce posata, controllata. Non c’erano né entusiasmo né falsità, solo semplice
esposizione di un dato di fatto. Impersonale e distaccato il suo modo di porsi,
mentre nessuna rallentava il passo o si scomponeva. La principessa che guidava
l’elegante sfilata non si volse, ma si limitò a mugugnare, quasi in segno di
gradimento. Dalle guance pallide, fintamente candide per l’uso dell’oshiroi e
le labbra carnose e cianotiche per l’uso di colori insoliti sulle labbra,
appariva bella, una bellezza che non apparteneva alla mortalità di quel
giardino. “Non vi è stelo fuori posto.” Costatò un’altra donna, elegantemente
acconciata con kanzashi adatti al
mese, come le altre. L’unica dai
capelli sciolti ed argentei che venivano risaltati dal modo unico con cui
liberamente si abbandonavano sulla schiena ritta ed esile di questa, inspirò
prima di bisbigliare una risposta impercettibile. “La fioritura di questa
primavera è stupenda.” Continuò la terza dama di compagnia, sempre col medesimo
distacco delle altre. L’Hime fermò la marcia, giunta all’ombra dei sakura più belli e vecchi del giardino.
S’inginocchiò con fare vellutato seguita più pesantemente dalle altre. Il
tessuto lavanda, esternamente, era in armonia con il paesaggio che la
contornava, diversamente dal blu interno del tessuto che contrastava con i
colori caldi della primavera e il giallo del soprabito che indossava. L’abito
era pesante, fatto da molteplici strati che stabilivano i ranghi ed il
prestigio delle donne, eppure la somma Signora era leggiadra come uno di quei
petali di ciliegio, che a volte cadevano su di loro per la forza del vento.
Nessuna delle dame, molto più alleggerite nei loro nyōbō shōzoku, poteva competere con la sua
innata leggiadria. Parevano goffe in sua vicinanza, nonostante il perfetto
portamento nobiliare.
“Il vostro
sommo consorte non viene a godersi la fioritura?” domandò quella più in
confidenza con la padrona. Per la prima volta la principessa incrociò lo
sguardo con una di quelle donne. Era indecifrabile ma inquietante.
“A Inu no Taisho i fiori non
interessano, se non per le analogie con la spada.” una voce giovane, ma già
saggia. “Il fiore per eccellenza è il ciliegio, l’uomo per
eccellenza è il guerriero. Citerebbe
di certo uno di questi haiku ningen.”
Aveva aperto il palmo, rivolgendolo verso l’alto lentamente, mentre lo
recitava. Un petalo cadde, posandosi delicato sulla pelle liscia. “Non capisco
cosa trovi di affascinante in esseri che cadono con la stessa facilità di
questi petali” chiese, guardandolo e facendolo ricadere con una semplice
rotazione del polso.
“Il
nostro Signore è di certo curioso per natura, ma è ancora giovane.” mormorò la
dama alla sua destra che assieme alla Hime aveva seguito la caduta di quel
petalo.
“Vedrete
che quando sarà padre, smetterà di perdersi in simili discorsi fanciulleschi.”
sentenziò la più in là con gli anni con tono convinto.
La
principessa si toccò il ventre non più piatto e ben presto più gonfio.
Un
figlio avrebbe davvero cambiato tutto?
***
Sotto un acero, a contemplare le stelle rosse in
bilico su quei rami ormai stanchi, un guerriero giaceva.
Era tornato in fretta, nonostante la battaglia
appena terminata. Sfinito si era abbandonato a quel tronco isolato, sotto la
sua ombra, per riprendere un po’ di forze. Da quel lato isolato del giardino,
di cui personalmente la sua sposa si occupava, dando direttive e notando le
imperfezioni, fu obbligato ad ammirarne la bellezza. Le foglie cadevano, come
in autunno accadeva sempre e tutto si preparava all’inverno. Tutto moriva per
rifiorire …
In quel giorno di declino per la natura, il pianto
di un cucciolo gli giunse alle sensibili orecchie. Prepotentemente, una vita
era sbocciata in una stagione che non lo ammetteva.
Un altro vero youkai che come lui sfuggiva alle
leggi naturali del tempo: suo figlio.
“Non vi è stagione per noi youkai.”
***
“Mi manda a chiamare?”
L’Hime era
sorpresa, ma in ginocchio, davanti all’elegante specchio in cui era solita
dipingersi, era brava a mascherare la sorpresa. Scorse il riflesso dell’eunuco
alle sue spalle.
“Sì, Hime-sama.
Il sommo principe vi vuole nelle sue stanze e ha chiesto portiate anche il
principe Sesshomaru.”
Piegò il kanzashi che stringeva con forza fra le
mani senza accorgersene. Era da molto che il suo sposo non la chiamava nelle
sue stanze per svolgere il suo compito di moglie e la cosa l’avviliva. Le poche
volte che s’incontravano erano rare e prevedevano la costante presenza del loro
unigenito. La corte parlava e bisbigliava alle sue spalle e l’unico modo che
aveva di celare il suo desiderio di zittirli era nascondere la bocca dietro un
elegante ventaglio. Aveva sperato che quella sera … Nulla.
“Ditegli che
io e mio figlio saremo presto da
lui.”
***
Era bellissima
come sempre, quando si presentava ai suoi occhi. Perfetta in grazia, portamento
ed eleganza. Non una ruga le si era posata sulle guance perfette, che erano
rimaste identiche al primo giorno in cui le vide. Neppure la gravidanza l’aveva
cambiata, salvo per il fagotto sazio e addormentato che stringeva fra le
braccia. Lui le assomigliava molto, molto più che a lui, ma non gli importava.
Era un maschio, un degno erede per il casato dell’Ovest. Il suo dovere, sua
moglie l’aveva assolto.
“Ci avete
fatto chiamare, mio Signore?” rispose fredda. Erano arrivati molto tardi
rispetto le previsioni, ma lei voleva presentarsi impeccabile. Voleva la
desiderasse di nuovo.
“Siamo soli.
Basta etichetta.” imperò serio. La conosceva abbastanza da distinguere il suo
formalismo dal suo distacco.
“Che
confidenza inaspettata.” ghignò lei, posando il piccolo principe sul letto del
consorte.
“Non trattarmi
come un estraneo!” la guardò sbieco.
“Non sono io
che non voglio fare la tua sposa.” lo fulminò lei.
Lui le si
avvicinò a passo docile. “Mi conosci abbastanza da comprendere.” la guardò in
cerca di comprensione, sospirando.
“Anche tu.”
gli sfiorò la guancia marchiata, nei suoi occhi si leggeva finalmente una
tristezza che appariva cristallina.
“Io non amo
questo ruolo, né ciò che questo ha comportato. Non avrei voluto soffrissi.”
Lei non
rispose. Non trovava parole con cui potesse esprimere ciò che da molto le
premeva sul cuore. Si spinse verso di lui.
Un bacio. Gli
rubò un bacio senza permesso. Come se risvegliati, entrambi ricordarono le
numerose notti costretti a passare
insieme.
Un pianto
infantile li riportò al presente. Entrambi smisero di fissarsi e si
concentrarono sul principino.
Inu
no Taisho lo prese fra le braccia, cullandolo.
“Devi essere
forte per lui.” l’esortò. “L’amore che hai per me, dallo a lui.”
Lei capì non
si sarebbero più scambiati gesti simili. “Sì, mio Signore.”
Non potevano
essere altro che il signore e la signora dell’Ovest.
Quel figlio
non aveva cambiato nulla.
***
Come ogni
autunno era lì, a contemplare la sacra caduta di quelle foglie a stella. Le
uniche volte che si potevano incontrare era in quel giardino che a lui
minimamente interessava e che la teneva impegnata in qualcosa di diverso, la
sua cura la sviava. Da quando era nato, Sesshomaru era sempre stato con lei ed
ogni primavera, con le sue dame, contemplavano i ciliegi in fiore. Il fanciullo
crebbe in fretta però e l’attaccamento che aveva per sua madre lo riversò sul
padre. Le sue imprese, la sua forza, la sua fama … cos’era il suo amore in
confronto? Era un piccolo principe che voleva divenire un grande guerriero. Sapeva
era giusto volesse imitarlo e seguire le sue orme, ma si sentì nuovamente
respinta.
L’unico modo
che aveva per stare con loro era seguirlo con lo sguardo attento di una donna
sempre bellissima, nonostante il tempo fosse passato.
Di una madre
in silenzio che veglia sul suo sangue.
Il mondo dei
ningen era fortemente mutato a sentire il suo sposo, che sempre meno si tratteneva a palazzo per via di continue
guerre e trattati con altri Regni, prova schiacciante dello scorrere del tempo.
Sesshomaru continuava ad allenarsi e lei sapeva che presto, una volta pronto,
se ne sarebbe andato anche lui in viaggio con il padre.
La solitudine
dell’inverno imminente, non le parse mai tanto desolante come a quel pensiero.
***
“Puzzi di ningen.” Il suo tono era
calmo, pacato.
Gli dissi solo questo, quella sera
d’estate. Le cicale frinivano, mentre la luna schiudeva le ninfee.
Su quel ponte i miei dubbi presero la
forma di una donna che non apparteneva alla nostra razza.
Una spada nuova pendeva dal suo fianco.
Ora possedeva due sue zanne, finemente
forgiate da quel suo vecchio amico.
“Speravo lo notassi. Mi rendi il compito
meno arduo.”
“L’ho notato da mesi e sappi Sesshomaru
non è stupido come pensi.”
Inu no Taisho socchiuse gli
occhi, mugugnando, quasi conscio dei sentimenti del primogenito.
“Lascerò Tenseiga a nostro figlio, quando sarà il momento.”
“Sai che non apprezzerà quella lama.”
“L’altra
non gli serve.”
Ci fu un lungo silenzio. Solo lo
scrosciare del laghetto sotto al ponte su cui discutevano.
“Lui non capirà.”
“Lo so.” Sospirò il Signore. “Ma ad
essere sincero, mi aspettavo che anche tu non capissi …”
“Non lo capisco, ma ho forse scelta?” le
sue parole gli arrivarono dirette. “Non hai mai forgiato una spada per
proteggermi.”
“Noi youkai non moriamo. Noi sappiamo
difenderci da soli. Noi non proviamo sentimenti. Noi non piangiamo. Siamo
perfetti. Siamo noiosi.”
L’Hime sentì il suo cuore sanguinare a
ogni parola e sospiro che lui rivolgeva alla luna.
***
Fiocchi di
neve cadono con perfetto ritmo. Fa più in freddo che in passato. Ennesima prova
che il tempo passa e tutto cambia.
Il gelo ha
velato il lago e le ninfee sono divenute sculture di ghiaccio. Non vi è più
fiore o foglia. Dei mille e più colori non è rimasto più nulla, ma solo bianco.
Un candido bianco che ricopre e uccide tutto. Sola, nella sua stanza lussuosa e
calda, una principessa si fissa allo specchio. Aveva quasi terminato, ma la
mano tremante l’ha costretta a ripetere l’intera operazione di trucco. Non si
era concentrata abbastanza.
Il suo odore. Le pareva di sentirlo
ovunque, mentre cercava di controllarsi e smettere di pensare all’odore del suo sangue che le giungeva fresco. Era
nel giardino a contemplare la morte e la solitudine in cui l’inverno
l’abbandonava da quando suo figlio era cresciuto, e quella folata le rivelava
il destino del suo sposo. Come la
consapevolezza della sua morte l’avesse attanagliata, camminò sgraziata, trascinandosi sulla neve fino
alle sue camere. Una strana morsa, mai conosciuta prima, crebbe in lei, mentre
altrove, un padre diceva addio al figlio che lo aveva raggiunto.
***
“Madre.” una
voce distaccata, proprio come la sua, ma con un alone diverso nel tono. Lo
aveva sentito tornare leggiadro come suo padre.
Era entrato
nelle sue stanze senza bussare, cosa che mai aveva fatto. “State piangendo?”
era sorpreso.
L’Hime-sama
nascose in fretta la piccola scia sulla guancia con l’oshiroi.
“Non dire sciocchezze Sesshomaru. Noi youkai non piangiamo.”
Davanti allo specchio una sposa indossava una maschera di ghiaccio. Le sue lacrime sarebbero
state nascoste dietro una coltre bianca.
Il dolore sarebbe morto come tutto sotto il freddo
d’inverno.
***
Sesshomaru e quella fanciulla umana se
ne erano appena andati dal suo palazzo, seguiti dal ragazzino destinato alla
morte ed al servo di suo figlio.
Non aveva mai avuto un così vicino
contatto con dei ningen. La cosa la scosse.
“Noi youkai non moriamo. Noi sappiamo
difenderci da soli. Noi non proviamo sentimenti. Noi non piangiamo. Siamo
perfetti. Siamo noiosi.”
Le parole del suo vecchio sposo le
rimbombano in mente, mentre i petali di ciliegio erano in piena fioritura. Erano
molti anni che la somma Hime dell’Ovest non scendeva nuovamente nel suo
giardino e tutto l’ordine che regnava era andato perso in quei secoli,
trascurato.
Eppure i ciliegi erano ancora belli come
ricordava.
“Non capisco cosa
trovavi di affascinante in esseri che cadono con la stessa facilità di questi
petali” si
chiese.
Il dubbio di sempre, che mai l’aveva
abbandonata.
Contemplò a lungo gli alberi che
a lungo avevano resistito e ghignò. “Tuo figlio ti è più simile di quanto tu
creda.”
Poi ripensò agli avvenimenti
accaduti. “I ningen muoiono. Non sanno difendersi da soli. Provano sentimenti.
Piangono. Sono imperfetti … Non sono
noiosi.” Constatò sorridendo.
“Era per questo che li amavi.”
***
“Il momento in cui
cadono i petali dei ciliegi e quello del loro massimo splendore.”
In quel momento, il gelo di quel giardino finalmente si sciolse.
Spazio autrice:
Eccomi con una
nuova one-shot interamente dedicata alla madre di Sesshomaru. Spero vi sia
piaciuto il ritratto che di lei ho dipinto o comunque che la storia sia
riuscita ad intrattenervi. ^^
Dovrei inserire
un sacco di note autore per spiegare tutto come si deve, ma cercherò di spiegare
le cose più essenziali e forse più significative che non sono immediate:
All’inizio della mia storia siamo in periodo Heian (784-1185), mentre l’epoca
Sengoku e compresa fra il 1478 ed il 1605.
In periodo Heian la cultura giapponese conosce una fioritura straordinaria
in tutte le arti e gli abiti a corte raggiungono un’elevata varietà. Tra questi
il più rappresentativo è il nyōbō
shōzoku, l’abito della dama di corte. Questo tipo di abito è stato
definito recentemente jūnihito-e
che letteralmente significa “12 abiti diversi”. Infatti, le donne indossavano
più abiti uno sopra l’altro, fino ad arrivare anche a venti. Maggiore era il
numero degli strati, maggiore era il prestigio e il rango della donna che li
indossava. Il colore specifico degli strati era più importante delle
decorazioni.
Esistevano circa 200 regole che stabilivano la combinazione dei colori
del kimono. I colori erano stabiliti per rispecchiare le stagioni e le loro
caratteristiche, rivelando il profondo legame dei giapponesi con la natura
circostante. Da novembre a febbraio s’indossavano kimono bianchi fuori e rossi
all’interno, in marzo e aprile kimono color lavanda fuori e blu all’interno.
Inverno e primavera prevedevano anche un soprabito giallo e arancione.
Questo spiega la mia scelta di colori e abiti anche se ho sgarrato
leggermente introducendo ornamenti e trucco, soprattutto da geisha e maiko,
come il kanzashi e l’oshiroi.
Le varietà di piante di cui ho parlato sono realmente tipiche del Giappone
ed usate nella loro arte del giardino, così come i koi (carpe).
Lì si distinguono due tipi di piante: maschili e femmili. Senza volerlo
mi sono ritrovata ad associare l’acero (momiji) ad Inu no Taisho ed alla Hime il ciliegio (sakura).
Il ciliegio è legato al samurai da una leggenda che parla di come i loro
fiori bianchi, a causa del sangue dei samurai che ne bagnavano le radici,
divennero rosati. Inoltre i guerrieri vi vedevano una forte analogia. Nell'iconografia
classica del guerriero il ciliegio rappresenta insieme la bellezza e la
caducità della vita: esso, durante la fioritura, mostra uno spettacolo
incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria
figura avvolta nell'armatura, ma è sufficiente un improvviso temporale perché
tutti i fiori cadano a terra, proprio come il samurai può cadere per un colpo
di spada infertogli dal nemico. Il guerriero, abituato a pensare alla morte in
battaglia non come un fatto negativo ma come l'unica maniera onorevole di
andarsene, rifletté nel fiore di ciliegio questa filosofia. Un antico verso
ancora oggi ricordato è "hana wa sakuragi, hito wa bushi" (花は桜木人は武士) che tradotto significa
"tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero".
L’haiku citato dalla principessa dell’ovest è di Yukio Mishima.:
“Il fiore per eccellenza
è il ciliegio,
l’uomo per eccellenza
è il guerriero.”
Spero di
aver detto abbastanza! XD
Lasciatemi un vostro parere se v va! ^^
P.S. ringrazio chi ha recensito Rainy Day e L’ultimo
petalo. ^^
KissKiss KiraKira90