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Autore: Rowena    29/05/2010    5 recensioni
La Lovett nel suo racconto a Sweeney non spiega come Johanna sia finita a casa di Turpin... L'ho voluto raccontare io.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Giudice Turpin, Mrs Lovett
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cambiamenti, bah.
A Londra erano ben pochi i cambiamenti degni di nota, forse la morte del sovrano sul trono era uno dei rari eventi che riuscivano a sconvolgere la città e i suoi vizi, sebbene andato un re… Trovarne un altro da incoronare a Westminster non era poi così difficile, come la monarchia inglese dimostrava da secoli.
La gente di Fleet Street, poi, era particolarmente poco propensa a lasciarsi andare a discorsi nostalgici sui bei tempi andati, sulle cose che avevano un tempo, sulle persone andate o scomparse: con la miseria che serpeggiava tra i vicoli della capitale, vi era rimasto ben poco posto per i sentimentalismi.
Non c’era da stupirsi, dunque, se l’arresto del miglior barbiere della zona e la sua repentina condanna al carcere nelle colonie, dopo aver perso la freschezza e il gusto dell’ultimo pettegolezzo da raccontare ai vicini, erano stati rapidamente dimenticati, così come la povera moglie dell’uomo e la loro tenera bambina.
Solo la concorrenza nel settore era aumentata a vista d’occhio, ora che il maggior rivale non era più in grado di esercitare la professione, e un nugolo di flying barbers era comparso nei dintorni promettendo buoni servizi a prezzi bassissimi.
Come fosse possibile fare meglio di Benjamin Barker, dal tocco leggero e dalla tariffa di un solo, semplice penny, era poco chiaro, ma in mancanza di meglio gli avvocati del Temple, gli studenti e gli altri uomini del quartiere si erano adattati alla novità, e la scomparsa del barbiere era stata presto dimenticata.
Solo una donna, nel circondario, ancora pensava alla spiacevole vicenda che aveva brevemente turbato la façade del quieto vivere di Fleet Street: Mrs Lovett, ancora poco avvezza alla sua nuova bottega, stava impastando la seconda infornata del giorno, in attesa di clienti che si sarebbero tenuti ben lontani, preferendo altre prelibatezze, come le reni di pecora o le calde minestre servite alla taverna all’angolo successivo. Era fortunata ad aver trovato nuovi locali in cui preparare i suoi pasticci, perché l’affitto del precedente negozio era davvero troppo caro… E con i soldi del suo beneamato e defunto marito ormai volatilizzati, la Lovett non aveva nemmeno abbastanza risparmi da acquistare della carne decente.
Forse così sarebbe riuscita a rimettersi in pista con gli affari, così da tornare a essere una degna concorrente di Mrs Mooney, quella dannata imbrogliona che faceva la caccia ai gatti randagi! Per fortuna a volte le disgrazie altrui a volte aiutavano altri…
Era passato ben poco tempo dall’arresto del padrone di casa e dalla misteriosa sparizione della sua bella moglie, eppure la Lovett ormai era l’effettiva proprietaria, visto che nessun altro poteva reclamare la proprietà: con la grossa poltrona da lavoro in soffitta e i rasoi con la preziosa impugnatura d’argento nascosti sotto una tavola del pavimento, la donna aveva adattato la cucina nel luogo ideale per cuocere i suoi pasticci e sistemato qualche tavolaccio di poco valore per i clienti, tornando così in attività dopo che il precedente affittuario l’aveva sbattuta in strada senza tanti complimenti. Certa gente non conosceva un briciolo di gentilezza!
In ogni caso, la sparizione di Barker poteva aver lasciato spazio ad altri barbieri da due soldi, ma nessuno avrebbe potuto competere con il suo talento, né tanto meno eguagliare il suo fascino. Questi erano i pensieri della Lovett, mentre con le maniche tirate su fino ai gomiti cominciava a lavorare l’impasto.
 «Sì, decisamente Benjamin Barker è il più bel barbiere che mai si è visto in Fleet Street, e dubito che qualche figlio di buona donna che urla a squarciagola sui marciapiedi per attrarre i clienti potrà mai essere suo pari, mia cara», sospirò con sentimento, quasi parlando a se stessa. «Sai dire papà, dolcezza mia?»
La sua interlocutrice, la cara dolcezza interpellata ben due volte, si limitò a fissarla con i suoi grandi occhioni blu senza emettere un fiato. Si trattava di una bambina, figlia dei due Barker, che con la sparizione della madre si poteva considerare una delle tante orfanelle di Londra a tutti gli effetti. Aveva compiuto da poco tempo l’anno di età, quindi era poco realistico pensare che avrebbe potuto rispondere a quella domanda, ma la Lovett non badò particolarmente al suo silenzio e, dopo aver ricambiato per un istante il suo sguardo, si rimise al lavoro.
«No, ovviamente ancora non puoi», commentò al posto della piccola, prima di sospirare ancora. «Eppure era proprio una gran bellezza, ed è un peccato che proprio a lui sia toccato un destino così infame: qualche anno di carcere duro nelle colonie rovinerebbero anche l’uomo più affascinante del mondo».
Così disse la Lovett, come faceva da qualche mese a quella parte; la pasta tra le sue mani prendeva le forme che le venivano imposte, docile e ubbidiente, malgrado l’energia della donna non fosse granché. «Non importa, piccolina, Nellie Lovett qui si occuperà di te al meglio delle sue possibilità e un giorno, se sarai così fortunata da non veder chiudere anche questa bottega, un giorno potrai ereditare questo posto e vantarti di un lavoro dignitoso».
Lo disse con orgoglio, quasi come le facesse un favore, dimenticando che la bambina era la legittima erede di quella casa e di tutto ciò che essa conteneva, ma ormai le cose di un tempo erano ben lontane.
La Lovett si spostò una ciocca di capelli dal viso, si pulì le mani grembiule che di certo aveva visto giorni migliori e prese in braccio la bambina: «Quanto sei bellina! Sei la degna figlia di tuo padre, credi a me», le disse sollevandola sopra la testa, così da farla ridere. Era così tranquilla, per la sua età… Presa da una strana idea, la donna si fece seria mentre osservava la piccola con più attenzione.
«Sei così tenera, piccola Johanna», sussurrò spostandola in modo da appoggiarla contro la spalla, «mi domando che gusto avresti, servita nella pastella».
La mannaia era poco distante, abbandonata lì sul pianale di lavoro, ma dopo un istante la Lovett tornò normale, concesse alla piccola un sorriso dei più belli e la riportò in salotto, sul retro. «Via, i tempi sono duri, ma non fino a questo punto. E ora al lavoro!»
Era tornata al banco da poco, quando due figure comparvero in Fleet Street diretti alla sua bottega, due figure molto conosciute, considerando che la Corte di giustizia distava solo pochi minuti da lì. La coppia di visitatori fissò il nuovo aspetto di quella che era stata la bottega di Benjamin Barker: una nuova insegna colorata di fresco era stata appesa sopra la porta e recitava Mrs Lovett’s Meat Pies, ma per il resto il negozio sembrava molto più sporco e mal tenuto di quando l’ingenuo barbiere l’occupava.
I due rimasero sulla soglia per qualche minuto, sotto l’occhio attento della proprietaria, quindi si decisero a entrare.
Sulle prime, la padrona li lasciò tranquilli, così che potessero osservare e giudicare il negozio e lei stessa con il loro metro; non erano volti sconosciuti e sapeva che era meglio non seccare dei signori così importanti senza avere una buona ragione.
Visti i recenti sviluppi non era difficile indovinare quale questione avesse scomodato il giudice Turpin a farle visita, ma certo la Lovett non avrebbe aperto bocca su quanto sapeva: con un simile figuro, non avrebbe mai osato rischiare la galera, il cappio o, peggio, le colonie per gettare accuse per conto di terzi, tantomeno per Lucy Barker.
«Mrs Lovett», cominciò l’uomo che accompagnava Turpin, «sentendo delle voci sulle precarie condizioni di salute di Mrs Barker, il mio signore è venuto di persona a sincerarsi della sua situazione».
Che uomo nobile, Turpin, evidentemente si era consumato la voce a forza di prodigarsi per il prossimo… Ma Bamford si sentiva onorato ogni volta che poteva esprimere le volontà del suo padrone, la Lovett lo sapeva bene, perciò non vi era motivo per lasciarlo trastullarsi in simili sciocchezze. Piuttosto, la ragione che aveva portato il giudice fino al suo negozio era interessante: veniva a osservare le ceneri del proprio operato?
«Posso dirvi tutto ciò che volete sulla bambina, signori», rispose cautamente la donna, attenta a non farsi nemici potenti, «ma per quanto riguarda sua madre sono spiacente, non so nemmeno dove si trovi in questo momento».
Silenzio. I due uomini scambiarono tra loro uno strano sguardo, ma non aprirono bocca, forse in attesa che lei continuasse la storia. Tuttavia, la Lovett raramente faceva qualcosa senza cercare il proprio interesse: sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e tentò di trasformare i due visitatori in due clienti, i primi della settimana.
«Ma non rimanete lì sulla porta, signori, sedetevi! Posso prepararvi un pasticcio in meno di cinque minuti».
Sentendo quella proposta e conoscendo i rischi che si potevano correre ne gustare la cucina della Lovett, il messo tossicchiò per richiamare l’attenzione del suo signore e con pochi, chiari gesti gli fece intendere che era meglio rifiutare.
Non che il giudice avesse bisogno dell’avvertimento di Bamford per decidere da sé; era un uomo importante, lui, e non aveva tempo da perdere in una simile bettola. Vi si era recato con uno scopo preciso, e solo per quello.
«Non disturbatevi», fu dunque la secca replica di Turpin, e per la prima volta nella sua carriera di commerciante Nellie Lovett non osò insistere, limitandosi tacitamente a lavorare l’impasto sul suo bancone.
Il signore si prese il tempo necessario per studiare la piccola bottega della pasticcera: non aveva mai messo piede in quella casa di Fleet Street, pur essendovi transitato di fronte molte e molte volte. Aveva pensato di andare a farsi sbarbare da Barker per poterlo osservare più da vicino il suo rivale, ma le descrizioni che Bamford aveva raccolto nella via per lui erano state più che sufficienti, e così metterlo ai ferri su una nave per Sidney si era rivelato più semplice del previsto: una confessione anonima, la parola del messo a mettere in dubbio la moralità del
Barbiere… Non era servito altro.
Aveva ritenuto più saggio mandare quell’ingenuo all’altro capo del mondo, piuttosto che farlo ascendere al patibolo, per paura di inimicarsi troppo la sua bella moglie; purtroppo quella sua gentilezza non era stata compresa, né tantomeno ricambiata da Lucy Barker.
E ora la donna sembrava scomparsa… Erano arrivate strane voci a Bamford, storie su un possibile avvelenamento, e il giudice Turpin aveva deciso di indagare. Non per Lucy, per sé.
«Una donna simile, nota in tutto il quartiere per la sua virtù, avrebbe abbandonato la sua creatura?», domandò al posto sul il messo, che poteva più facilmente vantarsi di conoscere Mrs Barker e i suoi pregi senza destare sospetto.
«Considerate le sue disgrazie», e in quelle parole l’inflessione della voce della padrona di casa sembrò calcare su qualche sottinteso, «credo che la piccina possa considerarsi fortunata ad essere rimasta qui».
«E per quale motivo sareste giunta a una simile conclusione?»
«Mrs Barker non era in sé quando è scomparsa: ha tentato di suicidarsi con l’arsenico, la sventurata, ma la dose di veleno non è servita allo scopo. È stata costretta a letto per qualche tempo ma, pur riprendendosi nel corpo, la sua mente è stata corrotta. Finché è rimasta qui, non ha mai smesso di delirare».
La Lovett continuò a raccontare: Lucy una mattina si era alzata, si era vestita al meglio appuntandosi perfino un grazioso cappellino sui capelli biondi, aveva preso la bambola di sua figlia ed era uscita dalla casetta, per non ritornare. Lei l’aveva fatta cercare, preoccupata, ma i vicini non avevano saputo riportarla indietro.
Nel sentire la storia, il giudice rimase impassibile, senza lasciar trapelare alcuna emozione; aveva il messo a mostrare una qualche traccia d’umanità, mentre squittiva e domandava se la padrona del negozio avesse qualche idea sulle disgrazie che potevano aver indotto la donna a cercare il suicidio.
Infastidita, la Lovett non lo degnò di uno sguardo: il pasticcio unto e pieno di grasso che aveva per le mani le sembrava una vista decisamente più interessante di quello sciocco che si faceva tronfio alle spalle dei potenti, ma non permise ai suoi sentimenti di venir fuori.
«Sono solo delle voci, Sir, unite al racconto sconnesso di una povera infelice, ma pare che un gentiluomo abbia attirato la cara Mrs. Barker nella propria dimora, e che approfittando della confusione di una festa in maschera l’abbia…» soppesò le parole, timorosa di passare il limite. «Le abbia usato violenza, ebbene sì, profanando i suoi voti di devota sposa».
E alzò immediatamente lo sguardo a osservare il giudice, le sue reazioni, ma ancora una volta non trovò la minima emozione su quel viso scarno e pallido; sarebbe stata sorpresa del contrario, del resto, questo pensò prima di voltarsi e infornare la sua ultima creazione.
«Il male in questo mondo prospera anche nei luoghi più impensabili», sentenziò alla fine il gentiluomo lisciando i guanti tra le mani.
Quant’è vero, pensò la Lovett, specie nei salotti di quei bravi dottori che non si fanno scrupoli ad impiccare bambini.
Non osò dar voce alle proprie riflessioni, tuttavia: il povero Mr. Barker era finito ai lavori forzati dall’altra parte del mondo per aver sposato una donna graziosa, chissà cosa poteva capitare a lei per aver offeso apertamente un signore come Turpin. Meno che mai, l’avrebbe accusato di essere stato lui ad aver condannato un uomo onesto con il solo scopo di insidiarne la moglie, né di aver in seguito approfittato della solitudine della povera sposa.
Stupida Lucy, tutta colpa sua e di quegli odiosi capelli gialli! Non era stata neanche capace di togliersi la vita, la principessina…
Per quanto importava di lei a Nellie Lovett, nello stato in cui si trovava, la donna avrebbe fatto meglio a buttarsi nel Tamigi, così da sparire una volta per tutte.
Tuttavia, il giudice ancora non sembrava soddisfatto. «Se la madre è davvero scomparsa, alla bambina servirà un tutore che la guidi sulla retta via, al posto di genitori tanto scellerati».
«Che belle parole, signore», esclamò subito il messo, «ma chi potrebbe mai occuparsene?»
La Lovett alzò le spalle. «Sarei onorata di rendermi utile a voi signori, ma purtroppo non posso vantare una posizione stabile per garantire un avvenire alla piccina», sibilò, mentre uno strano luccichio brillava nei suoi occhi. La sua speranza era abbastanza chiara: voleva che il giudice le offrisse una retta per mantenere la piccola Johanna, così da poter fare ammenda per le responsabilità che aveva sul fato della madre – sempre che un uomo simile potesse sentirsi in dovere di fare ammenda. «Gli affari in questo periodo non girano… E una creaturina così sventurata merita una certa sicurezza, voi capirete».
«Capisco perfettamente, Mrs. Lovett, e proprio per questo mi assicurerò che a questa piccina non verrà mai a mancare alcunché».
Per la prima volta da quando erano entrati nella bottega, la donna alzò lo sguardo in direzione dei due uomini, convinta di aver ottenuto ciò che desiderava. Le bastò un’occhiata al volto di Turpin, tuttavia, per capire quanto si fosse sbagliata.
«Darete a me la bambina, signora, e oggi stesso mi farò nominare suo tutore».
«Voi signore?» A quanto pareva, Bamford era più sorpreso della Lovett.
Era una decisione davvero inaspettata, in effetti; il giudice aveva distrutto le vite dei Barker in un battito di ciglia, senza neanche sforzarsi, e ora si faceva carico della loro bambina. La Lovett aggrottò le sopracciglia e si domandò cosa ci fosse in serbo per la povera Johanna.
«E come la tratterete, Sir?»
«Come una figlia».
«La terrete al sicuro dai pericoli del mondo?»
«Con ogni forza e mezzo in mio possesso».
«E, quando avrà raggiunto un’età ragionevole, le troverete un buon marito?»
«Il migliore che potrò raccomandarle», rispose immediatamente il giudice, e in quel mentre i suoi occhi brillarono di una strana luce.
La Lovett osò porre un’ultima domanda. «E ditemi, poniamo il caso che uno dei genitori dovesse ritornare…»
Turpin non ascoltò altro. «Da quello che mi avete detto su Lucy Barker, signora, consegnarle la figlia sarebbe un atto davvero irresponsabile. Per quanto riguarda il padre, ebbene…», l’uomo fremette, «rassegnatevi, Mrs. Lovett: Benjamin Barker non farà mai più ritorno in Fleet Street».
La donna chinò il capo, ferita. «Non ho altri argomenti con cui controbattere, Sir, né l’autorità per continuare. La bambina è di là, vado a prenderla».
Non aveva altre soluzioni: il giudice in ogni caso sarebbe tornato il giorno dopo con i documenti a reclamare la piccola, perciò era meglio abbreviare tempi, evitare guai e, soprattutto, pettegolezzi. A nulla le sarebbe giovata una fama da sequestratrice di neonati, di questo Nellie Lovett era sicura.
Johanna dormiva placidamente, là dove l’aveva lasciata, e per la donna fu facile prenderla in braccio con tutta la coperta. Tornò nella bottega senza darle un bacio, o una carezza.
«Eccola qui, la principessina di casa».
Turpin osservò la bambina con attenzione, forse ricercando somiglianze con la madre, quindi le carezzò una ciocca di capelli che faceva capolino dalla cuffietta. «Biondi come quelli della povera Lucy… Di certo diverrà altrettanto bella».
«Mi auguro soltanto che abbia più fortuna, Sir», commentò seccamente la Lovett prima di mettergliela tra le braccia.
Il messo, evidentemente ansioso di mostrare ancora una volta la sua devozione, annunciò che sarebbe corso a chiamare una carrozza per il suo signore e la piccola pupilla, ma questa volta si guadagnò soltanto un’occhiata sprezzante della bottegaia. Turpin, infatti, gli rispose distrattamente ordinando che facesse in fretta, quindi porse i suoi omaggi alla donna e uscì con lui. Non aveva occhi che per la bambina, pensò la Lovett, e solo il diavolo poteva sapere quali progetti avesse in mente per lei.
Osservò il trio allontanarsi finché rimasero nella sua visuale, quindi scrollò le spalle; le era piaciuto avere intorno per qualche tempo la piccola Johanna, ma in fondo il suo senso materno era assai scarso, troppo per occuparsi degnamente di una simile creatura.
Ogni traccia della famiglia Barker in quella casa era dunque cancellata; dalla loro disgrazia, la Lovett aveva guadagnato una nuova dimora e una bottega, e forse qualcuno le avrebbe chiesto la stanza del primo piano in affitto.
Pensò ancora alla piccolina, con rammarico: chissà, tenera com’era, che gusto avrebbe avuto servita calda in un pasticcio fumante.

   
 
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